Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 31 maggio 2022, n. 4417

Presidente: Poli - Estensore: Tucciarelli

FATTO E DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è la determinazione del Comune di Verbania, prot. n. 7172017 del 31 ottobre 2017, recante il divieto di dare corso ai lavori di cui alla SCIA presentata, il 6 ottobre 2017, dalla ditta Fracti Costruzioni per la ristrutturazione - con modificazione della destinazione d'uso, da cantina ad abitazione, di un locale sito nel sottoscala - di un appartamento al piano terra del fabbricato ubicato al civico n. 73 di via Intra Premeno (individuato al catasto urbano al foglio 32, particella n. 384, sub n. 18), in zona classificata dal P.R.G. come AER (aree caratterizzate dalla presenza di costruzioni destinate completamente, o prevalentemente, ad uso di residenza permanente e temporanea, esistenti o incluse nelle previsioni di strumenti urbanistici esecutivi in corso di attuazione, od oggetto di concessioni edilizie rilasciate), in relazione ai parametri per i tipi di interventi ammessi di cui all'art. 18, comma 5, della norme di attuazione (N.A.) del piano regolatore generale (P.R.G.).

2. La società Fracti Costruzioni s.r.l. aveva acquistato da terzi con atto di compravendita (rep. 53640 dell'8 luglio 2014, trascritto il 28 luglio 2014, reg. gen. 7565) diritti edificatori pari a metri cubi 159,84 (considerati afferenti ex art. 18 delle N.A. del P.R.G., al fabbricato ad uso abitazione e autorimessa con annessa area scoperta pertinenziale, sito nel Comune di Verbania, località Antoliva, via Intra Premeno n. 69), al fine di consentire l'incremento edificatorio degli immobili, di proprietà della società acquirente, siti in Verbania, località Antoliva, e precisamente di:

a) area con entrostante fabbricato in corso di ristrutturazione censita nel Catasto terreni alla partita 1, Foglio 32, mappale 384 - are 4,66; Foglio 32, mappale 137, sub. 2, via Intra Premeno n. 73 e mappale 137 sub. 1, via Intra Premeno n. 73/B, mappale 137 sub. 4, via Intra Premeno n. 73; mappale 335, sub. 3, via dei Galli snc; mappale 335, sub. 1, via dei Galli;

b) area con entrostante fabbricato in corso di costruzione censita nel Catasto terreni alla partita 1, Foglio 32, mappale 383, are 5,74.

La società presentava quindi SCIA il 6 ottobre 2017, prot. n. 43402/2017, avente a oggetto la ristrutturazione interna e il cambio di destinazione d'uso da cantina ad appartamento di una unità non ultimata al piano terreno e, al fine di potere realizzare il cambio di destinazione d'uso - atteso che il predetto locale non costituisce per il piano regolatore superficie e volume - ha utilizzato, allegando alla SCIA un parere legale, i diritti edificatori acquistati, relativi a un edificio residenziale sito a una quarantina di metri e con medesima destinazione urbanistica.

Il Comune di Verbania (ordinanza n. DPT/SUE/71/2017 del dirigente del IV Dipartimento, Sportello Unico Edilizia Privata) ha imposto alla società di non effettuare il previsto intervento. Il Comune ha infatti ritenuto che la proposta progettuale non fosse attuabile in quanto il trasferimento di volume/superficie utile da altro fabbricato non contiguo al terreno e al fabbricato oggetto d'intervento, seppur omogeneo rispetto alla destinazione d'uso del suolo, non consente di circoscrivere l'intervento in un unico lotto come determinato all'art. 18, comma 5, delle norme di attuazione del P.R.G.

La richiamata disposizione delle N.A. stabilisce i parametri per gli interventi ammessi, prevedendo in particolare che la superficie utile lorda (s.u.l.) debba essere pari all'esistente, all'interno del lotto di intervento, determinata ai sensi dell'art. 2 delle N.A. e dell'art. 18 del regolamento edilizio (sui criteri di calcolo della s.u.l.) con un incremento massimo per edifici residenziali esistenti, con destinazioni proprie di cui all'art. 15 delle N.A., pari a: +30% per edifici residenziali la cui s.u.l. complessiva sia inferiore a 200 mq.; +20% per edifici residenziali la cui s.u.l. complessiva sia superiore a 200 mq. e fino a 400 mq.; +10% per edifici residenziali la cui s.u.l. complessiva sia superiore a 400 mq. (in tutti i casi il valore massimo assoluto di aumento della s.u.l. esistente è stabilito in 50 mq. per ogni unità immobiliare); +5% per edifici residenziali plurifamiliari oltre tre piani fuori terra (limitatamente a funzioni tecnologiche).

