Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 5 giugno 2023, n. 386
Presidente: de Francisco - Estensore: Caleca
FATTO E DIRITTO
1. Gli appellanti indicati in epigrafe chiedono l'annullamento o la riforma della sentenza n. 159 resa il 19 gennaio 2023 dal Tribunale amministrativo per la regione siciliana, sede di Catania, sezione interna prima, nella parte il cui respinge il ricorso avverso il provvedimento della Questura di Catania n. 0046629 del 12 maggio 2022 e il provvedimento della Questura di Catania n. 0046637 del 12 maggio 2022 con i quali veniva comminato il divieto di assistere a manifestazioni sportive (Daspo) ai figli minori per la durata rispettivamente di tre e due anni.
2. Il provvedimento impugnato dagli appellanti è uno dei Daspo emessi dalla Questura catanese a seguito dei fatti verificatisi in occasione dell'incontro di calcio tra l'ASD Gymnica Scordia e la Libertas Catania Nuova, valevole per il campionato di calcio F.I.G.C. Allievi Under 17 Provinciali Girone SF, disputatosi il 6 maggio 2022 a Scordia (CT) presso il campo comunale "Aldo Binanti".
Si legge nel provvedimento impugnato che in occasione dell'evento sportivo citato "si verificavano dei violenti tafferugli che coinvolgevano circa 16 giocatori delle citate squadre ed alcuni spettatori che invadevano il terreno di gioco, al termine dei quali, uno dei giocatori, riportava delle lesioni alla testa tanto da essere trasportato, a mezzo ambulanza, presso l'Ospedale di Lentini ove gli veniva data, per le ferite riportate, una prognosi di giorni 10 s.c.".
3. A sostegno del ricorso avverso i provvedimenti del Questore venivano dedotte censure sia di natura sostanziale (mancanza dei presupposti di fatto per l'adozione della misura) che di natura procedimentale (violazione delle norme che disciplinano la partecipazione procedimentale).
4. La sentenza del giudice di prime cure respinge il ricorso.
5. Hanno proposto appello i genitori dei due minori soccombenti con motivi che riprendono, in massima parte, le argomentazioni difensive già scrutinate dal T.A.R.
5.1. Con il primo motivo si critica la sentenza per:
- non avere tenuto in adeguata considerazione la circostanza che gli episodi descritti nel Daspo notificato ai figli degli appellanti erano frutto del clima ostile che si era creato a seguito dell'esposizione di uno striscione da parte della tifoseria contrapposta recante la scritta "Benvenuti all'inferno";
- non avere ritenuto che nessuna correlazione di sorta vi era tra la condotta posta in essere dai ricorrenti e le lesioni alla testa subìte da uno dei giocatori del Gymnica Scordia;
- non avere ritenuto i provvedimenti impugnati privi di una adeguata motivazione e frutto di una insufficiente istruttoria.
5.2. Con il secondo motivo si critica la sentenza nella parte in cui non ha accolto le deduzioni difensive relative alla asserita immotivata oggettiva estensione della misura interdittiva (si estenderebbe a qualsiasi evento calcistico) ed alla sua durata (per quale motivo due o tre anni?).
5.3. Con il terzo motivo si critica la sentenza per non avere ritenuto fondata la censura relativa all'omessa comunicazione di avvio del procedimento ed alla conseguente violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo.
5.4. Con l'atto di appello è stata formulata istanza cautelare di sospensione di esecutività della sentenza di primo grado.
6. Si è costituita anche nel secondo grado di giudizio l'Amministrazione intimata per chiedere la reiezione dell'appello.
7. All'udienza camerale fissata per la trattazione della richiesta cautelare il Collegio ha dato avviso alle parti, seppure assenti, che si riservava di decidere il merito con sentenza in forma semplificata e la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Le censure avanzate dagli appellanti sono in parte da accogliere.
In applicazione del principio della ragione più liquida, il Collegio ritiene di esaminare tali censure.
In particolare, sono fondati il secondo e terzo motivo che ripropongono, sostanzialmente, le deduzioni relative al mancato rispetto delle norme che disciplinano la partecipazione procedimentale dei soggetti destinatari dei provvedimenti di Daspo.
Al Collegio è nota la disputa in merito alla possibilità o meno di derogare alle dette garanzie nell'adozione dei provvedimenti di prevenzione posti a tutela dell'ordine pubblico.
Ritiene il Collegio che la misura del Daspo con la quale l'autorità di pubblica sicurezza (P.S.), "ricorrendo determinati presupposti, può disporre divieti e imporre oneri che limitano e condizionano il libero esercizio di attività dei cittadini, per sua stessa natura non può prescindere dall'osservanza delle regole del procedimento poste a tutela degli interessi del destinatario e a garanzia del principio di partecipazione del privato al procedimento amministrativo" (C.d.S., Sez. I, parere n. 2603 del 29 maggio 2012).
Proprio con riferimento al Daspo, la partecipazione procedimentale si impone trattandosi di una misura di polizia la cui durata temporale è lasciata alla discrezionale determinazione della pubblica amministrazione.
Il Daspo infatti può essere inflitto per una durata che va [da] uno a cinque anni e la specifica determinazione della stessa non può essere rimessa all'arbitrium della P.A. (scelta sovrana del decidente).
La determinazione del dato temporale deve essere intesa come potere di scelta vincolato a specifiche ragioni desumibili da una adeguata motivazione rinvenibile nel provvedimento interdittivo.
Ad una esatta dosimetria temporale della misura può pervenirsi valorizzando non soltanto i fatti nella loro oggettività, ma valutando altresì i profili soggettivi del destinatario del provvedimento, valutazione che potrà ritenersi completa solo a seguito della sua partecipazione al procedimento.
Per costante giurisprudenza, infatti, la partecipazione procedimentale garantita dalla l. 241/1990 assolve a due distinte esigenze: mettere in condizione il cittadino di fare valere le proprie argomentazioni difensive e consentire all'amministrazione di acquisire le informazioni e le notizie che le consentiranno di adottare il provvedimento più adeguato per il raggiungimento degli scopi per cui gli è stato attribuito il potere.
La "quantificazione" temporale della misura - al di fuori del solo caso (che nella specie non ricorre, poiché la misura interdittiva inflitta ai due minorenni ha durata rispettivamente biennale e triennale) in cui l'Autorità di P.S. contenga la sanzione concretamente irrogata in misura pari al minimo edittale (ossia, per la vicenda in esame, di un anno), giacché solo in tale ipotesi la dosimetria della sanzione può effettivamente operarsi anche prescindendo dalla valutazione degli elementi, di natura soggettiva, che solo la parte privata può addurre (e che ha pieno diritto di addurre) al procedimento, non potendosi configurare una sanzione più mite allorché sia stata accertata con certezza, nella sua oggettività, la sussistenza della condotta sanzionabile - necessita di una adeguata ed intellegibile motivazione che, per essere ragionevole, non potrà non tenere conto di quanto appreso dall'amministrazione proprio in esito alla partecipazione procedimentale del soggetto privato, partecipazione garantita dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. 241/1990.
9. Dalla fondatezza delle censure scrutinate consegue l'accoglimento del gravame e, in riforma della sentenza appellata, l'annullamento dei provvedimenti di Daspo impugnati con il ricorso di primo grado.
10. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.
Condanna il Ministero dell'interno a rifondere le spese del doppio grado di giudizio a favore degli appellanti che liquida, solidalmente dal lato attivo, in complessivi euro 4.000,00 (quattromila) oltre le spese generali e accessori di legge, con rifusione c.u. versati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 9, § 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare gli appellanti e i figli degli stessi.