Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 2 maggio 2023, n. 4353

Presidente: Simonetti - Estensore: Pascuzzi

FATTO

1. Con un primo ricorso (n. 920/2020) i signori Luigi S. e Domenico S. hanno chiesto al T.A.R. per la Campania l'annullamento:

- del provvedimento dirigenziale n. prot. 0037791 del 10 dicembre 2019, recante la comunicazione di conclusione del procedimento e l'annullamento d'ufficio dei permessi di costruire in sanatoria ex legge 724/1994 nn. 452, 453 e 454 del 25 novembre 2004, nonché della comunicazione di inizio lavori prot. n. 34233 del 31 dicembre 2004, della D.I.A. prot. n. 3653 del 3 febbraio 2005 e del certificato di agibilità prot. n. 261 del 22 febbraio 2006;

- di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi tra cui segnatamente la comunicazione di avvio del procedimento n. prot. 31176 e 31177 del 17 ottobre 2019 e l'ordinanza n. 74 del 24 dicembre 2019 (rettificata, solo ed esclusivamente riguardo alla numerazione, con successiva ordinanza n. 75 del 27 dicembre 2019), con la quale il Sindaco di Marano ha ordinato ai ricorrenti, "per le rispettive competenze e responsabilità", nella qualità di proprietari dell'edificio, e alla Garden House s.r.l., nella qualità di conduttore, "di non praticare e a non far praticare l'edificio denominato «Garden House», ed aree ad esso annesse...".

1.1. Così il primo giudice ha sintetizzato le premesse in fatto:

- i danti causa dei ricorrenti avevano ottenuto il condono per l'edificio in parola e avevano iniziato i lavori (per la realizzazione di un edificio con destinazione scolastica);

- scoperti dei problemi statici, avevano presentato una D.I.A. per demolizione e ricostruzione con consolidamento delle fondazioni;

- ottenuti tutti i permessi e le certificazioni dei VV.FF., la scuola ha funzionato negli anni;

- i ricorrenti hanno comprato l'immobile nel 2010;

- il Comune, solo il 17 ottobre 2019, ha comunicato avviso di avvio del procedimento di annullamento d'ufficio dei precedenti provvedimenti di condono;

- secondo il dirigente comunale, nel corso di alcune verifiche documentali effettuate dal competente ufficio dopo ben 15 anni, sarebbe emerso "dal confronto tra la mappatura catastale, lo stralcio aereofotogrammetrico dell'anno 1998 e l'orto foto anno 2003" una consistenza del fabbricato "nettamente diversa e inferiore a quanto riportato nei grafici di completamento allegati alle istanze di cui sopra". Ciò avrebbe determinato il rilascio di tre condoni edilizi, privi dei presupposti di legittimità che per dimensione e consistenza risultano essere maggiorati rispetto alla reale preesistenza, con la conseguenza "che le pratiche di completamento hanno portato, di fatto, alla realizzazione di un organismo edilizio totalmente diverso da quanto esistente alla data di presentazione delle istanze di condono e pertanto da considerarsi sine titulo";

- i ricorrenti hanno chiesto l'accesso ai documenti e hanno riscontrato che non vi era più traccia, negli archivi del Comune, dei fascicoli allegati alle tre concessioni in sanatoria;

- dopo l'adozione del definitivo provvedimento di annullamento (10 dicembre 2019), con ordinanza n. 74 del 24 dicembre 2019, il Comune di Marano diffidava i ricorrenti, nella qualità di proprietari dell'edificio, e la Garden House s.r.l., nella qualità di conduttore, "di non praticare e a non far praticare l'edificio denominato «Garden House», ed aree ad esso annesse...", sul presupposto che "l'intero immobile è da considerarsi privo di qualsiasi titolo edilizio e pertanto sprovvisto delle condizioni di sicurezza e di agibilità di cui alla normativa vigente";

- la parte ricorrente ha depositato una perizia attestate la sicurezza statica e sismica dell'immobile e con ordinanza n. 2 del 6 gennaio 2020 il Comune ha disposto la revoca dell'ordinanza n. 74 del 24 dicembre 2019 (rettificata con ord. 75/2019), solo fino al termine dell'anno scolastico e con la precisazione che la detta revoca non aveva alcuna incidenza sulla validità del provvedimento di annullamento n. prot. 3791 del 10 dicembre 2019.

