Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 30 settembre 2016, n. 4048

Presidente: Barra Caracciolo - Estensore: D'Alessio

FATTO E DIRITTO

1. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di seguito anche solo AGCM o Autorità, a seguito di alcune segnalazioni, aveva contestato all'Alitalia Compagnia Aerea Italiana, di seguito Alitalia CAI, alcune pratiche commerciali ritenute scorrette (procedimento PS771).

1.1. A seguito dell'istruttoria compiuta e sulla base della documentazione acquisita, l'AGCM, con provvedimento n. 24586 del 29 ottobre 2013, ha condannato Alitalia CAI, per tre pratiche commerciali ritenute scorrette, ai sensi degli artt. 20-23 del Codice del consumo, approvato con d.lgs. 2 settembre 2005, n. 206, vietandone la continuazione e comminando tre sanzioni amministrative pecuniarie, per un importo complessivo di Euro 120.000.

1.2. In particolare, l'AGCM ha sanzionato Alitalia CAI per le seguenti pratiche commerciali poste in essere nello svolgimento della propria attività:

A) insufficienti modalità d'informazione ai consumatori nella procedura di acquisto di biglietti aerei sul sito internet in lingua italiana (www.alitalia.com/it) circa la diversa identità del vettore operativo, per non avere adeguatamente informato i consumatori, nell'ambito della procedura di acquisto, circa una caratteristica essenziale dell'offerta, ovvero circa il fatto che alcune tratte non erano operate direttamente bensì da un diverso vettore aereo di nazionalità estera, la compagnia rumena Carpatair (sanzione di Euro 50.000);

B) per le modalità ingannevoli di presentazione ai consumatori dell'offerta denominata "Carnet Italia", per non aver consentito all'utente un'immediata e chiara comprensione delle limitazioni previste nell'apposita specifica classe tariffaria e delle reali condizioni di utilizzo del prodotto (sanzione di Euro 25.000);

C) nell'aver previsto l'annullamento del biglietto di ritorno/sequenziale, in caso di mancata fruizione della tratta di andata/precedente, in mancanza di adeguate modalità di informazione ai consumatori al momento dell'acquisto (no show rule) e per non aver previsto una specifica procedura per consentire al consumatore di effettuare comunque il volo di ritorno/successivo (sanzione di Euro 45.000).

2. Alitalia CAI ha impugnato il provvedimento sanzionatorio adottato dall'AGCM davanti al T.A.R. per il Lazio sostenendone l'illegittimità per diversi profili riguardanti tutte e tre le pratiche commerciali ritenute scorrette.

Nel giudizio è intervenuto ad adiuvandum Alitalia - Società Aerea Italiana, di seguito Alitalia SAI, alla quale, con atto notarile del 22 dicembre 2014, Alitalia CAI ha conferito, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il ramo di azienda costituito dalle attività di trasporto aereo.

Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I, con sentenza n. 8253 del 12 giugno 2015, esaminati gli atti del provvedimento sanzionatorio e le censure sollevate, ha respinto il ricorso.

3. Alitalia CAI ha appellato l'indicata sentenza, con il ricorso n. 8567 del 2015 R.G., nella parte riguardante l'irrogazione della sanzione (di Euro 50.000) comminata per le ritenute insufficienti modalità di informazione ai consumatori, nella procedura di acquisto di biglietti aerei sul sito internet in lingua italiana (www.alitalia.com/it), circa la diversa identità del vettore aereo di nazionalità estera, la compagnia rumena Carpatair, che avrebbe operato il volo sulla tratta acquistata.

4. Alitalia SAI ha invece appellato l'indicata sentenza del T.A.R., con il ricorso n. 8569 del 2015 R.G, nella parte riguardante l'irrogazione della sanzione per la mancanza di adeguate modalità di informazione ai consumatori, al momento dell'acquisto, sul previsto annullamento del biglietto di ritorno/sequenziale in caso di mancata fruizione della tratta di andata/precedente (c.d. no show rule), e per non aver previsto una specifica procedura per consentire al consumatore di effettuare comunque il volo di ritorno/successivo (sanzione di Euro 45.000).

4.1. Gli appelli proposti da Alitalia CAI e Alitalia SAI non riguardano invece la parte della sentenza del T.A.R. per il Lazio (e del provvedimento sanzionatorio) concernente le modalità ritenute ingannevoli di presentazione ai consumatori dell'offerta denominata "Carnet Italia", che deve ritenersi quindi passata in giudicato.

4.2. Resistono ai due appelli e ne hanno chiesto il rigetto l'AGCM e il Codacons.

5. Si deve preliminarmente disporre la riunione dei due appelli che sono stati proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 96, comma 1, del c.p.a.

6. Alitalia CAI, come si è accennato, ha limitato il suo appello alla pratica riguardante l'irrogazione della sanzione di Euro 50.000,00 per le pratiche commerciali scorrette poste in essere nelle modalità di informazione ai consumatori nella procedura di acquisto di biglietti aerei sul sito internet in lingua italiana (www.alitalia.com/it) circa la diversa identità del vettore operativo.

6.1. Dopo aver riassunto l'iter del procedimento sanzionatorio che ha determinato l'irrogazione della contestata sanzione, Alitalia CAI ha ricordato che, in data 17 febbraio 2014, aveva depositato presso l'Autorità una relazione con cui aveva illustrato le misure adottate per ottemperare all'inibitoria relativa alla "Pratica Carpatair" (relazione di ottemperanza).

