Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 2 marzo 2020, n. 1467

Presidente: Garofoli - Estensore: Veltri

FATTO E DIRITTO

1. L'A.N.I.S.A. - Associazione Nazionale Imprese di Sorveglianza Antincendio - ha impugnato, dinanzi al TAR Lazio - Sezione staccata di Latina, il bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 maggio 2019, e gli altri atti relativi alla gara indetta dall'Azienda USL di Latina per "l'affidamento biennale del servizio di vigilanza e prevenzione incendi e gestione delle emergenze nelle strutture sanitarie aziendali".

2. A sostegno del gravame la medesima ha dedotto in primo grado che l'art. 6.3 del Disciplinare di gara - il quale prevede che ciascun operatore economico fornisca "l'elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati nell'ultimo triennio (2016-2017-2018) con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatati, pubblici o privati, delle forniture stesse" - sarebbe illegittimo in quanto privo di specificazione dell'importo minimo del "fatturato nel settore di attività oggetto dell'appalto"; l'art. 6.3 del disciplinare cit. sarebbe altresì illegittimo nella misura in cui non specifica che i servizi precedentemente svolti dagli operatori economici partecipanti alla gara debbano essere dello stesso tipo di quelli da appaltare con la procedura in questione, in modo tale da potersi così ritenere integrato il requisito della capacità tecnica e professionale. Sarebbe infine illegittimo anche l'art. 7 del Capitolato Speciale di Appalto, il quale, benché faccia espresso riferimento al CCNL "Sorveglianza Antincendio", non mancherebbe di affermare, in altra parte della medesima disposizione, che è parimenti applicabile anche "ogni altro contratto collettivo successivamente stipulato per la categoria ed applicabile alla località".

3. Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo, in applicazione dei principi fissati dall'Adunanza plenaria n. 4/2018, che le clausole del bando, contestate dall'associazione ricorrente, non avessero portata escludente e perciò immediatamente lesiva.

4. L'ANISA ha proposto appello. A supporto del gravame la medesima evidenzia di non essere un operatore economico ma un'associazione di categoria, come tale impossibilitata a partecipare alla gara. Proprio perché impossibilitata a partecipare alla gara, non potrebbe ad essa applicarsi il principio affermato dall'Adunanza plenaria cit., che consente l'impugnazione immediata del bando solo a fronte di clausole impeditive della partecipazione. Del resto, l'interesse fatto valere a mezzo del ricorso, non sarebbe quello all'aggiudicazione, proprio degli operatori economici, ma l'interesse unitario e generale, comune alle imprese aderenti, a che la lex specialis delle procedure di affidamento di appalti pubblici aventi a oggetto servizi di "vigilanza e prevenzione antincendio" preservi e tuteli la professionalità e la specializzazione tecnica acquisita negli anni dagli operatori economici del settore.

5. Nel giudizio si è costituita l'amministrazione. La medesima, in primis ripropone l'eccezione di difetto di legittimazione attiva dell'associazione in applicazione dell'art. 81 c.p.c., a mente del quale "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui", sull'asserito presupposto che la rilevanza indiretta per la generalità degli appartenenti alla categoria di una controversia relativa a singoli associati non sia idonea a trasformare la controversia da individuale a collettiva. Nel merito chiede la reiezione del gravame.

6. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione all'udienza del 16 gennaio 2020.

7. Ritiene il Collegio che l'appello sia da respingere. Il ricorso è infatti da considerare inammissibile, sebbene per ragioni più complesse e radicali di quelle sinteticamente esposte in prime cure.

8. La legittimazione ad causam delle associazioni è fondata sulla titolarità di un interesse "collettivo", geneticamente derivante da un processo di impersonificazione di interessi c.d. "diffusi", ossia interessi omogeneamente distribuiti nella collettività o nella categoria di riferimento, sebbene giuridicamente latenti, in quanto non dotati, a livello individuale, di rilievo giuridico immediato in ragione dell'insussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la situazione giuridica dell'interesse legittimo (C.d.S., V, 9 marzo 1973, n. 253; Cass., Sez. un., 8 maggio 1978, n. 2207; C.d.S., Ad. plen., 19 novembre 1979, n. 24).

8.1. L'interesse collettivo è, dunque, per definizione, diverso e altro rispetto all'interesse legittimo "individuale". Quest'ultimo, proprio perché differenziato rispetto a quello del quisque de populo è collegato ad un bene della vita a godimento individuale, ed è suscettibile di autonoma protezione giuridica. L'interesse collettivo, invece, collegato ad un bene materiale o immateriale a godimento diffuso e non esclusivo, non è tutelabile se non per il tramite di un ente rappresentativo dell'intera categoria presso la quale la diffusione del bene è omogeneamente riscontrabile, il quale, elevandosi a rappresentante di tutti, al contempo eleva l'interesse diffuso ad interesse proprio, recuperando ad un livello collettivo quel requisito di differenziazione ab origine mancante in capo ai singoli (cfr. da ultimo C.d.S., Ad. plen., 6/2020). Con questa chiave di lettura occorre valutare il caso di specie.

