Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 7 dicembre 2022, n. 10715
Presidente: Simonetti - Estensore: Tarantino
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Campania l'odierno appellante invocava l'annullamento del provvedimento del Comune di Montemiletto - Servizio Urbanistica - Ufficio Urbanistica-Edilizia n. prot. 0009685 de[l] 27 novembre 2020, con cui il responsabile del settore aveva disposto "l'annullamento dell'ordinanza di demolizione e rimessa in pristino emessa in data 10 gennaio 2018 prot. n. 184 nei confronti dei coniugi S./B., a seguito della presentazione della Scia in sanatoria in data 28 marzo 2019 prot. n. 2158 pratica edilizia n. 19/2019 e della chiusura dei procedimenti penali aperti presso il Tribunale di Avellino, con destinazione spazio tecnico, e la chiusura del procedimento aperto in data 15 dicembre 2017 prot. n. 8096".
2. Il primo giudice respingeva il ricorso, evidenziando, da un lato, come, per le istanze di sanatoria ex art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, operi il modulo del silenzio-assenso e non del silenzio-rifiuto; dall'altro, come a differenza di quanto sostenuto in ricorso, i lavori di cui alla s.c.i.a. impugnata non riguardano la creazione ex novo del locale tompato [recte: tombato - n.d.r.], realizzato giusta d.i.a. n. 21/2008, mai oggetto di contestazione, ma un modesto ampliamento dello stesso, per cm. 50 in larghezza verso il lato A. e m. 1 in lunghezza verso il lato opposto.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l'originario ricorrente che ne lamenta l'erroneità per le seguenti ragioni: a) l'orientamento citato dalla sentenza di primo grado - secondo cui per le istanze di sanatoria ex art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, opera il modulo del silenzio-assenso e non del silenzio-rifiuto - non sarebbe maggioritario. In ogni caso il provvedimento impugnato non avrebbe adeguatamente motivato in ordine all'annullamento dell'ordinanza di demolizione in quanto non avrebbe indicato il vizio di legittimità da cui sarebbe stata affetta. In ogni caso la ragione dell'annullamento non potrebbe essere costituita dalla mera presentazione della Scia in sanatoria in data 28 marzo 2019, prot. n. 2158 pratica edilizia n. 18/2019. Né un qualche rilievo potrebbe essere assegnato alla circostanza che i procedimenti penali sarebbero conclusi, dal momento che il rilievo penale sarebbe stato escluso per il maturare della prescrizione; b) sarebbe completamente falso che nel caso di specie ci si trovi di fronte ad un modesto ampliamento di un'opera già autorizzata ex d.i.a. n. 21 del 2008. Infatti, nel comma 1 del dispositivo dell'ordinanza di demolizione [si] fa riferimento a "un vano cantinola ricavato tra lo spaccato della fondazione del fabbricato esistente (foglio n. 8 particella n. 1775) e un muro di sostegno...". Inoltre, atteso che i lavori strutturali realizzati per la cantinola di cui si discute sarebbero stati collaudati solo nel 2018; essi non sarebbero affatto preesistenti alla realizzazione della richiesta di s.c.i.a. in sanatoria del 27 novembre 2017; richiesta in sanatoria che avrebbe per oggetto delle opere ex novo. Pertanto, il primo giudice avrebbe completamente errato nell'escludere che gli abusi non hanno per oggetto opere ex novo e avrebbe ignorato che nel caso di specie si è in presenza di una mutazione della destinazione d'uso. Pertanto, le opere in questione per la loro natura non sarebbero potute essere oggetto di s.c.i.a. in sanatoria anche in ragione del fatto che violerebbero la disciplina delle distanze dai confini.
4. Costituitosi in giudizio, il Comune di Montemiletto eccepisce l'inammissibilità dell'originario ricorso per difetto di legittimazione del ricorrente, dal momento che quest'ultimo individuerebbe il proprio interesse nella circostanza che a causa della realizzazione del manufatto oggetto di sanatoria l'istanza di permesso di costruire dallo stesso presentata avrebbe esito negativo a causa del mancato rispetto della distanza minima tra il fabbricato da edificare e il cunicolo d'ispezione interrato oggetto di giudizio. Nella fattispecie, invece, il manufatto in questione non sarebbe soggetto alle norme sulle distanze dal confine e dai fabbricati limitrofi in quanto non crea volumi edilizi. Né sarebbe sufficiente il mero criterio della vicinitas. Inoltre, non vi sarebbe alcuna limitazione del diritto di passaggio del sig. A. sulla contigua p.lla 1772 per effetto del restringimento della strada causata dal cunicolo di ispezione. In ogni caso l'appello sarebbe infondato non sussistendo alcun difetto di motivazione e risultando pienamente applicabile il regime della s.c.i.a., non potendo esso qualificarsi come intervento edilizio rientrante nelle previsioni dell'art. 21 del d.P.R. n. 380/2001.
