Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 9 maggio 2018, n. 11178

Presidente: Petitti - Estensore: Di Virgilio

FATTI DI CAUSA

Marie ed Annie Gue. agivano davanti al Tribunale di Perugia nei confronti di Anna Gua., Marie-Anne Gua., M. Claude Jacky Gua. e della Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime, nominata quale curatore della successione vacante di Leandro F. dal Tribunale di Grande istanza di Nizza, con sentenza del 27 maggio 1989, su istanza del competente procuratore della Repubblica francese; detto Tribunale francese, con sentenza del 28 ottobre 1991, aveva annullato per falsità il presunto testamento olografo del F., che istituiva eredi universali Marie ed Annie Gue., e rigettato l'impugnazione delle sigg. Gue. avverso la dichiarazione giudiziale di successione vacante; l'appello delle soccombenti era stato dichiarato inammissibile ed improcedibile dalla Corte d'appello di Aix en Provence e la Corte di cassazione francese aveva respinto il ricorso avverso detta pronuncia.

Avanti al Tribunale di Perugia, le sigg. Gue. chiedevano di essere dichiarate, quali figlie di Gue. Bruno, preteso fratello germano di F. Leandro (non riconosciuto né da padre né da madre, deceduto a Nizza il 1° luglio 1979, senza discendenti né parente alcuno), nipoti ex fratre di quest'ultimo.

Si costituiva la sola Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime, che eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice adito e l'infondatezza della domanda sotto diversi profili; non si costituivano i Gua.

In corso di causa, Annie Gue. rinunciava alla domanda; Marie Gue. chiedeva l'estromissione dal giudizio dei convenuti Gua., per asserito difetto di interesse (veniva prodotta la sentenza della Corte di cassazione francese n. 10273 F del 19 aprile 2005, che disattendeva le domande dei Gua. relative alla successione di F. Leandro).

Il Giudice acquisiva le prove testimoniali assunte in sede di istruzione preventiva, dichiarava estinto il giudizio nei confronti dei fratelli Gua. e dichiarava cessata la materia del contendere tra Gue. Annie e le altre parti; con sentenza n. 1339 del 2012, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore dell'Autorità giudiziaria francese, e condannava Marie Gue. alla rifusione delle spese processuali.

Secondo il Tribunale, dato che la materia oggetto della controversia non è regolata dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, va applicato il criterio di cui all'ultima parte del comma 2 dell'art. 3 della l. 31 maggio 1995, n. 218, che rinvia per l'accertamento della giurisdizione anche ai criteri stabiliti per la competenza per territorio, e nel caso, nei confronti dell'Ente francese, non poteva che farsi riferimento all'art. 19 c.p.c., mentre era inapplicabile il foro sussidiario dell'attrice previsto solo per le persone fisiche dall'art. 18 c.p.c.; né poteva trovare applicazione l'art. 33 c.p.c., non sussistendo i presupposti del cumulo soggettivo tale da radicare la giurisdizione del Giudice italiano.

Con sentenza del 12-31 maggio 2016, la Corte d'appello di Perugia in dispositivo ha dichiarato la nullità della sentenza appellata ed ha rigettato la domanda di Marie Gue., che ha condannato alle spese.

Nello specifico, la Corte del merito ha ritenuto il difetto di giurisdizione del Giudice italiano, in applicazione dell'art. 3, comma 2, della legge 218/1995, considerando che, essendo la Direzione dei servizi fiscali una persona giuridica, trova applicazione l'art. 19 c.p.c., che diversamente dall'art. 18 c.p.c. per le persone fisiche, non richiama il criterio della residenza dell'attore (Marie Gue. è residente in Italia); ha ritenuto altresì inapplicabile l'art. 3, comma 1, della legge 218/1995, per non avere Marie Gue. provato in causa che l'ente straniero si identifichi con lo Stato Francese, escludendo comunque il radicamento della giurisdizione italiana per la sola presenza sul territorio italiano dell'Ambasciatore, risultando avere la Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime sede legale in Francia, a Nizza, e non avere in Italia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio.

Nonostante la declinatoria di giurisdizione, la Corte del merito ha valutato il terzo motivo d'appello ed ha concluso nel senso di ritenere che la mancata partecipazione al giudizio del P.M. ex art. 70, comma 1, n. 3, c.p.c. comportava la nullità della pronuncia ma non la rimessione al primo grado; e che anche la decisione da parte del giudice monocratico anziché collegiale non comportava la rimessione al Tribunale.

Ha infine ritenuto che la mancata riproposizione della domanda di merito in atto d'appello valeva a delimitare l'ambito del devoluto alla sola richiesta dell'appellante in relazione alle spese, e, considerata la soccombenza della Gue., vista la proposizione della domanda avanti a giudice sfornito di giurisdizione, ha concluso per la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado del giudizio.

