Corte di cassazione
Sezione II penale
Sentenza 17 giugno 2019, n. 36510
Presidente: Diotallevi - Estensore: Verga
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Varese, con sentenza dell'8 maggio 2018 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di S. Mostafa in ordine ai reati di cui agli artt. 648, 699 e 337 c.p. perché espulso dal territorio nazionale.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese deducendo violazione di legge e, segnatamente, dell'art. 13, comma 3-quater, d.lgs. 286/1998, in relazione all'art. 16 d.lgs. 286/1998, in quanto l'espulsione era stata decretata come misura alternativa alla detenzione e non quale espulsione amministrativa, applicando così la causa di improcedibilità anche con riferimento ad espulsione diversa da quella disposta ed eseguita si sensi dell'art. 13 d.lgs. 286/1998.
Rileva, inoltre, che l'espulsione era stata disposta dopo il decreto di citazione a giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Il Giudice dell'udienza preliminare, nell'impugnato provvedimento, ha ritenuto applicabile il disposto dell'art. 13, comma 3-quater, d.lgs. 286/1998, il quale stabilisce che, nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter del medesimo articolo, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere, anche nell'ipotesi di espulsione ordinata, ai sensi dell'art. 16, comma 5, del medesimo decreto legislativo.
Tale ultima disposizione prevede, infatti, che, nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'art. 13, comma 2, il quale deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, sia disposta l'espulsione.
Ritiene il Collegio che il tenore letterale della disposizione porta all'affermazione che l'ambito di operatività del comma 3-quater dell'art. 13 d.lgs. 286/1998 è limitato ai soli casi di cui ai commi 3, 3-bis e 3-ter del medesimo articolo e non può essere esteso anche ai casi di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione disposta ai sensi dell'art. 16 del medesimo d.lgs.
Secondo questo Collegio, che fa proprie le argomentazioni della sentenza di questa Corte n. 48948/2015, il tenore letterale della disposizione non può essere superato mediante una lettura estensiva, effettuata facendo ricorso al criterio interpretativo della intenzione del legislatore, perché il legislatore ha chiaramente manifestato la propria volontà attraverso la contestuale modifica apportata agli artt. 13 e 16 del d.lgs. 286/1998. La l. 30 luglio 2002, n. 189 «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo» è infatti intervenuta contestualmente sulle richiamate disposizioni, cosicché l'esplicito richiamo, nell'art. 13, comma 3-quater, ai soli casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, deve ritenersi voluto, come voluta deve anche ritenersi la mancanza di richiami ad altre disposizioni e, segnatamente, al successivo art. 16.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Varese.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Varese per l'ulteriore corso.
Depositata il 28 agosto 2019.