3. La società ha quindi proposto ricorso al T.A.R. per il Piemonte avverso il provvedimento comunale, articolando due distinti motivi (da pagina 3 a pagina 10).

3.1. La violazione dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c.; la violazione dell'art. 18 delle N.T.A. del P.R.G.C.; la violazione dell'art. 41 Cost., l'eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto di motivazione. In particolare, i presupposti per il trasferimento di cubatura sarebbero dati dall'omogeneità delle aree territoriali e dalla contiguità tra i due fondi ed entrambi i presupposti sarebbero soddisfatti nel caso di specie.

3.2. La violazione dell'art. 10, comma 1, lett. b), della l. n. 241/1990; l'eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. In particolare, la ricorrente aveva allegato alla propria istanza un parere legale che sarebbe stato disatteso dall'amministrazione senza alcuna motivazione.

4. L'impugnata sentenza - T.A.R. per il Piemonte, Sez. II, n. 890 del 18 luglio 2018 - ha:

- confermato la ritualità della notificazione del ricorso alla Regione Piemonte e la irrilevanza della presenza di tale ente in giudizio in quanto la controversia non ha ad oggetto, nella sostanza, il p.r.g. (capo non impugnato);

- accolto il primo motivo incentrato sulla violazione dei principi che governano l'istituto della cessione di cubatura tramite negozio di asservimento;

- dichiarato assorbito l'esame del secondo motivo;

- compensato le spese di lite.

In particolare, la sentenza impugnata:

a) ha affrontato la questione della sussistenza o meno dei presupposti affinché la società ricorrente possa sfruttare presso l'immobile di sua proprietà i diritti edificatori acquistati, laddove secondo l'amministrazione il trasferimento di volume/superficie utile da altro fabbricato non contiguo al terreno ed al fabbricato oggetto d'intervento, seppur omogeneo rispetto alla destinazione d'uso del suolo, non consentirebbe di soddisfare i requisiti richiesti dalle N.A. che circoscrivono un intervento del genere in un unico lotto, secondo quanto previsto dall'art. 18, comma 5, delle N.A.;

b) ha rilevato che la cessione di cubatura è ora interessata dall'art. 2643, primo comma, n. 2-bis, c.c., sulla trascrivibilità dei diritti edificatori, dalla giurisprudenza interpretata come tale da prevedere in astratto l'ammissibilità della cessione di cubatura, salvo espressi divieti di piano regolatore (in tal senso ex pluribus C.d.S., Sez. IV [rectius, VI], n. 4861/2016, secondo cui gli strumenti di pianificazione possono vietare tali operazioni per alcune aree oppure contenere previsioni inerenti alla determinazione della volumetria realizzabile fondata su criteri incompatibili con il suo trasferimento);

c) ha evidenziato che il legislatore nazionale ha inteso dettare una indicazione di favore per la cessione di cubatura in un'ottica di sviluppo economico e che la giurisprudenza ha chiarito quali siano gli elementi imprescindibili della pianificazione che possono comunque ostare, al di là dell'espresso divieto, alla cessione; in positivo, i due fondi, cedente e cessionario, debbono essere omogenei e "contigui";

d) ha quindi rilevato che:

d1) nel caso di specie è certo che le due aree territoriali siano omogenee;

d2) non può essere condivisa l'interpretazione proposta dall'amministrazione, che la cessione sarebbe ammissibile tra aree "limitrofe/confinanti" o comunque oggetto di sviluppo nel contesto di un unico intervento edilizio, mentre invece va accolta la tesi del ricorso, che si debba invece trattare di aree site in zone ragionevolmente adiacenti sì da potersi sostenere che lo spostamento del carico urbanistico dall'una all'altra non alteri gli equilibri complessivi dello strumento urbanistico;

d3) la soluzione non può prescindere dalla concretezza delle singole fattispecie;

d4) occorre tenere conto del favor legislativo per la cessione di cubatura e del fatto che non possa opporsi che sia esaurita la volumetria del singolo lotto interessato (equivarrebbe a una sostanziale abrogazione dell'istituto);

d5) nel caso di specie, l'incremento di volumetria non inciderebbe su qualsivoglia altro parametro urbanistico/edilizio diverso dalla volumetria e, per di più, si tratterebbe di un mero cambio di destinazione che non ha incidenza sulla struttura fisica dell'immobile destinatario della cessione.