Ricorre avverso detta pronuncia Marie Gue., con ricorso affidato a sei motivi, illustrato con memoria.

Si difende con controricorso la Direzione Dipartimentale delle Finanze pubbliche delle Alpi Marittime, subentrata alla Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 2, della legge 218/1995 e degli artt. 18, comma 2, e 19 c.p.c., sostenendo che il rinvio dell'art. 3, comma 2, ultima parte, legge 218/1995 ai «criteri stabiliti per la competenza per territorio» non fa distinzione tra persone fisiche e giuridiche, con la conseguente applicazione analogica dell'art. 18, comma 2, c.p.c., sia per le persone giuridiche pubbliche che private, da cui la giurisdizione del giudice italiano, visto che in Italia, a Lucca, ha residenza l'attrice.

Col secondo, si duole della violazione e/o errata applicazione dell'art. 3, comma 1, legge 218/1995, nella parte in cui dispone la giurisdizione italiana anche quando il convenuto abbia in Italia un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio, e tale è l'Ambasciatore, essendo la Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime un'articolazione dello Stato francese, come risultante per fatto notorio e comunque per tabulas, dalla documentazione allegata alla procura alle liti, rilasciata dall'ispettrice dipartimentale in carica del Demanio, su delega del Direttore, su carta intestata del Ministero dell'Economia, Finanze e Industria.

Col terzo, denuncia la nullità della sentenza per la violazione dell'art. 70, comma 1, n. 3, e degli artt. 71 e 72 c.p.c., per il mancato intervento in secondo grado del P.M., vertendo il giudizio in materia di stato e capacità delle persone.

Col quarto, si duole del vizio di motivazione circa l'esistenza di poteri decisori in capo alla Corte d'appello, che prima si è ritenuta carente di giurisdizione e poi ha deciso sulle eccezioni di merito, per cui deve ritenersi emessa la sentenza da giudice privo di poteri.

Col quinto, denuncia la violazione e/o errata applicazione dell'art. 346 c.p.c., ed il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto rinunciata la domanda di merito, che era l'unica domanda fatta valere in giudizio, ribadita alla prima udienza di comparizione, in sede di precisazione e negli atti conclusivi.

Col sesto mezzo, la ricorrente si duole del vizio di omessa pronuncia sull'eccepita decadenza di controparte dalle domande ed eccezioni non riproposte in sede di precisazione, dato che la Direzione dei Servizi fiscali non era comparsa all'udienza a ciò deputata.

2. Il primo motivo è infondato.

L'art. 3, comma 2, della l. 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, dopo avere riconosciuto sussistente la giurisdizione italiana anche nel caso sia convenuto soggetto non domiciliato nel territorio di uno stato contraente, ove la controversia attenga alle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971, n. 804, secondo i criteri stabiliti alle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II, così dispone: «Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio».

La controversia di cui si tratta, intesa al riconoscimento del rapporto di parentela con il defunto Leandro F., non rientra nelle materie regolate dalla Convenzione di Bruxelles del 1968, da cui l'applicazione dell'ultima parte dell'art. 3, comma 2, legge cit., e quindi il riferimento alla disciplina interna, relativa alla competenza per territorio.

La Corte del merito, visto che parte convenuta è una persona giuridica, ha ritenuto applicabile l'art. 19 c.p.c., che individua il foro generale delle persone giuridiche nel luogo ove la stessa ha sede, così disattendendo la tesi dell'appellante, secondo la quale, anche nei confronti della persona giuridica va applicato analogicamente il criterio sussidiario della residenza dell'attore, previsto per le persone fisiche dall'art. 18, comma 2, c.p.c. (detto comma così dispone: «Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l'attore»).

Per la specifica applicazione analogica del criterio sussidiario di cui all'art. 18, comma 2, c.p.c. alle persone giuridiche, si sono pronunciate, nel differente regime del diritto internazionale privato anteriore alla legge 218/1995, le sentenze del 4 luglio 1985, n. 4018, del 14 giugno 1978, n. 2964 e del 17 luglio 1974, n. 2134, affermando che, quando non sia possibile individuare il foro generale della persona giuridica in Italia, secondo i criteri stabiliti dall'art. 19 c.p.c., trattandosi di causa promossa contro società con sede all'estero e priva in Italia di uno stabilimento o di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, trova applicazione analogica quanto disposto dall'art. 18, secondo comma, c.p.c., in tema di foro generale delle persone fisiche, con conseguente competenza territoriale del giudice del luogo in cui risiede l'attore.

