Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 4 luglio 2022, n. 5532

Presidente: Volpe - Estensore: Carpino

FATTO E DIRITTO

La controversia per cui è causa riguarda lavori abusivi che hanno portato alla presentazione di una domanda di condono prot. n. 6020 del 1° aprile 1986.

Nella pendenza dell'esito di tale istanza vengono riscontrati (rapporto tecnico 10 aprile 2008) e contestati vari interventi abusivi posteriori a quella istanza e vengono adottate due ordinanze di sospensione lavori e demolizione (nn. 187 e 252) in ordine ai lavori abusivi, rispettivamente del 15 aprile e 29 maggio 2008.

In particolare sono state accertate con rapporto tecnico del 10 aprile 2004:

- opere relative al piano seminterrato: ampliamento del locale cantina e di altro locale;

- opere relative al piano terra: ampliamento sul lato valle mediante chiusura del terrazzo a livello con pareti perimetrali e solaio di copertura in latero-cemento; modifiche interne; ampliamento del terrazzo ubicato nella zona di accesso al piano terra; installazione di tettoia in ferro e tegole a protezione del terrazzo di cui al punto precedente;

- opere relative al primo piano: diversi ampliamenti ad incremento sia della superficie utile che delle superfici non residenziali nonché varie modifiche prospettiche.

Una parte delle opere relative al primo piano, di cui all'ordinanza n. 252/2008, è stata ripristinata.

In data 25 agosto 2008 e 15 settembre 2008 parte ricorrente ha presentato, rispettivamente, istanza di compatibilità ambientale e di accertamento di conformità, sul cui esito dagli atti non emergono elementi di riscontro.

Avverso le citate ordinanze, rispettivamente, di sospensione lavori e demolizione (nn. 187 e 252 del 2008), parte appellante ha presentato ricorso, che è stato respinto dal T.A.R. con la sentenza oggetto del presente gravame.

Con il primo motivo l'appellante deduce violazione e falsa applicazione della l. n. 47/1985, omessa istruttoria, eccesso di potere e travisamento degli atti: illegittimità dell'ordine di demolizione in pendenza di un'istanza di sanatoria.

Il motivo è fondato.

Parte appellante censura l'operato dell'Amministrazione lamentando l'omesso preventivo riscontro dell'istanza di condono rispetto all'ordinanza di demolizione, che ritiene non potesse essere adottata. Denuncia la sentenza oggetto di gravame nella parte in cui rileva che il tecnico comunale avrebbe distinto, in sede di sopralluogo, tra opere oggetto di istanza di condono ed opere realizzate successivamente rispetto a tale istanza.

Rileva parte appellante, inoltre, che in ogni caso per le opere in questione - anche quando non fossero ricomprese in quelle oggetto dell'istanza di condono - ugualmente l'Amministrazione aveva l'onere di definire dapprima, o anche contestualmente, l'istanza di condono; opere che - rileva parte appellante - riguardano lo stesso immobile oggetto dell'istanza di condono.

Al riguardo occorre premettere l'art. 44 l. 47/1985 dispone, per la parte qui di interesse, che, dalla data di entrata in vigore della citata legge e fino alla scadenza dei termini fissati dall'art. 35, sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione.

Nello specifico le due ordinanze richiamano il dato "storico" della presentazione dell'istanza di condono per quell'edificio e forniscono come dato, altrettanto storico, che le opere oggetto delle medesime, prima di sospensione dei lavori e poi di demolizione, siano diverse da quelle oggetto della medesima domanda di condono.

A tal riguardo va anche rilevato che l'art. 35 l. 47/1985 prevede la possibilità di un completamento dei lavori oggetto dell'istanza di sanatoria previo l'esperimento di un apposito procedimento che ne consente l'esecuzione dopo che siano stati espressi i pareri delle competenti Amministrazioni.

Il Comune appellato inoltre esprime valutazioni non compiutamente sviluppate facendo riferimento - per le opere relative al fabbricato preesistente - ad opere di "dubbia legittimità urbanistico ambientale".

Da quanto emerge dagli atti, inoltre, sussiste una notevole interessenza delle opere oggetto delle due ordinanze con la struttura oggetto della domanda di condono; ciò avrebbe costituito motivo ulteriore per una pronta definizione dell'istanza senza l'intervento di ulteriori provvedimenti, in violazione di quanto prescritto dall'art. 44 l. 47/1985, ingenerando così una situazione di poca chiarezza circa la legittimità urbanistico-edilizia delle opere oggetto dell'istanza di condono e di quelle oggetto delle due ordinanze di sospensione e demolizione.

Nello specifico quindi l'Amministrazione non ha esaminato l'istanza di condono sebbene ne richiami l'esistenza a titolo cautelativo: "fermo restante ogni altra valutazione in merito all'ammissibilità e procedibilità dell'istanza di condono" (cfr. ordinanza 252 del 29 maggio 2008).

Il Comune appellato, comunque, nei provvedimenti impugnati, al di là del generico richiamo di cui sopra, non svolge alcuna considerazione sulla domanda di condono, né ne definisce l'esito, né dà atto dell'inesistenza di opere o di istanze di cui all'art. 35 l. n. 47/1985.

La giurisprudenza di questo Consiglio, in materia, ha ribadito, più volte, l'illegittimità degli ordini sanzionatori di demolizione di opere abusive emessi in pendenza del termine o in presenza della già avvenuta presentazione della istanza di condono edilizio, poiché l'art. 44 della l. 47/1985 prevede che, in pendenza del termine per la presentazione di tali domande, tutti i procedimenti sanzionatori in materia edilizia sono sospesi (C.d.S., Sez. VI, 15 gennaio 2021, n. 488; nello stesso senso, da ultimo, C.d.S., Sez. VI, 30 maggio 2022, n. 4302).

In sostanza, quindi, a fronte di una norma derogatoria, quale è quella sul condono edilizio, l'Amministrazione deve porre in essere una azione più ampia ed esaustiva delle istanze del cittadino che tenga in debito conto anche le istanze pendenti, quale nel caso quella di condono, al fine dell'esercizio pieno delle proprie funzioni di tutela dell'interesse pubblico sulla vigilanza dell'attività edilizia; una volta esaminato il complesso delle questioni - che nel caso specifico insistono ed interferiscono sullo stesso bene - l'Amministrazione, in ossequio a criteri di trasparenza e buona amministrazione, sarebbe dovuta intervenire con un provvedimento complessivo senza che invece la sua inazione legittimi - in un qualche modo - una parte dell'abuso, ove fosse poi ritenuto sussistente.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

L'appello, pertanto, deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e annullati i provvedimenti impugnati.

Le spese del doppio grado del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti impugnati in quella sede.

Condanna il Comune appellato al pagamento, in favore dell'appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.