Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione I
Sentenza 27 novembre 2019, n. 2111
Presidente: Riccio - Estensore: Maffei
I. In data 31 luglio 2019, la Questura di Avellino notificava al ricorrente il provvedimento impugnato, avente a oggetto il rifiuto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, richiesto ai sensi dell'art. 5 del t.u. per l'immigrazione (d.lgs. n. 286/1998). Nell'impugnare il predetto provvedimento, il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di diritto: violazione e falsa applicazione delle norme sul diritto alla partecipazione al procedimento, l. n. 241/1990 e d.P.R. n. 394/1999, violazione e falsa applicazione dell'art. 5 del t.u. 286/1998 e ss., eccesso di potere sotto vari i profili, difetto d'istruttoria e di motivazione in ordine all'insufficienza dei titoli posti a fondamento della richiesta di permesso di soggiorno, disparità di trattamento con riferimento ad altri casi identici in cui è stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Si è costituita l'Amministrazione intimata, eccependo l'infondatezza del ricorso.
All'udienza del 19 novembre 2019, la causa è stata riservata in decisione.
II. Sussiste il difetto di giurisdizione.
La cosiddetta protezione umanitaria è intesa come forma di protezione residuale, inscindibilmente collegata alle procedure amministrative di riconoscimento dello status di rifugiato e, pertanto, riconoscibile e tutelabile unicamente nell'ambito delle medesime. Tale ricostruzione dogmatica dell'istituto è dovuta alla consolidata prassi - instaurata dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato - che ha sempre ritenuto compresa nelle proprie attribuzioni la facoltà di accertare e dichiarare la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario utili al rilascio del permesso di soggiorno, ex art. 5, comma 6, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico dell'immigrazione) e nel successivo recepimento legislativo di tale prassi dapprima nell'art. 15, comma 2, lett. c), del d.P.R. 16 settembre 2004, n. 303, e poi nell'art. 32, comma 3, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25. Peraltro, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari non è necessariamente vincolato a una richiesta di riconoscimento della protezione internazionale da parte del cittadino straniero, che può avanzare direttamente al Questore competente per territorio la richiesta, ex art. 11, comma 1, lett. c-ter), del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, ai sensi del quale "Il permesso di soggiorno è rilasciato, quando ne ricorrono i presupposti, per i motivi e la durata indicati nel visto d'ingresso o dal testo unico, ovvero per uno dei seguenti altri motivi: [...] per motivi umanitari, nei casi di cui agli articoli 5, comma 6, e 19, comma 1, del testo unico, previo parere delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero acquisizione dall'interessato di documentazione riguardante i motivi della richiesta relativi ad oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale".
In questa prospettiva, la riforma operata dal d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, attuativo della Direttiva 2004/83/CE, nonché dal d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, attuativo della Direttiva 2005/85/CE, ha fornito una nuova prospettiva ermeneutica. In primo luogo, l'introduzione nell'ordinamento giuridico dello status di protezione sussidiaria ha imposto di definire e distinguere le situazioni di fatto e le posizioni giuridiche soggettive tutelabili da questa forma di protezione da quelle che, invece, sono tutelabili attraverso il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. In secondo luogo, si è posto il problema di individuare la giurisdizione - ordinaria o amministrativa - sulla protezione umanitaria.
La giurisprudenza di legittimità ha fatto propria una concezione unitaria delle diverse posizioni di tutela del richiedente asilo o protezione, ridefinendo il rapporto tra la fase di accertamento della protezione e la successiva fase di rilascio del permesso di soggiorno, in termini tali da escludere che ai Questori rimanga una discrezionalità amministrativa rispetto alle decisioni adottate dalle Commissioni territoriali. È stato chiarito che la situazione giuridica dello straniero che richieda il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ha consistenza di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali riconosciuti e tutelati dagli artt. 2 e 10 della Costituzione (cfr.: Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 2018, n. 32774; idem, 9 settembre 2009, n. 19393; idem, 19 maggio 2009, n. 11535). Dalla ricostruzione esposta, la giurisprudenza di legittimità trae i seguenti tre corollari: a) il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate è riservato esclusivamente al legislatore; b) la discrezionalità della pubblica Amministrazione in materia è soltanto tecnica, dovendo la stessa limitarsi al mero accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria; c) la giurisdizione sui diritti umani fondamentali spetta al giudice ordinario.
Va, quindi, rimesso alla giurisdizione ordinaria l'accertamento dei presupposti, sia nel caso in cui l'Amministrazione abbia rigettato la richiesta del soggetto, sia nel caso in cui la stessa non vi abbia dato seguito. Nel quadro normativo così delineato, il permesso di soggiorno per motivi umanitari si configura, dunque, come una forma di protezione residuale, deputata alla tutela dei diritti umani fondamentali, non altrimenti tutelati da altre norme del t.u. dell'immigrazione, che potrebbero essere lesi da oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale. Pertanto, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della richiesta, proveniente dallo straniero extracomunitario, di annullamento del diniego, da parte del Questore, del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
I recenti orientamenti in tema di permesso di soggiorno per motivi umanitari traggono origine dalla parallela evoluzione - normativa e giurisprudenziale - registratasi in materia di riconoscimento della protezione internazionale e completano il sistema normativo italiano di protezione dei richiedenti asilo, definendo più chiaramente i contorni di questo strumento di tutela.
Ne consegue che la giurisdizione sull'impugnazione del provvedimento del Questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari, chiesto ex art. 5, comma 6, del t.u. dell'immigrazione, all'esito del rigetto, da parte della Commissione territoriale competente, della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, spetti senz'altro al giudice ordinario, in quanto, nel quadro delineato dall'art. 32 del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, recante attuazione della Direttiva 2005/85/CE, le Commissioni territoriali sono espressamente tenute, quando non accolgano la domanda di protezione internazionale, a valutare, per i provvedimenti di cui all'art. 5, comma 6, citato, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale posizione soggettiva non può essere degradata a interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere rimesso solo l'accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell'esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore.
In conclusione, la giurisdizione deve essere declinata in favore del giudice ordinario.
Le spese del giudizio possono essere compensate.
La palese inammissibilità del ricorso preclude l'ammissione al patrocino a spese dello stato. Difatti "l'ammissione al patrocino a spese dello Stato, in materia civile (disciplina applicabile anche al giudizio amministrativo) può essere accordata solo a favore di chi vanti una pretesa non manifestamente infondata, così come stabilito dall'art. 122 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115" (Cass., sez. III, n. 17037/2018). La norma prescrive che l'istanza contenga "le enunciazioni in fatto e diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza delle pretesa".
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, declina la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riassunta, ex art. 11 c.p.a., ai fini della tra[n]slatio judicii.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Respinge definitivamente la domanda di ammissione al beneficio delle spese di giudizio a carico dell'Erario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte istante.