In particolare, la Compagnia aveva comunicato all'Autorità che avrebbe cambiato, dal nero al verde, il colore della dicitura "Volo operato da [nome vettore]" che già compariva nella prima schermata utile, senza modificarne le dimensioni ed il contenuto, e che avrebbe continuato a ripetere la medesima indicazione anche nelle schermate successive del processo di vendita on line dei biglietti. Tale misura è stata poi accettata dall'Autorità che non ha più sollevato censure al riguardo.

6.2. Ciò premesso Alitalia CAI, con il primo motivo di appello, ha sostenuto che la sentenza appellata è viziata per l'omessa pronuncia sulla dirimente e pregiudiziale eccezione di inapplicabilità della normativa sulle pratiche commerciali scorrette alla Pratica Carpatair.

Infatti, secondo Alitalia CAI, il provvedimento sanzionatorio impugnato, nel ritenere applicabile alla fattispecie gli artt. 20-22 del Codice del consumo, ha violato il principio di specialità, stabilito dall'art. 19, comma 3 dello stesso Codice, in quanto l'informativa circa l'identità del vettore operativo trova preciso riferimento normativo nel regolamento UE 211/2005, relativo, tra l'altro, alle informazioni da fornire ai passeggeri del trasporto aereo sull'identità del vettore, che prevede che, al momento della prenotazione, il contraente del trasporto aereo comunichi ai passeggeri l'identità del vettore aereo effettivo.

Alitalia CAI ha quindi sostenuto che, come ha affermato anche il Consiglio di Stato, nelle Adunanze Plenarie n. 11-16 del 2012, non può essere applicata alla fattispecie la normativa sulle pratiche commerciali scorrette in virtù del principio di specialità affermato dall'art. 19, comma 3, del Codice del consumo.

7. Il motivo non è fondato.

7.1. Si deve, al riguardo, preliminarmente osservare che, contrariamente a quanto sostenuto da Alitalia CAI, il T.A.R. per il Lazio, nella sentenza appellata, non ha omesso di pronunciarsi sulla questione.

Nell'esaminare il secondo motivo del ricorso, il T.A.R. ha, infatti, preliminarmente ricordato che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, «il rispetto delle normativa di settore non vale ad esonerare il professionista dal porre in essere quei comportamenti ulteriori che, pur non espressamente previsti, discendono comunque dall'applicazione del più generale principio di buona fede a cui si ispira tutta la disciplina a tutela del consumatore».

Il T.A.R., alla pagina 25 della sentenza appellata, ha poi aggiunto che si deve «certamente escludere che l'art. 11 del Regolamento UE n. 2111/2005 possa avere l'effetto di esonerare il professionista (o la società) dal porre in essere quegli ulteriori accorgimenti che, sebbene non espressamente prescritti, derivano, tuttavia, dal più generale canone di diligenza professionale o di buona fede. E ciò a prescindere dal rilievo che nella previsione europea dell'obbligo di comunicare ai passeggeri l'identità del vettore effettivo non può non farsi rientrare anche l'obbligo di dare una informazione "effettiva", trasparente e tale da realizzare lo scopo di rendere edotto il passeggero del vettore che effettuerà il servizio».

8. A tali condivisibili considerazioni si deve aggiungere che, come ha correttamente ricordato la difesa dell'Autorità, le prescrizioni recate dalle regolazioni di settore non costituiscono l'unico parametro cui va riferita la diligenza richiesta dal professionista ai sensi del Codice del consumo, non mirando le previsioni di settore alla tutela specifica dei consumatori e al perseguimento delle finalità sottese al Codice del consumo.

In conseguenza, il rispetto della disciplina di settore non esclude la possibilità che la condotta del professionista possa porsi in contrasto con la diligenza professionale richiesta dalla normativa a tutela del consumatore. A meno che la disciplina di settore non sia particolarmente dettagliata nell'indicare le azioni che il professionista deve porre in essere, anche per la tutela dei consumatori, e che tali azioni siano state esattamente poste in essere.

8.1. Sulla questione si è peraltro pronunciata anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 11 dell'11 maggio 2012 (e con le successive sentenze dal n. 12 al n. 16 del 2012) ha effettivamente affermato, come ha sostenuto Alitalia CAI, l'incompetenza dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nell'applicare la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette (artt. 21 e segg. del Codice del Consumo) nei settori in cui la tutela del consumatore è attribuita ad un'autorità regolamentare, secondo lo schema della cd. specialità "per settori".

Ma, come è stato poi chiarito con le successive decisioni dell'Adunanza Plenaria n. 5 e n. 6 del 9 febbraio 2016, per definire i confini della specialità di settore, «occorre impostare il rapporto tra la disciplina contenuta nel Codice del consumo e quella dettata dal Codice delle comunicazioni elettroniche e dai provvedimenti attuativi/integrativi adottati dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni», muovendo dalla circostanza che «la disciplina recata da quest'ultimo corpus normativo, presenti proprio quei requisiti di specificità rispetto alla disciplina generale, che ne impone l'applicabilità alle fattispecie in esame». Con la conseguenza che «per escludere la possibilità di un residuo campo di intervento di Antitrust occorre anche verificare la esaustività e la completezza della normativa di settore».

8.2. Con le decisioni n. 5 e n. 6 del 2016, l'Adunanza Plenaria ha quindi chiarito, richiamando il contenuto delle precedenti decisioni del 2012, che le stesse devono essere parzialmente riviste «nella misura in cui esse possano essere lette come mera applicazione del criterio di specialità per settori e non per fattispecie concrete».