5. Il Comune di Verbania ha interposto appello sollevando due autonomi mezzi di gravame (da pagina 5 a pagina 13 del ricorso) con cui contesta tutti gli argomenti posti a sostegno della sentenza.

Il Comune deduce i seguenti motivi.

5.1. Disapplicazione e inosservanza delle regole e dei parametri contenuti nello strumento urbanistico comunale e, segnatamente, nell'art. 18 N.T.A.

Viene contestato che l'atterraggio di cubatura possa avvenire sempre. Esso dovrebbe invece rispettare tutte le previsioni di piano; sia gli indici generali che gli altri parametri (come nel caso di specie la s.u.l.) volti a qualificare una determinata zona e rendere omogenee le costruzioni ivi presenti.

Inoltre, viene contestato il passaggio della sentenza secondo il quale non è sostenibile che parametri di volumetria relativi al terreno interessato dall'atterraggio di cubatura possano ex se ostare a tale atterraggio. L'art. 18 delle N.A. sui limiti di incremento della s.u.l. per gli edifici residenziali non potrebbe essere disapplicato dal g.a., trattandosi di una precisa scelta di pianificazione qualitativa del territorio comunale.

5.2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 18 delle N.T.A. del P.R.G. comunale; irragionevolezza e illogicità della sentenza nella parte in cui ritiene che il parametro s.u.l. sia recessivo rispetto ad altri parametri edilizi e che sia sufficiente il rispetto degli equilibri generali di piano a giustificare l'atterraggio del volume compra-venduto.

Nel P.R.C. del Comune di Verbania, la s.u.l., definita all'art. 18 del Regolamento edilizio, costituirebbe parametro atto a distribuire in modo omogeneo la capacità insediativa all'interno di una zona omogenea residenziale/edificata e sarebbe frutto di una precisa scelta pianificatoria, prevedendosi che le aree edificate/residenziali possano beneficiare di un incremento massimo di superficie utile lorda solo all'interno del lotto di intervento. Ciò non significa certo che gli interventi debbano essere contemporanei sui due immobili, ma solamente che l'aumento di s.u.l./volumetria dell'edificio di atterraggio debba essere calcolato all'interno di un complessivo e unitario lotto di intervento, considerato a livello edilizio.

Non sarebbe quindi sufficiente, ai fini dell'atterraggio di cubatura, che siano rispettati gli indici generali del P.R.G. e che la capacità insediativa generale della zona omogenea non sia alterata. La regola relativa alla s.u.l., posta dal piano regolatore comunale, sarebbe finalizzata a mantenere una certa omogeneità tra costruzioni vicine, contigue e facenti parti di una stessa zona omogenea.

Nel caso di specie, poiché il piano regolatore comunale diversifica il computo della superficie utile lorda a seconda della destinazione d'uso, il mutamento della destinazione/funzione medesima non risulterebbe conforme alla previsione di piano sul punto.

Inoltre, il compendio immobiliare aveva formato oggetto di un programma di intervento e di riqualificazione complessiva, approvata dal Consiglio comunale nel giugno 2012 in applicazione dell'art. 14 della l.r. Piemonte n. 20/2009. L'atterraggio della cubatura su questo immobile altererebbe anche le scelte pianificatorie che il Comune aveva espresso per quell'area con la deliberazione di Consiglio comunale del 2012.

Sussisterebbe poi un vizio procedurale, in quanto le mappe prodotte dalla società ricorrente in primo grado mostrerebbero che si tratta di due entità isolate e distinte e non rientrerebbero in un intervento unitariamente considerato dal punto di vista edilizio.

6. Si è costituita la società appellata per resistere.

7. Le parti hanno scambiato memorie difensive e in replica (in data 11 e 23 marzo 2022 il Comune, in data 10 e 22 marzo 2022 la ditta appellata).

