Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 11 settembre 2023, n. 26288
Presidente: Di Virgilio - Relatore: Besso Marcheis
PREMESSO CHE
1. Rossana G. ha convenuto in giudizio la sorella Norina G., il cognato Gianni M. e i propri genitori Vittorino G. e Lina R., domandando al Tribunale di Latina di dichiarare nullo in quanto simulato l'atto con il quale aveva venduto alla sorella e al cognato la nuda proprietà di un terreno, in quanto l'atto dissimulava un negozio vitalizio di assistenza e mantenimento in favore dei genitori e a carico della sorella, a fronte del quale quest'ultima avrebbe ricevuto dall'attrice, quale compenso, la nuda proprietà del terreno. L'attrice ha dedotto che la sorella si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte nei confronti dei genitori, per cui ha chiesto di dichiarare risolto l'atto dissimulato. Si sono costituiti Norina G. e Gianni M., chiedendo il rigetto delle domande attrici; si sono costituiti anche Vittorino G. e Lina R., invece aderendo alle domande della figlia Rossana G. Il Tribunale di Latina, con la sentenza n. 1113/2014, accoglieva le domande attrici, dichiarando la simulazione dell'atto di compravendita e che "nulla è dovuto in base al contratto dissimulato intercorso tra le parti essendo il medesimo, in base alla sua qualificazione, invalido o risolto per inadempimento di Norina G.".
2. La sentenza era impugnata da Norina G. e Gianni M.; resisteva Rossana G.; rimanevano contumaci Vittorino G. e Lina R. In prossimità dell'udienza del 26 febbraio 2020, il difensore dell'appellata depositava il certificato di morte di Vittorino G. Con ordinanza resa all'udienza del 26 febbraio 2020 il giudice d'appello dichiarava l'interruzione del processo. Riassunto il processo dagli appellanti, la causa veniva rimessa in decisione all'udienza del 17 novembre 2021.
La Corte d'appello di Roma, con la sentenza n. 1060/2022, ha dichiarato l'estinzione del giudizio d'appello ai sensi dell'art. 307 c.p.c. Gli appellanti - ha osservato la Corte - hanno riassunto il processo notificando l'atto di riassunzione presso lo studio del difensore di Rossana G.; la notificazione non è andata a buon fine e la successiva notificazione è avvenuta solo un anno dopo, in data 2 luglio 2021, con conseguente tardività della riassunzione e conseguente estinzione del processo.
3. Avverso la sentenza d'appello Norina G. e Gianni M. ricorrono per cassazione.
L'intimata Rossana G. non ha proposto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso è articolato in un motivo che lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., "violazione, falsa ed errata applicazione degli artt. 305 e 307 c.p.c.": il processo, anzitutto, non avrebbe dovuto neanche subire l'interruzione, posto che le eredi di Vittorino G. - ovvero le figlie Rossana e Norina G. - erano già costituite in proprio nel giudizio di appello; in ogni caso è stata la stessa Corte d'appello a concedere un ulteriore termine per la notificazione sino al 30 luglio 2021; inoltre, a seguito della dichiarata interruzione del processo, con ordinanza del 26 febbraio 2020, il difensore degli appellanti, pur avendo proceduto alla riassunzione del processo con citazione anziché con ricorso, ha comunque notificato e depositato l'atto nei termini previsti dall'art. 305 c.p.c., così che la riassunzione è stata tempestiva.
Precisato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove la morte della parte avvenga non prima della instaurazione del processo, ma nel corso del giudizio, l'interruzione del processo ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c. determina la necessità della citazione in riassunzione degli eredi in tale qualità, ancorché già costituiti in nome proprio (v. al riguardo Cass. 5444/2021), il motivo è fondato.
Le Sezioni unite, con la sentenza n. 14854/2006, hanno infatti chiarito, dirimendo il contrasto interpretativo esistente sul punto, che verificatasi una causa d'interruzione, il meccanismo di riattivazione del processo interrotto impone la distinzione del momento della rinnovata edictio actionis da quello della vocatio in ius, così che "il termine perentorio previsto dall'art. 305 c.p.c. è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice; sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius".
Pertanto, avendo i ricorrenti depositato l'atto di riassunzione il 14 luglio 2020, quando non era ancora decorso il termine di sei mesi - applicabile ratione temporis alla fattispecie - dalla dichiarazione di interruzione del processo (posta in essere il 26 febbraio 2020), il mancato perfezionamento della notificazione non si è comunicato alla riassunzione (oramai perfezionatasi) e solo il mancato rispetto del termine assegnato dalla Corte d'appello - a seguito della istanza di rimessione in termini - per rinnovare la notificazione avrebbe determinato l'eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dell'art. 291, ultimo comma, e del successivo art. 307, terzo comma, c.p.c. Essendo stato tale termine rispettato (la rinnovazione della notificazione, a fronte dell'assegnazione del termine al 31 luglio 2021, è infatti stata posta in essere il 2 luglio 2021), non poteva essere dichiarata l'estinzione del giudizio di appello.
2. Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza deve essere cassata e la causa va rimessa alla Corte d'appello di Roma, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.