8.3. L'Adunanza Plenaria ha poi anche aggiunto che lo schema non può che essere basato sul «collaudato principio di specialità conosciuto nel nostro ordinamento che assurge a criterio generale di regolazione dei rapporti tra norme sanzionatorie, penali e amministrative, in tutte le materie disciplinate dalla legge nel nostro ordinamento ove si verifichino conflitti apparenti di norme e sia necessario, pertanto, risolvere le antinomie giuridiche. Pertanto, ove disposizioni appartenenti ai due diversi ambiti convergano sul medesimo fatto se ne applica una sola, quella speciale, individuata in base ai criteri noti nel nostro ordinamento e in modo compatibile, come è ovvio, con l'ordinamento comunitario nella specifica materia di pertinenza comunitaria».

8.4. Sulla base di tali considerazioni l'Adunanza Plenaria ha quindi ritenuto che, pur essendovi nella questione esaminata, una competenza regolatoria (ed anche sanzionatoria) dell'AGCOM, nella fattispecie oggetto del giudizio la competenza doveva ritenersi propria dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) dovendo ritenersi applicabile alla fattispecie la generale disciplina sulle pratiche commerciali scorrette.

9. Facendo applicazione di tali principi, si deve osservare che, nella fattispecie in esame, l'AGCM non ha contestato ad Alitalia la mancanza di ogni informazione sul vettore aereo operativo, informazione che era dovuta ai sensi della citata disciplina europea, ma ha contestato ad Alitalia la violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede, tutelata dal codice del consumo, per non aver dato adeguato risalto, in modo chiaro e trasparente, a tale dovuta informazione.

Considerati i principi che si sono prima ricordati, l'intervento dell'AGCM non può pertanto ritenersi illegittimo per la violazione del principio di specialità dovendosi ritenere, nella fattispecie, complementari le discipline dettate dal Regolamento CE e dal Codice del consumo.

10. Con il secondo motivo del suo appello Alitalia CAI ha sostenuto che l'impugnata sentenza è viziata anche nella parte in cui ha negato che l'incontestata conformità della condotta oggetto della pratica "Carpatair" al Regolamento UE n. 2111/2005 escludeva la contrarietà della medesima condotta al paradigma della diligenza professionale di cui all'art. 20 del codice del consumo ed escludeva quindi la configurabilità di una pratica commerciale vietata.

Alitalia CAI ha anche aggiunto che la sentenza appellata non ha nemmeno indicato quali sarebbero stati gli accorgimenti derivanti dal generale canone di diligenza professionale o di buona fede cui Alitalia sarebbe venuta meno.

11. Anche tale motivo non è fondato.

Si è, infatti, già prima chiarito che Alitalia non è stata sanzionata per non aver rispettato la disciplina dettata dal Regolamento n. 2111/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio - che all'art. 11, comma 1, stabilisce che la compagnia aerea «comunica ai passeggeri l'identità del vettore effettivo... al momento della prenotazione» e al comma 2 aggiunge che «l'identità del vettore può essere comunicato anche successivamente se tale identità non è ancora nota al momento della prenotazione» - ma per non aver reso in modo chiaro e trasparente, e quindi sufficientemente intellegibile, tale dovuta informazione, in violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede, tutelato dal codice del consumo.

12. Alitalia CAI ha poi sostenuto, con il terzo motivo di appello, che il T.A.R. per il Lazio ha omesso di effettuare qualsiasi verifica, anche solo estrinseca, in merito ai fatti contestati, omettendo di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale sul punto.

Infatti, secondo Alitalia CAI, il T.A.R. non ha considerato i molteplici elementi fattuali che erano stati illustrati nel ricorso che dimostravano l'evidente travisamento dei fatti sotteso alle conclusioni raggiunte dall'Autorità, secondo cui l'identità del vettore operativo Carpatair, riportato nelle pagine web del processo di vendita on line dei biglietti, era «del tutto insufficiente per evidenza grafica, per quantità e qualità delle informazioni fornite».

Alitalia CAI ha aggiunto che, in particolare, il T.A.R. non ha considerato che la dicitura "volo operato da...", con cui Alitalia comunicava ai consumatori l'identità del vettore operativo, era riportata con lo stesso carattere utilizzato per altre informazioni, anche più rilevanti, quali quelle sull'origine, destinazione e durata del volo prescelto, ed era per di più apposta immediatamente accanto a tali informazioni essenziali. Inoltre già dal 18 marzo 2013 (prima dell'adozione del provvedimento impugnato) il nome del vettore era stato evidenziato in grassetto.

Inoltre per i voli operati wet lease i consumatori avevano ricevuto l'informazione relativa all'identità del vettore operativo almeno due schermate prima di quella in cui era effettivamente possibile procedere all'acquisto (e già dal 18 marzo 2013 l'informativa relativa all'identità del vettore operativo era stata anticipata alla prima schermata utile).

Il fatto che sia stato ritenuto sufficiente, per ottemperare al divieto di continuazione della pratica ritenuta scorretta, il mutamento del colore (dal nero al verde), delle informazioni fornite, senza la modifica delle dimensioni e del contenuto, ha confermato, secondo Alitalia CAI, l'arbitrarietà delle valutazioni espresse nel provvedimento impugnato, incomprensibilmente avallate dal T.A.R. per il Lazio.

13. La censura non è fondata.

Come ha già ritenuto il T.A.R., non emerge innanzitutto, dall'esame degli atti, alcun travisamento nelle attività e nelle conclusioni raggiunte dall'Autorità, secondo cui l'indicazione sull'identità del vettore operativo Carpatair, riportata nelle pagine web del processo di vendita on line dei biglietti, era insufficiente per evidenza grafica, per quantità e qualità delle informazioni fornite.

Né le valutazioni compiute sul punto appaiono manifestamente irragionevoli.

13.1. Peraltro, come ha ricordato anche il T.A.R. nella sentenza appellata, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento, ma quando nei profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini.

