Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 31 maggio 2016, n. 11261
Presidente: Salvago - Estensore: Sambito
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 2 dicembre 2007, il Centro agroalimentare di Napoli - CAAN - convenne in giudizio innanzi alla Corte d'Appello di Napoli la S.n.c. RaDal proponendo opposizione avverso la relazione di stima resa dal Collegio dei periti di cui all'art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001 relativa alla determinazione dell'indennità di espropriazione di suoli, occorrenti per la realizzazione del centro agroalimentare.
Con sentenza del 25 febbraio 2011, la Corte adita, nel contraddittorio delle parti ed all'esito della disposta CTU, determinò l'indennità d'espropriazione nella misura di Euro 185.700,00 sulla scorta del valore venale dell'area, ritenuta di natura edificatoria, in quanto con una variante del 1995 era stata prevista una zona omogenea D3, per l'insediamento del centro agroalimentare, e, con altra variante del 2005, anch'essa a natura conformativa, le relative infrastrutture funzionalmente complementari. La Corte ritenne la stima dei tecnici congrua anche perché conforme ad altre già acquisite in relazione ad altri giudizi aventi analoga natura.
Per la cassazione della sentenza, il CAAN ha proposto ricorso affidato a tre mezzi, ai quali la Cooperativa ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 112, 113 e 115 c.p.c., 72 della l. n. 2359 del 1865, oltre che vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale statuito sulla rideterminazione dell'indennità di espropriazione, quando alla data della pronuncia non risultava adottato il decreto di espropriazione, la cui emanazione costituisce, invece, una condizione dell'azione.
2. Il motivo è fondato. Questa Corte, anche a sezioni unite, ha ripetutamente affermato che: a) l'azione di determinazione dell'indennità di esproprio trova causa nella procedura espropriativa ritualmente definita mediante la pronuncia del decreto ablativo; il quale segnando il momento del trasferimento della proprietà dell'immobile a titolo originario dall'espropriato all'ente espropriante, nonché della sostituzione del diritto reale del primo in diritto al giusto indennizzo di cui all'art. 42 Cost., costituisce un'indefettibile condizione dell'azione suddetta per qualsiasi tipologia di espropriazione, risolvendosi in un fatto indispensabile per integrarne la fattispecie costitutiva (Cass., sez. un., 4241/2004, 833/1999; 818/1999); b) la pronuncia del decreto di espropriazione non si pone, infatti, quale presupposto processuale, cui sia subordinata l'esperibilità della domanda, ma si configura quale evento fattuale e nel contempo giuridico che condiziona il diritto all'indennità; per cui, seppure insussistente al momento della proposizione della domanda, consente (e nel contempo impone) al giudice di esaminare il merito della controversia se, al tempo della decisione, risulta essersi verificato (Cass. 1504/1993; 8555/1994; 1626/1996; 746/1999; 9382/1999; 12408/2006); c) è dunque sufficiente che detto provvedimento venga ad esistenza prima della decisione della causa, in ogni stato e grado del giudizio: anche in quello di legittimità fino al termine della discussione orale.
3. Tali principi, affermati in relazione alla normativa vigente prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001, vanno ribaditi in riferimento alla nuova disciplina, che consente bensì, di proporre l'opposizione avverso la stima dei tecnici in epoca antecedente la pronuncia del decreto di espropriazione, ma, diversamente da quanto opina la Società controricorrente, non ha modificato la necessità della sua emissione prima della definizione del giudizio di cui all'art. 54 del T.U. anzidetto, richiedendo, anzi, che il provvedimento sia notificato ai proprietari ed eseguito nel termine perentorio di due anni dalla sua adozione (artt. 23 e 24). In particolare, l'esegesi propugnata dalla controricorrente in sede di memoria, secondo cui nel sistema introdotto dall'art. 54, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001 (in parte qua non modificato dal d.lgs. n. 150 del 2011), l'impugnazione dell'indennità di espropriazione determinata dalla terna di periti "non è subordinata alla previa emanazione del decreto di espropriazione" è dunque in sé vera: una delle parti interessate, decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima dei tecnici (o della Commissione provinciale) prevista dall'art. 27, comma 2, "può impugnare innanzi all'autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell'indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell'indennità", ma, tanto non comporta che, in assenza di provvedimento ablativo, il relativo procedimento possa concludersi con una sorta di statuizione meramente estimatoria di un'indennità non ancora dovuta, e suscettibile, in tesi, di restar lettera morta nell'ipotesi in cui l'autorità espropriante dovesse reputare, per motivi di pubblico interesse, di non procedere all'espropriazione del bene; alla quale perciò resta in ogni caso subordinata.
