Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 22 dicembre 2017, n. 6026
Presidente: Balucani - Estensore: Pescatore
FATTO E DIRITTO
1. W.J., cittadino cinese residente in Italia (in Veroli - FR), già titolare di permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Milano il 23 aprile 2013, con scadenza al 5 maggio 2015, spediva il kit per il rinnovo del suo permesso di soggiorno in data 11 maggio 2015 e contestualmente riceveva invito a presentarsi in data 26 maggio 2015 presso la Questura di Frosinone per formalizzare l'istanza di rinnovo.
Nondimeno, si presentava allo sportello dell'Ufficio Immigrazione per definire la sua domanda soltanto in data 11 febbraio 2016.
2. Tenuto conto del considerevole ritardo accumulato nella formalizzazione dell'istanza (nove mesi) e della mancanza di qualsivoglia giustificazione addotta dall'interessato, la Questura competente, in data 15 febbraio 2016, emetteva avviso di avvio del procedimento per il rigetto della domanda, ivi specificando la possibilità per la parte interessata di fornire spiegazione del ritardo.
3. In data 15 maggio 2016 la Stazione Carabinieri di Veroli comunicava l'irreperibilità dello straniero all'indirizzo dichiarato quale residenza all'atto dell'istanza.
4. Infine, in data 14 giugno 2016 veniva emesso il definitivo provvedimento di rigetto, notificato allo straniero il 23 giugno 2016.
5. Avverso il predetto diniego veniva presentato ricorso al TAR Latina, con il quale l'interessato si doleva del fatto che la Questura: a) avesse interpretato il termine di cui all'art. 5, comma 4, d.lgs. 286/1998, come perentorio, in contrasto con il contrario e unanime indirizzo giurisprudenziale; b) non avesse considerato la sussistenza dei requisiti sostanziali per il rinnovo del titolo; c) non avesse fornito motivazione della disposta misura dell'espulsione dello straniero; d) non avesse tradotto l'atto nella lingua conosciuta dal destinatario; e) avesse adottato il provvedimento reiettivo (datato 14 giugno 2016 e notificato il 23 giugno 2016), oltre il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, previsto dall'art. 5, comma 9, d.lgs. 286/1998.
6. Nell'accogliere il ricorso di primo grado, con la sentenza n. 697/2016, i giudici di primo grado hanno osservato: a) in punto di fatto, che - secondo quanto emerge dal provvedimento impugnato e dagli allegati al ricorso - l'istanza di rinnovo del permesso non era stata presentata in data 11 febbraio 2016 ma in data 11 maggio 2015 (e quindi con un ritardo di soli sei giorni e non di sette mesi; b) in punto di diritto, che - secondo giurisprudenza consolidata - il termine fissato dall'art. 5 comma 4, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 per la presentazione da parte dell'extracomunitario della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, è un termine ordinatorio e non perentorio, sicché la mera circostanza del ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo non integra ragione sufficiente per la reiezione dell'istanza.
7. L'appello promosso dal Ministero dell'Interno prende le mosse dall'art. 13 alla lett. b) del d.lgs. 286/1998 - ai sensi del quale è prevista l'espulsione dello straniero che si sia trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore. Osserva l'Avvocatura distrettuale come nel caso di specie lo straniero non abbia dimostrato in alcun modo di essere incorso in un impedimento derivante da forza maggiore, né abbia fornito all'Amministrazione alcun elemento per escludere la sua colpevole negligenza. Osserva inoltre la difesa erariale che l'inoltro del kit alla Questura competente (avvenuto nel caso de quo con raccomandata in data 11 maggio 2015) costituisce soltanto il primo atto per la presentazione dell'istanza, la quale si completa con la comparizione personale dell'interessato allo sportello dell'Ufficio immigrazione, alla data indicata nell'appuntamento che viene fissato contestualmente all'atto della spedizione del kit: solo in tale momento la pratica viene acquisita dalla Questura e, con il foto-segnalamento, essa si completa e viene sottoposta all'esame della Questura per la decretazione.
Nel caso di specie, ad aggravare il colpevole ritardo accumulato nell'inoltro e nel successivo perfezionamento della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, concorrono ulteriori circostanze, ed esattamente la mancata presentazione del sig. W. all'appuntamento che gli era stato concesso in Questura e la sua condizione di accertata irreperibilità all'indirizzo indicato quale propria dimora.