8. Alla pubblica udienza del 14 aprile 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Il Collegio preliminarmente dà atto del fatto che la società appellata non ha riproposto, ex art. 101, comma 2, c.p.a., il secondo motivo del ricorso introduttivo di primo grado, il cui esame è stato dichiarato assorbito dalla sentenza del T.A.R. a seguito dell'accoglimento del primo motivo (che circoscrive, pertanto, il thema decidendum).

10. L'appello è infondato e deve essere respinto.

11. Il Collegio ritiene preliminarmente necessario richiamare i tratti principali dell'istituto della cessione di cubatura, oggetto dell'odierna controversia.

11.1. Tale istituto ha trovato la propria specifica ragion d'essere (e si è sviluppato) dopo l'introduzione: i) di limiti inderogabili di densità edilizia in base all'art. 17 della l. n. 765/1967 (che ha introdotto l'art. 41-quinquies della legge urbanistica n. 1150/1942); ii) degli standard edilizi di cui al d.m. n. 1444/1968.

In particolare, l'art. 41-quinquies della legge urbanistica ha stabilito che il piano regolatore debba prevedere limiti inderogabili di densità edilizia, rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi e che tali limiti debbano essere definiti per zone territoriali omogenee.

In tal modo lo ius aedificandi, inerente alla proprietà del suolo e di essa manifestazione, può essere attuato secondo quanto stabilito dagli atti di pianificazione i quali ne stabiliscono, oltre che la destinazione, gli indici di edificazione. Questi ultimi, a loro volta, in rapporto all'estensione dell'area, determinano la capacità edificatoria (o cubatura) realizzabile (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 4647 del 2008).

Con la cessione di cubatura, la capacità edificatoria viene incrementata con il trasferimento di diritti edificatori provenienti da un'altra area, che ne rimane priva, in tutto o in parte, mentre tali diritti sono utilizzati dal fondo ricevente.

11.2. L'istituto in questione è il frutto della elaborazione giurisprudenziale. Infatti, pur in mancanza di una espressa disposizione scritta, la giurisprudenza - e in particolare la giurisprudenza amministrativa - ha riconosciuto che i diritti edificatori che un terreno possiede possono essere alienati o ceduti autonomamente dall'alienazione o cessione del terreno medesimo poiché gli stessi costituiscono un'utilità separata dal terreno cui ineriscono (v. inizialmente C.d.S., Sez. V, 28 giugno 1971, n. 632; 23 febbraio 1973, n. 178; Cass. civ., Sez. II, 29 giugno 1971, n. 4245; poi anche Sez. V, n. 3637 del 2000, n. 400 del 1998, n. 1382 del 1994, n. 291 del 1991).

11.3. Il presupposto logico del c.d. "asservimento" (del fondo che si priva della propria capacità edificatoria in favore del fondo che la riceve) consiste nell'interesse della p.a. affinché sia osservato il rapporto tra superficie edificabile e volumi realizzabili nell'area interessata ma, al tempo stesso, nella sostanziale indifferenza alla materiale collocazione di fabbricati, fermi restando evidentemente i limiti di cubatura realizzabile in un determinato ambito territoriale, fissati dal piano, oltre al rispetto delle distanze e delle eventuali prescrizioni sulla superficie minima dei lotti (cfr. C.d.S., Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5496; Sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488; Sez. V, 3 marzo 2003, n. 1172; 11 aprile 1991, n. 530; Sez. IV, 19 dicembre 1987, n. 795).

11.4. Il trasferimento della cubatura è tuttavia subordinato al soddisfacimento, pena l'invalidità dell'asservimento, di alcuni presupposti:

i) l'omogeneità di destinazione d'uso (C.d.S., Sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488; Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6734; 30 aprile 1994, n. 193; 4 gennaio 1993, n. 26; 19 marzo 1991, n. 291);

ii) la contiguità territoriale (i fondi, seppur non necessariamente adiacenti, devono essere significativamente vicini, cfr. C.d.S., Sez. V, 10 marzo 2003, n. 1278), altrimenti ne risulterebbero stravolte proprio le previsioni di piano sulla densità edificatoria di zona e incrinata l'inderogabilità delle relative prescrizioni;

iii) la possibilità che gli stessi strumenti urbanistici vietino, in via immediata e diretta, tali operazioni per alcune aree oppure adottino scelte sui limiti di volumetria che conducano a un esito analogo (Cass. civ., Sez. V, 14 maggio 2007, n. 10979; 14 maggio 2003, n. 7417).

