Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 19 marzo 2019, n. 7679
Presidente: San Giorgio - Relatore: Fortunato
FATTI DI CAUSA
La Corte distrettuale di Napoli ha dichiarato l'improcedibilità dell'appello proposto da Vincenzo ed Alberto M. per ottenere la riforma della sentenza del locale Tribunale, con cui era stata dichiarata l'estinzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di Raffaele P., a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti presso il Condominio di Via [omissis] di Napoli.
In primo grado, la lite era stata definita in via transattiva dal Condominio e dall'appaltatore, con rinuncia agli atti del giudizio.
Per quanto qui interessa, la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva la costituzione in giudizio degli appellanti, rilevando che la prima notifica dell'impugnazione si era perfezionata in data 3 dicembre 2010, mentre la costituzione in giudizio era avvenuta in data 15 dicembre 2010 e quindi oltre il termine di cui al primo comma dell'art. 165 c.p.c.
La cassazione della sentenza di appello è chiesta da Vincenzo M. sulla base di tre motivi di ricorso.
Giorgio Ma., ed il Condominio Via [omissis] di Napoli hanno depositato controricorso.
Massimo D.C. ha proposto controricorso ed ha depositato memoria illustrativa.
Stefania Mar., Alberto M. e Raffaele P. sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 347, comma primo, e 165 c.c., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., lamentando che la Corte d'appello abbia acriticamente aderito all'indirizzo di legittimità, espresso, in particolare dalla pronuncia a Sezioni unite n. 10864/2011, ritenendo che gli appellanti dovessero costituirsi, a pena di improcedibilità, entro dieci giorni dalla prima notifica dell'impugnazione.
A parere del ricorrente, l'orientamento maggioritario andrebbe rimeditato, ricercando la reale intenzione del legislatore anche alla luce delle molteplici disposizioni speciali (in materia di contenzioso contabile, amministrativo e del processo societario) che, nell'ipotesi che la domanda sia rivolta nei confronti di più parti, fanno decorrere il termine di costituzione dall'ultima notifica.
L'indirizzo assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità non terrebbe, inoltre, conto che: a) l'attore (o l'appellante) è in grado di conoscere la data di perfezionamento della prima notifica e di accertarsi della sua validità solo al momento in cui l'atto viene restituito dall'ufficiale giudiziario e che, quindi, il compimento delle formalità di costituzione nel termine di cui al primo comma dell'art. 165 c.p.c. potrebbe risultare inutile, ove la notifica dovesse risultare, alle successive verifiche, invalida; b) che in caso di ritardo dell'ufficiale giudiziario nella restituzione dell'originale, la parte sarebbe costretta a costituirsi in modo irrituale mediante il solo deposito di una copia dell'atto notificato.
Riguardo al giudizio di appello, non sussisterebbe alcuna necessità di porre tempestivamente il destinatario della notifica in condizione di acquisire piena conoscenza delle difese della controparte, data la circoscritta possibilità di ampliare il tema dibattuto e di dedurre nuove prove, dovendo inoltre considerarsi che, facendo decorrere il termine di costituzione dall'ultima notifica, le garanzie processuali del destinatario non verrebbero compromesse, essendogli garantita la concessione del termine a comparire.
Infine, l'art. 171, comma secondo, c.p.c. dimostrerebbe che la disciplina della costituzione delle parti, piuttosto che garantire il diritto di difesa dalle parti, sarebbe finalizzata principalmente a dare impulso al processo come prova il fatto che la costituzione tardiva delle parti non è sanzionata con la nullità insanabile del processo.
Il secondo motivo censura la violazione dell'art. 111 Cost. e dell'art. 11 delle preleggi in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., lamentando che la improcedibilità dell'appello, notificato nel dicembre del 2010, sia stata erroneamente pronunciata in conformità ad orientamento consolidatosi solo con la sentenza n. 10864/2011, non considerando che il ricorrente aveva confidato nel contrario indirizzo giurisprudenziale che, seppure ancora altalenante, era supportato da un cospicuo numero di pronunce. In ogni caso, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite, in quanto innovativo, non poteva applicarsi retroattivamente, risultando altrimenti violato l'affidamento riposto dal ricorrente nelle sentenze favorevoli alla possibilità di costituirsi entro il termine di dieci giorni, decorrente dall'ultima notifica.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
1.1. L'art. 348 c.p.c., nel comminare l'improcedibilità dell'appello in caso di costituzione tardiva dell'appellante, è integrato, in mancanza di una specifica disposizione per i giudizi di impugnazione e in virtù della clausola di rinvio contenuta nell'art. 359 c.p., dalla previsione di cui all'art. 165 c.p.c. che, al primo comma, stabilisce che l'attore è tenuto a costituirsi nel termine di 10 giorni dalla notifica e, al secondo comma, che, ove la notifica debba eseguirsi verso più persone, il deposito dell'atto notificato deve avvenire entro dieci giorni dall'ultima notificazione.
