Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 29 aprile 2019, n. 25358
Presidente: Di Tomassi - Estensore: Boni
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice di pace di Tolmezzo con sentenza emessa il 19 settembre 2018 dichiarava l'imputato Issam L. colpevole del delitto di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998 contestatogli perché, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio nazionale in violazione dell'ordine di espulsione, impartito dal Questore di Milano in data 6 settembre 2011, fatto accertato in Milano il 20 settembre 2011.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore, il quale si duole di:
a) violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità ai sensi dell'art. 179 c.p.p. per omessa notificazione all'imputato del decreto di citazione; successivamente al verbale di identificazione dell'imputato era stato nominato un difensore di ufficio, il quale, sull'erroneo presupposto della sua designazione di fiducia, con comunicazione del 18 ottobre 2016 aveva dichiarato di rinunciare al mandato ed il giudice aveva provveduto a nominare altro difensore d'ufficio, nomina illegittima per violazione dell'art. 97, comma 5, c.p.p. e perché non comunicata all'imputato secondo quanto disposto dall'art. 28 disp. att. c.p.p. Pertanto, deve ritenersi illegittima anche la notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato stesso, compiuta con consegna dell'atto al nuovo difensore di ufficio ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. sul presupposto del mancato reperimento del destinatario al domicilio dichiarato;
b) nullità dell'ordinanza emessa il 19 settembre 2018 con la quale era stato disposto procedersi in assenza dell'imputato pur in mancanza delle informazioni richieste alla Questura, cui è seguita la mancata assunzione di prova decisiva, oltre che inosservanza della legge penale di cui all'art. 10-bis, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998. Poiché nelle more della decisione era pervenuta al giudice comunicazione dell'avvenuta espulsione dell'imputato eseguita in data 16 giugno 2017, avrebbe dovuto emettersi sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti;
c) in ogni caso, l'avvenuta espulsione prima della pronuncia della sentenza avrebbe imposto l'immediata declaratoria di improcedibilità dell'azione penale ex art. 129 c.p.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1. Occorre premettere che la condotta di inosservanza, senza giustificato motivo, dell'ordine di allontanamento emesso dal Questore, è stata accertata - secondo quanto risulta dalla contestazione - il 20 settembre 2011, ossia in epoca successiva all'entrata in vigore delle modifiche al testo del d.lgs. n. 286/1998, introdotte dal d.l. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni nella l. 2 agosto 2011, n. 129, adottata dal legislatore italiano al fine di uniformare la legislazione interna alla direttiva 2008/115/CE e alle statuizioni della sentenza del 28 aprile 2011 della Corte di giustizia europea.
1.1. Pertanto, in modo appropriato il Giudice di pace ha ritenuto che l'imputato avesse violato il precetto di cui all'art. 14, comma 5-ter, poiché dagli atti richiamati nella stessa sentenza e dalla descrizione dell'esito dell'accertamento compiuto nei suoi confronti emerga la sua certa presenza nel territorio nazionale in un momento successivo alla scadenza del termine assegnatogli nel decreto di espulsione del Questore.
1.2. Piuttosto, deve rilevarsi che l'acquisita notizia dell'avvenuta espulsione dell'imputato mediante accompagnamento alla frontiera aerea ed imbarco su volo diretto al paese d'origine, evenienza verificatasi il 13 giugno 2017, quindi in un momento antecedente la pronuncia della sentenza di condanna, impone di riscontrare in via del tutto preliminare la maturata causa di improcedibilità dell'azione penale, prevista dall'art. 14, comma 5-septies, del d.lgs. n. 286/1998, già concretizzasi nel corso del processo di primo grado, ma non rilevata per non avere il Giudice atteso la trasmissione delle informazioni pur inizialmente richieste all'ufficio di Polizia competente.
La disposizione in esame recita: "Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere". Nonostante la previsione testuale dell'emissione della "sentenza di non luogo a procedere", la locuzione, che riproduce l'identica formula terminativa del processo, adottabile con la sentenza emessa all'esito dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 425 c.p.p. sulla base della rilevazione di una causa di estinzione del reato, di improcedibilità dell'azione penale o di immediato proscioglimento dell'imputato, non può essere interpretata come riferita in via esclusiva alla possibilità di un proscioglimento che intervenga soltanto in udienza preliminare e non nella successiva fase del giudizio. Invero, s'impone la considerazione della genesi della disposizione, introdotta dal d.l. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazione dalla l. 2 agosto 2011, n. 129, che ha completato l'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e introdotto le diposizioni necessarie per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini irregolari di Paesi terzi.
La formulazione originaria dell'art. 14, comma 5, non conteneva la previsione in questione, inserita in un quadro di interventi volti a modificare la disciplina dell'espulsione amministrativa, contenuta negli artt. 13 e 14 dello stesso testo legislativo e, a rafforzare l'effettività delle misure adottate in base ai principi della Direttiva comunitaria che si è inteso recepire ed attuare, tutte le fasi del procedimento di espulsione sono state assistite dalla previsione di altrettante fattispecie di reato di natura delittuosa, punite con la sola pena pecuniaria della multa.
