Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 14 marzo 2023, n. 2647
Presidente: de Francisco - Estensore: De Carlo
FATTO E DIRITTO
1. Vialpa s.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che aveva respinto il ricorso per ottenere l'annullamento del diniego di permesso di costruire relativo ad impianto di distribuzione di carburanti.
2. La società aveva presentato al Comune di Sant'Egidio alla Vibrata una richiesta per il rilascio di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un nuovo impianto di distribuzione stradale di gas metano, da realizzarsi lungo la Strada Statale n. 259 su area classificata dallo strumento urbanistico come zona "E1 - produzione agricola" ubicata al di fuori del centro abitato. Il Comune ha negato il permesso poiché l'impianto di distribuzione del carburante non avrebbe potuto essere realizzato al di fuori di una delle aree che il Comune stesso aveva qualificato come idonee all'insediamento di impianti di distribuzione del carburante da considerarsi opere di urbanizzazione secondaria.
3. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso poiché la tendenziale liberalizzazione introdotta dal d.lgs. 32 del 1998, non avrebbe limitato il potere di pianificazione dei Comuni in tema di collocazione dei distributori di carburante, facoltà esercitata dal Comune resistente che ha frazionato il suolo comunale in 8 tipologie di zone omogenee tra cui la zona M - Infrastrutture per la mobilità, ciascuna di esse può ospitare più di una delle destinazioni d'uso descritte all'art. 66 N.T.A., ma gli usi compatibili specificatamente ammessi sono definiti negli articoli delle N.T.A. relativi alle singole zone; dal momento che per le zone agricole sono consentite soltanto attività agricole o ad esse connesse, mentre sono esclusi tutti gli interventi residenziali, industriali ed edificatori non ricompresi in un programma di miglioramento agricolo, la collocazione di un impianto di carburanti non è ammissibile.
4. L'appello presenta quattro motivi.
4.1. Il primo contesta l'interpretazione offerta dalla sentenza del potere di pianificazione che residuerebbe ai Comuni dopo l'approvazione del d.lgs. 32 del 1998. Secondo la tesi contestata il Comune potrebbe, in sede di pianificazione, introdurre limitazioni alla possibilità di insediare gli impianti di carburante in molte zone individuando specifiche aree ove sarebbe possibili collocare tali infrastrutture.
Ma la riforma operata con il d.lgs. 32 del 1998 aveva lo scopo di rendere compatibili con qualsiasi destinazione territoriale gli impianti di distribuzione di carburante tranne le eccezioni stabilite all'art. 2 del d.lgs., con facoltà dei Comuni di identificare ulteriori zone nelle quali vietare l'installazione degli impianti.
4.2. Il secondo motivo lamenta un'erronea interpretazione delle norme di attuazione del P.R.G.
L'art. 80 delle N.T.A., che descrive gli usi ammessi in zona agricola, pur non comprendendo nell'elencazione l'impianto di distribuzione carburanti, non esprimerebbe un esplicito divieto alla possibile collocazione. L'art. 102, nell'individuare talune zone in cui è consentito insediare anche gli impianti di carburante, non contiene alcun divieto di insediare, in altre parti del territorio, impianti di distribuzione del carburante.
4.3. Il terzo motivo censura il rigetto del motivo del ricorso originario, sollevato in via subordinata, ove si contestavano le norme di piano del Comune che avevano individuato in via esclusiva soltanto tre aree del territorio compatibili con l'insediamento di distributori di carburante, determinate con criteri catastali. Se il Comune aveva il potere di limitare le aree in cui insediare gli impianti di distribuzione del carburante, ai sensi dell'art. 2 d.lgs. 32 del 1998, ciò non giustifica il restringere le zone ove il divieto non opera in modo così puntuale.
4.4. Il quarto motivo riguarda il mancato riconoscimento della violazione dell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990 poiché, se è vero che non sussiste un onere di analitica motivazione delle osservazioni rese del privato, non possono essere del tutto ignorate così da fondare il provvedimento impugnato sulle motivazioni del preavviso di rigetto riportate in modo identico.
