Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 6 luglio 2018, n. 17901

Presidente: Petitti - Relatore: Bellini

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato ex art. 615 c.p.c., contro Equitalia Polis s.p.a. e Comune di Padova, avanti al Giudice di Pace di Padova, Ornella G. proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale n. 077/2009/0012750509/000, emessa da Equitalia Polis s.p.a., a seguito del mancato pagamento della sanzione, per violazione del Codice della Strada, di cui al verbale n. 2335284, in data 29 novembre 2006 della Polizia Municipale di Padova.

Il Comune di Padova si costituiva chiedendo, in via preliminare, il rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecutorietà della cartella esattoriale impugnata, in via ulteriormente preliminare, dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del Comune di Padova, in ordine alle doglianze del ricorrente nei confronti dell'operato dell'Agenzia di riscossione e, nel merito, l'integrale rigetto dell'opposizione.

Con sentenza n. 2182/10, depositata in data 25 ottobre 2010, il Giudice di Pace di Padova accoglieva la domanda della G., con annullamento della cartella esattoriale, compensando integralmente le spese di giudizio.

Avverso la suddetta sentenza, il Comune di Padova proponeva appello, chiedendone la totale riforma e, per l'effetto, la conferma della cartella esattoriale per cui è causa. In particolare, il gravame si fondava sul travisamento dei fatti di causa, carente e/o insufficiente attività istruttoria, motivazione insufficiente e contraddittoria, in quanto il giudice di I grado, sulla base di un'erronea interpretazione della normativa vigente, aveva annullato la cartella esattoriale de qua, per illegittima applicazione delle maggiorazioni di cui all'art. 27 della l. n. 689/1981.

Con sentenza n. 2319/2013, depositata il 14 ottobre 2013, il Tribunale di Padova rigettava l'appello e condannava il Comune di Padova a rimborsare ad Ornella G. le spese del grado, liquidate in Euro 1.200,00 per compenso professionale oltre IVA e CPA, e compensava le spese di lite tra il Comune di Padova ed Equitalia Polis s.p.a.

Per la cassazione della suddetta sentenza il Comune di Padova ha proposto ricorso sulla base di due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la «violazione, erronea applicazione e interpretazione dell'art. 203, comma 3, del d.lgs. n. 285/1992, cd. Codice della Strada». Il ricorrente ritiene che il Tribunale di Padova abbia erroneamente applicato ed interpretato la disposizione di cui all'art. 203, comma 3, c.d.s., la quale si riferirebbe esclusivamente alla formazione del titolo esecutivo e alla determinazione della "sanzione principale" per cui procedere alla riscossione. Sicché la corretta interpretazione della norma non autorizzerebbe a ritenere inapplicabile l'art. 27, comma 6, l. n. 689/1981, che stabilisce: "Salvo quanto previsto nell'art. 26, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore". Infatti, l'unica deroga prevista dall'art. 203, comma 3, c.d.s., è riferita al solo obbligo di presentazione del rapporto (al Prefetto o altra autorità), previsto dall'art. 17 l. n. 689/1981, che non ha ragione di essere nel procedimento sanzionatorio per violazioni del c.d.s., proprio alla luce della disciplina specifica e tassativa, disposta dal legislatore in relazione alla formazione del titolo esecutivo.

1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la «violazione di legge per omessa applicazione degli artt. 194 e 206 del d.lgs. n. 285/1992, cd. Codice della Strada e dell'art. 27, comma 6, della l. n. 689/1981». Il ricorrente osserva che per le sanzioni amministrative derivanti da violazioni del c.d.s., l'art. 194 dello stesso Codice, prevede che "si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II [del] capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salve le modifiche e le deroghe previste dalle norme del presente capo". Il capo I del Titolo VI del c.d.s. non esclude l'applicazione delle maggiorazioni di cui all'art. 27 l. n. 698/81 [recte: 689/1981 - n.d.r.]. Né siffatta esclusione si può, del resto, desumere dall'art. 203, comma 3, c.d.s., che stabilendo che "il verbale costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo edittale", si limita a determinare l'entità della somma per cui si dovrà procedere, ex lege, alla riscossione, senza alcuna deroga all'art. 27. Inoltre, quanto al momento, successivo e autonomo, relativo alla riscossione, il ricorrente rileva come il Tribunale non abbia considerato l'art. 206 c.d.s., il quale stabilisce che se il pagamento non è effettuato nei termini previsti dagli artt. 202 e 204, la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è regolata dall'art. 27 della l. n. 689/1981.

2. Per evidenti ragioni di connessione, i due motivi vanno congiu[n]tamente esaminati e decisi.

2.1. Essi sono fondati.

2.2. Il Tribunale di Padova, in ordine alle maggiorazioni di cui al citato art. 27 l. 689/1981, ha esplicitamente ritenuto di condividere, tra i vari precedenti, la decisione di questa Corte n. 3701 del 2007, rilevando, non solo, «che l'art. 203 c.d.s. prevede per il caso di mancato pagamento in misura ridotta nei termini previsti che il verbale costituisca titolo esecutivo per una somma pari alla metà del minimo edittale [recte: del massimo edittale] e non anche per gli aumenti semestrali del 10%», ma altresì che «la norma prevede un'autonoma sanzione per il ritardo nel pagamento e deroga, pertanto, in quanto norma speciale, a quanto previsto dall'art. 27 l. 689/1981».

