Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 5 ottobre 2015, n. 19786

Presidente: Rordorf - Estensore: Curzio

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L'arch. Sabina R. e la Garaventa s.r.l. presentarono istanze al Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed usura, volte ad ottenere la concessione di benefici ai sensi della legge 108 del 1996 ("Disposizioni in materia di usura").

2. Il Commissario straordinario le respinse.

3. L'architetto e la società proposero ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

4. Il Consiglio di Stato, quarta sezione, con provvedimento del 6 marzo 2013, espresse il suo parere nel senso che il ricorso dovesse essere rigettato.

5. Esaminata la normativa di riferimento e udito il parere del Consiglio di Stato, il Presidente della Repubblica, con decreto del 17 luglio 2013, respinse il ricorso.

6. L'architetto R., in proprio quale libero professionista e in qualità di a.u. e garante della Garaventa s.r.l., chiede la cassazione del decreto del Presidente della Repubblica.

7. Il Ministero dell'interno - Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed usura, in persona del Ministro, ha depositato controricorso, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

8. Il Presidente della Repubblica non ha svolto attività difensiva.

9. Il ricorso per cassazione consta di un unico motivo, con il quale si denunzia violazione degli artt. 362 c.p.c., 110 c.p.a. in relazione all'art. 111, u.c., Cost. Si afferma che la cassazione del decreto presidenziale è richiesta ai sensi delle norme prima richiamate, invocando la pronuncia Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065. Il ricorso si articola poi in relazione ai tre decreti emessi dal Commissario straordinario assumendo, per ciascuno di essi, che il Consiglio di Stato nel suo parere avrebbe travalicato il limite esterno della giurisdizione, facendo proprie affermazioni della Prefettura e del Commissario straordinario, nonché provvedimenti della magistratura penale che portarono all'archiviazione delle denunzie, il cui contenuto è sotto vari profili oggetto di contestazione da parte delle ricorrenti.

10. All'esito di tale esposizione, viene formulata la seguente testuale conclusione: "il travalicamento del parere del Consiglio di Stato va dunque risolto con quanto sancito dall'art. 362 c.p.c. perché l'impugnato decreto (del Presidente della Repubblica) dev'essere cassato e il fascicolo rimesso dinanzi a questa Ecc.ma Corte di cassazione a S.U. per le decisioni di ordine e di giustizia al fine di scongiurare possibili e ben più gravi evoluzioni della vicenda malavitosa".

11. Al di là della contraddittorietà e indeterminatezza della richiesta conclusiva del ricorso, nonché dell'esposizione che la precede, esso è inammissibile per le ragioni che di seguito si esporranno.

12. Il corretto inquadramento della materia impone di distinguere due problemi: quello della ammissibilità in astratto di un ricorso per cassazione contro il provvedimento con il quale il Presidente della Repubblica decide in caso di ricorso straordinario, e quello dei limiti di tale impugnazione.

13. Il punto di orientamento per la soluzione del primo problema è costituito dall'art. 111 Cost., il quale statuisce che "contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge" (settimo comma), mentre all'ottavo comma, precisa: "contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione".

14. Per stabilire se sia ammissibile il ricorso per cassazione contro il decreto del Presidente della Repubblica che decide sul ricorso straordinario al Capo dello Stato è necessario accertare se quel decreto sia un atto amministrativo o un atto giurisdizionale.

15. La questione, estremamente controversa, sino a pochi anni fa veniva risolta affermando che si tratta di un provvedimento amministrativo.

16. L'istituto del ricorso al Re, già presente nel Regno di Sardegna e ridisegnato dalle leggi Rattazzi del 1859, dopo l'unità venne conservato dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248 all'interno della unificazione amministrativa del Regno d'Italia; in tale contesto ordinamentale trovò anzi un ampio spazio di operatività, a causa dell'abolizione dei tribunali speciali investiti del contenzioso amministrativo disposta con l'allegato E. Ma il ricorso straordinario sopravvisse anche quando la legge 31 marzo 1889, n. 5992 ricostituì un sistema di giustizia amministrativa istituendo la IV sezione del Consiglio di Stato con competenze e funzioni giurisdizionali.

17. Il sistema fu riordinato dalla legge 7 marzo 1907, n. 62, che a sua volta conservò l'istituto del ricorso straordinario introducendo alcune importanti innovazioni: la previsione di un termine per proporre il ricorso, la necessità del contraddittorio con l'autorità che aveva emesso il provvedimento impugnato e con gli altri interessati, nonché la possibilità da parte di questi ultimi di proporre opposizione, "nel qual caso il giudizio avrà luogo in sede giurisdizionale" (art. 4, legge 62/1907), snodo cruciale poi riaffermato dall'art. 34 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, testo unico del Consiglio di Stato, che qualificò l'istituto come ricorso "in sede amministrativa".

18. La giurisprudenza del Consiglio di Stato si divise sulla natura del provvedimento conclusivo del procedimento, tra sentenze che ne affermavano la natura giurisdizionale (C.d.S., ad. gen., 1° aprile 1909, n. 243; sez. I, 27 novembre 1947, n. 1140) ed altre che la negavano (C.d.S., sez. V, 4 marzo 1932).

19. Entrata in vigore la Costituzione repubblicana si dubitò della compatibilità dell'istituto con il sistema costituzionale ed in particolare con l'art. 113, primo comma, Cost., ma la questione fu risolta dalla giurisprudenza salvaguardando ancora una volta l'istituto (C.d.S., ad. gen., 26 agosto 1950, n. 291; 19 febbraio 1951, n. 94; Corte cost., 31 dicembre 1986, n. 298, cui si rinvia anche per gli ulteriori riferimenti).