1.2. A sostegno dell'impugnativa venivano formulati i seguenti motivi di ricorso:

I. Sul provvedimento dirigenziale n. 37791 del 10 dicembre 2019.

a) Violazione dell'art. 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241 - Eccesso di potere per inesistenza del presupposto - Difetto di istruttoria - Sviamento.

Secondo il Comune, il fabbricato esistente al 31 dicembre 1993 avrebbe avuto dimensioni inferiori a quelle riportate nei grafici del progetto di completamento, come stato di fatto oggetto di condono edilizio. Tuttavia, tale affermazione non può essere verificata in quanto, come affermato nello stesso provvedimento impugnato, la documentazione allegata alle domande di condono non è più presente nell'archivio del Comune. Come emerge dalla perizia tecnica di parte e relativi allegati versata in atti, il fabbricato oggetto di condono avrebbe, invece, la medesima sagoma e consistenza di quello attuale.

b) Violazione degli artt. 3 e 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241 - Violazione dei principi generali del diritto in materia di annullamento di un atto amministrativo - Eccesso di potere per inesistenza di concrete ragioni di interesse pubblico - Difetto di istruttoria - Difetto di motivazione - Omessa valutazione della posizione del privato - Sviamento.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 17 ottobre 2017, n. 8, ha escluso che sussista ex se l'interesse pubblico al mero ripristino della legalità violata, in ipotesi di rilascio di un titolo edilizio illegittimo, ed ha anche negato la "teoria dell'inconsumabilità del potere", con la conseguenza che il decorso del tempo "onera l'Amministrazione del compito di valutare motivatamente se l'annullamento risponda ancora a un effettivo e prevalente interesse pubblico di carattere concreto ed attuale" in quanto il tempo dell'agire amministrativo non può essere indifferente rispetto all'affidamento ingenerato. Nel provvedimento impugnato, invece, mancherebbe la motivazione dell'interesse pubblico all'annullamento.

c) Violazione di legge ed eccesso di potere per erroneità della motivazione - Contraddittorietà dell'azione amministrativa - Illegittimità derivata.

Nella premessa del provvedimento impugnato, il Comune afferma che lo stabile "così come usato non gode dell'agibilità dei locali utilizzati non garantendo le condizioni di sicurezza della scolaresca". Tuttavia, secondo i ricorrenti, l'agibilità dello stabile sarebbe stata confermata e certificata dal Comune di Marano per ben 13 anni consecutivi. Inoltre, nell'ordinanza n. 2 del 6 gennaio 2020 (con la quale è stata revocata la precedente disposta chiusura della scuola sino al termine dell'anno scolastico), si attesta che il fabbricato in questione è staticamente e sismicamente idoneo e che reca tutte le caratteristiche tecniche per essere destinato ad attività scolastica e parascolastica. In sostanza, l'annullamento del certificato di agibilità non sarebbe determinato dall'assenza delle condizioni di sicurezza del fabbricato, o da motivazioni di carattere igienico sanitario, ma sarebbe conseguenza dell'annullamento dei titoli edilizi legittimanti il fabbricato.

II. Sull'ordinanza sindacale n. prot. n. 74 del 24 dicembre 2019 (rettificata con ordinanza n. 75 del 27 dicembre 2019).

d) Violazione dell'art. 54 del d.lgs. 267 del 18 agosto 2000 - Eccesso di potere per inesistenza del presupposto - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Contraddittorietà dell'azione amministrativa - Sviamento.

L'ordinanza è stata adottata ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica, ossia l'integrità fisica della popolazione. Nel caso di specie, risulterebbe assente il requisito dell'urgenza, come conferma la stessa condotta della P.A. che ha certificato l'agibilità dello stabile per ben 13 anni consecutivi. A ciò si aggiunga che è stata la stessa Amministrazione comunale a riconoscere, nell'ordinanza n. 2 del 6 gennaio 2020 (con la quale è stata revocata la precedente disposta chiusura della scuola sino al termine del corrente anno scolastico), che il fabbricato in questione è staticamente e sismicamente idoneo e che reca tutte le caratteristiche tecniche per essere destinato ad attività scolastica e parascolastica.

