Corte di cassazione
Sezione V penale
Sentenza 13 ottobre 2021, n. 42678

Presidente: De Marzo - Estensore: Scordamaglia

RITENUTO IN FATTO

1. Angelo G. ricorre per la cassazione del decreto, in data 30 marzo 2021, con il quale la Corte di appello di Catania ha rigettato il ricorso in appello avverso il provvedimento con cui il Tribunale di quella stessa città, in data 20 novembre 2019, aveva dichiarato inammissibile la richiesta di revoca della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, applicatagli con decreto del medesimo Tribunale in data 21 maggio 1998.

2. Il ricorrente, detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo, lumeggiato l'interesse sotteso al ricorso - ossia quello di ottenere la revoca del provvedimento adottato dal Prefetto di Catania in data 15 maggio 2000, ai sensi dell'art. 120 c.d.s., onde potere disporre della patente di guida, della quale aveva necessità per svolgere la consentitagli attività lavorativa, essendo stato ammesso al regime di semilibertà - denuncia, con due motivi (quivi enunciati nei limiti stabiliti dall'art. 173 disp. att. c.p.p.):

2.1. la violazione dell'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, poiché di questa norma - che non subordina la revoca del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione alla eseguibilità della stessa - e non di quella di cui all'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011 - che disciplina il diverso caso della sospensione ex lege dell'esecuzione della misura di prevenzione personale in ipotesi di sottoposizione dell'interessato a detenzione per espiazione di pena - si sarebbe dovuto fare applicazione nella fattispecie concreta;

2.2. la violazione dell'art. 125, comma 3, c.p.p. per omessa motivazione circa la persistenza della condizione di pericolosità sociale dell'interessato, attesa la natura rebus sic stantibus della pronuncia applicativa della misura di prevenzione personale.

3. In data 27 settembre 2021, il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale Elisabetta Ceniccola, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1. La statuizione con la quale la Corte territoriale ha decretato l'impossibilità di revocare la misura di prevenzione personale applicata al ricorrente in costanza della sua sottoposizione a detenzione per espiazione di pena è contra ius.

La questione dedotta, ossia «Se sia o meno revocabile una misura di prevenzione personale la cui esecuzione sia stata sospesa per l'espiazione di una lunga pena detentiva inflitta al soggetto cui la stessa sia stata applicata», esige l'analisi di quali siano i rapporti tra il momento applicativo della misura e quello della sua esecuzione.

Rapporti sui quali già si era pronunciato il diritto vivente, con la sentenza n. 6 del 25 marzo 1993, Tumminelli, Rv. 194062, con la quale le Sezioni unite di questa Corte, enunciando il principio di diritto secondo cui la misura di prevenzione della "sorveglianza speciale della pubblica sicurezza", prevista dall'art. 3 l. 27 dicembre 1956, n. 1423, è applicabile anche nei confronti di persona detenuta in espiazione di pena, avevano chiarito che occorre distinguere tra il momento deliberativo e il momento esecutivo della misura medesima, di modo che l'incompatibilità di questa con lo stato di detenzione del proposto attiene unicamente alla esecuzione della misura, che potrà avere inizio solo quando tale stato venga a cessare, restando, tuttavia, sempre salva la possibilità per il soggetto di chiedere la revoca della misura, ai sensi dell'art. 7 della succitata legge, per l'eventuale venir meno della sua pericolosità in virtù dell'espiazione e dell'incidenza positiva sulla sua personalità della funzione risocializzante della pena.

Muovendo da tale dictum, che conserva pienezza di magistero interpretativo a dispetto delle modificazioni del quadro normativo di riferimento, è necessario, quindi, demarcare i differenti ambiti di operatività dell'istituto della revoca della misura di prevenzione personale, previsto dall'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, e di quello della sospensione dell'esecuzione della sorveglianza speciale durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena, previsto dall'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011, introdotto con la l. 17 ottobre 2017, n. 161.

2. Al riguardo, ribadito che, perché una misura di prevenzione personale possa essere posta in esecuzione è necessario che il provvedimento che l'abbia applicata sia divenuto definitivo, onde procedere al corretto esercizio dell'actio finium regundorum tra i citati istituti, è indispensabile tener conto della particolare natura del giudicato di prevenzione, la cui intangibilità opera rebus sic stantibus, ossia non impedisce né l'esame di nuove e diverse circostanze, sopravvenute o emerse successivamente, anche se anteriori, né la valutazione, nella nuova situazione, di tutte le circostanze, comprese quelle considerate nella precedente decisione (Sez. 5, n. 16019 del 23 febbraio 2015, Rv. 263269; Sez. un., n. 36 del 13 dicembre 2000, dep. 7 febbraio 2001, Rv. 217668).

