Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 14 giugno 2023, n. 5870
Presidente: Tarantino - Estensore: Caputo
FATTO E DIRITTO
1. È appellata la sentenza n. 3976/2018, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha rigettato il ricorso proposto dal sig. Nicola A. per l'annullamento dell'ordinanza dirigenziale n. 49 del 14 ottobre 2008 del Comune di Marano di Napoli di demolizione delle opere abusive realizzate in via Castel Belvedere, dopo il civico 18, in area riportata in catasto al foglio 4, p.lla 1120, ricadente in zona E4 (zona agricola di pregio) del vigente P.R.G., così descritte nel provvedimento: «manufatto con struttura portante in c.a. costituito da due livelli di cui: il primo livello costituito da seminterrato destinato ad uso garage ed il secondo livello destinato ad uso di civile abitazione con sottotetto termico. La struttura risulta tompagnata, intonacata, rifinita di infissi esterni ai vani luce e completa di portoncino di accesso».
2. A fondamento dell'ordine di demolizione il Comune rilevava che l'intervento abusivo aveva comportato "la realizzazione di un organismo edilizio con specifiche rilevanze e autonomamente utilizzabile, e che lo stesso è in contrasto con la normativa urbanistica vigente ed adottata e pertanto non può essere suscettibile di sanatoria".
3. Il sig. A. in primo grado lamentava: i) la mancata comunicazione di avvio del procedimento; ii) il difetto di motivazione dell'atto, non essendovi specificato quale sarebbe la normativa urbanistica violata dall'intervento edilizio; iii) la carenza di istruttoria, non avendo l'amministrazione provveduto ad accertare correttamente quale fosse la presunta violazione commessa e perché le opere non fossero suscettibili di sanatoria; iv) la mancata verifica della sussistenza di un interesse pubblico alla demolizione del manufatto e l'omessa comparazione con l'interesse del privato alla sua conservazione; v) in subordine, in relazione all'avvenuta presentazione di una istanza di sanatoria per accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 380/2001, l'effetto sospensivo della procedura sanzionatoria in pendenza della definizione dell'istanza e la conseguente illegittimità dell'ordine di demolizione adottato medio tempore.
4. Il T.A.R. Campania ha respinto il ricorso.
In particolare il T.A.R. ha rilevato che: a) poiché l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento; b) non sussiste alcun difetto di motivazione o di istruttoria, posto che l'ordinanza di demolizione risulta adeguatamente motivata con la rappresentazione della natura abusiva del manufatto; c) la presentazione di un'istanza di accertamento di conformità in un tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione determina solo un arresto temporaneo dell'efficacia delle misure ripristinatorie, e non si riverbera, retroattivamente, sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione.
5. Appella la sentenza il sig. A. Resiste il Comune di Marano di Napoli.
6. Alla pubblica udienza del 15 maggio 2023, tenuta in via telematica, la causa, su richiesta delle parti, è trattenuta in decisione.
7. Con i motivi d'appello, il ricorrente ripropone le censure già mosse nel primo grado di giudizio, seppure riadattate all'impianto motivo della sentenza gravata, e segnatamente: i) lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento, la cui necessità sarebbe dimostrata dal fatto che l'Amministrazione, pur errando nella notifica, ha ritenuto di adottarla; ii) che, diversamente da quanto statuito dal primo giudice, il provvedimento gravato sarebbe illegittimo per difetto di motivazione, non essendovi specificato quale sarebbe la normativa urbanistica violata dall'intervento edilizio in uno alla carenza di istruttoria, non avendo l'amministrazione provveduto ad accertare correttamente quale fosse la presunta violazione commessa dal ricorrente e perché le opere non fossero suscettibili di sanatoria, nonché a verificare la sussistenza di un interesse pubblico alla demolizione del manufatto e a compararlo con l'interesse del privato alla sua conservazione; iii) che la presentazione di un'istanza di sanatoria per accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 380/2001 renderebbe l'originario provvedimento demolitorio improcedibile
8. L'appello è infondato.
8.1. L'ordinanza di demolizione è atto vincolato la cui adozione non è subordinata all'invio della comunicazione di avvio del procedimento, essendo espressione del potere repressivo degli abusi edilizi; la sanzione ripristinatoria costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, che non richiede la partecipazione del destinatario dell'atto (cfr. C.d.S., nn. 6490/2012 e 4389/2019).
Né sussistono i denunciati profili di illegittimità per difetto di motivazione e carenza di istruttoria prospettati nei motivi di appello.
La rappresentazione della natura abusiva del manufatto realizzato in assenza di permesso di costruire, del quale sono descritte in maniera la consistenza e la localizzazione, soddisfa l'onere motivazionale gravante in capo al Comune.
8.2. Il dovere di reprimere hic et inde l'intervento che avrebbe richiesto il preventivo rilascio del titolo edilizio, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non è mediato dal riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico prevalenti al ripristino dello stato dei luoghi.
8.3. Infine, la presentazione di un'istanza di accertamento di conformità in un tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione determina l'arresto temporaneo dell'efficacia delle misure ripristinatorie, le quali riacquistano efficacia in caso di eventuale rigetto della sanatoria, con la sola specificazione che, in questo caso, il termine per l'esecuzione spontanea decorre dalla conoscenza del diniego di sanatoria (cfr. C.d.S., Sez. VI, 2 aprile 2014, n. 1908).
Il fatto che all'istanza di sanatoria non abbia fatto riscontro alcun atto espresso depone nel senso che il silenzio dell'amministrazione oltre il termine di sessanta giorni ha natura di silenzio-significativo, tipizzato per legge come diniego tacito.
Pertanto, la parte istante ha l'onere d'impugnare il diniego nel termine di decadenza: decorso inutilmente il termine, il provvedimento tacito di diniego di sanatoria si consolida, diviene inoppugnabile e determina la riespansione dell'efficacia dell'originaria ingiunzione di demolizione (cfr. C.d.S., Sez. VI, 27 gennaio 2014, n. 395; Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 100).
9. Conclusivamente l'appello deve essere respinto.
10. Le spese del grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il sig. A. alla rifusione delle spese del grado di giudizio in favore del Comune di Marano di Napoli che si liquidano in 3.000,00 (tremila/00) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.