Per principio pacifico, infatti, il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell'AGCM esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le disposizioni giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque sostituirsi all'AGCM nella definizione del mercato rilevante, se questa sia attendibile secondo la scienza economica, immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (fra le più recenti, C.d.S., Sez. VI, n. 3047 dell'11 luglio 2016).

13.2. Facendo applicazione di tali principi, non può essere censurata la determinazione assunta sul punto dall'Autorità (e ritenuta legittima dal T.A.R.).

13.3. Non può peraltro condividersi l'affermazione della appellante secondo cui l'informazione sul diverso vettore aereo doveva ritenersi idonea perché riportata con gli stessi caratteri grafici e la stessa dimensione di altre indicazioni essenziali riguardanti il volo, quali quelle sull'origine, destinazione e durata del volo prescelto.

Tale affermazione non tiene, infatti, sufficientemente conto del fatto che ben diversa risulta la normale attenzione prestata dal consumatore medio ad informazioni essenziali per l'acquisto del volo, quali quelle sull'origine, destinazione e durata del volo prescelto, rispetto ad altre informazioni sul volo che pure sono contenute nella pagina web. Con la conseguenza che lo stesso consumatore ben avrebbe potuto non prestare adeguata attenzione, se non fornita in modo evidente, ad una informazione che pure poteva risultare molto importante per la sua scelta, quale quella sul vettore operativo che in concreto avrebbe operato il volo.

In assenza di una chiara evidenziazione, il consumatore ben avrebbe potuto, infatti, ritenere che il volo da lui acquistato sarebbe stato reso da Alitalia e non da altro operatore.

13.4. Come ha correttamente ricordato anche il T.A.R., nel settore del trasporto aereo, l'individuazione, per il passeggero, del vettore che effettuerà il servizio costituisce peraltro un elemento di rilevante importanza, soprattutto nei casi in cui l'utente ha la possibilità di scegliere il vettore di cui servirsi, anche sulla base della fiducia riposta in tale vettore. È quindi indispensabile, come ha ritenuto l'Autorità, rendere di immediata percezione la compagnia aerea che espleterà il servizio, e ciò soprattutto nel caso in cui il volo non è operato dalla compagnia aerea con la quale il volo viene acquistato.

13.5. Non può ritenersi poi arbitraria la determinazione impugnata per il fatto che l'Autorità ha ritenuto insufficienti ai fini informativi gli accorgimenti posti in essere da Alitalia nel corso dell'istruttoria e le modifiche introdotte a far data dal 18 marzo 2013, avendo ritenuto tali accorgimenti non completamente idonei a integrare la cessazione della pratica commerciale scorretta.

Nemmeno può ritenersi manifestamente irragionevole la determinazione assunta dall'Autorità per aver dato rilievo al successivo mutamento del colore (dal nero al verde) delle informazioni fornite, posto che ragionevolmente tale accorgimento ha determinato una più chiara, intellegibile ed evidente percezione dell'informazione in questione.

14. Con il quarto motivo del suo appello Alitalia CAI ha sostenuto che la sentenza del T.A.R. per il Lazio è affetta da travisamento dei fatti nella parte in cui ha affermato che le due pratiche contestate (la pratica Carpatair e la pratica no show rule) hanno «con palese evidenza oggetti ben diversi» nonostante tali pratiche concernessero in realtà un'unica condotta e fossero rivolte contestualmente agli utenti nelle stesse schermate del processo di prenotazione on line dei biglietti. Con l'irragionevole conclusione per cui un professionista che in una comunicazione commerciale indichi in maniera errata più di una caratteristica di un determinato bene offerto in vendita potrebbe vedersi comminate tante sanzioni quanti sono gli errori contenuti nella comunicazione commerciale.

14.1. Il motivo è chiaramente infondato.

Non può, infatti, ritenersi unica la condotta sanzionata solo per il fatto che gli elementi oggetto delle contestazioni riguardavano, in entrambi i casi, l'acquisto del biglietto aereo e le informazioni rese all'utente sul sito web della compagnia.

Le due pratiche contestate hanno, infatti, chiaramente oggetti ben diversi: la prima pratica riguarda la circostanza che nel sito web Alitalia non risultava sufficientemente evidenziato il caso in cui il volo era in realtà operato non dal vettore contrattuale ma da altro vettore operativo (la compagnia rumena Carpatair); la seconda pratica attiene, invece, alla vendita di biglietti aerei relativi a più tratte con l'obbligo di utilizzo sequenziale dei tagliandi di volo pena il diniego di imbarco per la tratta di ritorno e per quella successiva.

Come ha già ritenuto il T.A.R. diverse sono, pertanto, le condotte contestate e correttamente tali condotte sono state quindi oggetto di due diverse contestazioni e poi di due diverse sanzioni.

15. Alitalia CAI ha sostenuto, con il quinto motivo di appello, che i giudici del T.A.R. sono incorsi in un travisamento dei fatti anche per non aver considerato che dal 3 febbraio 2013 Alitalia non aveva più in essere accordi di wet lease con vettori terzi e per non aver considerato, in sede di quantificazione della sanzione, le misure poste in essere per l'eliminazione e l'attenuazione delle conseguenze dell'infrazione sin dal 18 marzo 2013.

Inoltre, ha aggiunto Alitalia CAI, la sentenza non ha considerato, sempre ai fini della quantificazione della sanzione, il limitatissimo impatto della pratica Carpatair sui consumatori e sui ricavi di Alitalia.

