Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 27 aprile 2020, n. 2666
Presidente: Taormina - Estensore: Guarracino
FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, il luogotenente Alfredo F., militare dell'Arma dei Carabinieri effettivo, all'epoca, presso il Reparto Servizi Magistratura Carabinieri di Milano, rappresentando di avere prestato lavoro straordinario per complessive 1036 ore (oltre quelle previste, già remunerate) negli anni dal 1999 al 2004, chiedeva, nei confronti del Ministero dell'Interno e del Ministero della Difesa - Comando generale dei Carabinieri, l'accertamento del diritto a percepire il relativo compenso e la conseguente condanna delle Amministrazioni intimate, per quanto di rispettiva competenza, al pagamento delle somme dovute a tale titolo, oltre interessi e rivalutazione.
Espletata istruttoria, con sentenza non definitiva del 16 dicembre 2008, n. 5800, l'adito T.A.R. riconosceva il diritto del ricorrente a percepire i compensi ancora dovuti per le prestazioni di lavoro straordinario rese tra il 1999 ed il 2004 nei limiti precisati in parte motiva («compenso per le prestazioni di lavoro straordinario rese e da retribuire nel quinquennio antecedente la notifica del ricorso in oggetto, tenuto conto dell'eccezione di prescrizione sollevata dall'amministrazione resistente per quelle più risalenti nel tempo (assumendo, quindi, ... quale dies a quo, non già la data della prestazione ma quella prevista per il pagamento della retribuzione...)»), anche con riferimento al fatto che nelle more del giudizio una parte consistente di tali ore era già stato liquidato al ricorrente (415 ore di straordinario per il periodo dal dicembre 2000 al marzo 2004), e rinviava alla pronuncia definitiva, da adottarsi all'esito di un supplemento di istruttoria sulle ulteriori ore di lavoro straordinario eventualmente liquidate in favore del ricorrente, la liquidazione del compenso ancora dovuto e la pronuncia sulle spese di lite.
Con ricorso in appello notificato il 29 gennaio 2010 e depositato il 17 febbraio 2010, il Ministero dell'Interno e il Ministero della Difesa - Comando generale dei Carabinieri hanno chiesto la riforma della sentenza.
L'appellato si è costituito nel presente grado del giudizio con memoria depositata il 20 gennaio 2020, con la quale ha chiesto in limine che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere, avendo provveduto il Comando Provinciale dei Carabinieri a liquidare spontaneamente, in data 10 aprile 2009, l'importo pari al saldo delle ore di straordinario richieste in ricorso, e ha contestato comunque la fondatezza dell'appello.
Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
In via preliminare, deve escludersi che il versamento dei compensi reclamati dall'appellato, effettuato dal Comando Provinciale dei Carabinieri, costituisca inequivoca manifestazione di acquiescenza alla sentenza di primo grado, che, pur non avendone quantificato il quantum, ne aveva comunque accertato l'an debeatur.
Difatti, l'acquiescenza alla sentenza non può desumersi dall'esecuzione della sentenza di primo grado che, se non sospesa, è doverosa per l'amministrazione soccombente, a meno che nell'ambito dell'esecuzione così intrapresa quest'ultima dichiari in modo espresso di accettare la decisione o comunque tale accettazione sia inequivocabilmente evincibile dal complessivo comportamento tenuto (ex multis, C.d.S., sez. V, 21 ottobre 2019, n. 7134).
Nel caso di specie, l'insussistenza della volontà dell'amministrazione resistente di accettare la sentenza di primo grado è evidente nel fatto che l'appello è successivo al suddetto pagamento.
Nel merito, l'appello è affidato ad un unico motivo.
Sul rilievo che l'avvenuto svolgimento delle ore di straordinario indicate nel ricorso era incontestato in fatto, la decisione appellata è stata motivata assumendo che la necessità di una preventiva autorizzazione espressa per la retribuzione del lavoro straordinario fosse contraddetta dalla comunicazione dell'Arma dei Carabinieri del 12 ottobre 2006, nella quale si affermava che, in ragione della peculiare natura degli incarichi ricoperti dal ricorrente, caratterizzati da un orario di lavoro difficilmente o non sempre preventivabile, l'autorizzazione spesso poteva avvenire solamente ex post, derivando implicitamente dalla quotidiana controfirma apposta, senza nulla osservare sull'ordine di servizio compilato dal ricorrente, da parte del Comandante di Sezione; secondo il T.A.R., la nota dell'Arma, valutata insieme al fatto dell'avvenuta liquidazione di un una consistente parte delle ore di lavoro straordinario effettuate dal ricorrente e con l'assenza di qualunque rilievo da parte dei suoi superiori gerarchici, avrebbe avuto valore di un riconoscimento, almeno implicito, della pretesa fatta valere in giudizio.