4. Siffatta conclusione trova conferma anche nella sequenza procedimentale prevista dal T.U. (art. 20, commi 11 e 12; 22, 23 e 26, comma 11) nella quale, come già accadeva in quella precedente, di cui alla l. 865 del 1971, la pronuncia del decreto di esproprio segue di regola la sola offerta dell'indennità provvisoria, che, a norma dell'art. 23, comma 1, lett. c, deve essere indicata nel provvedimento e precede logicamente la determinazione dell'indennità definitiva, che la nuova normativa demanda non soltanto alla Commissione Provinciale (unico sistema previsto da quella pregressa), ma anche, ed in alternativa, al collegio dei tecnici di cui all'art. 21. Il tutto senza escludere l'ipotesi eccezionale in cui il decreto tardi ad essere emesso e, tuttavia, nelle more sia egualmente determinata l'indennità definitiva ad opera della Commissione provinciale ovvero del collegio dei tecnici: in tal caso insorgendo la sola necessità che nel decreto di esproprio sia indicata anche la determinazione dell'indennità suddetta (artt. 27 e 23, lett. d, ove significativamente la nomina dei tecnici è considerata solo "eventuale"). E proprio al lume di dette due fattispecie -quella fisiologica e quella eccezionale in cui il decreto di esproprio segue la stima definitiva - si spiega il disposto dell'art. 54, 2° comma (esattamente riprodotto nell'art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2011) che in quest'ultima ipotesi prevede che il termine di 30 giorni per proporre opposizione decorre proprio "dalla notifica del decreto di esproprio"; ovvero "dalla notifica della stima peritale, se quest'ultima sia successiva al decreto di esproprio": in entrambi i casi, tuttavia, presupponendo e richiedendo, comunque, la previa pronuncia del decreto di espropriazione.
5. Pertanto, anche nel caso di determinazione dell'indennità definitiva di espropriazione mediante perizia dei tecnici, il decreto di espropriazione continua a costituire la fonte del credito indennitario, acquistando al riguardo una duplice valenza. Per la prima, non consente di addivenire ad una statuizione sull'ammontare dell'indennità definitiva se non in presenza del provvedimento ablatorio: mancando il quale viene meno il presupposto stesso per configurare la trasformazione del diritto di proprietà in diritto all'indennizzo, e la domanda deve essere dichiarata inammissibile. Per la seconda, introduce il corollario per cui, per converso, emanato il provvedimento, sorge contestualmente ed è per ciò stesso azionabile, il diritto del proprietario a percepire detto indennizzo, ormai non più subordinato alla sua liquidazione in sede amministrativa (Corte cost. 67/1990): perciò identificandosi la vicenda ablatoria anche per il profilo degli effetti favorevoli al proprietario con il momento del decreto di espropriazione, con la conseguenza ulteriore che l'ammontare dell'indennità definitiva deve essere determinato con riguardo alla data del trasferimento coattivo della proprietà, tenendo dunque conto delle caratteristiche dell'immobile espropriato in questo momento (Cass. n. 17604/2013; 11406/2012; 20997/2008; 11054/2001).
6. Nella specie, l'affermazione del ricorrente secondo cui il provvedimento ablativo rispetto agli immobili in questione non è stato emesso non è contestata ex adverso, pertanto ci si deve limitare a definire in rito l'azione proposta (cfr. da ultimo, Cass. n. 3817 del 2016), con assorbimento degli altri motivi, con cui era stata censurata, per violazione di legge e vizio di motivazione, la ritenuta natura edificatoria del fondo, ed il relativo valore.
7. La novità della questione giustifica l'integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte cassa l'impugnata sentenza, dichiara improcedibile la domanda di determinazione dell'indennità di espropriazione e compensa per intero tra le parti le spese di merito e di legittimità.