5. Si costituiva in giudizio il Comune di Sant'Egidio alla Vibrata che concludeva per la reiezione dell'appello.
6. L'appello è fondato.
La disciplina introdotta dal d.lgs. 32 del 1998 ha inteso liberalizzare l'installazione degli impianti di distribuzione carburanti passando da un regime di concessione amministrativa a quello di una semplice autorizzazione.
Sul piano edilizio l'art. 2 del decreto al primo comma dispone che i Comuni individuino "criteri, requisiti e caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati detti impianti. Contestualmente i comuni dettano le norme applicabili a dette aree ivi comprese quelle sulle dimensioni delle superfici edificabili". Peraltro anche l'art. 131 della l.r. n. 23 del 2018 ribadisce la medesima indicazione.
Il comma 1-bis dell'art. 2 prevede che: "La localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A".
La mancata attuazione di tale disciplina prevede poteri sostitutivi.
Così ricostruita la normativa sull'installazione degli impianti per la distribuzione dei carburanti è evidente che le scelte urbanistiche del Comune appellato non siano conformi alla ratio legis.
Gli impianti in questione possono essere autorizzati in qualsiasi zona del territorio comunale ad eccezione di quelle sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e alle zone territoriali omogenee A, per il resto la localizzazione comporta un mero adeguamento dello strumento urbanistico.
Ai Comuni è stata conservata la facoltà in via generale di individuare ulteriori zone in cui non vi siano le caratteristiche per installare tali impianti, ma essa andava esercitata entro 120 giorni dall'entrata in vigore e poteva indicare specifiche aree del territorio comunale purché individuate secondo criteri generali. In ogni caso è vietata l'individuazione di zone specifiche su cui installare gli impianti perché è proprio questo tipo di disciplina urbanistica che la riforma voleva evitare.
Le previsioni urbanistiche del Comune, invece, hanno previsto una zona specifica (la M) per i distributori, in contrasto con una localizzazione tendenzialmente ubiquitaria, ed in tutte le altre zone hanno reso impossibile l'installazione perché le singole norme di piano delle varie zone non la prevedevano tra gli usi consentiti. L'illegittimità di tale scelta urbanistica è oltretutto rimarcata dal fatto che la zona M è costituita da una parte irrilevante del territorio comunale coincidente con tre mappali quasi a sottolineare che nel Comune esistono solamente tre possibili collocazioni di questo tipo di impianti.
Merita rilevarsi, infine, che ove si consentisse, secondo l'orientamento seguito dal primo giudice, all'utilizzo dei poteri di pianificazione territoriale di introdurre, anche solo di fatto, effettive e penetranti limitazioni allo svolgimento di attività economiche - che altre norme di legge hanno inteso invece liberalizzare (pur se, come nella specie, nei sensi e nei limiti che si sono sopra indicati) - si avallerebbe che gli enti preposti al governo del territorio, mediante un utilizzo sviato o distorto dei loro poteri di pianificazione urbanistica, finiscano con l'ergersi ad arbitri assoluti dello svolgimento, o meno, delle attività economiche: laddove certamente non è questa la causa per cui a detti enti la legge ha attribuito il pur penetrante potere di pianificazione urbanistica.
Per queste ragioni, mentre vanno accolti il primo ed il terzo motivo che contestano l'applicazione in generale del d.lgs. 32 del 1998 e l'eccessiva limitatezza della zona M, non è fondato il secondo che vorrebbe dare una lettura diversa delle norme tecniche, in particolare degli artt. 80 e 102, poiché il combinato disposto di esse e di altre norme sulle singole zone comporta l'assoluta inedificabilità degli impianti fuori della zona M.
Il quarto motivo di natura procedimentale può essere assorbito in virtù dell'accoglimento dei motivi sostanziali.
7. Le spese del doppio grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso di primo grado annullando il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune a rifondere alla controparte le spese del doppio grado di giudizio che liquida in euro 8.000 (ottomila) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.