8. La parte appellata si è ritualmente costituita nel presente giudizio, controdeducendo e opponendosi alle istanze avversarie, mediante richiamo ai motivi svolti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
9. La causa, rinviata al merito in sede cautelare, è stata discussa e trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 14 dicembre 2017.
10. L'appello è fondato, per le seguenti ragioni.
10.1. La sentenza di primo grado trae spunto da una non puntuale ricostruzione dei fatti, che attesta un ritardo di pochi giorni nella presentazione dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno: si assume infatti che la stessa sia avvenuta in data 11 maggio 2015, a fronte della scadenza del titolo intervenuta in data 5 maggio 2015.
10.2. In dissenso da tale ricostruzione fattuale deve osservarsi che, all'atto dell'inoltro del kit - su modulo compilato e inoltrato in data 11 maggio 2015 - è stato concesso al richiedente un appuntamento (al 26 maggio 2015) per completare e perfezionare la pratica, attraverso l'espletamento dei rilievi fotodattiloscopici e la consegna della documentazione necessaria.
Solo all'esito di tali ulteriori adempimenti la Questura avrebbe assunto in carico la richiesta.
Lo straniero ha tuttavia disatteso l'appuntamento del 26 maggio 2015, provvedendo a presentarsi e ad integrare la pratica solo il data 11 febbraio 2016.
10.3. Su questa scansione dei tempi di perfezionamento dell'istanza di rinnovo si diffondono i rilievi svolti dalla parte appellante, richiamati in premessa e non contestati dalla parte appellata, la quale ammette di essersi sottoposta solo in data 11 febbraio 2016 ai rilievi fotodattiloscopici e di avere consegnato solo in quella circostanza la documentazione necessaria per il rinnovo del permesso di soggiorno (cfr. memoria 6 luglio 2017, pag. 2).
10.4. La più compiuta ricostruzione dei tempi effettivi di inoltro e di perfezionamento della domanda di rinnovo del titolo, fornisce, pertanto, una rappresentazione dell'entità del ritardo di ben maggior consistenza rispetto a quella prospettata dal ricorrente e avallata dal Tar.
Detta circostanza - pur non potendo determinare in modo automatico l'adozione di un provvedimento di diniego, stante la natura non perentoria del termine di rinnovo (C.d.S., sez. III, 26 maggio 2016, n. 2230 e 27 giugno 2013, n. 3525) - avrebbe comunque necessitato di ragguagli giustificativi intesi a rappresentare le condizioni di forza maggiore o di impedimento oggettivo poste all'origine della mancata osservanza del termine.
Al contrario, alcuna giustificazione è stata resa in tal senso.
10.5. È peraltro vero che i termini relativi al rinnovo del permesso di soggiorno non hanno natura perentoria, bensì ordinatoria ed acceleratoria, rispondendo al fine di consentire il tempestivo disbrigo della relativa procedura ed evitare che lo straniero possa trovarsi in situazione di irregolarità rispetto alla normativa che ne consente il soggiorno in Italia; sicché non costituisce di per sé idonea ragione di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno la presentazione della relativa istanza oltre il termine previsto dalla norma sopra citata (C.d.S., sez. VI, 11 settembre 2006, n. 5240 e 14 dicembre 2004, n. 8063).
10.6. Questo insieme di considerazioni va tuttavia bilanciato con la concomitante esigenza, sottesa al sistema normativo che regola la materia del permesso di soggiorno, di evitare che sia rimessa alla totale discrezionalità dell'interessato la scelta relativa ai tempi di presentazione dell'istanza di rinnovo, con conseguente riconoscimento della possibilità di permanere in una situazione di irregolarità, in contrasto con le disposizioni del t.u. sull'immigrazione che regolano l'ingresso e la permanenza dello straniero extracomunitario nel territorio dello Stato.
10.7. Tale sistema di termini risponde all'ulteriore preciso scopo di evitare l'elusione delle stabilite regole che presidiano il rinnovo dei permessi di soggiorno e le modalità di immigrazione secondo i flussi prefissati, laddove la possibilità che queste ultime siano superate, sempreché vi sia capienza, è limitata solo ed esclusivamente all'ipotesi della tempestiva richiesta, dimostrativa dell'esistenza di circostanze idonee a comprovare un effettivo inserimento lavorativo e sociale dello straniero nel territorio nazionale.