1.3. Il Comune si è costituito chiedendo il rigetto del ricorso. Il signor Benedetto S. ha proposto atto di intervento ad adiuvandum.

2. Con un secondo ricorso (n. 2352/2020) il solo signor Domenico S. ha chiesto al T.A.R. per la Campania l'annullamento:

- dell'ordinanza dirigenziale n. 18 del 26 maggio 2020 recante l'ingiunzione a demolire un edificio sito in Marano di Napoli alla Via Caracciolo n. 10;

- di tutti gli atti preordinati, consequenziali e comunque connessi.

2.1. A fondamento dell'impugnativa si sosteneva l'illegittimità derivata dalla intervenuta sospensione dell'efficacia del provvedimento di annullamento n. 37791 del 10 dicembre 2019 e l'erroneità nei presupposti. Venivano quindi riproposti gli identici motivi già prospettati nel ricorso avverso il provvedimento dirigenziale n. 37791 del 10 dicembre 2019 e le ordinanze sindacali n. 74 del 24 dicembre 2019 e n. 75 del 27 dicembre 2019.

3. Con sentenza n. 1580 del 19 marzo 2021, il T.A.R. per la Campania, dopo averli riuniti, ha rigettato entrambi i ricorsi.

4. Avverso la sentenza appena citata ha proposto appello il signor Domenico S. per i motivi che saranno più avanti esaminati.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Marano chiedendo il rigetto dell'appello.

6. All'udienza del 13 aprile 2023 l'appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello si lamenta: Error in iudicando - Inesistenza ed erroneità dei presupposti in fatto e diritto - Difetto di istruttoria - Illogicità manifesta - Mancata applicazione dell'art. 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241.

L'appellante sostiene che:

- il primo giudice non ha preso in considerazione censure e i rilievi contenuti nel ricorso introduttivo e nelle perizie tecniche di parte che hanno messo chiaramente in luce la lacunosità e superficialità dell'istruttoria compiuta dal dirigente comunale e le incongruenze del metodo utilizzato dal verificatore nominato in primo grado;

- secondo il Comune, il fabbricato esistente al 31 dicembre 1993, avrebbe avuto dimensioni inferiori a quelle riportate nei grafici del progetto di completamento come stato di fatto oggetto di condono edilizio;

- tale affermazione, però, non può essere verificata in quanto, come affermato nello stesso provvedimento impugnato, la documentazione allegata alle domande di condono non è più presente nell'archivio del Comune;

- l'Amministrazione comunale non dispone di alcun elemento atto a dimostrare che le opere esistenti, per dimensione e consistenza, risultano maggiorate rispetto alla reale preesistenza, di guisa che mancherebbero i presupposti di legittimità dei condoni rilasciati;

- viceversa, il ricorrente ha dimostrato, con perizie di parte, che il fabbricato quo ante oggetto di condono ha la medesima consistenza di quello attuale;

- in ogni caso, al più il relativo confronto andava effettuato con riferimento alla documentazione più prossima all'epoca di commissione dell'abuso: la documentazione valutata dal Comune prima e dal verificatore dopo è di molto successiva alla data di ultimazione delle opere e di difficile lettura;

- in violazione dell'art. 21-nonies della l. 241/1990 il Comune di Marano, dopo ben 15 anni dalla data di rilascio, ha annullato i permessi di costruire rilasciati senza alcuna motivazione in ordine all'interesse pubblico sotteso a tale annullamento e senza nessuna prova della circostanza che detti condoni siano stati rilasciati sulla scorta di dichiarazioni mendaci.

1.1. Con il secondo motivo di appello si lamenta: Error in iudicando - Violazione dei principi generali del diritto in materia di annullamento di un atto amministrativo - Violazione degli artt. 3 e 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241 - Eccesso di potere per inesistenza di concrete ragioni di interesse pubblico - Difetto di istruttoria - Difetto di motivazione - Omessa valutazione della posizione del privato - Violazione del principio del legittimo affidamento.