9. Nel caso di specie l'ANISA dichiara di far valere un "interesse collettivo" che, a ben vedere, appare essere la mera sommatoria di interessi squisitamente individuali. Esso, cioè, sembra sostanziarsi nella prospettazione unitaria e contestuale di interessi che non sono tuttavia "diffusi" e indistinti, ma che invece hanno un loro rilievo giuridico a livello individuale, in quanto qualificati e differenziati e collegati ad un bene della vita (l'aggiudicazione) suscettibile di appropriazione individuale ed esclusiva, talché essi ben potrebbero essere tutelati dai singoli operatori economici aderenti all'associazione.

Non si è cioè dinanzi a quel processo di collettivizzazione degli interessi diffusi (autonomamente non tutelabili) preso in considerazione dalla giurisprudenza per affermare la legittimazione straordinaria delle associazioni, ma si è piuttosto in presenza dell'aggregazione di plurimi interessi legittimi individuali, ciascuno autonomamente tutelabile.

9.1. La correttezza di questo approccio ricostruttivo ed esegetico è del resto confermato dalla recentissima decisione dell'Adunanza plenaria, n. 6/2020.

L'Adunanza plenaria, cit., ha funditus affrontato il tema degli interessi collettivi, rimarcando la distinzione fra questi e gli interessi individuali seriali (intesi quali plurimi interessi legittimi individuali di uguale tenore), ed evidenziando che "l'interesse collettivo del quale si è occupata la giurisprudenza, sin qui considerata, è una "derivazione" dell'interesse diffuso per sua natura adespota, non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività"; non mancando di ricordare che l'interesse collettivo "... può considerarsi sussistente ove riferito a beni materiali o immateriali a fruizione collettiva e non esclusiva, tenendo comunque presente, in linea generale, che è pur possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo su interessi sia collettivi che individuali, ma che l'associazione è legittimata ad agire solo quando l'interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice...".

9.2. Tornando al caso di specie, l'interesse a che le procedure di affidamento di appalti pubblici aventi a oggetto servizi di "vigilanza e prevenzione antincendio" preservino e tutelino la professionalità e la specializzazione tecnica acquisita negli anni dagli operatori economici del settore - prospettato dall'Associazione appellante - altro non è che la declinazione, su un piano generale e indistinto, dell'interesse legittimo di alcune delle imprese associate, in possesso di quei più rigorosi requisiti di specializzazione tecnica, a poter partecipare alla gara al riparo dalla concorrenza di altre imprese "generaliste" o meno specializzate, pure operanti nel settore.

Prova che si tratti di interessi legittimi plurimi e non di interessi diffusi adespoti, risiede nell'agevole constatazione che ciascuna delle imprese specializzate associate è certamente ammessa ad impugnare gli eventuali esiti deludenti della procedura di gara cui abbia partecipato, e a contestare l'aggiudicazione unitamente al bando, nella parte in cui quest'ultimo non ha dato il giusto e preteso rilievo al requisito specializzante, sì da ottenere, in via individuale ed esclusiva il godimento del bene della vita sperato.

L'avere semplicemente associato interessi (giuridicamente rilevanti) non comporta l'assunzione di una legittimazione sostitutiva. Come correttamente osservato dall'amministrazione, la circostanza che una controversia relativa agli interessi propri ed individuali dei singoli operatori economici, autonomamente tutelabili, possa, traslata su un piano associativo, riguardare la generalità degli appartenenti all'associazione alla quale i singoli operatori citati aderiscono, non ne fa, per ciò solo, una questione concernente un interesse collettivo, ove si tenga conto che sussiste una diversità "ontologica" dell'interesse collettivo rispetto all'interesse legittimo individuale o ai plurimi e seriali interessi legittimi individuali (Ad. plen. n. 6/2020, cit.).

9.3. Consentire all'associazione l'azionamento in sede giurisdizionale delle pretesa avanzata, configurerebbe dunque, non solo - come correttamente affermato in prime cure - l'elusione del divieto di immediata impugnazione dei bandi in assenza di clausole impeditive della partecipazione, ma anche, e più [a] monte, la violazione dell'art. 81 c.p.c. e del divieto di sostituzione processuale ivi contemplato, poiché l'associazione sarebbe ammessa a tutelare l'interesse dei suoi singoli associati a ottenere l'aggiudicazione o a renderne più agevole il conseguimento, interesse, come chiarito, che in quanto relativo ad un bene suscettibile di appropriazione individuale ed esclusiva, non ha natura puramente collettiva.

10. Il gravame di primo grado, riproposto in questa sede in forza dell'effetto devolutivo, deve pertanto essere respinto, seppur con diversa motivazione rispetto a quella indicata dal primo giudice.

11. Avuto riguardo alla peculiarità della questione, e al non agevole discrimen tra le situazioni giuridiche individuali e collettive, il Collegio ritiene comunque sussistano giusti motivi per compensare le spese tra le parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso introduttivo con diversa motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.