11.5. Va sottolineato che la cessione di cubatura costituisce un genus, al cui interno si pongono sia gli atti tra privati volti a fare transitare direttamente potestà edificatoria da una proprietà all'altra, nei limiti consentiti, sia i diritti edificatori direttamente generati dalla p.a. nell'ambito della c.d. urbanistica consensuale, nelle forme della perequazione, della compensazione e della premialità, variamente declinate dalla legislazione regionale e dagli strumenti pianificatori locali.

Il tratto distintivo tra i due modelli è costituito in primo luogo dalla necessaria associazione, nella seconda ipotesi, di una procedura pubblicistica (o che comunque coinvolge direttamente la p.a. attraverso lo schema convenzionale) all'atto o agli atti conclusi iure privatorum, mentre nella prima ipotesi la p.a. interviene esclusivamente al momento del rilascio del permesso di costruire.

Inoltre, nella prima ipotesi è già individuata, al momento della cessione, anche l'area che beneficia dell'incremento di capacità edificatoria, mentre la seconda ipotesi conosce la c.d. fase di volo, durante la quale i diritti edificatori sono temporaneamente privi di area di riferimento.

Il tratto comune a entrambe le ipotesi è peraltro dato dal distacco e dalla separata negoziazione e trasferimento dello ius aedificandi rispetto alla specifica proprietà del suolo da cui originano.

In questa prospettiva, la cessione di cubatura si inscrive pertanto comunque nell'ambito della materia dei diritti edificatori globalmente considerati (cfr. Cass. civ., Sez. un., n. 16080 del 2021). Nella cessione di cubatura il trasferimento (totale o parziale) della capacità edificatoria del fondo avviene - tra privati - a favore di un'area fin dall'inizio ben determinata, se non necessariamente contigua quantomeno prossima, e di destinazione urbanistica omogenea. Come si è detto, non vi è incidenza sulla pianificazione generale, attesa l'invarianza della cubatura complessiva, l'omogeneità delle aree coinvolte e l'estraneità alla cessione in sé della p.a. (tanto che viene talvolta definita come intervento di "micropianificazione urbanistica ad iniziativa privata"), alla quale sarà tuttavia demandato di assentire il rilascio, a favore del cessionario, del permesso di costruire maggiorato della quota di cubatura trasferita (cfr. Cass. civ., Sez. un., n. 23902 del 2020).

11.6. Sebbene si tratti di tema ampiamente discusso, un orientamento assegna alla cessione di cubatura natura di atto costitutivo o traslativo di un diritto reale, quale espressione del diritto di proprietà insito nello sfruttamento edilizio del suolo.

Occorre ammettere tuttavia che maggiori sono le difficoltà a collocare la cessione di cubatura in un coerente quadro, che a ben vedere sfugge alle tradizionali classificazioni dei diritti reali per essere spesso ricondotto a una figura atipica di diritto reale, non disciplinata espressamente dal codice civile.

In tal senso risulta comunque problematica la completa assimilazione al diritto di superficie (mancando l'alterità tra proprietà del suolo e proprietà della costruzione), al diritto di servitù prediale quale impedimento alla costruzione o alla sovraelevazione (risultando problematici, rispetto alla categoria codicistica della servitù, l'assenso della p.a. al permesso di costruire conseguente, l'attivazione del privato cedente ai fini del rilascio del permesso in favore dell'acquirente, l'assenza di una necessaria vicinanza tra i fondi laddove è dato rilievo all'appartenenza alla medesima zona urbanistica).

Anche di recente, tuttavia, è stato escluso che la cessione di cubatura consista in un atto traslativo, ed ancor meno costitutivo, di un diritto reale (Cass. civ., n. 18291 del 2020, con ulteriori richiami) per affermarne il carattere obbligatorio, mentre il trasferimento della cubatura - nei confronti dei terzi, così come tra le parti - deriverebbe esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato (Cass. n. 1352 del 1996; n. 20623 del 2009, in motiv.; n. 24948 del 2018), tanto per evitare che si configurino contratti fra privati in danno dell'interesse pubblico al corretto governo del territorio la cui cura è affidata in primis all'ente locale.

