Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 17 giugno 2022, n. 19696

Presidente: Manna - Relatore: Giannaccari

FATTI DI CAUSA

1. La Allstar s.r.l. propose opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione del 19 luglio 2016, con la quale il dirigente del settore commercio del Comune di Verona aveva disposto la sospensione per sette giorni del funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro nella sala giochi gestita dalla società per non avere rispettato i limiti di orario disposti con ordinanza comunale del 15 febbraio 2016.

1.1. L'opponente dedusse che, con delibera del 23 febbraio 2016, la Giunta comunale di Verona aveva stabilito gli importi dovuti in caso di trasgressione dell'ordinanza per l'estinzione dell'illecito ed aveva disposto, in caso di reiterata violazione e fatte salve le misure interdittive del t.u.l.p.s., la sanzione accessoria della sospensione temporanea dell'attività.

1.2. Il Tribunale accolse l'opposizione, ritenendo che il Comune non aveva il potere di prevedere sanzioni interdittive, in assenza di una norma di rango primario che glielo conferisse, e disapplicò quindi l'ordinanza sindacale del 15 febbraio 2016 e la delibera di Giunta del 23 febbraio 2016, nella parte in cui prevedevano la sanzione accessoria della sospensione dell'attività, annullando l'ordinanza-ingiunzione impugnata.

1.3. Il Comune di Verona propose appello avverso la decisione del Tribunale, richiamando quale fonte di rango primario, legittimante la potestà del Comune di emettere sanzioni, l'art. 10 del t.u.l.p.s. che prevede il potere del Comune di revocare o sospendere le autorizzazioni di polizia.

1.4. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 4 aprile 2018, accolse l'appello, ritenendo che la riserva di legge in tema di sanzioni amministrative fosse assicurata dalla lettura coordinata degli artt. 7-bis e 50 del t.u.e.l., dell'art. 20 della l.r. Veneto n. 6/2015 e dall'art. 10 del t.u.l.p.s., che riconoscono la competenza del Comune a regolare gli orari di apertura ed a prevedere sanzioni in caso di inosservanza non solo limitatamente a quelle pecuniarie, ma anche alle sanzioni accessorie, come quella della sospensione del funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l'Allstar s.r.l. sulla base di tre motivi.

2.1. Ha resistito con controricorso il Comune di Verona.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 11 della l. 689/1981, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione del principio di legalità, non avendo la Giunta comunale il potere di irrogare sanzioni amministrative diverse da quelle previste dagli artt. 16, comma 2, del d.lgs. [recte: della legge - n.d.r.] 689/1981 e dell'art. 7-bis del d.lgs. 267/2000. La società ricorrente deduce che è contraria alla riserva di legge in tema di sanzioni amministrative "l'interpretazione ampia del[l]'art. 1 della l. 689/1981" che è norma di stretta interpretazione, per essere l'illecito amministrativo costruito sul modello dell'illecito penale. La Corte di merito avrebbe erroneamente riconosciuto alla Giunta comunale il potere di revocare o sospendere le licenze che non sono di sua emanazione ma di competenza del Questore. L'unico potere punitivo della Giunta comunale sarebbe rinvenibile nell'art. 16, comma 2, della l. 689/1981, che prevede, per le violazioni dei regolamenti e delle ordinanze comunali e provinciali, il potere della Giunta comunale o provinciale di stabilire, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, un diverso importo del pagamento in misura ridotta. Vi sarebbe, peraltro, una distinzione di competenza tra l'art. 86 del t.u.l.p.s. - che prevede la sospensione o la revoca delle autorizzazioni di polizia da parte del Sindaco - dall'art. 88 del t.u.l.p.s. che prevede il potere sanzionatorio del Questore.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, comma 3, lett. B, della l.r. Veneto n. 6/2015, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la Corte d'appello ha ritenuto che il potere sanzionatorio del Comune tragga fondamento dalla legge regionale mentre il potere di sospensione sarebbe affidato unicamente al Questore, ai sensi dell'art. 88 del t.u.l.p.s. L'art. 20 della l.r. Veneto n. 6/2013 [recte: 6/2015 - n.d.r.] si limiterebbe ad individuare gli orari di apertura delle sale giochi e, in caso di inosservanza, sarebbero applicabili unicamente le sanzioni pecuniarie, ai sensi dell'art. 16 della l. 689/1981 e dell'art. 7-bis del t.u.e.l.

2.1. I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

2.2. È opportuno il richiamo ai parametri normativi.

2.3. L'art. 20 della l.r. Veneto n. 6/2015 prevede che: "La Regione del Veneto promuove interventi finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio dalla dipendenza da gioco d'azzardo patologico e delle problematiche correlate, nonché al trattamento e al recupero delle persone che ne sono affette e al supporto delle loro famiglie".

