Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna
Parma
Sentenza 9 dicembre 2019, n. 286

Presidente: Panzironi - Estensore: Poppi

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato il decreto prefettizio del 1° aprile 2019 con il quale gli venivano revocate, ex art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 142/2015, le misure di accoglienza a suo tempo concesse, deducendo la violazione dell'art. 20 della Direttiva CE n. 2013/13; dell'art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 142/2015; dell'art. 7 della l. n. 241/1990; del principio di proporzionalità tra sanzione applicata e violazione commessa e, infine, il difetto di motivazione e di istruttoria.

L'Amministrazione si costituiva in giudizio con memoria formale depositata il 3 luglio 2019 chiedendo la reiezione del ricorso.

Nella camera di consiglio del 29 agosto 2019, con ordinanza n. 136/2019, veniva accolta l'istanza cautelare e, all'esito della pubblica udienza del 4 dicembre 2019, la causa veniva decisa.

Il ricorso è fondato.

In primis deve rilevarsi la fondatezza della dedotta omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

Come, infatti, già chiarito in giurisprudenza, la determinazione prefettizia in tema di revoca delle misure di accoglienza, in quanto atto discrezionale implicante "una valutazione in concreto della singola fattispecie e della particolare situazione della persona interessata, deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento" (ex multis T.A.R. Liguria, sez. II, 29 marzo 2017, n. 277)" (T.A.R. Lazio, Latina, 24 settembre 2018, n. 488).

È, altresì, fondato il dedotto difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato è motivato sulla base di mero richiamo alla "segnalazione inviata dal referente della struttura con la quale comunica che il predetto cittadino straniero ha violato in maniera grave le regole della struttura in cui è accolto".

La violazione contestata al ricorrente dal responsabile dell'ente gestore del centro di accoglienza temporanea presso cui è ospitato consiste nel rifiuto di consegnare copia del ricorso presentato avverso un provvedimento di diniego di protezione internazionale.

Sul punto deve rilevarsi che la disciplina europea in materia di "riduzione o revoca delle condizioni generali di accoglienza" richiede che i relativi provvedimenti possano essere adottati "qualora il richiedente: a) lasci il luogo di residenza determinato dall'autorità competente senza informare tali autorità, oppure, ove richiesto, senza permesso; b) contravvenga all'obbligo di presentarsi alle autorità o alla richiesta di fornire informazioni o di comparire per un colloquio personale concernente la procedura d'asilo durante un periodo di tempo ragionevole stabilito dal diritto nazionale; c) abbia presentato una domanda reiterata quale definita all'articolo 2, lettera q), della direttiva 2013/32/UE" ("domanda di protezione internazionale presentata dopo che è stata adottata una decisione definitiva su una domanda precedente") o, al di fuori di dette ipotesi, "in casi eccezionali debitamente motivati" (art. 20, para. 1, Dir. n. 33/2013).

Ciò premesso si rileva che la condotta addebitata al ricorrente non è riconducibile ad alcune delle tre suesposte fattispecie (lett. a, b e c) legittimanti la riduzione o revoca delle misure di accoglienza.

Il sintetico supporto motivazionale del provvedimento impugnato sopra richiamato, inoltre, non contiene allegazione alcuna a comprova dell'eccezionalità della fattispecie richiesta in via residuale [d]alla medesima norma ai fini in esame.

Ne consegue la fondatezza del dedotto difetto di motivazione in ragione dell'evidenziata inidoneità del supporto motivazionale ad assolvere lo specifico onere di cui all'art. 3 della l. n. 241/1990: vizio che palesa, ulteriormente, la violazione del principio di proporzionalità nella misura in cui l'Amministrazione determina un effetto fortemente lesivo della posizione giuridica soggettiva del ricorrente in assenza di eventi connotati dal prescritto carattere dell'eccezionalità.

Per quanto precede il ricorso deve essere accolto.

Sussistono, in ragione della novità della questione trattata, giuste ragioni per compensare le spese di giudizio fra le parti.

Circa tale ultimo specifico profilo, va rilevato che il ricorrente, con decreto n. 7/2019, veniva ammesso al patrocinio a spese dello Stato: spese che vengono liquidate ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 83, comma 3-bis, del d.P.R. n. 115, in complessivi euro 1.000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Compensa le spese di giudizio fra le parti.

Conferma l'ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato disposta con decreto n. 7/2019 e liquida al difensore la somma di cui in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.