15.1. Anche tale motivo, nelle sue diverse articolazioni non è fondato.

15.2. Preliminarmente si deve osservare che la sanzione (di Euro 50.000), irrogata da AGCM per la condotta tenuta da Alitalia nella pratica "Carpatair", risulta di importo molto limitato e ciò determina la mancanza di rilievo delle diverse censure che sono state sollevate da Alitalia che ha sostenuto che la sanzione avrebbe dovuto essere di importo minore, ma non ha indicato, nemmeno in via ipotetica, una sanzione ritenuta congrua o comunque ancorata a parametri diversi e certi di quantificazione.

15.3. Per quanto si è già prima esposto, la misura della sanzione irrogata non può poi essere contestata sulla base dell'erroneo presupposto che le diverse contestazioni mosse dall'Antitrust nel procedimento sanzionatorio in questione riguardavano un'unica pratica commerciale, ai sensi degli artt. 18/20 del Codice del consumo.

15.4. Per quanto riguarda poi l'asserita mancata considerazione, nella determinazione dell'importo della sanzione per la pratica "Carpatair", della circostanza secondo la quale, a decorrere dal 3 febbraio 2013, l'Alitalia non avrebbe avuto in essere più accordi di wet lease con vettori terzi, si deve osservare che tale circostanza risultava, come ha evidenziato anche il T.A.R., non confermata dalla documentazione in atti ed era stata poi contraddetta dai successivi atti conformativi di Alitalia riguardanti la pratica in questione.

15.5. Mentre insufficienti, come si è già prima ricordato, erano state ritenute, ai fini della chiara intelligibilità dell'informazione per il consumatore medio, le modifiche apportate alle indicazioni fornite da Alitalia sul proprio sito web dal 18 marzo 2013.

15.6. In ogni caso, come ha pure evidenziato il T.A.R., ove pure fosse venuto meno, nel corso dell'istruttoria, il comportamento di Alitalia ritenuto scorretto non per questo era venuto meno il potere dell'Autorità di sanzionare le condotte scorrette già poste in essere.

15.7. Non risulta poi fondata nemmeno la censura riguardante l'errata determinazione della sanzione impugnata con riferimento all'impatto della condotta sanzionata sui ricavi della Compagnia e per l'esiguità dell'utile economico conseguito.

A prescindere da possibili profili di inammissibilità della censura, per la già rilevata esiguità della sanzione comminata, si deve comunque osservare che, come ha giustamente ritenuto il T.A.R., ai fini dell'applicazione della sanzione in casi come quello di specie, non risulta necessario procedere ad una monetizzazione del vantaggio conseguito dal professionista in relazione alla condotta ritenuta scorretta. In casi come quelli in esame, risulterebbe infatti molto complicata (se non impossibile) la determinazione del possibile utile conseguito in relazione al comportamento scorretto tenuto.

15.8. Né può avere rilievo, nella determinazione della misura della sanzione, l'asserito limitato numero di soggetti denuncianti la pratica scorretta, in quanto, come ha affermato il T.A.R., le norme a tutela del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, sono preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase prodromica alla conclusione dell'acquisto. In conseguenza, una volta conosciuta l'esistenza della pratica commerciale ritenuta scorretta l'Autorità ben può, dopo i dovuti accertamenti, procedere per esigerne la rimozione e applicare una sanzione per i comportamenti scorretti già posti in essere, a prescindere dal pregiudizio economico già causato ai consumatori e a prescindere dal numero dei consumatori che hanno denunciato l'esistenza della pratica commerciale ritenuta scorretta.

15.9. Prima di concludere sul punto si deve comunque osservare che l'Autorità ha evidentemente considerato i diversi elementi di valutazione che sono stati ora riproposti da Alitalia nel suo appello e che l'importo della sanzione irrogata per il comportamento tenuto da Alitalia nella vicenda "Carpatair" risulta molto al di sotto del massimo edittale (di Euro 5.000.000), anche prima della dimidiazione disposta in considerazione della situazione economica (all'epoca) particolarmente negativa della società.

16. Per tutte le esposte considerazioni l'appello proposto da Alitalia CAI risulta infondato e deve essere respinto.

17. Si può ora passare all'esame del secondo ricorso con il quale Alitalia SAI ha appellato la sentenza del T.A.R. per il Lazio, n. 8253 del 2015, nella parte in cui ha respinto il ricorso che era stato proposto avverso l'irrogazione della sanzione (di Euro 45.000,00) per pratiche commerciali scorrette poste in essere per aver previsto l'annullamento del biglietto di ritorno/sequenziale in caso di mancata fruizione della tratta di andata/precedente (c.d. no show rule), per le modalità di informazione ai consumatori al momento dell'acquisto e per la mancanza di una specifica procedura per consentire al consumatore di effettuare comunque il volo di ritorno/successivo.

18. Si deve, al riguardo, preliminarmente ricordare che Alitalia, dopo la sanzione (di Euro 45.000) impugnata nel presente giudizio, è stata ancora successivamente sanzionata per l'inottemperanza al provvedimento impugnato (prima per Euro 60.000,00 e poi per Euro 320.000,00).

Si deve poi anche ricordare che l'Autorità ha comunicato, in data 1° luglio 2015, di avere ritenuto idonee le misure adottate da Alitalia, per superare la condotta contestata per i biglietti nazionali, e in data 11 marzo 2016, di avere ritenuto le misure adottate, estese anche alle rotte internazionali, idonee ai fini dell'ottemperanza del provvedimento sanzionatorio del 29 ottobre 2013.

19. Alitalia SAI ha ritenuto la decisione del T.A.R. appellata, nella parte riguardante la sanzione irrogata per la condotta in questione, erronea sotto molteplici profili.

Con il primo motivo di appello Alitalia SAI ha sostenuto che la sentenza del T.A.R. per il Lazio è gravemente viziata nella parte in cui ha confermato la legittimità del divieto disposto con il provvedimento impugnato di continuare ad applicare la no show rule in assenza di «una procedura specifica con la quale il consumatore possa informare il professionista dell'intenzione di fruire del servizio di trasporto successivo pur non avendo fruito del precedente».