Nel nuovo regime di diritto internazionale privato introdotto dalla legge 218/1995, v'è una sola sentenza di questa Corte che, pronunciandosi in relazione al disposto di cui all'art. 3, comma 2, ha affermato che allo straniero si applicano tutte le norme sulla competenza interna, con assoluta parificazione del cittadino e dello straniero, e che, in particolare, il richiamo alle regole della competenza per territorio implica l'integrale applicazione allo straniero dell'art. 18 c.p.c., anche dove prevede che un soggetto può essere convenuto innanzi al giudice del luogo dove risiede l'attore, allorquando il convenuto non abbia residenza né il domicilio nel territorio della Repubblica.

Detto principio, espresso in termini generali e, per di più, in un caso in cui vi era stata l'accettazione della giurisdizione da parte della società straniera, di per sé idonea a radicare la giurisdizione italiana, ex art. 4 della legge 218/1995, è stato fortemente criticato in dottrina, in particolare sul rilievo che, così opinando, si perverrebbe ad ampliare in modo esorbitante l'ambito della giurisdizione, avvalendosi di un criterio in stridente contrasto con la nuova disciplina dei limiti della giurisdizione nazionale, fondata sul criterio generale di collegamento rappresentato dal domicilio e dalla residenza del convenuto e sulla non incidenza delle qualità dell'attore ai fini del radicamento della giurisdizione, salvo specifiche disposizioni, come gli artt. 32, 40 e 37 della legge cit.

Per alcuni autori pertanto sarebbe inapplicabile il comma 2 dell'art. 18 c.p.c., ritenendosi dettata in via esclusiva dall'art. 3, comma 1, della legge 218/1995 la disciplina del foro generale, ove non siano applicabili le norme speciali di cui agli artt. 3, comma 2, 9, 10, 22, 32, 37, 40, 42, 44, 50 della legge cit. ed è stato altresì affermato che, proprio a ragione della non applicabilità del criterio sussidiario di cui all'art. 18, comma 2, c.p.c. alle persone giuridiche e del dubbio di costituzionalità relativo, l'interprete dovrebbe orientarsi a ritenere applicabile il secondo comma in oggetto solo alla competenza interna.

Successive pronunce, citate dalla difesa della ricorrente, si sono espresse per l'applicazione del criterio sussidiario, sempre nel caso di convenuto persona fisica: così la pronuncia Sez. un. del 3 febbraio 2004, n. 1994, in relazione al soggetto, convenuto in Italia in relazione a domanda di separazione personale, in presenza di coniugi nessuno dei quali cittadino italiano e di matrimonio non celebrato in Italia e l'arresto delle Sez. un. del 27 novembre 1998, n. 12056, nel caso di domanda di separazione personale di cittadino straniero domiciliato in Italia nei confronti di cittadino straniero domiciliato all'estero.

In termini generali si è espressa la sentenza Sez. un. 11 febbraio 2003, n. 2060, richiamando il disposto di cui all'art. 3, comma 2, della legge 218/1995, ed affermando che, ove non venga in considerazione una delle materie (stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale fra coniugi, testamenti e successioni; fallimenti, concordati ed altre procedure affini; sicurezza sociale; arbitrato) escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, ai fini di determinare l'ambito della giurisdizione italiana rispetto al convenuto non domiciliato né residente in Italia occorre applicare i criteri stabiliti dalla sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione anche quando il convenuto stesso sia domiciliato in uno Stato non contraente della Convenzione, giacché il rinvio ai detti criteri è destinato ad operare oltre la sfera dell'efficacia personale della Convenzione (ed in senso conforme, si vedano le successive pronunce Sez. un. 21 ottobre 2009, n. 22239, 12 aprile 2012, n. 5765, 23 luglio 2013, n. 17866 e 2 dicembre 2013, n. 26937).

Infine v'è da rilevare che la sentenza Sez. un. del 28 ottobre 2015, n. 21946, pronunciandosi sul riconoscimento di sentenza straniera e sul requisito di cui all'art. 64, comma 1, lett. a), della legge 218/1995 (ovvero sulla sussistenza della competenza internazionale del giudice che ha reso la pronuncia secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano), ha tenuto conto della natura residuale del criterio del foro dell'attore rispetto a quello indicato dagli artt. 18 e 19 c.p.c., come affermato nella sentenza del 18 marzo 1994, n. 2596, ed ha concluso nel senso che «... poiché nella specie ad essere convenuto è uno Stato estero, soggetto di diritto internazionale, i criteri soggettivi di radicamento della competenza per territorio operano a condizione che nello Stato del foro lo Stato estero abbia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio».

Detto recente precedente, pertanto, è nel senso della inapplicabilità, ai fini del radicamento della competenza territoriale, del criterio di cui all'art. 18, comma 2, c.p.c. alle persone giuridiche.

A detto principio va data continuità, escludendosi l'applicazione analogica del criterio indicato nel caso di convenuto persona fisica all'ipotesi di persona giuridica, non solo per la natura residuale della residenza dell'attore, che non tollererebbe un allargamento al caso della persona giuridica per la quale può ritenersi il solo collegamento territoriale a mezzo della sede o dello stabilimento ove sia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda, ma anche a ragione della diversità con il criterio ispiratore di carattere generale della legge 218/1995, che, superabile ove si rinvenga un rinvio esplicito, non si potrebbe giustificare ricorrendo ad un'interpretazione analogica.