L'appellante sostiene che:

- il giudice di primo grado ha erroneamente respinto il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente ha censurato il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico al disposto annullamento, in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso dal rilascio dei permessi di costruire annullati;

- la mancata indicazione dell'interesse pubblico, concreto ed attuale, alla rimozione degli atti che si presumono illegittimi, unitamente alla mancata comparazione del detto interesse con quello contrapposto dei destinatari del provvedimento impugnato, inficia in maniera evidente la legittimità del disposto annullamento dei condoni edilizi rilasciati e dei titoli edilizi con i quali è stato autorizzato il completamento del fabbricato (ben 15 anni fa);

- il giudice di prime cure avalla il comportamento posto in essere dal Comune, ritenendolo legittimo, sul presupposto - insussistente nella fattispecie - secondo cui sarebbe stata ben motivata l'esistenza di un interesse pubblico all'annullamento dei condoni;

- il giudice di primo grado non indica le ragioni di interesse pubblico che l'Amministrazione comunale avrebbe posto a fondamento del disposto annullamento; né avrebbe potuto farlo giacché nel provvedimento impugnato non vi è alcun riferimento a tali ragioni. L'unica motivazione, fatta propria anche dal giudice di primo grado, è l'affermazione infondata e non comprovata "di una rappresentazione maggiorata dell'immobile allo scopo di garantirsi un illecito dimensionamento dell'edificio";

- circa la rilevata mancata comparazione dell'interesse pubblico all'annullamento dei permessi di costruire con quello contrapposto dei destinatari del provvedimento impugnato, appare davvero incomprensibile la valutazione del giudice di prime cure, laddove a pag. 12 della sentenza impugnata, ultimo capoverso, afferma che il Comune ha ben valutato il permanere di un contrasto con l'interesse pubblico sul presupposto che il godimento per anni di un immobile, edificato "su una palese ed illegittima condizione" (e non su un titolo edilizio illegittimo), non determini l'insorgenza di "un interesse privatistico da contrapporre a quello pubblico nel doveroso compito di ripristinare la legalità violata";

- invece, tenuto conto del rilevante lasso di tempo trascorso dal rilascio delle licenze edilizie in oggetto (15 anni), il principio di ragionevolezza da applicare alla materia della autotutela, avrebbe dovuto suggerire una scelta più attenta e rispettosa verso posizioni oramai consolidate, per l'affidamento ingenerato nel privato circa la legittimità dell'atto di concessione;

- la sentenza gravata è illegittima per violazione dei principi di diritto in materia di annullamento dell'atto amministrativo.

2. I primi due motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

L'art. 21-nonies della l. 241/1990 recita:

«1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445».

La Sezione ha chiarito che i provvedimenti di annullamento in autotutela sono attratti all'alveo normativo dell'art. 21-nonies l. n. 241/1990 il quale ha riconfigurato il relativo potere attribuendo all'Amministrazione un coefficiente di discrezionalità che si esprime attraverso la valutazione dell'interesse pubblico in comparazione con l'affidamento del destinatario dell'atto. In materia i presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall'originaria illegittimità del provvedimento e dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenendo anche conto delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è, dunque, anche in materia di governo del territorio, espressione di una rilevante discrezionalità che non esime l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti. In particolare, il potere di autotutela deve essere esercitato dalla P.A. entro un termine ragionevole, tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso, ha riposto, con la realizzazione del progetto, un ragionevole affidamento sulla regolarità dell'autorizzazione edilizia (vedi, ex multis, C.d.S., Sez. VI, 18 novembre 2022, n. 10186).

Si veda anche il principio specificamente affermato da C.d.S., Sez. VI, 23 agosto 2021, n. 6016, secondo il quale è illegittimo l'annullamento in autotutela di un permesso in sanatoria, laddove esso sia privo di una espressa motivazione dalla quale risultino le ragioni di interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione e la posizione di affidamento dei destinatari dell'atto stesso.

