Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Pescara
Sentenza 22 aprile 2016, n. 147

Presidente: Eliantonio - Estensore: Balloriani

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente impugna il silenzio-rigetto sul ricorso gerarchico avverso la scheda valutativa redatta sul suo conto per il periodo dal 13 gennaio 2014 al 12 gennaio 2015.

Nelle more del giudizio è stato adottato il decreto n. 113 del 1° settembre 2015 di rigetto del ricorso gerarchico.

Nel ricorso si lamenta l'illegittima attribuzione della qualifica "inferiore alla media" ad opera del compilatore luogotenente Giovanni D.D. e del revisore capitano Vincenzo F. (il cui giudizio peraltro si riferirebbe al solo periodo di 4 mesi, avendo da poco assunto il nuovo incarico).

Secondo il ricorrente, precedentemente qualificato come "nella media", il peggioramento del giudizio sarebbe attribuibile tra l'altro ad una sorta di sanzione per aver usufruito dei permessi di cui alla l. n. 104 del 1978.

All'udienza del 1° aprile 2016 la causa è passata in decisione.

Il Collegio osserva preliminarmente che il ricorso è procedibile anche se il ricorrente ha omesso di impugnare con motivi aggiunti il provvedimento tardivo di rigetto del ricorso gerarchico.

Si osserva infatti che l'inutile decorso del termine per l'adozione e la conseguente comunicazione di una determinazione esplicita sul gravame gerarchico non fa sorgere un atto tacito dal contenuto negativo presunto ex lege, ma piuttosto incide sulla legittimazione a ricorrere immediatamente, nel senso che l'interessato non è tenuto ad attendere oltre l'esito del ricorso amministrativo da lui stesso promosso, e può senz'altro adire il giudice per tutelarsi in sede di legittimità contro l'originario atto amministrativo lesivo della sua sfera (si tratta cioè di un presupposto processuale, cfr. C.d.S., ad. plen., n. 16 del 1989); e ciò proprio perché l'Amministrazione non perde il potere di pronunciarsi tardivamente in senso favorevole (con conseguente cessazione della materia del contendere) o sfavorevole all'interessato (cfr. C.d.S., parere n. 3082 del 15 maggio 2013).

Pertanto il decorso del termine di 90 giorni di cui all'art. 6 della l. n. 1199 del 1971 non determina la consumazione del potere amministrativo (cfr. C.d.S., sentenza n. 6712 del 2012).

Tuttavia, mentre l'annullamento in sede gerarchica determina la cessazione della materia del contendere, la conferma, sia pur con diversa motivazione, non pone in essere un provvedimento confermativo ma una conferma giustiziale di un atto ormai sub iudice e quindi non idonea più ad incidere in senso sfavorevole sulla situazione giuridica del ricorrente, che non ha pertanto l'onere di impugnare tale atto con motivi aggiunti (cfr. C.d.S., ad. plen., n. 16 del 1989; C.d.S., sentenza n. 1865 del 2015).

Nel merito, il Collegio rileva che dal contenuto delle conversazioni tra presenti registrate dal ricorrente all'insaputa del suo comandante diretto non emergono minacce ingiuste da parte del primo, ma solo inviti ad un maggior impegno e collaborazione per il buon andamento dell'ufficio; a non intendere i permessi per assistenza al disabile come un beneficio per il militare ulteriore rispetto alla licenza; ad offrire una interpretazione delle proprie mansioni non eccessivamente formale ma aperta alle esigenze mutevoli del servizio.

A fronte di ciò emerge viceversa la poca disponibilità del militare nel venire incontro a tali esigenze del reparto.

Pur dovendo l'Amministrazione comprendere le difficili condizioni familiari in cui può trovarsi anche un militare dei Carabinieri, gli elementi di prova da questo prodotti (ritenuti ammissibili e rientranti tra le prove di cui all'art. 2712 c.c., in quanto le conversazioni sono registrate da uno dei colloquianti; oltre che non rilevanti disciplinarmente, in quanto le conversazioni non risultano essersi svolte in luoghi privati di terzi o destinati a esplicazioni intime e riservate di terze persone, cfr. Cass., sentenza n. 26143 del 21 novembre 2013; né idonee a ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, a cui non viene richiesta la capacità di condividere segreti non strettamente funzionali al servizio, cfr. Cass., sentenza n. 27424 del 2014), rivelano in sostanza la presenza di numerosi interventi del comandante diretto, tesi ad ottenere dal militare stesso una maggiore collaborazione nell'espletamento del servizio, e a fronte di ciò un atteggiamento di quest'ultimo ispirato a poca disponibilità.

Ne consegue che ne risulta confermata la correttezza e giustificazione del giudizio qui gravato.

Quanto alla circostanza che il comandante della Compagnia ha valutato il ricorrente solo per 4 mesi circa, non si comprende perché ciò dovrebbe inficiare un giudizio negativo e non invece uno positivo.

In conclusione il ricorso si manifesta infondato e deve essere conseguentemente respinto, fermo restando l'obbligo dell'Amministrazione di impiegare, per quanto possibile, il militare in reparti ove il proprio rendimento possa meno risentire delle difficili condizioni familiari in cui versa; in modo tale da non porre in essere una concausa del suo insufficiente rendimento.

Le spese possono essere compensate in ragione dei motivi della decisione e della particolarità della controversia esaminata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.