La medesima esigenza è salvaguardata dalla giurisprudenza amministrativa che pure colloca l'atto in questione in un contesto di tipo meramente obbligatorio (cfr. ex multis C.d.S., Sez. VI, n. 4861 del 2016). Il trasferimento di cubatura, infatti, non dipenderebbe dall'accordo tra le parti, ma solamente dal rilascio del permesso di costruire da parte della p.a. (per la qualificazione dell'asservimento quale fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori, che realizza una specie particolare di relazione pertinenziale, v. C.d.S., Ad. plen., n. 3 del 2009; Sez. IV, n. 3969 del 2015; Sez. V, n. 4757 del 2013; n. 4531 del 2013).

Ne costituisce conferma la procedura necessaria al fine dell'apposizione del vincolo di asservimento; infatti, il c.d. vincolo di asservimento rispettivamente a carico e a favore del fondo si costituisce, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo ius aedificandi del cessionario sul suolo attiguo, sì che nessun risarcimento è dovuto al cedente (Cass., 12 settembre 1998, n. 9081; in senso conforme, 22 febbraio 1996, n. 1352; 29 giugno 1981, n. 4245; C.d.S., Sez. IV, n. 3969 del 2015).

11.7. Alcuni elementi di maggiore certezza e stabilità sono stati immessi nel sistema di diritto positivo dal n. 2-bis del primo comma dell'art. 2643 c.c. (introdotto dal d.l. n. 70/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 106/2011), il quale prevede che siano resi pubblici con il mezzo della trascrizione i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.

Sebbene già prima dell'introduzione del n. 2-bis al primo comma dell'art. 2643 del codice civile il trasferimento di cubatura fosse stato ritenuto opponibile ai terzi poiché l'asservimento del fondo cedente a favore del fondo accipiente costituisce comunque una qualità obiettiva del fondo opponibile anche al terzo acquirente (C.d.S., Sez. V, 28 giugno 2000, n. 3637; 30 marzo 1998, n. 387; 21 gennaio 1997, n. 63), è indubbio tuttavia che la modifica codicistica abbia rafforzato la pubblicità e la tutela dei terzi.

Pur non avendo disciplinato espressamente e compiutamente la cessione di diritti edificatori, dalla novella al codice possono essere chiaramente enucleati almeno i seguenti principi:

i) l'autonomia delle disposizioni regionali o di quelle di piano nella disciplina della cessione di cubatura;

ii) l'ampiezza della cessione di cubatura ("diritti edificatori comunque denominati", il che - al di là degli obiettivi principalmente perseguiti dal legislatore - non consente di circoscrivere la novella ai soli trasferimenti di diritti edificatori di uno solo dei due tipi prima citati);

iii) il favor con cui il legislatore nazionale ha guardato all'istituto (ferma la specifica disciplina statale, regionale o di piano).

Di tale favor costituiscono espressione alcune decisioni della giurisprudenza amministrativa volte a valorizzare l'istituto in questione, perché altrimenti "negare la possibilità del trasferimento di diritti edificatori nell'ambito di una stessa zona omogenea, con la motivazione del mancato rispetto del parametro dell'indice edificatorio fondiario del lotto beneficiario, equivarrebbe ad una sostanziale abrogazione dell'istituto introdotto dal citato art. 5 d.l. n. 70/2011, perseguendo l'istituto in esame il precipuo fine di aumentare la capacità edificatoria del lotto di proprietà del cessionario, anche e proprio nei casi in cui la capacità edificatorio del lotto sia già esaurita, ché, diversamente, non sarebbe necessario l'acquisto di diritti edificatori provenienti da altro immobile (il tutto, purché venga rispettato l'indice territoriale dell'intera zona)" (C.d.S., Sez. VI, n. 4861 del 2016, che ha inoltre escluso, ai fini dell'ammissibilità del trasferimento dei diritti edificatori, la rilevanza che nel caso di specie l'interessata avesse, in aggiunta, già usufruito anche di un bonus di cubatura connesso al risanamento energetico, trovando tale bonus applicazione sulla base di precise disposizioni provinciali, di natura primaria; analogamente, cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 1398 del 2016).

