Corte di cassazione
Sezione II civile
Sentenza 27 gennaio 2020, n. 1736

Presidente: Lombardo - Estensore: Besso Marcheis

FATTI DI CAUSA

1. All'esito del procedimento di separazione personale iscritto al r.g.n. 4886/2014, conclusosi con decreto di omologazione del 18 marzo 2015, le avvocatesse Alessandra e Debora D.S. chiedevano la liquidazione di quanto loro spettante per la difesa di Martina P., parte in causa ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Il Tribunale di Livorno, con provvedimento collegiale del 7 settembre 2015, rigettava l'istanza, ritenendo "che il conferimento del mandato a due difensori, a fronte della possibilità per la parte ammessa di nominarne uno solo, sia incompatibile con la volontà della parte di avvalersi del beneficio nella causa di cui trattasi".

2. Avverso il decreto proponeva opposizione Alessandra D.S., deducendo l'erronea applicazione, da parte del Tribunale, dell'art. 91 d.P.R. 115/2002, previsto per il processo penale; l'opponente deduceva inoltre che Martina P. si era rivolta all'associazione professionale Alessandra e Debora D.S. e che, di conseguenza, la stessa non aveva inteso rinunciare al patrocinio a spese dello Stato nominando due difensori, atteso il diritto delle due avvocatesse di percepire un unico compenso. Costituitosi in giudizio, il Ministero della giustizia deduceva la corretta applicazione dell'art. 91 d.P.R. n. 115/2002 da parte del Tribunale, dovendo la norma considerarsi espressione di un principio di carattere generale. All'udienza del 4 febbraio 2016 compariva in giudizio Debora D.S., la quale dichiarava "ove ritenuto necessario, dichiaro di rinunciare a qualsiasi richiesta di compenso nei confronti della signora P. e/o dello Stato".

Il Tribunale di Livorno, con ordinanza del 19 febbraio 2016, accoglieva l'opposizione, liquidando in favore di Alessandra D.S., a fronte della rinuncia di Debora D.S., la somma complessiva di euro 1.000, oltre spese, IVA e c.p.a., e compensando le spese del giudizio "attesa la pressoché assoluta novità della questione trattata". Secondo il Tribunale, nel processo civile la nomina di un secondo difensore non può essere valutata come presunzione ex lege di abbienza, stante l'assenza di una previsione espressa quale l'art. 91 del d.P.R. n. 115/2002, applicabile al solo processo penale; nel processo civile il combinato disposto degli artt. 80 e 85 del medesimo d.P.R. - secondo cui, rispettivamente, "chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato" e "il difensore non può chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dalla presente parte del testo unico" - porta a ritenere che alla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato possa essere liquidato un solo compenso, con la conseguenza che i professionisti che accettino di difendere congiuntamente un soggetto ammesso al patrocinio statale accettano altresì di dividere tra loro l'unico compenso liquidabile.

3. Contro l'ordinanza ricorre per cassazione il Ministero della giustizia.

L'intimata Alessandra D.S. non ha proposto difese.

La causa, inizialmente assegnata alla trattazione in camera di consiglio, è stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza resa l'11 aprile 2019.

CONSIDERATO CHE

1. Il ricorso è articolato in tre motivi, tra loro connessi, che vanno congiuntamente esaminati:

a) Il primo motivo lamenta "violazione dell'art. 80, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.": l'ordinanza impugnata è errata nella parte in cui afferma che la nomina di un secondo difensore non comporta, nel processo civile, l'esclusione dal beneficio del patrocinio a spese dello Stato; contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, infatti, l'art. 80 d.P.R. n. 115/2002 introduce un principio di carattere generale che limita la facoltà del beneficiario ammesso al patrocinio a spese dello Stato alla nomina di un solo difensore scelto tra gli iscritti negli appositi elenchi, a nulla rilevando la rinuncia alla liquidazione del compenso intervenuta in corso di causa da parte di uno dei due difensori.