19.1. Secondo Alitalia SAI, la sentenza appellata non spiega, infatti, perché l'applicabilità della regola tariffaria in questione costituirebbe una pratica commerciale ingannevole, vietata ai sensi degli artt. 20-22 del codice del consumo.

19.2. Alitalia SAI ha quindi insistito nel sostenere che la no show rule è una regola tariffaria pienamente lecita, prevista nelle condizioni generali di contratto standard predisposto dalla IATA e applicata dalla stragrande maggioranza delle compagnie aeree private operanti a livello mondiale.

Tale pratica, ha aggiunto Alitalia SAI, è espressione del fondamentale principio della libertà tariffaria vigente nel settore del trasporto aereo, ai sensi dell'art. 22 del Regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008, tanto che nemmeno il provvedimento impugnato si è spinto a sostenere il contrario, riconoscendo che tale pratica costituisce espressione di una libera scelta di politica commerciale della compagnia, salvo però chiederne un contemperamento, inteso nel senso della sostanziale disapplicazione della regola in questione.

19.3. Peraltro la legittimità della pratica è dimostrata dalla circostanza che solo nell'ambito del processo di revisione del Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei passeggeri, la Commissione europea ha per la prima volta proposto di disciplinarne l'applicazione in senso limitativo, incontrando però una ostativa opposizione in seno al Consiglio. Con la conseguenza che la pratica continua ad essere applicata pressoché dalla totalità dei vettori di linea attivi in Europa.

19.4. L'imposizione di un contemperamento alla no show rule imposto dall'AGCM, che come Alitalia ha sostenuto nella memoria conclusionale, costituisce un unicum in Europa, si pone quindi in contrasto con la regolazione settoriale, dando luogo ad un inammissibile esercizio, da parte dell'Autorità, di poteri regolatori.

19.5. Gli artt. 20-22 del codice del consumo, secondo Alitalia SAI, non potrebbero poi comunque consentire l'imposizione di una qualsivoglia limitazione/contemperamento alla no show rule.

Il divieto di pratiche commerciali scorrette riguarda, infatti, esclusivamente gli aspetti informativi delle condotte dei professionisti ma non può costituire la base di una censura relativa alla struttura della politica tariffaria di un professionista attraverso un contemperamento tra l'applicazione della no show rule e le esigenze dei consumatori.

19.6. Né la sentenza appellata né il provvedimento dell'Autorità, ha anche aggiunto Alitalia SAI, spiegano poi a che titolo l'asserita scorrettezza della pratica possa derivare dal fatto che Alitalia non ha espressamente previsto alcun diritto di rimborso relativo al servizio unilateralmente annullato mentre la Compagnia riconosce ai passeggeri un rimborso, diversamente graduato, a seconda del tipo di tariffa prescelto in sede di acquisto del biglietto, e lo esclude solo per i biglietti più economici.

19.7. Con un ulteriore profilo del primo motivo di appello, Alitalia SAI ha sostenuto che la sentenza appellata risulta poi viziata anche nella parte in cui ha confermato la validità del divieto di continuazione della pratica in questione.

Nel momento in cui, con il suo il provvedimento, l'Autorità diffida l'operatore dal continuare una pratica pienamente lecita, esigendo l'adozione di uno specifico contemperamento procedurale, la stessa Autorità sta, infatti, dettando nuove regole, non limitandosi ad inibire l'esercizio di una pratica commerciale scorretta.

Ciò costituisce, secondo l'appellante, un indebito esercizio di potere regolamentare da parte dell'Autorità che, come Alitalia SAI ha sostenuto nella memoria conclusiva, ha preteso l'adozione di pervasive modifiche della no show rule, con il risultato di snaturare tale regola, sebbene pienamente lecita in base alla normativa di settore che disciplina il trasporto aereo.

19.8. Non possono rilevare in senso contrario, ha aggiunto Alitalia SAI, i provvedimenti sanzionatori pure adottati, per analoghe condotte, nei confronti di Air France e Lufthansa, con riferimento ai biglietti acquistati in Italia, tenuto conto che per tali compagnie solo una minima parte dei biglietti sono venduti in Italia.

Ne consegue che la disapplicazione della no show rule mentre ha un impatto economico trascurabile per Air France e Lufthansa è invece pesantissimo per Alitalia, con evidente effetto discriminatorio e con una sostanziale alterazione del gioco concorrenziale.

Peraltro, come Alitalia SAI ha evidenziato nella sua memoria conclusionale, numerosi altri vettori italiani (Meridiana, Blu Panorama, Air Dolomiti) applicano ancora la no show rule che è poi applicata praticamente da tutte le compagnie straniere operanti in Italia, incluse quelle che operano in code sharing con Alitalia.

20. La censura sollevata, nelle sue diverse articolazioni, non può ritenersi fondata.

20.1. Si deve, al riguardo, preliminarmente osservare che l'Autorità non ha ritenuto illegittima la pratica no show rule (tanto che essa pacificamente continua ad essere applicata anche da Alitalia, sia pure con le maggiori informazioni richieste, e con alcuni contemperamenti nelle procedure adottati a tutela dei consumatori), ma si è limitata a ritenere scorrette (come si legge, in particolare, nei paragrafi 135, 137 e 146 della delibera impugnata):

- la carenza di adeguata informazione ai consumatori sull'esistenza di limitazioni all'uso del biglietto, nel caso di mancata fruizione di una delle tratte di un biglietto aereo andata e ritorno o con destinazioni multiple, che determinavano l'annullamento del biglietto di ritorno o di quello sequenziale;

- la mancanza di una specifica procedura tale da consentire ai consumatori di comunicare alla compagnia di voler effettuare comunque il volo di ritorno (o per la tratta successiva) pur non avendo fruito del volo di andata (o per la tratta precedente).