Si potrebbe anzi derivare dall'espressa previsione argomento per il carattere non reale dei diritti edificatori (cfr. Cass. civ., Sez. un., n. 16080 del 2021), se non altro perché altrimenti sarebbero stati già prima trascrivibili in base alla disciplina generale. Va poi considerato che la qualificazione di "diritti" edificatori affrancherebbe tale istituto da posizioni giuridiche meno piene. Come ha sottolineato la Cassazione (cfr. n. 16080/2021, cit.), va rimarcata "la collocazione dell'istituto all'interno del sistema di tutela dei diritti per mezzo della trascrizione, a sua volta intrinsecamente connesso alla vicenda traslativa, costitutiva o modificativa... il che comporta la netta rivalutazione del sostrato privatistico della cessione di cubatura, ricollocando l'effetto traslativo suo proprio nell'ambito dell'autonomia negoziale delle parti, non già del procedimento amministrativo". Il permesso di costruire concorrerebbe non al trasferimento in sé tra i privati della cubatura, quanto alla sua fruibilità in conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie; "il permesso di costruire - seppure per certi versi anomalo perché chiesto e rilasciato per una volumetria aumentata - continua ad operare su un piano non dissimile da quello 'normale' dei provvedimenti genericamente ampliativi della sfera giuridica del privato e, segnatamente, da quello che regola ordinariamente l'esercizio diretto dello ius aedificandi da parte del proprietario". Peraltro, le implicazioni di non-realità non comporterebbero la negazione dell'inerenza al fondo del diritto sulla cubatura ceduta, quanto l'attribuzione ad essa di un'incidenza più identitaria e funzionale che coessenziale alla natura dell'istituto.

Come ha posto in evidenza il Consiglio di Stato (v. Sez. IV, n. 4861 del 2016), "la disposizione normativa, peraltro, quale unico presupposto di disciplina resta evidentemente lacunosa perché trascura la circostanza che la cessione di cubatura non è un mero negozio bilaterale tra privati ma, per trovare la propria concreta attuazione ancorché prevista dalla legge statale, necessita inevitabilmente non solo di 'non essere vietata' dagli strumenti urbanistici ma anche di coordinarsi con gli stessi, inserendovisi in modo armonico. Fermo quindi che il legislatore nazionale ha inteso dettare una indicazione di favore per la cessione di cubatura in un'ottica di sviluppo economico, resta evidente come, al di là dell'affermazione di principio, si sia trascurato di dettagliare il non semplice aspetto di quali siano gli elementi imprescindibili del PRGC che possono comunque ostare, al di là dell'espresso divieto, alla cessione. In tale contesto la giurisprudenza ha svolto una inevitabile funzione di supplenza elaborando, in linea di massima, i seguenti principi: la cessione di cubatura può trovare concreta attuazione là dove i due fondi rispettivamente cedente e cessionario siano omogenei e contigui".

11.8. Coerentemente con i principi richiamati, la giurisprudenza amministrativa, per la legittimità della cessione di cubatura, richiede non solo l'omogeneità d'area territoriale ma anche la contiguità dei fondi, e ha riconosciuto utilizzabili asservimenti riferiti ad aree, anche se non contigue sul piano fisico, vicine però in modo significativo (C.d.S., Sez. VI, n. 1515 del 2016; in precedenza cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, n. 6734 del 2003).

La giurisprudenza è inoltre intervenuta per chiarire i rapporti tra strumenti di pianificazione, densità edilizia territoriale, densità edilizia fondiaria e la necessità che l'indice di edificabilità sia rapportato all'effettiva superficie suscettibile di edificazione in modo da potere individuare la volumetria assentibile con il permesso di costruire (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 5419 del 2017).

12. Alla luce dei principi relativi alla cessione di cubatura, appena tratteggiati, il Collegio ritiene di dovere valutare la controversia in esame. Rispetto a essa non è decisivo affrontare ulteriormente il nodo del carattere reale o obbligatorio della cessione di cubatura.

12.1. Nel caso di specie non è contestato che le due aree territoriali siano omogenee, essendo accomunate dalla medesima destinazione di piano, per cui sussisterebbe il primo dei presupposti per la legittimità della cessione.

È invece controversa la qualificazione delle aree come "contigue" o meno.

La tesi sostenuta dall'appellata e avversata dal Comune vorrebbe ammessa la cessione tra aree site in zone ragionevolmente adiacenti, sì da potersi sostenere che lo spostamento del carico urbanistico dall'una all'altra non alteri gli equilibri complessivi dello strumento urbanistico.