Il punto controverso è se tale ultima previsione comporti il differimento della decorrenza del termine di costituzione alla data dell'ultima notifica, ove quest'ultima debba essere effettuata nei confronti di più parti.
Come è chiarito anche in ricorso, al problema questa Corte aveva inizialmente dato soluzione positiva - sebbene in un unico, risalente, precedente - sottolineando come fosse proprio il deposito dell'atto notificato a perfezionare la costituzione in giudizio, che quindi doveva ritenersi tempestiva anche se effettuata nei dieci giorni dall'ultima delle notificazioni (Cass. 3601/1958).
L'orientamento contrario è, tuttavia, prevalso nella giurisprudenza di legittimità sin dalla pronuncia n. 6481/1997 (relativa al regime dell'improcedibilità dell'appello), secondo cui il dato letterale del secondo comma implica che la costituzione dell'attore (o dell'appellante) abbia già avuto luogo nel termine del primo comma dell'art. 165 c.p.c., evidenziando inoltre che l'onere di depositare l'originale della citazione nel termine di dieci giorni dall'ultima notificazione "resterebbe priva di utilità, perché necessariamente tale deposito, essendo ormai state eseguite tutte le notificazioni, dovrebbe essere eseguito in quel termine".
In quell'occasione questa Corte ha escluso la possibilità di applicare in via analogica l'art. 369 c.p.c. (che fa decorrere dalla data dell'ultima notificazione del ricorso il termine per la costituzione del ricorrente in sede di legittimità) al giudizio di primo grado, traendo argomento proprio dalla suddetta disposizione per sostenere che il legislatore, quando, con riferimento all'ipotesi di pluralità di convenuti, ha inteso assumere come punto di riferimento per la costituzione dell'attore l'ultima notificazione, lo ha previsto espressamente.
A tale opzione interpretativa, che ha trovato ripetute conferme nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 13315/1999; Cass. 15007/2003; Cass. 17420/2003; Cass. 18950/2006; Cass. 13163/2007; Cass. 17958/2007; Cass., Sez. un., 10864/2011; Cass., Sez. un., 10658/2016 in motivazione; Cass. 89/2017), deve darsi continuità per le ragioni che seguono.
Non è condivisibile l'assunto di parte ricorrente secondo cui la disposizione dell'art. 165 c.p.c. andrebbe letta in combinato con le molteplici previsioni che, fissando la decorrenza del termine di costituzione dall'ultima delle notificazioni, paleserebbero la reale ratio legis sottesa alla disciplina della costituzione in giudizio in presenza di pluralità di parti.
La formulazione del secondo comma dell'art. 165 c.p.c. è rimasta immutata anche dopo la riforma del rito ordinario di cognizione adottata con il d.l. 35/2005, convertito con l. 80/2005, allorquando erano già in vigore non solo le norme del processo di cassazione (art. 369 c.p.c.), ma anche le disposizioni operanti per le controversie societarie (art. 3, comma secondo, d.lgs. 5/2003) e già si era consolidata l'interpretazione, nei termini indicati, del disposto degli artt. 165 e 348 c.p.c.
Quindi, in ossequio al canone interpretativo del c.d. legislatore consapevole, l'aver mantenuto immutata la formulazione dell'art. 165 c.p.c. non può che costituire espressione della volontà normativa di non modificare la differente disciplina della costituzione in giudizio nel rito ordinario di cognizione, restando esclusa la praticabilità di una lettura correttiva della disposizione o il ricorso all'analogia (Cass. 18950/2006; Cass. 17958/2007).