2.4. La legge regionale citata demanda ai comuni, "in conformità al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione", di "individuare gli orari di apertura delle sale giochi e la relativa sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto degli stessi, tenendo conto dell'impatto sul contesto, sulla sicurezza e sul decoro urbano, nonché dei problemi connessi alla viabilità, all'inquinamento acustico e alla quiete pubblica".

2.5. L'art. 7-bis del d.lgs. 267/2000 prevede che "salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro".

2.6. Questa Corte, con orientamento consolidato, al quale il collegio intende dare continuità, ha affermato che l'art. 1 della l. 24 novembre 1981, n. 689 ha recepito anche per le sanzioni amministrative il principio di legalità, impedendo che possano essere comminate da disposizioni contenute in fonti normative subordinate, come un regolamento comunale o un'ordinanza del Sindaco, con la conseguenza che, in sede di giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emessa per l'irrogazione di sanzione illegittimamente prevista da fonte regolamentare, il giudice ordinario ha il potere-dovere di disapplicazione di tale previsione, in virtù dell'art. 5 della l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E (Cass. 22 ottobre 1991, n. 11195; Cass. civ., Sez. I, 12 febbraio 1996, n. 1061).

2.7. L'art. 1 l. n. 689 del 1981, avendo recepito anche per le sanzioni amministrative il principio di legalità, impedisce che sanzioni siffatte possano essere direttamente comminate da disposizioni contenute in fonti normative subordinate, quale un'ordinanza del Sindaco.

2.8. È stato chiarito che il principio di legalità fissato dall'art. 1 della l. 24 novembre 1981, n. 689 si concreta in un regime di "riserva assoluta" di legge, ma l'efficacia di tale riserva - a differenza della riserva di legge assoluta prevista con riguardo all'illecito penale direttamente dall'art. 25 Cost. - non è di rango costituzionale in quanto la materia delle sanzioni amministrative sul piano costituzionale è riconducibile all'art. 23 Cost., che stabilisce solo una riserva di legge di natura relativa; essa opera sul piano della forza di legge ordinaria, con l'effetto che senza una legge che deroghi al suddetto art. 1 non è possibile l'introduzione di sanzioni amministrative mediante fonti secondarie, mentre questa possibilità ben può essere ammessa da una legge ordinaria, che la preveda in via generale o per singoli settori (Sez. 1, sent. n. 12367 del 6 novembre 1999).

2.9. Come affermato di recente dalla Corte costituzionale, con sentenza del 18 gennaio 2021, n. 5, e con sentenza n. 134 del 2019, il potere sanzionatorio amministrativo - che il legislatore regionale ben può esercitare, nelle materie di propria competenza - resta comunque soggetto alla riserva di legge relativa [di cui] all'art. 23 Cost. in quanto anche rispetto al diritto sanzionatorio amministrativo - di fonte statale o regionale che sia - si pone, in effetti, un'esigenza di predeterminazione legislativa dei presupposti dell'esercizio del potere sanzionatorio, con riferimento sia alla configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, sia alla tipologia e al quantum della sanzione stessa, sia - ancora - alla struttura di eventuali cause esimenti. E ciò per ragioni analoghe a quelle sottese al principio di legalità che vige per il diritto penale in senso stretto, trattandosi, pure in questo caso, di assicurare al consociato tutela contro possibili abusi da parte della pubblica autorità (sent. n. 32 del 2020, punto 4.3.1 del considerato in diritto): abusi che possono radicarsi tanto nell'arbitrario esercizio del potere sanzionatorio, quanto nel suo arbitrario non esercizio.

2.10. Questa esigenza è stata, del resto, già posta in evidenza da una risalente pronuncia del giudice delle leggi, che ha altresì ricollegato espressamente la ratio della necessaria «prefissione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere relativo all'applicazione (o alla non applicazione)» delle sanzioni amministrative al principio di imparzialità dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., oltre che alla riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. (sent. n. 447 del 1988).

2.11. Tutto ciò impone che a predeterminare i presupposti dell'esercizio del potere sanzionatorio sia l'organo legislativo (statale o regionale), il quale rappresenta l'intero corpo sociale, consentendo anche alle minoranze, nell'ambito di un procedimento pubblico e trasparente, la più ampia partecipazione al processo di formazione della legge (sent. n. 230 del 2012); mentre tale esigenza non può ritenersi soddisfatta laddove questi presupposti siano nella loro sostanza fissati da un atto amministrativo, sia pure ancora di carattere generale.

