Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 29 marzo 2019, n. 2086

Presidente: Anastasi - Estensore: D'Angelo

FATTO E DIRITTO

1. La società Amorosini & Cagnetta s.n.c. ha impugnato dinanzi al Tar per l'Emilia Romagna, sede di Bologna, l'ordine di demolizione del comune di Bologna n. 87074 del 5 giugno 2000 relativo ad opere edilizie abusivamente realizzate dalla stessa in un immobile di proprietà di terzi.

1.1. Il ricorso, nel quale ha prospettato come unico motivo di gravame la violazione dell'art. 7 della l. 241/1990, è stato respinto dal Tar di Bologna con la sentenza indicata in epigrafe.

1.2. In particolare, il Tar ha rilevato che, in relazione ai provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non fosse necessaria la preventiva comunicazione dell'avvio del procedimento.

2. Contro la suddetta sentenza, la società Amorosini & Cagnetta ha proposto appello, prospettando i seguenti motivi di censura.

2.1. Violazione dell'art. 7 della l. n. 241/1990 per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento. Carenza di motivazione della sentenza.

2.1.1. L'appellante ribadisce, anche nel presente grado di giudizio, che l'ordine di demolizione impugnato non è stato preceduto dalla preventiva comunicazione dell'avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della l. n. 241/1990. Né, secondo la società ricorrente, poteva tener luogo alla predetta comunicazione un precedente avviso del 25 maggio 2000 inviato dal Comune al signor Michele Amorosini, genericamente riferito ad un fabbricato denominato A senza indicazioni delle violazioni poste alla base dell'ordina di demolizione.

2.1.2. Contrariamente a quanto affermato dal Tar, l'obbligo di comunicazione previsto dell'art. 7 della l. n. 241/1990 costituirebbe un principio generale dell'ordinamento applicabile anche nel caso di interventi repressivi di abusi edilizi. La mancata comunicazione non ha di conseguenza consentito alla ricorrente di partecipare al procedimento e di fornire elementi in sua difesa.

2.2. Violazione del principio di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione. Carenza di motivazione della sentenza.

2.2.1. La sentenza impugnata sarebbe erronea laddove non ha considerato che il comune di Bologna, nell'adottare il provvedimento di demolizione senza preventiva comunicazione, ha pregiudicato la possibilità per l'appellante di intervenire, correggendo talune inesattezze ed omissioni. Peraltro, la copia della stessa ordinanza notificata alla società ricorrente mancava di una pagina contenete la descrizione delle opere edilizie.

3. Il comune di Bologna si è costituito in giudizio il 10 settembre 2009, chiedendo il rigetto dell'appello.

4. La società appellante il 10 gennaio 2019 ha depositato in giudizio la comparsa di costituzione di un nuovo difensore, l'avvocato Nicola Barone.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 10 gennaio 2019.

6. In via preliminare, il Collegio rileva che l'indicazione di un nuovo difensore da parte dell'appellante, intervenuta nell'odierna udienza pubblica, non incide sulla prosecuzione del processo. Nel caso di specie, l'appellante non ha specificato se il nuovo difensore fosse in sostituzione del precedente o semplicemente in aggiunta (cfr. comparsa di costituzione del 10 gennaio 2019).

6.1. La revoca del precedente difensore non può infatti avere effetti nei confronti dell'altra parte se non è stata resa esplicita la volontà di sostituirlo (cfr. artt. 39 c.p.a. e 85 c.p.c. - Cass. civ., sez. lav., 30 gennaio 2019, n. 2677 e C.d.S., sez. V, 24 luglio 2014, n. 3956).

7. Nel merito, l'appello è palesemente infondato.

8. La società appellante ripropone in appello la questione relativa al mancato avviso dell'avvio del procedimento che ha portato all'adozione dell'ordinanza di demolizione impugnata.

8.1. Il profilo dedotto è infondato. L'indirizzo costante della giurisprudenza è infatti quello di ritenere non necessaria la preventiva comunicazione di cui all'art. 7 della l. n. 241/1990.

8.2. Deve infatti considerarsi legittima l'ordinanza di demolizione adottata in assenza dell'avviso di inizio procedimento in quanto, essendo la repressione dell'abuso un atto dovuto, il provvedimento adottato dall'Amministrazione non avrebbe potuto in ogni caso essere diverso (cfr. ex multis, C.d.S., sez. VI, 23 gennaio 2018, n. 437).

8.3. L'ordinanza di demolizione, costituendo un atto doveroso e vincolato emesso all'esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime, non deve quindi essere preceduta, come affermato dall'appellante, dall'avviso di avvio del relativo procedimento, considerando anche la sua conseguente intangibilità ai sensi dell'art. 21-octies della l. n. 241/1990 (cfr. C.d.S., sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2227).

8.4. D'altra parte, la invocata partecipazione procedimentale non avrebbe potuto eliminare la circostanza, non contestata, che le opere erano state realizzate senza il necessario titolo. In tale contesto, il provvedimento, essendo rigidamente ancorato alla sussistenza dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non necessitava neppure di una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che imponevano la rimozione dell'abuso (cfr. C.d.S., sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6839).

8.5. In sostanza, la natura vincolata del potere esercitato rendeva non necessario, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, la necessità della partecipazione procedimentale, che non sarebbe stata comunque in grado di incidere sull'assetto sostanziale del rapporto quale definito con la determinazione finale adottata dal Comune.

9. Quanto, infine, alla lamentata incompletezza della copia dell'ordinanza notificata, può essere condivisa la conclusione del giudice di primo grado che ha rilevato come tale evenienza fosse riferibile soltanto alla comunicazione e quindi all'efficacia dell'atto impugnato, ma non alla sua legittimità (il Comune ha poi depositato agli atti del giudizio di primo grado la copia completa, cui comunque non è seguita da parte della ricorrente la proposizione di motivi aggiunti).

10. Per le ragioni sopra esposte, l'appello va respinto e, per l'effetto, va confermata la sentenza impugnata.

11. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo, tenendo conto della palese infondatezza del ricorso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Bologna nella misura complessiva di euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre agli altri oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.