Non merita adesione la tesi del ricorrente secondo cui nessun vulnus alle esigenze di difesa del convenuto deriverebbe dal fatto di consentire la costituzione dell'attore nei dieci giorni dall'ultima notificazione, essendogli comunque garantita la concessione del termine a comparire, avendo questa Corte condivisibilmente evidenziato che la decorrenza del termine di costituzione dalla data della prima notificazione è volta - piuttosto - ad indurre ciascuno dei destinatari a supporre che la notifica eseguita nei suoi confronti sia stata effettuata per prima, stabilendo in tal modo un punto di riferimento certo per individuare la tempestività della costituzione dell'attore (Cass. 17958/2007; Cass. 6481/1997).
Sebbene il processo possa proseguire anche in caso di mancata costituzione o di costituzione tardiva dell'attore qualora si costituisca almeno una delle altre parti (art. 171, comma secondo, c.p.c.), per il destinatario della notifica è indifferente che altro convenuto abbia deciso di iscrivere comunque la causa a ruolo e coltivare il giudizio (Cass., Sez. un., 10846/2011) e, peraltro, nel giudizio di secondo grado, la costituzione tardiva dell'appellante determina l'improcedibilità del gravame (art. 348 c.p.c.) e, salvo l'esame di eventuali impugnazioni incidentali, comporta la definizione in rito della causa.
Quanto al fatto che la decorrenza del termine di costituzione dalla prima notifica potrebbe in concreto impedire la regolare costituzione per causa non imputabile alla parte, è sufficiente obiettare che l'art. 165, ultimo comma, c.p.c. consente di depositare l'originale notificato entro dieci giorni dall'ultima notificazione e comunque la tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (c.d. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame, ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale, salva, in ogni caso, la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini per la regolarizzazione della costituzione (Cass., Sez. un., 16598/2016).
2.1. Parimenti infondato è l'assunto secondo cui il principio affermato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 10864/2011 non potrebbe applicarsi alle impugnazioni proposte precedentemente, poiché che il termine di costituzione in appello decorra dalla prima notifica è principio enunciato da questa Corte sin dal 1997 ed è stato poi confermato da una molteplicità di pronunce (anche anteriori alla proposizione dell'appello da parte del ricorrente), senza che fosse emerso e si fosse consolidato un indirizzo contrario.
L'intervento delle Sezioni unite si è dunque tradotto nella conferma dell'orientamento prevalente, il che non consente di configurare un'ipotesi di overruling avente il carattere di imprevedibilità, la quale presuppone che la tesi sconfessata dal mutamento interpretativo fosse maggioritaria e lungamente consolidata nel tempo (Cass. 13522/2017; Cass. 5962/2013; Cass. 28967/2011).
3. Il terzo motivo censura la violazione dell'art. 91 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. lamentando che il giudice di merito abbia posto a carico del resistente le spese processuali del secondo grado invece di compensarle, senza tener conto che l'appellante non aveva dato causa al processo con argomentazioni palesemente errate o con condotte ostruzionistiche, che era sopravvenuto un mutamento giurisprudenziale in materia di improcedibilità dell'appello, che la relativa eccezione era stata sollevata da uno soltanto degli appellati e che la causa era stata trattata ed istruita, inducendo le parti a confidare in una decisione nel merito.
Il motivo è infondato.
Nessuna censura può muoversi alla sentenza per non aver disposto la compensazione delle spese.
Premesso che il giudizio di primo grado è stato incardinato in data 28 luglio 2009, e che per disporre la compensazione occorreva - in applicazione dell'art. 92, comma secondo, come modificato dall'art. 45, comma undicesimo, l. 69/2009, in vigore per i processi di primo grado proposti dopo il 4 luglio 2009 - il concorso di gravi ed eccezionali motivi, da enunciare espressamente in motivazione, è sufficiente ribadire che il sindacato di legittimità è volto a verificare che non sia violato in principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vincitrice, mentre ne esula ogni questione riguardante l'opportunità di disporre la compensazione, che è tema riservato all'apprezzamento del giudice di merito (Cass. 30592/2017; Cass. 24502/2017; Cass. 8421/2017: Cass. 2149/2014; Cass. 15317/2013; Cass. 851/1977; Cass. 864/1973).
Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1800,00 per compenso, in favore di ciascun controricorrente oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.