Per i reati previsti dall'art. 14, comma 5-ter e comma 5-quater, di violazione senza giustificato motivo dell'ordine di allontanamento, impartito dal questore allo straniero non ricoverabile nei centri CIE o non più trattenibile nei medesimi e di violazione senza giustificato motivo dell'ordine di espulsione conseguente alla violazione dell'ordine di allontanamento, è stabilito che venga nuovamente adottato il provvedimento di espulsione, senza però sia richiesto il nulla osta e che, se l'espulsione sia eseguita, il giudice emetta sentenza di non luogo a procedere, in seguito revocabile ai sensi dell'art. 345 c.p.p. qualora lo straniero violi il divieto di reingresso nel territorio dello Stato. Attraverso il richiamo testuale alla revocabilità di siffatta decisione, operato dall'art. 14, comma 5-septies, il legislatore configura la presenza irregolare nel paese dello straniero, già destinatario di un ordine di allontanamento o di espulsione, rimasto ingiustificatamente inottemperato, quale speciale condizione di procedibilità dell'azione penale a suo carico per i due reati in questione e sottopone la decisione che prende atto della sua uscita dal territorio nazionale ad un regime di relativa stabilità di effetti, suscettibili di essere posti nel nulla con il rinnovato esercizio dell'azione penale quando si accerti che la situazione di ostacolo alla doverosa celebrazione del procedimento sia venuta meno per effetto del rientro non autorizzato dell'imputato forzatamente allontanatone.
La declaratoria dell'assenza dei presupposti per procedere è contemplata dall'ordinamento come dovuta, svincolata da eccezione delle parti e da adottare in ogni stato e grado del processo con precedenza assoluta rispetto alla decisione sul merito dell'accusa. Singole disposizioni prevedono tale pronuncia in riferimento ad altrettanti momenti del processo: l'art. 411 c.p.p. per la fase delle indagini preliminari nell'ambito dell'archiviazione; l'art. 425 c.p.p. per l'udienza preliminare; gli artt. 469 e 558, comma 3, c.p.p. per la fase predibattimentale; l'art. 529 c.p.p. per il dibattimento. Siffatta rassegna va completata, ricordando poi che, per pacifico indirizzo giurisprudenziale, la carenza di una condizione di procedibilità è rilevabile d'ufficio anche nel giudizio di legittimità ed in deroga ai limiti di operatività del principio devolutivo, essendo preclusa soltanto da una causa originaria d'inammissibilità dell'impugnazione che pregiudica la corretta instaurazione del rapporto processuale.
Ragioni di ordine sistematico e la considerazione degli effetti propri dei presupposti condizionanti l'esercizio dell'azione penale impongono di ritenere che la previsione contenuta nell'art. 14, comma 5-septies, laddove stabilisce che, avuta notizia dell'avvenuta espulsione dell'imputato, il giudice emette "sentenza di non luogo a procedere", sia frutto di imprecisione linguistica e vada intesa come riferita alla pronuncia che dia atto della sopravvenuta carenza della condizione di procedibilità, adottabile, per quanto già esposto, in ogni stato e grado del processo, quindi anche nel giudizio, ordinario dibattimentale o eventualmente celebrato col rito abbreviato. L'opposta soluzione che confinasse il rilievo di tale evenienza soltanto in udienza preliminare sarebbe irrazionale, inutilmente pregiudizievole per l'imputato, non ammesso a conseguire lo stesso esito decisorio quando l'espulsione fosse intervenuta nella fase del giudizio o delle impugnazioni, e contraria alla stessa disciplina di cui all'art. 345 c.p.p.: i suoi due commi, infatti, stabiliscono il principio della riproponibilità dell'azione penale per il medesimo fatto e contro lo stesso soggetto in dipendenza del sopravvenire della condizione di procedibilità, generale o speciale che sia, di cui si sia accertata la carenza nel provvedimento di archiviazione, nella sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché non più impugnabili.
Inoltre, poiché la competenza a prendere cognizione di tali fattispecie delittuose è attribuita al giudice di pace, il cui procedimento non contempla la celebrazione dell'udienza preliminare secondo quanto stabilito dall'art. 2 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, il quale esclude espressamente l'applicabilità delle disposizioni codicistiche che riguardano tra l'altro l'udienza preliminare, anche tale argomento avvalora la soluzione ermeneutica proposta.
Va dunque formulato il seguente principio di diritto: "l'art. 14, comma 5-septies, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dal d.l. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazione dalla l. 2 agosto 2011, n. 129, laddove stabilisce che, qualora siano contestati i reati di cui agli artt. 14, comma 5-ter, e 14, comma 5-quater, «Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere» è frutto di imprecisione linguistica e non limita la possibilità del proscioglimento dell'imputato all'udienza preliminare".
Pertanto, in ossequio all'obbligo di immediata pronuncia di cause di proscioglimento previsto dall'art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché l'azione penale non poteva essere proseguita. Tanto rende inutile rilevare l'eventuale vizio di nullità dal quale sarebbe affetta la sentenza in dipendenza dell'omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio nei confronti dell'imputato, poiché l'eventuale annullamento comporterebbe per il giudice di merito l'obbligo di pronunciare il proscioglimento in termini già riscontrabili da parte di questa Corte.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l'azione penale non poteva essere proseguita ex art. 14, comma 5-septies, d.lgs. n. 286 del 1998.
Depositata il 7 giugno 2019.