Corte di cassazione
Sezione I civile
Ordinanza 16 febbraio 2018, n. 3909

Presidente: Ambrosio - Relatore: Di Marzio

FATTI DI CAUSA

Gli odierni ricorrenti adivano il Tribunale di Milano riferendo di avere consegnato al promotore finanziario Eros Flavio M., che operava per conto della Banca Mediolanum Spa, un assegno bancario, con beneficiario in bianco, dell'importo di 300.000,00 Euro, affinché le somme fossero investite nell'acquisto di titoli mobiliari. Il promotore se ne era però appropriato falsificando, nell'apporre la girata sul titolo, la firma della moglie, indicata come beneficiaria. Domandavano, per quanto ancora interessa, la condanna dell'intermediario alla restituzione delle somme. La Banca si costituiva, domandando il rigetto della domanda, e chiamava in manleva la Banca Popolare di Milano Spa, che aveva negoziato il predetto assegno contraffatto.

Il Tribunale, con sentenza non definitiva, riconosceva il diritto dei clienti in ordine a domande diverse, ma non accoglieva la richiesta di condanna della Banca Mediolanum Spa, che aveva assunto la veste di intermediario operando il promotore infedele presso di essa, alla restituzione della somma consegnata dagli odierni ricorrenti ad Eros Flavio M., ritenendo non essere stata raggiunta la prova della ragione per la quale la somma fosse stata affidata al promotore finanziario.

La Corte d'Appello di Milano, adita con ricorso da Elio M. e Liliana F., confermava con la sentenza ora impugnata la decisione di prime cure. Ammetteva, peraltro, l'utilizzazione delle risultanze del procedimento penale svoltosi a carico del promotore, e conclusosi con sentenza di patteggiamento, le valutava e le riteneva alfine non decisive per provare il fondamento della richiesta restitutoria dei ricorrenti. La Corte territoriale affermava che -mancando la prova che l'assegno sia stato consegnato al M. nell'ambito dell'attività di promozione finanziaria esercitata per la Banca Mediolanum, viene a mancare la prova del 'nesso di occasionalità necessaria' che può giustificare l'affermazione di responsabilità dell'istituto bancario".

Contro la decisione della Corte di merito hanno proposto ricorso per cassazione Elio M. e Liliana F., affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso la Banca Mediolanum Spa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto per la violazione o falsa applicazione degli artt. 31, comma 3, e 23, comma 6, TUF, nonché dell'art. 2697 c.c., i ricorrenti propongono una pluralità di critiche alla decisione della Corte territoriale. Contestano che sussisteva il nesso di occasionalità necessaria tra la illecita condotta appropriativa delle somme da loro versate, di cui si è reso responsabile il promotore finanziario, e l'attività svolta da quest'ultimo presso la Banca Mediolanum, affermando che non spetta al cliente dimostrare a che titolo avesse consegnato le somme al promotore (p. 32 ricorso). Sostengono, inoltre, che la responsabilità dell'intermediario finanziario è solidale ed è attribuita a titolo oggettivo.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, indicato come proposto per la contestata violazione o falsa applicazione dell'art. 2049 c.c., i ricorrenti affermano che l'intermediario presso cui operava il promotore finanziario è assoggettato a responsabilità oggettiva per fatto altrui, e la Banca Mediolanum doveva pertanto essere condannata alla restituzione delle somme di cui il suo promotore finanziario si era appropriato.

1.3. Con il terzo motivo, indicato come proposto per la violazione dell'art. 2043 c.c., i ricorrenti criticano la decisione della Corte di merito per non aver tenuto conto della responsabilità della Banca intermediaria per la culpa in vigilando di cui si sarebbe resa responsabile in relazione alla illecita condotta appropriativa tenuta dal promotore finanziario che operava presso di essa.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso, indicato come proposto per la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell'art. 2729 c.c., i ricorrenti contestano l'erronea valutazione, da parte della Corte di merito, della sentenza penale pronunciata a carico del promotore.

1.5. Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti censurano, per violazione o falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., il regime delle spese di lite deciso dalla Corte d'Appello, per essere stati condannati al pagamento delle stesse anche nei confronti della Banca Popolare di Milano Spa, che era però stata chiamata in causa non da loro bensì, con finalità di manleva, dalla Banca Mediolanum per cui lavorava il promotore, sostenendo quest'ultima la negligenza della Banca Popolare nell'aver pagato un assegno contraffatto.

Pare opportuno premettere, prima di esaminare ciascuno dei motivi di ricorso, che i ricorrenti, pur proponendo le loro contestazioni sotto il profilo della violazione di legge, introducono in realtà quesiti che per larga parte domandano una rivalutazione di merito del materiale probatorio raccolto. Le loro critiche, pertanto, sono in parte inammissibili mentre, per la parte rimanente, devono valutarsi infondate, per le ragioni che si procede ad esporre.