5. Costituitisi in giudizio, gli originari controinteressati invocano il rigetto dell'odierno gravame, evidenziando come il sopravvenire di un valido titolo edilizio in sanatoria a causa della doppia conformità urbanistica comporterebbe l'inefficacia del provvedimento demolitorio. Inoltre, l'appellante nel fare riferimento all'esistenza di un fabbricato con una sua altezza introdurrebbe nuove censure in violazione del divieto dei nova in appello. Ancora la violazione della disciplina sulle distanze non potrebbe essere fatta valere dinanzi al giudice amministrativo.
6. Nelle successive difese le parti insistono nelle proprie argomentazioni.
7. Preliminarmente, deve essere disattesa l'eccezione di difetto di legittimazione dell'odierno appellante. Al riguardo occorre rammentare l'insegnamento dell'Adunanza plenaria n. 22/2021 secondo la quale nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, ferma restando la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi; e il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato. Nella fattispecie in esame l'interesse ad agire è stato sufficientemente rappresentato dall'originario ricorrente nella possibile lesione delle potenzialità edificatorie del proprio fondo a causa della violazione della disciplina sulle distanze tra gli immobili imputata agli odierni appellati e nel meno agevole utilizzo di una strada di accesso al proprio fondo su cui grava una servitù di passaggio. Ciò è sufficiente per ritenere sussistente un potenziale pregiudizio discendente dagli atti impugnati e, di conseguenza, l'interesse ad agire dell'odierno appellante, non potendosi sovrapporre evidentemente l'indagine sulle condizioni dell'azione a quella sul merito delle censure sottoposte alla cognizione del giudice.
8. L'appello è fondato e merita di essere accolto sussistendo un chiaro difetto di motivazione nel provvedimento impugnato. L'ordinanza di demolizione oggetto del provvedimento di autotutela evidenzia, infatti, come gli originari controinteressati avessero presentato una s.c.i.a. in sanatoria in data 24 novembre 2017 sprovvista della dichiarazione di doppia conformità dell'opera e che in data 4 dicembre 2017 la stessa s.c.i.a. era stata ritirata in quanto inesatta sotto il profilo urbanistico. In data 27 dicembre 2017, sempre secondo quanto attestato nell'ordinanza di demolizione, il tecnico incaricato dagli odierni appellati attestava, tra l'altro, che la detta s.c.i.a. erroneamente faceva riferimento ad un cambio di destinazione d'uso da cunicolo di ispezione a cantinola e alla presenza di due corpi interrati invece di uno: il primo corpo di lunghezza 8,10 mt, larghezza 2,01 e altezza 2,15; il secondo, invece, di lunghezza 3,17 mt, larghezza 1,63 e altezza 2,15. Sempre secondo la detta ordinanza le opere in questione se avessero rispettato i parametri urbanistici e la disciplina sulle distanze avrebbero potuto essere oggetto di s.c.i.a. In mancanza, però, ne veniva ordinata la demolizione. Tanto premesso, occorre rilevare che il provvedimento impugnato annulla l'ordinanza di demolizione senza offrire alcuna motivazione in ordine al superamento dei plurimi elementi di abuso riscontrati, non essendo sufficiente al riguardo l'esito dei procedimenti penali o la circostanza della presentazione di una s.c.i.a. in sanatoria. Tra gli abusi in precedenza contestati all'appellato in particolare non risulta in alcun modo motivato come sia superato il mancato rispetto della disciplina sulle distanze, che riguarda anche il manufatto in questione, atteso che, come emerge dalla documentazione fotografica, lo stesso non risulta completamente interrato. Al riguardo, occorre rammentare, sotto un primo profilo, che ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera (cfr. C.d.S., Sez. IV, 1° febbraio 2017, n. 412) e, sotto un secondo profilo, che per le controversie concernenti le distanze fra costruzioni o di queste dai confini, vige il regime della c.d. "doppia tutela", per cui il soggetto, che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia, è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita (con giurisdizione del g.o.) e, dall'altro, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'Amministrazione, con cui tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa, da far valere di fronte al g.a. (cfr. C.d.S., Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 81). Del resto è la stessa sentenza di primo grado non impugnata dagli appellati sul punto che attesta in fatto come vi sia stato un ampliamento dello stesso, per cm. 50 in larghezza verso il lato A. e m. 1 in lunghezza verso il lato opposto.
9. La fondatezza del primo motivo di appello comporta l'accoglimento in parte qua del ricorso di primo grado e di conseguenza l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato che il giudizio ha ad oggetto una richiesta di mero annullamento del provvedimento di autotutela non residua interesse all'esame dei residui motivi di appello.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e in riforma della sentenza di primo grado accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato.
Condanna gli appellati in solido al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore dell'appellante che si liquidano in euro 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.