Una volta chiarito il (seppur generico) favor del legislatore per le cessioni di cubatura, quale mezzo (anche) di sostegno all'economia (e comunque quale criterio ermeneutico di massima), occorre riscontrare se alla cessione in esame osti la distanza di circa 40 metri tra l'area cedente e quella ricevente e se la medesima cessione osservi nel complesso gli equilibri di piano.

Come ha correttamente posto in evidenza la sentenza del T.A.R. impugnata, la soluzione non può prescindere dalla concretezza delle singole fattispecie.

Non è sufficiente contrapporre alla cessione di cubatura la mera previsione di piano che indichi come esaurita la volumetria del singolo lotto interessato perché ciò equivarrebbe a negare in nuce la possibilità di acquisto di cubatura aggiuntiva. Come si è visto, ciò comporterebbe una sostanziale abrogazione dell'istituto.

Né, come ha osservato la sentenza del T.A.R., fermo restando l'obbligo di osservanza dei vincoli di piano, può essere dato rilievo al carattere sincronico o meno dei singoli interventi.

Occorre invece verificare se la cessione di cubatura possa alterare l'equilibrio urbanistico della zona considerata.

Sul punto la risposta del Comune non è stata adeguatamente motivata in relazione ai seguenti elementi:

i) l'incremento di volumetria non risulta incidere su ulteriori parametri urbanistici o edilizi, rispetto alla volumetria, che tra l'altro risulta contenuta e, nei termini indicati dalla giurisprudenza, riconducibile a zona di piano omogenea e contigua, essendo collocata a circa 40 metri di distanza dalla zona di piano ricevente;

ii) non risulta dimostrato che l'intervento conduce alla creazione di nuovo volume, atteso che esso rende possibile il semplice cambio di destinazione d'uso di uno spazio già esistente ma non considerato dalla s.u.l., in quanto destinato a cantina;

iii) la struttura fisica dell'immobile e, con essa, il più generale equilibrio di piano non sono incisi dall'operazione in questione, mentre ne deriva la modifica del carico urbanistico a seguito della nuova destinazione residenziale (peraltro, va considerato che il medesimo carico viene meno nell'area contigua che è privata della corrispondente volumetria).

12.2. Il Collegio ritiene dunque che la sentenza impugnata del T.A.R. abbia coerentemente escluso che sia stato provato dal Comune alcuno squilibrio nei parametri urbanistici complessivi. Le connotazioni del caso di specie inducono invece a riconoscere che siano soddisfatti i parametri posti dalla giurisprudenza sopra richiamata con riguardo alla cessione di cubatura e alla contiguità tra le aree interessate.

È da aggiungere che la formulazione dell'art. 18, comma 5, delle N.A. in questione non è particolarmente perspicua e non reca alcuna clausola di esclusione rispetto alle più ampie possibilità edificatorie conseguenti alla cessione di cubatura. L'art. 18, comma 5, si limita infatti a fissare un limite di carattere generale agli interventi edilizi ammessi, consistente nella s.u.l. pari all'esistente all'interno del lotto di intervento.

Al contrario, le pur scarne indicazioni contenute nell'art. 2643, primo comma, n. 2-bis, c.c. esigono una chiara indicazione, nelle leggi e negli strumenti urbanistici, delle condizioni e dei limiti cui subordinare l'operatività dei negozi di cessione.

Infine, va considerato che neppure il provvedimento di diniego impugnato, fondato sulla formulazione non perspicua dell'art. 18, comma 5, N.A., contribuisce a esplicitare con nettezza quale possa essere il criterio per individuare un lotto unitario. Ne consegue il difetto di motivazione del provvedimento impugnato e la salvezza degli ulteriori atti comunali rispettosi dei principi e delle prescrizioni sopra illustrate.

Rimane evidentemente ferma, proprio in ragione delle esigenze esplicitate dal Comune nelle proprie memorie a tutela degli equilibri di piano e in conformità con la disposizione del codice civile più volte richiamata, la possibilità per il Comune di Verbania di esplicitare negli atti di pianificazione limiti o, nel caso, perfino divieti espressi relativi alle cessioni di cubatura.

13. Per le ragioni esposte, l'appello va respinto. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r.g. 1589/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Comune di Verbania a rifondere a Fracti Costruzioni s.r.l. le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000 (euro tremila), oltre oneri di legge ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.