2.1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti contestano che la Corte di merito ha errato nel ritenere insussistente il nesso di occasionalità necessaria tra la illecita condotta di appropriazione delle somme da loro versate, di cui si è reso responsabile il promotore finanziario Eros Flavio M., e l'attività svolta da quest'ultimo presso la Banca Mediolanum, ed affermano che non spettava a loro, clienti, dimostrare a che titolo avessero consegnato le somme al promotore. Inoltre, sostengono i ricorrenti, non può trascurarsi che la responsabilità dell'intermediario finanziario ha natura solidale con quella del promotore infedele, ed è attribuita a titolo oggettivo.

Invero, la tesi che la responsabilità dell'intermediario finanziario per l'operato del promotore debba essere attribuita a titolo oggettivo è stata affermata anche dalla giurisprudenza di legittimità. La valutazione dell'elemento soggettivo, però, entra in rilievo quando sia stata dimostrata la sussistenza del nesso di causalità tra l'attività svolta dal promotore per conto dell'intermediario e la sua condotta illecita nei confronti dei clienti. Nel caso di specie, la giurisprudenza appare consolidata nel ritenere che sia sufficiente la dimostrazione della sussistenza del nesso di occasionalità necessaria. La Corte di merito ha respinto la domanda degli odierni ricorrenti affermando che essi non hanno fornito la prova della sussistenza di tale nesso. Questa affermazione non risulta contestata dai ricorrenti con argomenti adeguati, essendosi essi limitati ad affermare che non spetta al cliente dimostrare a che titolo abbia consegnato le somme al promotore finanziario. Neppure giova ai ricorrenti l'affermazione secondo cui "non vi è dubbio che laddove il M. non avesse agito quale promotore finanziario ... la distrazione delle somme non si sarebbe mai prodotta" (cfr. ricorso p. 27). L'affermazione esprime una mera petizione di principio, ed elude il thema probandum. La critica proposta dai ricorrenti non può essere accolta, perché essi non contrastano la ragione della decisione proposta dalla Corte d'Appello, la quale ha ritenuto non abbiano fornito la prova che ad essi competeva, relativa alla dimostrazione delle ragioni per le quali avevano consegnato le somme al promotore finanziario, ed intenderebbero ribaltare senza giustificazione l'onere della prova sulla controparte. La mera circostanza che il M. svolgesse attività di promotore finanziario non è di certo sufficiente a desumere che l'assegno bancario (che di per sé costituisce un mezzo di pagamento) sia stato consegnato al fine di permettere al M. di eseguire un'operazione finanziaria per conto degli attori alla quale fosse interessata la Banca convenuta", ha osservato con chiarezza, tra l'altro, la Corte di merito, confermando, anche in proposito, parte delle valutazioni espresse dal giudice di prime cure. La Corte territoriale ha quindi concluso ribadendo che "mancando la prova che l'assegno sia stato consegnato al M. nell'ambito dell'attività di promozione finanziaria svolta per la Banca Mediolanum, viene a mancare la prova del nesso di occasionalità necessaria che può giustificare l'affermazione di responsabilità dell'istituto di credito". Si osservi, pure, che i ricorrenti avevano consegnato al promotore un assegno che presentava caratteristiche anomale, non risultando compilato in relazione al beneficiario. Ancora, già il giudice di prime cure aveva osservato che non si era rinvenuto alcun ordine di acquisto di titoli mobiliari, impartito dai ricorrenti, in relazione all'operazione di compravendita che affermano di aver inteso promuovere affidando al promotore finanziario il loro assegno bancario.

In definitiva, le critiche proposte dai ricorrenti non colgono, e tanto meno contrastano adeguatamente, la ratio decidendi adottata dalla Corte territoriale.

Il motivo di ricorso deve pertanto essere respinto.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti contestano che la responsabilità dell'intermediario per il fatto commesso dal promotore finanziario deve essere attribuita a titolo oggettivo, per fatto altrui, ai sensi dell'art. 2049 c.c. Un primo rilievo ha natura processuale. I ricorrenti, infatti, hanno omesso di indicare dove abbiano proposto tale argomento nel corso dei giudizi di merito, segnalando dettagliatamente le formule utilizzate e le modalità con le quali la domanda è stata tempestivamente proposta e diligentemente coltivata. La tesi riassunta, comunque, che trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 12248 del 2012), risulta invero inconferente nel caso di specie. Come si è innanzi osservato, la Corte d'Appello ha respinto la domanda ritenendo non dimostrata la sussistenza del nesso di occasionalità necessaria tra la illecita condotta appropriativa delle somme da loro versate, di cui si è reso responsabile il promotore finanziario, e l'attività svolta da quest'ultimo presso la Banca Mediolanum. I ricorrenti avrebbero pertanto dovuto fornire, innanzitutto, la prova che "il fatto altrui" commesso dal responsabile fosse stato reso possibile, o almeno agevolato, dalle sue attribuzioni quale promotore finanziario per conto di un determinato intermediario, nei confronti del quale propongono la loro domanda. La Corte territoriale ha ritenuto che questa prova non sia stata fornita ed i ricorrenti non propongono critiche specifiche, le quali possano indurre a ritenere errata la valutazione operata dal giudice del merito.