Nella specie:

a) l'annullamento è intervenuto dopo quindici anni: quindi ben oltre un termine considerabile ragionevole e comunque non superiore a dodici mesi;

b) non esiste alcuna prova (ai fini di una eventuale applicabilità del comma 2-bis dell'art. 21-nonies l. 241/1990) dell'esistenza di false rappresentazioni perché, per stessa ammissione dell'Amministrazione, il Comune non conserva più le carte dei condoni;

c) quest'ultima circostanza rende impossibile acclarare con un livello accettabile di attendibilità l'asserita difformità tra il fabbricato attualmente esistente e il manufatto condonato;

d) il lungo lasso di tempo trascorso ha creato un legittimo affidamento negli attuali proprietari dell'immobile, affidamento ingenerato anche da comportamenti positivi reiterati dell'Amministrazione, come, ad esempio, il rilascio del certificato di abitabilità;

e) non è appagante il modo con cui Comune ha valutato l'esistenza dell'interesse pubblico all'annullamento (diverso dal mero ripristino della legalità) visto che l'edificio ospita una scuola frequentata da anni da circa 400 alunni i quali, data la mancanza di spazi alternativi, si ritrovano privi di un servizio molto importante.

Per queste ragioni l'annullamento impugnato in primo grado è illegittimo.

3. Con il terzo motivo di appello si lamenta: Error in iudicando - Violazione di legge ed eccesso di potere per erroneità della motivazione - Contraddittorietà dell'azione amministrativa - Illegittimità derivata.

L'appellante sostiene che:

- nella premessa del provvedimento impugnato in primo grado il Comune afferma che lo stabile "così come usato non gode dell'agibilità dei locali utilizzati non garantendo le condizioni di sicurezza della scolaresca";

- tale motivazione è del tutto priva di fondamento ed è in contrasto con l'attività amministrativa svolta dal Comune di Marano;

- l'agibilità dello stabile è stata confermata e certificata dal Comune di Marano per ben 13 anni consecutivi;

- la stessa Amministrazione comunale riconosce, nell'ordinanza n. 2 del 6 gennaio 2020 (con la quale è stata revocata la precedente disposta chiusura della scuola sino al termine del corrente anno scolastico), che il fabbricato in questione è staticamente e sismicamente idoneo e che reca tutte le caratteristiche tecniche per essere destinato ad attività scolastica e parascolastica;

- come si legge nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, il Comune ha disposto l'annullamento del certificato di agibilità in quanto lo stesso "risulta erroneamente rilasciato su immobile oggetto di condoni edilizi illegittimamente rilasciati";

- in altri termini, l'annullamento del certificato di agibilità non è determinato dall'assenza delle condizioni di sicurezza del fabbricato, o da motivazioni di carattere igienico-sanitario, ma è conseguenza dell'annullamento dei titoli edilizi legittimanti il fabbricato;

- pertanto, la palese illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui annulla i titoli edilizi afferenti l'edificio de quo determina la conseguente illegittimità derivata del disposto annullamento del certificato di agibilità.

3.1. Il motivo è fondato.

Esiste contraddittorietà quando tra più atti successivi esiste un contrasto inconciliabile tale da far sorgere dubbi su quale sia l'effettiva volontà dell'Amministrazione (C.d.S., Sez. IV, 25 ottobre 2022, n. 9078). Tale contrasto è rinvenibile nel caso di specie.

In ogni caso l'acclarata illegittimità del provvedimento di annullamento rende illegittimo l'annullamento del certificato di abitabilità.

4. Con il quarto motivo di appello si lamenta: Error in iudicando - Violazione dell'art. 54 del d.lgs. 267 del 18 agosto 2000 - Eccesso di potere per inesistenza del presupposto - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Contraddittorietà dell'azione amministrativa - Sviamento.