20.2. Quindi, l'Autorità ha sanzionato Alitalia non per l'utilizzo della pratica commerciale (no show rule) che consente alla compagnia aerea l'annullamento del biglietto per il ritorno o per una tratta successiva (con la conseguente possibilità di rivendere quel percorso), quando il consumatore non ha utilizzato il biglietto acquistato per il volo di andata (o per la tratta precedente), ma per l'uso in parte scorretto (per i consumatori) di tale procedura. Ciò in quanto, da un lato, le informazioni sull'offerta commerciale non erano adeguate nell'evidenziare i contenuti e i limiti dell'offerta, e dall'altro per la mancanza di una apposita procedura che consentisse al consumatore di poter comunque fruire, entro determinati limiti, del biglietto acquistato anche per il viaggio di ritorno (o per la seconda tratta), nel caso di mancato utilizzo del volo di andata (o della prima tratta).

Infatti, in applicazione della no show rule, Alitalia consentiva al consumatore solo all'aeroporto e solo il giorno della partenza, e solo dietro il pagamento di appositi diritti amministrativi, di poter comunque fruire del successivo viaggio aereo. Senza alcuna connessione con l'eventuale disponibilità dei posti per tale successivo viaggio aereo e senza prevedere alcun rimborso per un servizio, che, come ha giustamente sottolineato anche la difesa erariale, poteva essere poi essere anche riutilizzato dal vettore offrendolo nuovamente sul mercato.

20.3. L'Autorità ha pertanto sanzionato la mancata sufficiente chiarezza delle informazioni fornite da Alitalia al consumatore sull'offerta commerciale e la mancanza di una specifica procedura che consentisse al consumatore di non perdere il diritto al volo acquistato (anche) per il viaggio di ritorno (o per la seconda tratta) nel caso di mancato utilizzo del viaggio di andata (o per la prima tratta).

21. Sulla base di quanto esposto, non si può ritenere illegittimo il provvedimento impugnato e non si può ritenere che vi sia stato uno sconfinamento illegittimo dell'Autorità dalle prerogative che l'ordinamento le assegna.

21.1. In particolare non si può ritenere che il provvedimento dell'Autorità sia stato emanato in violazione del principio della libertà tariffaria vigente nel settore del trasporto aereo, ai sensi dell'art. 22 del Regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008, avendo riguardato solo le modalità informative della pratica commerciale e la sua concreta applicazione.

Né si può ritenere che le modifiche di carattere informativo richieste e la richiesta di una specifica procedura per l'utilizzo, entro determinati limiti, del biglietto per il ritorno o per la seconda tratta, possono, come ha lamentato l'appellante, aver determinato la disapplicazione della regola in questione (come del resto è stato dimostrato dalla successiva regolamentazione della pratica commerciale che ha determinato la cessazione della procedura sanzionatoria in questione).

22. Non si può ritenere nemmeno che l'Autorità abbia esercitato veri e propri poteri regolatori tenuto conto che, dopo aver ritenuto che la condotta tenuta da Alitalia era violativa delle regole dettate dal codice del consumo, l'Autorità ha poi lasciato (correttamente) all'Alitalia l'individuazione delle modalità più idonee per consentire il superamento della pratica ritenuta non corretta. Fino a ritenere, ai fini dell'ottemperanza del provvedimento sanzionatorio del 29 ottobre 2013, idonee le misure adottate da Alitalia, in data 1° luglio 2015, per superare la condotta contestata per i biglietti nazionali, e in data 11 marzo 2016, idonee le misure adottate anche per le rotte internazionali.

22.1. L'Autorità si è infatti limitata ad auspicare che Alitalia non solo desse una adeguata informativa sulla sua offerta commerciale ma garantisse anche un ragionevole bilanciamento, nell'applicazione della pratica commerciale, fra la propria legittima esigenza di programmare la propria capacità di trasporto e le altrettante legittime esigenze dei passeggeri di fruire di un servizio (il volo di ritorno o di seconda tratta) già pagato.

23. Peraltro, come pure ha evidenziato la difesa erariale, la pratica no show rule, dopo i contemperamenti adottati è stata ancora applicata e, qualora il passeggero non effettui tempestivamente, secondo la tempistica ora prevista, la comunicazione al vettore (o la effettui dopo i termini indicati), la pratica continua a produrre i medesimi effetti che produceva prima dell'intervento dell'Autorità, con la conseguenza che l'acquirente, se non utilizza gli strumenti posti ora a sua disposizione, non ha diritto ad imbarcarsi sul volo di ritorno (o sulla seconda tratta) e Alitalia può liberamente rivendere il posto inizialmente a questi assegnato (e per il quale un corrispettivo era stato già versato) anche eventualmente ad un prezzo più elevato.

24. Così chiariti i termini della vicenda, non possono rilevarsi negli atti di AGCM nemmeno effetti discriminatori o comunque lesivi della concorrenza.

24.1. L'intervento di AGCM, come si è prima evidenziato, ha peraltro interessato anche altre importanti compagnie aeree come Air France e Lufthansa mentre, come ha segnalato la difesa erariale, una procedura analoga era in corso nei confronti di Brussels Airlines. E ciò dimostra la volontà dell'Autorità di valutare il corretto uso della procedura anche da parte delle altre compagnie e di sanzionare quei comportamenti ritenuti lesivi dei diritti dei consumatori per le medesime ragioni indicate negli atti oggetto della procedura in esame.