2.12. La natura di riserva relativa di legge «non può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad una prescrizione normativa "in bianco" [...], senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini» (Corte cost., sent. n. 115 del 2011, e numerosi precedenti ivi richiamati).

2.13. Tale principio implica dunque che - laddove la legge rinvii a un successivo provvedimento amministrativo generale o ad un regolamento - sia comunque la legge stessa a definire i criteri direttivi destinati a orientare la discrezionalità dell'amministrazione (sent. n. 174 del 2017; in senso analogo, sentt. n. 83 del 2015 e n. 435 del 2001).

2.14. Tale possibilità non si è verificata nel caso di specie, in quanto l'art. 20 della l.r. Veneto n. 6/2015 non prevede la sanzione accessoria della sospensione delle attività, ma si limita a demandare ai Comuni l'individuazione degli orari di apertura delle sale giochi e la relativa sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto degli stessi.

2.15. La fonte primaria va quindi individuata nell'art. 7-bis del d.lgs. 267/2000, testo unico degli enti locali, il quale prevede che per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria.

2.16. Nessuna norma primaria, statale o regionale, attribuisce alla Giunta comunale il potere di prevedere "misure interdittive, in caso di ulteriori violazioni compiute dal medesimo soggetto nell'arco di tre anni... consistenti nella sospensione di sette giorni dell'attività di sala giochi o di funzionamento degli apparecchi per la seconda violazione e nella sospensione di trenta giorni dalla terza violazione in poi", come testualmente previsto dalla deliberazione della Giunta comunale n. 52 del 23 febbraio 2016.

2.17. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la fonte primaria non può essere rivenuta nell'art. 10 del t.u.l.p.s., che prevede la sospensione o la revoca delle autorizzazioni di polizia nel caso di abuso della persona autorizzata, essendo contraria al principio di legalità l'interpretazione "ampia" della legge regionale, nel senso che i Comuni sono competenti non solo a regolare gli orari di apertura e funzionamento delle sale giochi e degli apparecchi di vincita in denaro ma anche a prevedere sanzioni pecuniarie ed accessorie come la sospensione del funzionamento degli apparecchi.

2.18. Osserva il collegio che il bene giuridico protetto dalla l.r. Veneto va rinvenuto nella prevenzione, nel contrasto e nel rischio dalla dipendenza da gioco d'azzardo patologico ovvero nella tutela della salute pubblica dalla cosiddetta ludopatia.

2.19. In questo contesto, la disciplina degli orari di apertura delle sale giochi tiene conto dell'impatto sulla sicurezza, sul decoro urbano e sui problemi connessi alla viabilità, all'inquinamento acustico ed alla quiete pubblica in ragione dei disagi derivanti dalla collocazione delle sale gioco in determinate zone cittadine.

2.20. L'autorizzazione del Questore è invece correlata ad esigenze di ordine pubblico e sicurezza ed attiene alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico.

2.21. La legge regionale persegue, pertanto, in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia della legislazione concorrente, nella quale la Regione può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.

2.22. La norma regionale si muove su un piano distinto da quello del t.u.l.p.s. [ch]e mira a contrastare i fenomeni criminosi e le turbative dell'ordine pubblico collegati al mondo del gioco e delle scommesse.

2.23. La competenza del Questore ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi generali della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi, sono affidate a poteri pubblici diversi (l'amministrazione finanziaria per quanto riguarda l'aspetto concessorio; l'autorità di pubblica sicurezza-questore, per quanto riguarda l'aspetto autorizzatorio; l'autorità sindacale per quanto riguarda la salubrità dell'ambiente cittadino), che non confliggono tra loro proprio per le diverse finalità che essi perseguono e cui le rispettive competenze sono orientate.

2.24. Spetta, quindi, in capo al Sindaco, ai sensi dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. 267/2000, il potere di disciplinare l'orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincite in danaro, con la precisazione che tale disciplina si riferisce all'aspetto della tutela della quiete pubblica e della salute pubblica, mentre spetta al Questore la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, che attiene alla prevenzione dei reati.

2.25. Ne consegue l'illegittimità dell'ordinanza-ingiunzione del 19 luglio 2016 in quanto il Comune di Verona non aveva il potere di disporre la sanzione accessoria della sospensione per sette giorni del funzionamento degli apparecchi per non avere la società rispettato i limiti di orario disposti con ordinanza comunale del 15 febbraio 2016.

2.26. Il ricorso va, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. l'ordinanza-ingiunzione va annullata.

3. Considerata la peculiarità e la novità della questione trattata, le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità vanno interamente compensate.

3.1. Va dichiarato assorbito il terzo motivo di ricorso.

P.Q.M.

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso per opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione e per l'effetto annulla l'ordinanza impugnata.