Il motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti contestano la decisione della Corte territoriale per non aver rilevato che la Banca si è resa responsabile di una culpa in vigilando, in relazione all'operato del promotore finanziario che operava presso di essa. Anche in questo caso, occorre preliminarmente osservare che i ricorrenti hanno omesso di indicare, nel ricorso per cassazione, dove abbiano proposto tale argomento nel corso dei giudizi di merito, segnalando dettagliatamente le formule utilizzate e le modalità con le quali la domanda è stata tempestivamente proposta e diligentemente coltivata. I ricorrenti sostengono, a quanto è dato comprendere, che la Banca avesse l'obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso, e comunque che l'Istituto di credito abbia l'obbligo di rifondere i danni eventualmente prodotti a causa dell'illecito operato del suo promotore finanziario. In proposito la Banca Mediolanum ha evidenziato in controricorso che, seppure la tesi di controparte dovesse ritenersi fondata, sarebbe comunque spettato ai ricorrenti fornire la prova della integrazione della sua culpa in vigilando, dimostrando l'inadeguatezza dei sistemi di controllo predisposti dall'Istituto di credito mentre, in realtà, l'elusione dei sistemi di controllo aveva potuto verificarsi proprio a causa della condotta degli stessi ricorrenti, che avevano rilasciato un assegno (parzialmente) in bianco.

La violazione degli obblighi di vigilanza da parte della Banca, invero, è rimasta solo affermata dai ricorrenti, ed il motivo di ricorso deve essere respinto.

2.4. Con il quarto motivo i ricorrenti criticano la Corte d'Appello contestando l'intervenuta violazione di legge, per non aver tenuto conto della sentenza penale pronunciata nei confronti del promotore finanziario. Occorre ricordare che trattasi di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, c.d. patteggiamento, pertanto liberamente apprezzabile dal giudice civile (cfr. Cass. n. 26250 del 2011), di cui la Corte d'Appello doveva comunque tener conto fondando su essa, se del caso, elementi di prova. Si osservi che i ricorrenti neppure allegano che la sentenza sia divenuta definitiva. In realtà l'operato della Corte territoriale non merita censure. Ha infatti esaminato compiutamente la sentenza in questione, ed ha preso in considerazione anche gli altri atti del procedimento penale, non mancando di evidenziare, tra l'altro, la non univocità delle dichiarazioni rilasciate dal M. e per suo conto. Ha valutato questo articolato materiale documentale, dandone atto nella decisione, ed ha ritenuto che gli elementi raccolti non risultano decisivi per affermare il fondamento delle ragioni proposte dai ricorrenti. La violazione di legge per omesso esame del materiale probatorio, pertanto, non sussiste, ed anche ad ipotizzare che la contestazione avesse inteso essere proposta sotto il profilo del vizio di motivazione, deve evidenziarsi che le critiche proposte dai ricorrenti difettano di specificità, non avendo essi neppure indicato quali elementi, erroneamente valutati dalla Corte d'Appello, avrebbero dovuto necessariamente condurre all'affermazione della responsabilità della controricorrente.

Il motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

2.5. Con il quinto motivo i ricorrenti contestano che la Corte d'Appello li ha condannati al pagamento delle spese di lite nei confronti della Banca Popolare di Milano Spa, che non avevano evocato in giudizio e nei cui confronti non avevano proposto alcuna domanda. Nei confronti della Banca Popolare di Milano, invero, la domanda era stata introdotta dalla Banca Mediolanum che in conseguenza, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto essere condannata a pagare le spese in suo favore. La Banca Mediolanum, in controricorso, si è impegnata a dimostrare che la chiamata nel processo era necessaria, in conseguenza dell'azione giudiziaria promossa dagli odierni ricorrenti, perché l'esponente intendeva esserne manlevata per il caso di soccombenza, essendo emerse una pluralità di irregolarità commesse dalla Banca Popolare che, in particolare, aveva negoziato un assegno pacificamente contraffatto. La Suprema Corte ha avuto modo di riaffermare recentemente, confermando un orientamento condivisibile al quale il Collegio ritiene pertanto di aderire, che l'onere relativo alle "spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, ... va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo", Cass. n. 2492 del 2016. Solo nell'ipotesi di palese infondatezza della chiamata in garanzia si è ritenuto che possa applicarsi anche in questa ipotesi il principio della soccombenza nei rapporti tra chiamante e chiamato (Cass. n. 10070 del 2017). Nel caso che ci occupa, però, la Banca Mediolanum ha illustrato, nel corso del giudizio e pure in controricorso, le numerose e gravi ragioni che avevano condivisibilmente motivato la chiamata del terzo, senza incontrare efficaci critiche da parte dei ricorrenti.

Anche il quinto motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.

Riscontrato che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla citata l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese di lite in favore della costituita resistente, e le liquida in complessivi Euro 5.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.