In critica della sentenza appellata le Amministrazioni soccombenti invocano il principio, valevole anche per il rapporto di impiego dei militari, per il quale le prestazioni di lavoro straordinario non previamente autorizzate non sono retribuibili, sostenendo che l'autorizzazione ex post costituisce un'evenienza del tutto eccezionale, da giustificare con circostanze specifiche, che non può assurgere a metodo ordinario di accertamento delle prestazioni lavorative del dipendente e tanto meno può essere resa in forma implicita, come invece sarebbe accaduto nella fattispecie dedotta in giudizio.
Secondo le appellanti, le firme senza rilievi apposte dai superiori operativi, ma non dal competente ufficio del personale, non potevano rivestire valore di autorizzazione delle prestazioni straordinarie effettuate dal ricorrente e la liquidazione in suo favore di alcune ore (tutt'altro che "consistenti", trattandosi di sole 99 ore su un totale di 1036) non poteva assumere la portata di un fatto concludente.
Il motivo è fondato.
Per consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, condiviso dalla giurisprudenza di questa Sezione, «la retribuibilità del lavoro straordinario è, in via di principio, subordinata all'esistenza di una previa e formale autorizzazione a svolgere prestazioni eccedenti l'ordinario orario di lavoro (C.d.S., sez. IV, n. 3322/2018). La necessità di tale autorizzazione si giustifica in ragione delle funzioni che le sono proprie, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell'articolo 97 Cost., deve essere improntata l'azione della pubblica amministrazione, anche militare (cfr. C.d.S., sez. IV, n. 1186/2013; id., sez. IV, n. 1749/2012)» (ex ceteris, C.d.S., sez. II, 28 ottobre 2019, nn. 7321, 7323, 7327; C.d.S., sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3322; i principi ivi espressi in relazione al personale della Guardia di finanza sono di portata più generale, essendo le Forze di polizia ad ordinamento militare - Arma dei carabinieri e Corpo della Guardia di finanza - accomunate in sede di concertazione: art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195, recante "Procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate").
Nel caso di specie, non è stato dimostrato che le prestazioni di lavoro straordinario effettuate dall'appellato fossero state preventivamente autorizzate (assolvendo l'onere che incombeva sull'interessato, trattandosi di provare un elemento costitutivo della sua pretesa: C.d.S., sez. II, 21 maggio 2019, n. 3240), né possono essere considerati sostitutivi di essa le relazioni dell'amministrazione che sono richiamate nella sentenza di primo grado, avendo carattere meramente informativo e risalendo, comunque, ad epoca successiva.
Per quanto concerne l'argomento difensivo speso infine dall'appellato, secondo cui, in ultima istanza, il diritto al riconoscimento della retribuibilità delle ore di straordinario prestate deriverebbe dal fatto che per le stesse non gli sarebbero stati riconosciuti riposi compensativi, è vero che le Amministrazioni hanno espressamente riconosciuto nel loro ricorso d'appello, richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio (segnatamente, sez. IV, 1° marzo 2006, n. 996), l'esistenza del principio secondo cui la prestazione di ore di lavoro straordinario non retribuibili comporta la maturazione di riposi compensativi corrispondenti, da fruirsi compatibilmente con le esigenze di servizio ma da riconoscere, comunque, al dipendente, senza necessità di formali richieste da prodursi in tempi e secondo procedure fissate unilateralmente dall'amministrazione militare (cfr., più di recente, la giurisprudenza sopra citata: C.d.S., sez. IV, n. 3322 del 2018; sez. II, nn. 7321, 7323, 7327 del 2019).
Tuttavia, l'asserita mancata fruizione di quei riposi quale titolo per la corresponsione delle somme reclamate a compenso dello straordinario prestato costituisce circostanza nuova, non esaminata dal Giudice di primo grado, e, vertendosi di diritti eteroindividuati, sostanzia una mutatio libelli.
Per queste ragioni, l'appello deve essere accolto e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, deve respingersi il ricorso di primo grado.
La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.