25. Con il secondo motivo di appello, Alitalia SAI ha sostenuto che il T.A.R. ha omesso di effettuare qualsiasi verifica, anche solo estrinseca, in merito ai fatti contestati, omettendo di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale sul punto.

25.1. Infatti, secondo Alitalia SAI, il T.A.R. non ha considerato i molteplici elementi fattuali che sono stati illustrati nel ricorso che dimostravano l'evidente travisamento dei fatti sotteso alle conclusioni raggiunte dall'Autorità secondo cui le modalità di informazione ai consumatori dell'esistenza della pratica no show rule sarebbero risultate del tutto inadeguate.

Mentre già nella parte superiore della prima schermata del processo di prenotazione on line Alitalia aveva comunicato, con la stessa evidenza grafica e collocazione di altre informazioni riguardanti le tariffe proposte, che «la tariffa è valida per un biglietto utilizzato integralmente, rispettando l'ordine di successione dei voli per il viaggio nelle date indicate». La stessa informazione era poi ripetuta nella schermata successiva.

Inoltre, dal 18 marzo 2013, Alitalia aveva dato un'evidenza ancora maggiore all'indicazione della pratica no show rule, isolandola nella parte alta della schermata.

25.2. La censura è infondata.

Dall'esame della sentenza appellata si evince che il T.A.R. ha compiutamente esaminato la complessa vicenda sollevata senza omettere di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale anche sul punto ed ha ritenuto che le conclusioni raggiunte dall'Autorità non fossero affette da evidente travisamento dei fatti, nel rispetto dei limiti, che si sono prima ricordati, entro i quali deve muoversi l'esame del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità.

25.3. In particolare, la questione risulta concretamente affrontata nelle pagine 35 e 36 della sentenza appellata.

25.4. Peraltro le conclusioni raggiunte sul punto dall'Autorità (e ritenute non illegittime dal T.A.R.), non appaino nemmeno manifestamente illogiche tenuto conto della necessità di dare un rilievo adeguato e maggiore ad informazioni sull'utilizzo di biglietti che potevano essere integralmente perduti se non utilizzati per il viaggio di andata (o per la prima tratta) e con forti limitazioni per il possibile recupero di parte della somma spesa per l'acquisto.

Si può anche sul punto rilevare che ben diversa risulta la normale attenzione prestata dal consumatore medio ad informazioni essenziali per l'acquisto del volo, quali quelle sulla tariffa proposta, rispetto ad altre informazioni sul volo e sull'uso del biglietto con una determinata tariffa che pure sono contenute nella pagina web.

26. Alitalia SAI, con il terzo ed ultimo motivo del suo appello, ha sostenuto che la sentenza del T.A.R. è viziata anche per non aver considerato, in sede di quantificazione della sanzione, le misure poste in essere per l'eliminazione e l'attenuazione delle conseguenze dell'infrazione.

26.1. In particolare, secondo Alitalia SAI, la sentenza non ha considerato che l'Autorità si è limitata ad esprimere le sue osservazioni sulle misure adottate da Alitalia nell'ambito delle valutazioni circa la presunta scorrettezza della pratica e non anche in sede di quantificazione della sanzione.

Inoltre, ha aggiunto Alitalia SAI, la sentenza non ha considerato, sempre ai fini della quantificazione della sanzione, il limitatissimo impatto della pratica sui consumatori ed è erronea nella parte in cui nega che il limitato impatto della pratica no show rule sui ricavi di Alitalia possa rilevare sulla quantificazione della sanzione.

26.2. Il motivo è infondato.

Al riguardo, come si è fatto nel ricorso proposto da Alitalia CAI (al punto 15.2), si deve preliminarmente osservare che la sanzione (di Euro 45.000), inizialmente irrogata da AGCM per la condotta tenuta da Alitalia nella pratica in esame (ed oggetto del ricorso) risulta di importo molto limitato, e ciò priva di rilievo le diverse censure che sono state sollevate sull'ammontare della sanzione inizialmente irrogata per la pratica in questione ritenuta scorretta.

Peraltro anche nell'appello in esame Alitalia Sai non ha indicato, nemmeno in via ipotetica, una sanzione ritenuta congrua per i fatti contestati, o comunque ancorata a parametri diversi e certi di quantificazione.

26.3. Per le ragioni che si sono già esposte, anche con riferimento alla analoga censura sollevata nell'appello proposto da Alitalia CAI, e tenuto anche conto della esiguità della sanzione comminata con il provvedimento impugnato, non risulta fondata nemmeno la censura secondo cui la misura della sanzione non avrebbe tenuto conto delle misure poste in essere per l'eliminazione e l'attenuazione delle conseguenze dell'infrazione contestata.

26.4. Per quanto riguarda poi l'asserita mancata adeguata valutazione, nella determinazione della sanzione, dell'impatto della pratica sui consumatori e sui ricavi di Alitalia, si possono richiamare le considerazioni già esposte, al precedente paragrafo 15.8, in relazione alla analoga censura sollevata nell'appello proposto da Alitalia CAI.

27. Alla luce delle esposte considerazioni anche l'appello di Alitalia SAI risulta pertanto infondato e deve essere respinto.

28. In conclusione, per tutti gli esposti motivi, i due appelli riuniti, proposti da Alitalia CAI e Alitalia SAI, devono essere respinti.

Le spese del giudizio di appello in parte seguono la soccombenza ed in parte sono compensate fra le parti e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna ciascuna delle appellanti Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.a. e Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.a., al pagamento di Euro 5.000,00 in favore della resistente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per le spese e competenze del grado di appello.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio nei confronti dell'Associazione Codacons.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.