3. Il secondo motivo è fondato.

La ricorrente ha ritenuto radicata in Italia la giurisdizione, per costituire la Direzione Dipartimentale delle Finanze Pubbliche delle Alpi Marittime, subentrata alla Direzione dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime, una articolazione dello Stato francese, alla stregua del disposto di cui all'art. 3, comma 1, della legge 218/1995, secondo cui sussiste la giurisdizione italiana non solo quando in Italia è domiciliato o residente il convenuto, ma anche quando questi «vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio», nella specie individuabile nell'Ambasciatore in Italia.

Ora, ai sensi dell'art. 382, comma 1, c.p.c., quando questa Corte decide una questione di giurisdizione, "statuisce" su di essa, individua, cioè, il giudice fornito di potere giurisdizionale in relazione a quella specifica controversia, procedendo ad una diretta applicazione, nel caso concreto, della legge processuale, da ciò conseguendo che, in detta ipotesi, come in ogni altro caso in cui la censura abbia ad oggetto la violazione di una norma processuale, la Corte è anche giudice del fatto, in quanto l'applicazione della norma postula la verifica dell'esistenza, nel caso concreto, della fattispecie astrattamente prevista dal legislatore, ed ha, pertanto, il potere di procedere al diretto esame degli atti e delle risultanze processuali, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari per la soluzione della questione sottoposta al suo esame (così le pronunce Sez. un. 8 giugno 2007, n. 13397 e 10 luglio 2003, n. 10840).

Agli atti (doc. n. 1 del fascicolo di primo grado della parte convenuta), v'è la «delegation de signature» rilasciata, su carta intestata «Ministère de l'Economie des Finances et de l'Industrie», dal Direttore dei Servizi Fiscali delle Alpi Marittime, in data 14 giugno 2005, alla «inspectrice departementale» Agnes Ramond, che ha rilasciato la procura al difensore, nella quale il delegante dà atto degli articoli del «code du domaine de l'Etat».

Ora, da tale documento si evince che l'odierna controricorrente non costituisce un semplice ente pubblico, ma una specifica articolazione, con competenza territoriale, dello Stato, e precisamente del Ministero dell'Economia e delle Finanze dello Stato francese, che trova nell'Ambasciatore in Italia un proprio rappresentante autorizzato a stare in giudizio, da cui il radicamento della giurisdizione italiana, ai sensi dell'art. 3, comma 1, legge 218/1995.

Ed infatti, come ritenuto nelle pronunce Sez. un. del 29 gennaio 2010, n. 2041 e del 22 giugno 2007, n. 14570, le Ambasciate sono organi esterni dello Stato cui appartengono ed i loro titolari hanno la funzione di rappresentare ad ogni effetto ed in ogni campo, compreso quello privatistico, il proprio Stato presso quello straniero dove sono accreditati, con la conseguenza che l'ambasciatore è legittimato, in quanto tale, a rappresentare il proprio Stato nei giudizi in cui questo sia parte senza bisogno di alcun atto autorizzativo particolare.

E la sentenza 14570/2007, richiamando precedenti pronunce e pertanto ponendosi in continuità con l'orientamento già espresso, ha specificamente precisato che tale rappresentanza non si esaurisce nel campo strettamente politico e pubblico, ma si estende, «senza che vi osti alcuna norma di diritto internazionale - ad ogni altro campo, compreso quello privatistico, nel quale sia necessario tutelare gli interessi dello Stato rappresentato».

Che si verta in ambito privatistico è di chiara evidenza, visto che il giudizio verte sul riconoscimento del rapporto di parentela tra Marie Gue. e Leandro F., al fine di rivendicare i propri diritti ereditari, al quale si oppone la Direzione Dipartimentale delle Finanze Pubbliche delle Alpi Marittime, articolazione periferica dello Stato francese, negando tale rapporto di parentela, agendo iure privatorum, senza che in alcun modo siano implicati atti iure imperii, che, come è noto, comportano l'esenzione dalla giurisdizione italiana.

Va pertanto dichiarata la giurisdizione italiana, rimanendo assorbiti gli ulteriori mezzi.

4. Conclusivamente, respinto il primo motivo, accolto il secondo, assorbiti gli altri mezzi, va cassata la pronuncia impugnata, con rinvio ex art. 383, comma 3, c.p.c. al Tribunale di Perugia in diversa composizione, che provvederà anche a decidere sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte respinge il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti gli altri; dichiara la giurisdizione del giudice italiano, cassa la pronuncia impugnata e rinvia al Tribunale di Perugia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.