L'appellante sostiene che:

- con l'ordinanza n. 74 del 24 dicembre 2019 (rettificata con successiva ordinanza n. 75 del 27 dicembre 2019 solo ed esclusivamente riguardo alla numerazione) il Sindaco di Marano, nella sua qualità di Autorità comunale di protezione civile, sanitaria e di pubblica sicurezza, ha ordinato ai ricorrenti, ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 267/2000, "di non praticare e a non far praticare l'edificio denominato «Garden House», ed aree ad esso annesse...";

- la norma richiamata conferisce al Sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica, ossia l'integrità fisica della popolazione;

- nel caso di specie, risulta palesemente assente il requisito dell'urgenza;

- l'esistenza di un pericolo imminente per la pubblica e privata incolumità è smentita dalla stessa condotta della P.A. che ha confermato e certificato l'agibilità dello stabile per ben 13 anni consecutivi;

- la motivazione dell'impugnato provvedimento - che fa riferimento ad una generica ed indimostrata assenza delle condizioni di sicurezza ed agibilità dell'immobile - è del tutto insufficiente a legittimare l'adozione dell'ordinanza sindacale impugnata.

4.1. Il motivo è fondato, sulla base di quanto si è già rilevato.

L'acclarata illegittimità del provvedimento di annullamento rende illegittima l'ordinanza n. 74 del 24 dicembre 2019 (rettificata con successiva ordinanza n. 75 del 27 dicembre 2019 solo ed esclusivamente riguardo alla numerazione).

5. Con il quinto motivo di appello si lamenta: Error in iudicando - Violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 - Violazione del principio comunitario del legittimo affidamento - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione - Mancata ponderazione fra l'interesse pubblico e l'interesse privato al ripristino della legalità violata - Illogicità manifesta - Eccesso di potere per palese sviamento - Erroneità nei presupposti.

L'appellante sostiene che:

- la sentenza impugnata nulla dice in merito alla rilevata censura di illegittimità dell'ordinanza di demolizione impugnata (n. 18 del 26 maggio 2020) che non tiene in alcun conto la circostanza del lunghissimo tempo trascorso dalla realizzazione delle opere ad oggi;

- il lungo tempo trascorso dalla realizzazione degli interventi contestati, in uno alla completa assenza di qualsivoglia motivazione in ordine al prevalente interesse pubblico al ripristino della presunta legalità violata, denotano irrimediabili vizi di legittimità che inficiano il provvedimento di demolizione;

- tale motivazione appare tanto più indispensabile nel caso di specie in quanto le opere, presunte abusive, di cui all'ordinanza impugnata in primo grado, sono state definitivamente completate ben 15 anni fa, da persona diversa dall'odierno appellante, divenutone proprietario solo nel 2010, ovvero circa 5 anni dopo il rilascio delle concessioni in sanatoria da parte dell'Amministrazione comunale ed il definitivo completamento del fabbricato;

- da ben 15 anni le attività dell'istituto scolastico, ospitato nel fabbricato in questione, sono state autorizzate dal Comune di Marano di Napoli, dalla ASL Napoli 2 Nord e dal MIUR, sempre confermando la piena validità ed efficacia dei titoli abilitativi edilizi; anche la certificazione di agibilità e destinazione d'uso dei locali, necessaria per rinnovare l'autorizzazione ministeriale per l'esercizio delle attività didattiche, è stata sempre confermata e mai contestata dalla P.A.

5.1. Il motivo è in parte fondato e in parte assorbito, nei seguenti termini.

L'acclarata illegittimità del provvedimento di annullamento rende illegittima, nei suoi presupposti, l'ordinanza di demolizione, in disparte le restanti censure. Deve ritenersi trattarsi peraltro di una illegittimità derivata di tipo caducante, nel senso che l'annullamento dell'atto presupposto (il provvedimento di annullamento in autotutela) determina la caducazione dell'ordine di demolizione quale atto in questo caso meramente consequenziale.

6. Per le ragioni esposte l'appello deve essere accolto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie sia il ricorso di primo grado n. 947/2020 annullando il provvedimento del 10 dicembre 2019 con lo stesso impugnato, che il ricorso di primo grado n. 2352/2020 dando atto della caducazione dell'ordine di demolizione del 20 maggio 2020 ai sensi e nei termini di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Marano al pagamento, in favore dell'appellante, delle spese di giudizio che si quantificano in euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.