10.8. All'insieme di tali ragioni sistematiche si collega l'onere, per l'interessato, di provare le ragioni di "forza maggiore" che gli hanno impedito di presentare un'istanza tempestiva (C.d.S., 27 luglio 2011, n. 4492), solo in tal modo potendosi assicurare un raccordo con la previsione di cui al citato art. 13, comma 2, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per il quale il Prefetto dispone l'espulsione dello straniero che "si è trattenuto nel territorio dello Stato ... senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo".
10.9. Occorre peraltro aggiungere che la giurisprudenza di primo grado e di appello propensa a ritenere non ostativa al rilascio del titolo la mera inosservanza del termine per la richiesta di rinnovo, esamina fattispecie caratterizzate da ritardi di modesta entità, a giustificazione dei quali la parte interessata aveva addotto specifici elementi giustificativi (v., ex multis, T.A.R. Veneto, sez. III, 16 maggio 2017, n. 484; T.A.R. Napoli, sez. VI, 1° agosto 2017, n. 4017; C.d.S., sez. III, 26 maggio 2016, n. 2230; T.A.R. Lazio, sez. I, 29 ottobre 2013, n. 9234).
Nel caso di specie, analoghe ragioni giustificative non sono state dedotte dall'interessato né in sede procedimentale, né in fase giurisdizionale.
10.10. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l'appello merita accoglimento e determina, in riforma della sentenza impugnata, la reiezione del ricorso di primo grado.
11. Va dato atto, peraltro, che nel costituirsi in resistenza all'appello, e in particolare nella memoria del 6 luglio 2017, il sig. W. ha dichiarato di riportarsi "a tutto quanto affermato e richiesto nel ricorso del 20 luglio 2016 introduttivo del primo grado di giudizio"; analogo richiamo è stato formulato nella memoria del 9 novembre 2017, depositata per la camera di consiglio.
Sennonché, come ripetutamente affermato da questo Consiglio di Stato, una simile modalità di riproposizione dei motivi di ricorso assorbiti o non esaminati dal Tribunale amministrativo non è idonea a devolverne la cognizione al giudice d'appello (ex multis: C.d.S., sez. III, 6 giugno 2011, n. 3371; Id., sez. IV, 31 agosto 2016, n. 3735; Id., sez. V, 26 ottobre 2016, n. 4471, 27 luglio 2016, n. 3397, 27 ottobre 2014, n. 5282, 2 ottobre 2014, nn. 4897 e 4915). Questa giurisprudenza afferma che l'onere di riproposizione sancito dalla citata disposizione va assolto mediante richiamo specifico dei motivi già articolati con il ricorso di primo grado, così da consentire alle controparti di esercitare con pienezza il proprio diritto di difesa e al giudice dell'appello di avere il quadro chiaro del thema decidendum devoluto nel giudizio di secondo grado, sul quale egli è tenuto a pronunciarsi. Di conseguenza un rinvio indeterminato alle censure assorbite ed agli atti di primo grado che le contenevano, privo della precisazione del loro contenuto - come nel caso di specie - è inidoneo ad introdurre nel giudizio d'appello i motivi in tal modo (solo genericamente) richiamati.
12. Ferma la preclusione processuale, le ulteriori censure dedotte in primo grado sono comunque infondate, in quanto, nell'ordine: a) l'ingiustificato ritardo preclude la disamina dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, rendendo irrilevante la questione della sussistenza degli ulteriori presupposti sostanziali alla stessa sottesi; b) l'intimazione che precede l'adozione del provvedimento espulsivo di cui all'art. 13 t.u. n. 286 del 1998, è atto conseguente al diniego del permesso di soggiorno e non richiede alcuna specifica motivazione; c) la mancata traduzione del provvedimento nella lingua conosciuta dal destinatario, non è in grado di inficiarne la validità, non comunque nel caso (qui ricorrente) in cui la stessa omissione non abbia impedito allo straniero di impugnare l'atto tempestivamente e di svolgere compitamente le proprie difese (cfr. C.d.S., sez. III, 16 novembre 2016, n. 4736); d) analoga ininfluenza va riconosciuta all'intervenuta adozione del provvedimento oltre il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, poiché la legge (art. 5, comma 9, t.u. immigrazione) non riconnette alcuna conseguenza al mancato rispetto del predetto termine che, di conseguenza, è da ritenersi di carattere ordinatorio.
13. In ragione di tutto quanto sopra l'appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
14. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate in ragione della peculiarità della fattispecie esaminata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio.
Compensa le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.