Ciò posto, è da ritenere che tutte le esigenze di «rivalutazione» di una decisione definitiva emessa in sede di prevenzione personale - siano le stesse correlate alla emersione di elementi di fatto o ad eventi di natura normativa - debbano trovare sede "naturale" di verifica giurisdizionale nel procedimento con vocazione revocatoria disciplinato dall'art. 11 d.lgs. n. 159 del 2011 (Sez. 1, n. 19657 del 24 gennaio 2017, Rv. 269947). Donde, mediante la detta procedura, da un lato, possono essere sottoposti al vaglio giudiziario elementi fattuali sopravvenuti comprovanti un affievolimento ovvero il venir meno della pericolosità sociale del proposto, tali da giustificare una modificazione della misura di prevenzione ovvero la sua revoca, con efficacia ex nunc; da altro lato, è consentito adire il giudice per una valutazione in ordine alla carenza dei presupposti ab origine della misura applicata, producendosi, in caso di esito positivo dell'accertamento, gli effetti della revoca con efficacia ex tunc.

3. Come delle affini misure di sicurezza personali è pacifica la «rivedibilità anticipata» rispetto al momento di loro legale eseguibilità (ossia al termine della pena, con obbligo di valutazione ex officio della condizione di attuale pericolosità dell'interessato, secondo quanto previsto dall'art. 679 c.p.p.), ciò comportando che se ne possa disporre la revoca anche durante la fase di espiazione della pena in riferimento al profilo della persistenza della pericolosità sociale del soggetto destinatario (Sez. 1, n. 49242 del 18 maggio 2017, Rv. 271448; Sez. 1, n. 46986 del 29 novembre 2007, Rv. 238317; Sez. 1, n. 46938 del 17 novembre 2004, Rv. 230192), anche delle misure di prevenzione personali è, dunque, consentita la revoca, ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.lgs. 159, a prescindere dalla loro ineseguibilità in ragione dello stato di detenzione in espiazione di pena del proposto. Nulla esclude, infatti, che gli elementi che ne costituiscono i presupposti possano emergere anche in una fase anteriore all'esecuzione del provvedimento di applicazione della misura, come, ad esempio, l'affievolimento, se non addirittura il venir meno, della pericolosità sociale dell'interessato per effetto dell'esito positivo del trattamento risocializzante cui questi si sia sottoposto nel corso dell'espiazione della pena, tanto riverberandosi quantomeno sulla possibile caducazione degli effetti delle misure di prevenzione, che, ai sensi dell'art. 67 d.lgs. n. 159 del 2011, discendono automaticamente dal provvedimento definitivo di loro applicazione.

4. Ne viene che, diversamente da quanto opinato in altre pronunce di questa Corte (Sez. 6, n. 26243 del 24 giugno 2020, Rv. 279612; Sez. 2, n. 20954 del 28 febbraio 2020, Rv. 279434), tra la procedura ex art. 14, comma 2-ter, d.lgs. 159 del 2011 e quella ex art. 11, comma 2, stesso decreto, non vi è alcun rapporto di pregiudizialità funzionale, nel senso che, solo dopo che sia stata valutata l'attualità della pericolosità sociale del proposto (al termine della sua detenzione) e posta in esecuzione la misura di prevenzione personale, sia possibile modificare il contenuto del provvedimento applicativo o instare per la sua revoca, dal momento che diverse ne sono le rispettive finalità.

Quella di cui all'art. 11, comma 2, è, infatti, funzionale all'esigenza di assicurare che il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione personale risponda costantemente ai presupposti che ne legittimano l'adozione, ossia alla persistenza della pericolosità sociale del proposto, il quale, a prescindere dalla sua esecuzione, è, comunque, esposto agli effetti legali di esso; quella di cui all'art. 14, comma 2-ter - che è norma di chiusura del sistema - persegue, invece, l'obiettivo di evitare l'esecuzione automatica della misura di prevenzione personale, rimasta sospesa nel corso della detenzione dell'interessato in espiazione di pena, imponendo che, al termine di essa, l'esecuzione stessa sia subordinata alla positiva verifica dell'attualità della pericolosità sociale del proposto, nei cui confronti il periodo detentivo espiato potrebbe avere sortito un effetto risocializzante tale da rendere incompatibile l'applicazione della misura precedentemente imposta.

Al lume di tali argomentazioni va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: la sospensione dell'esecuzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per effetto della detenzione per espiazione della pena, non preclude all'interessato la proposizione dell'istanza di revoca, ai sensi dell'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011.

5. Nel caso concreto, dunque, sussistente l'interesse attuale e concreto del G. ad ottenere la revoca del provvedimento applicativo della sorveglianza speciale impostagli con decreto del Tribunale di Catania del 21 maggio 1998, giacché da esso era scaturito, quale effetto del potere all'epoca vincolato del prefetto (solo con sentenza del 27 maggio 2020, n. 99, la Corte costituzionale ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» - invece che «può provvedere» - alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione, la revoca della patente di guida), l'adita Corte territoriale non si sarebbe dovuta sottrarre al giudizio volto a verificare, ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.lgs. 159 del 2011, se il trattamento risocializzante, cui la persona oberata dalla misura di prevenzione personale si era sottoposta nel corso della pena espianda, ne avesse affievolito o fatto cessare la pericolosità sociale, venendo in rilievo l'ineludibile presupposto di legittima applicazione di essa.

6. Tanto, comporta l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'appello di Catania per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'appello di Catania per il giudizio.

Depositata il 22 novembre 2021.