Il ricorrente evidenzia, tuttavia, come in merito ai rapporti tra l'art. 203 c.d.s., comma 3, e l'art. 27 della l. n. 689 del 1981, ai tempi vi fosse un contrasto presso questa Corte tra la citata sentenza n. 3701 del 2007 (sulla quale è basata la decisione impugnata) e quella n. 22100 del 2007 (la cui motivazione è in senso diametralmente contrario).

2.3. In effetti, con il precedente n. 3701 del 2007 di questa Corte, fatto proprio dal giudice a quo, era stato affermato che alle sanzioni, come nella specie stradali, si applica l'art. 203 c.d.s., comma 3, che, in deroga alla l. n. 689 del 1981, art. 27, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione irrogata nell'ordinanza-ingiunzione, prevede l'iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10%.

In senso contrario, si era pronunciata la sentenza n. 22100 del 2007, di poco successiva, nella cui motivazione si legge che «ai sensi dell'art. 203 c.d.s., comma 3, il verbale costituiva titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo edittale e per le spese di procedimento. Per la l. n. 689 del 1981, art. 27, poi quella misura andava aumentata di un decimo per ogni semestre di ritardo a decorrere da quello in cui la sanzione era esigibile, e ciò sino a quando il ruolo non veniva trasmesso all'esattoria».

2.4. Quest'ultimo orientamento è stato confermato dalle recenti sentenze n. 1884 del 2016 e n. 21259 del 2016, dalle quali è stata tratta la seguente massima: «In materia di sanzioni amministrative (nella specie per violazioni stradali), la maggiorazione del dieci per cento semestrale, ex art. 27 della l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva, che sorge dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale, sicché è legittima l'iscrizione a ruolo, e l'emissione della relativa cartella esattoriale, per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale, anche l'aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva».

Codeste sentenze hanno dato conto del contrasto di cui sopra e l'hanno definitivamente superato, reputando applicabile la maggiorazione dell'art. 27 della l. n. 689 del 1981, anche in considerazione della natura ad essa riconosciuta dalla Corte costituzionale con l'ordinanza 14 luglio 1999, n. 308, secondo cui la maggiorazione per ritardo prevista dall'art. 27 citato a carico dell'autore dell'illecito amministrativo, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria, ha funzione non già risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione aggiuntiva nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale.

3. Il Collegio ritiene che quest'ultimo indirizzo interpretativo vada confermato.

3.1. Come analiticamente sottolineato nella citata Cass. n. 21597 del 2016, la lettera dell'art. 206 c.d.s., comma primo (per il quale "se il pagamento non è effettuato nei termini previsti dagli articoli 202 e 204, salvo quanto disposto dall'ultimo comma dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è regolata dall'articolo 27 della stessa legge 24 novembre 1981, n. 689"), potrebbe indurre a ritenere che il rinvio all'art. 27 si riferisca esclusivamente alle modalità di riscossione mediante ruoli, non anche agli importi da iscrivere a ruolo, che resterebbero perciò disciplinati dall'art. 203, c.d.s., com[m]a terzo.

Vi sono però dati interpretativi di sistema che inducono a ritenere che il rinvio sia fatto alla norma nella sua interezza: in primo luogo, la mancata limitazione del rinvio ad uno, o più, dei diversi commi di cui l'art. 27 si compone; in secondo luogo, il testo dell'art. 203 c.d.s., comma terzo (per il quale "qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 17 della l. 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento"), che mentre contiene una deroga espressa all'art. 17 della l. n. 689 del 1981, non altrettanto prevede rispetto all'art. 27, comma sesto, della medesima legge; in terzo luogo, infine, la funzione che quest'ultima norma attribuisce alla sanzione aggiuntiva, vale a dire quella di assorbimento degli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti (questa funzione è coerente con l'intero sistema di irrogazione e di riscossione delle sanzioni amministrative per violazioni previste dal Codice della Strada, poiché gli interessi sono esclusi dalla previsione dell'art. 203 c.d.s. e non vi è alcuna norma apposita che ne regoli la riscossione in difformità da quanto previsto dall'art. 27).

In conclusione, il principio di diritto di cui alla massima sopra riportata va qui riaffermato nei seguenti termini: «In materia di sanzioni amministrative per violazioni previste dal Codice della Strada va applicata la maggiorazione del dieci per cento semestrale, ai sensi dell'art. 27 della l. n. 689 del 1981, per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, sicché è legittima l'iscrizione a ruolo, e l'emissione della relativa cartella esattoriale, per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale e per le spese del procedimento, anche l'aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva».

4. I motivi di ricorso vanno perciò accolti e la sentenza impugnata va cassata nei limiti dell'accoglimento medesimo.

4.1. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte decide nel merito ai sensi dell'art. 384, comma secondo, ult. inc., c.p.c. Alla stregua del principio di diritto di cui sopra, va reputata corretta l'applicazione delle maggiorazioni per le quali è stata fatta l'iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 27 della l. n. 689 del 1981 e quindi vanno respinte le corrispondenti censure dell'opponente.

4.2. Il contrasto esistente in merito all'applicabilità dell'art. 27 della l. n. 689 del 1981 ed il chiarimento soltanto di recente offerto dalle sentenze di questa Corte n. 1884 e n. 21259 del 2016 costituiscono motivi che giustificano la decisione, ex art. 92 c.p.c., di compensare interamente fra le parti le spese del giudizio di appello e di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi di ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria opposizione. Compensa tra le parti le spese del giudizio di appello e di cassazione.