b) Il secondo motivo lamenta violazione dell'art. 91, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 115/2002, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere il Tribunale ritenuto tale norma quale espressione del principio generale già statuito dall'art. 80 del medesimo d.P.R., principio generale che viene semplicemente ribadito nelle disposizioni relative al patrocinio nel processo penale; d'altro canto se la presenza di più difensori non è ammessa nel processo penale, ove si controverte su diritti e libertà fondamentali dell'individuo, a fortiori non può essere ammessa nel processo civile.

c) Il terzo motivo denuncia "violazione dell'art. 85, comma 1, in combinato disposto con l'art. 80, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.", per avere il Tribunale erroneamente ricavato, dal combinato disposto di tali norme, la possibilità che la parte ammessa al beneficio nomini due difensori, che poi dividono tra loro l'unico compenso liquidabile.

I tre motivi, che pongono sotto le diverse angolature di critica del provvedimento impugnato il tema delle conseguenze della nomina di un secondo difensore sul beneficio del patrocinio nel processo civile, sono fondati.

2. Sul tema questa Corte non si è ancora pronunciata e vi sono unicamente decisioni di merito (si segnalano al riguardo Tribunale Trapani, 9 giugno 2005, secondo cui "il principio desumibile in via generale dall'art. 80 d.P.R. 115/2002 e ribadito per il processo penale dall'art. 91 d.P.R., deve essere esteso al processo civile, con la conseguenza che la presenza di altro avvocato, al quale mai è stato revocato il mandato, e che ha svolto la sua attività fino alla definizione del procedimento, rende fin dall'inizio superflua la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio e impone il rigetto della richiesta di liquidazione del compenso al difensore a carico dell'erario" e Tribunale Milano, 5 maggio 2015, per cui "se, nel procedimento civile, la parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato designa, per la sua rappresentanza in giudizio, più di un avvocato, l'ammissione stessa deve essere revocata dovendosi presumere che la persona beneficiaria non goda dei presupposti per la fruizione del gratuito patrocinio").

Numerose sono invece state le pronunzie della sezione lavoro di questa Corte in relazione agli artt. 11 e seguenti della l. n. 533 del 1973, che avevano introdotto il patrocinio a spese dello Stato per le cause di lavoro e di previdenza sociale. La maggioranza sottolineava che poiché la revoca dal beneficio del gratuito patrocinio, prevista dall'art. 34 del r.d. n. 3282/1923 per la parte che si fosse avvalsa per la difesa di un avvocato o procuratore diverso da quello designato di ufficio, non era stata abrogata dalle disposizioni della l. n. 533/1973, decadeva dal beneficio del patrocinio la parte che, dopo la nomina del difensore d'ufficio, fosse stata rappresentata e difesa anche da un difensore di fiducia (così Cass. 5007/1981, Cass. 5168/1979, Cass. 4585/1977, Cass. 1734/1979, Cass. 5379/1977; si veda anche Cass. 1348/1980, secondo cui doveva "negarsi la liquidazione a carico dello Stato delle competenze e degli onorari spettanti al difensore nominato di ufficio, ai sensi degli artt. 13 e 14 della l. n. 533/1973, quando la parte ammessa al gratuito patrocinio sia stata assistita anche da un difensore di fiducia"). Cass. 6094/1979 sottolineava invece che, ove la parte ammessa al beneficio avesse nominato altresì un difensore diverso da quello assegnato dal giudice, era "compito del giudice del merito accertare in punto di fatto se, successivamente al provvedimento di ammissione al beneficio suddetto, la parte abbia continuato ad avvalersi non soltanto di tale difensore d'ufficio, ma anche dell'altro" ed in tale ipotesi doveva "ritenersi intervenuta la rinuncia al beneficio, rimanendo invero con ciò dimostrata, non tanto la cessazione dello stato di non abbienza, quanto piuttosto la volontà della parte stessa di non avvalersi, come mezzo necessario e sufficiente per la propria difesa, del patrocinio d'ufficio" (in termini analoghi Cass. 3406/1979 e Cass. 2795/1979).

3. Il d.P.R. n. 115/2002, nell'introdurre il patrocinio a spese dello Stato in tutti i processi (siano penali, civili, amministrativi, contabili e tributari), ha affrontato il tema all'art. 91, che rubricato "esclusione dal patrocinio", dispone che l'ammissione al patrocinio è esclusa "se il richiedente è assistito da più di un difensore; in ogni caso gli effetti dell'ammissione cessano a partire dal momento in cui la persona alla quale il beneficio è stato concesso nomina un secondo difensore di fiducia". La disposizione - a differenza di quanto affermato dal Tribunale di Livorno - vale non solo per il processo penale, ma, essendo espressione di un principio generale, per tutti i processi. Che la disposizione sia espressione di un principio generale lo si ricava dalla lettura delle disposizioni generali del d.P.R. 115/2002, in particolare dall'art. 80, secondo cui "chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore" e dagli artt. 82 e 83 che prevedono la liquidazione dei compensi al difensore. Dal combinato disposto dei menzionati articoli deriva che l'ammissione al patrocinio statale dà diritto alla nomina di un unico difensore, unico difensore che ha diritto alla liquidazione del compenso secondo le modalità di cui agli artt. 82, 83 e 130 del d.P.R. (illogico al riguardo è il ragionamento del Tribunale di Livorno, secondo cui dagli artt. 80 e 85 si ricaverebbe la possibilità per l'ammesso al patrocinio di nominare più difensori, ferma la liquidabilità di un unico compenso). Né al riguardo assume rilievo la mancata estensione dell'art. 91 d.P.R. 115/202 al collaboratore di giustizia affermata da Cass. 22965/2011, avendo, come sottolinea la pronuncia, l'assistenza legale del collaboratore di giustizia condizioni proprie e differenti rispetto a quelle del patrocinio a spese dell'erario, che ne legittimano la diversità di disciplina riguardo al profilo in esame.

D'altro canto - come deduce il ricorrente - obiettivo dell'istituto del gratuito patrocinio è garantire al cittadino non abbiente, in attuazione degli artt. 24 e 3 della Costituzione, l'effettivo accesso alla giustizia, accesso che è sufficientemente garantito dalla nomina di un difensore, sufficienza che se vale per il processo penale - ove è in gioco il valore della libertà personale - vale anche per gli altri processi e in particolare, per quanto interessa il caso in esame, in relazione al processo civile.

Considerata la novità della questione, il Collegio ritiene pertanto di enunciare, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., il seguente principio di diritto: dal complesso delle disposizioni del d.P.R. 115/2202 che regolano per tutti i processi l'istituto del patrocinio a spese dello Stato - ed in particolare dall'art. 80 che prevede che "chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore" e dagli artt. 82 e 83 che dispongono la liquidazione dei compensi al difensore - si ricava che l'art. 91 del medesimo d.P.R., pur se collocato all'interno del titolo specificamente dedicato al processo penale, esprime un principio di carattere generale; con la conseguenza che nel processo civile l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore e, in ogni caso, gli effetti dell'ammissione cessano a partire dal momento in cui la persona alla quale il beneficio è stato concesso nomina un secondo difensore di fiducia.

4. In applicazione di tale principio, nel caso in esame, ove l'ammessa al beneficio ha nominato due avvocatesse che l'hanno poi difesa in giudizio, l'ammissione è divenuta, con il conferimento del duplice mandato, inefficace con la conseguente inammissibilità della domanda di liquidazione dei compensi (domanda di liquidazione proposta da entrambe le avvocatesse e alla quale una delle due ha poi in sede di opposizione rinunciato).

Il ricorso va quindi accolto e l'ordinanza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., va decisa nel merito e l'originaria domanda di liquidazione deve essere dichiarata inammissibile.

Le spese del processo, considerata la novità della questione, vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l'originaria domanda; compensa le spese del processo.