20. Il legislatore ordinario poi regolamentò analiticamente il ricorso straordinario, dedicandogli il terzo capo del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 sui ricorsi amministrativi, il cui art. 8, secondo comma, precisò che, quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il ricorso straordinario da parte dello stesso interessato. Simmetricamente, la legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali, all'art. 20, quarto comma, escluse che il ricorso giurisdizionale potesse essere proposto qualora fosse stato già presentato un ricorso straordinario. I due rimedi sono pertanto alternativi, scelta una via non può percorrersi l'altra.

21. Si ridiscusse, all'interno del quadro normativo post-costituzionale, della natura del provvedimento che decide sul ricorso straordinario, affrontando il problema a volte per stabilire se fosse ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., altre volte per stabilire se il provvedimento fosse idoneo a costituire giudicato e se fosse conseguentemente possibile il giudizio di ottemperanza.

22. La giurisprudenza di Cassazione fu per decenni costantemente orientata nel senso che quel provvedimento ha natura di atto amministrativo (Cass., sez. un., 2 ottobre 1953, n. 3141; 28 settembre 1968, n. 2992) e quindi non è ricorribile in cassazione (Cass., sez. un., 29 marzo 1971, n. 903; 11 novembre 1988, n. 6075; 17 gennaio 2005, n. 734) e non è idoneo a costituire giudicato (Cass., sez. un., 18 dicembre 2001, n. 15978).

23. La soluzione venne condivisa dalla Corte costituzionale, che si è dovuta occupare del problema della ammissibilità o meno di questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, esprimendosi nel senso dell'inammissibilità per mancanza di natura giurisdizionale di quell'atto (Corte cost. 254/2004; nonché ordd. 357 e 392 del 2004; 282/2005; ma già 31 del 1975, 148 del 1982, 298 del 1986 e 56 e 301 del 2001).

24. La scelta fu anche condivisa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, laddove ritenne che le disposizioni della CEDU non trovino applicazione al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (Corte EDU, sez. 13a, 28 settembre 1999, Nardella c. Italia).

25. In senso difforme si espresse la Corte di giustizia, considerando ammissibili questioni di interpretazione di norme comunitarie proposte dal Consiglio di Stato in sede di parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (Corte di giustizia CE, 16 ottobre 1997, cause C-69-79/96).

26. Il quadro normativo di riferimento è cambiato all'inizio del nuovo millennio e ciò ha determinato un ripensamento che si è espresso nelle sentenze 28 gennaio 2011, n. 2065, 19 dicembre 2012, n. 23464 e 14 maggio 2014, n. 10414 di queste sezioni unite.

27. Le più rilevanti modifiche normative che hanno inciso sui connotati dell'istituto possono essere così schematizzate.

28. L'art. 3, quarto comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205 ha previsto la tutela cautelare per gravi ed irreparabili danni derivanti dall'esecuzione dell'atto impugnato con ricorso straordinario, mediante sospensione disposta con atto motivato del ministero competente su parere conforme del Consiglio di Stato. La previsione è inserita in una legge sulla giustizia amministrativa ("Disposizioni in materia di giustizia amministrativa") e specificamente in un articolo intitolato "disposizioni generali sul processo cautelare", il che è chiaro indice della scelta legislativa di considerare il ricorso straordinario un'articolazione della giustizia amministrativa. Nella stessa logica, l'art. 15 della medesima legge ha previsto che i pareri del Consiglio di Stato sono pubblici e recano l'indicazione del presidente del collegio e dell'estensore, avvicinando così i pareri alle sentenze.

29. L'art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha riformato sotto molteplici profili il sistema della giustizia civile, è specificamente dedicato al ricorso straordinario che, nel titolo dell'articolo, viene qualificato rimedio "giustiziale" contro la pubblica amministrazione.

30. A parte questa indicazione lessicale, due sono i cambiamenti di rilievo sistematico introdotti dalla normativa del 2009. Il parere del Consiglio di Stato diviene vincolante, perché il decreto del Presidente della Repubblica deve essere adottato su proposta del Ministro competente "conforme" al parere del Consiglio di Stato, mentre in precedenza era possibile una decisione in senso difforme rispetto al parere, previa delibera del Consiglio dei ministri. Inoltre, è stata espressamente prevista la possibilità per il Consiglio di Stato di sollevare, in occasione dell'espressione del suo parere, questione di legittimità costituzionale della normativa da applicare.

31. Secondo un giudizio ormai largamente condiviso e consolidato queste due modifiche hanno rimosso gli ostacoli più consistenti all'affermazione della natura giurisdizionale dell'atto. In particolare, il parere assolutamente vincolante rende il decreto meramente dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in modo compiuto e definitivo. La possibilità per il Consiglio di Stato, in sede di parere nella procedura per ricorso straordinario, di sollevare questione di costituzionalità è stata giudicata dalla Corte costituzionale (Corte cost., 2 aprile 2014, n. 73) «coerente con i criteri posti dall'art. 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ai sensi del quale la questione di legittimità costituzionale deve essere rilevata o sollevata "nel corso di un giudizio" e deve essere ritenuta non manifestamente infondata da parte di un "giudice"».

32. Il codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) in più disposizioni si occupa del ricorso straordinario.

33. L'art. 7 c.p.a. definisce il perimetro delle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa ed, all'ultimo comma, precisa che il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. In questo modo il codice riduce l'ambito di applicazione dell'istituto, escludendo ogni possibilità di intervento in sfere di competenza della giurisdizione ordinaria. Sempre nella medesima logica restrittiva, l'art. 120, primo comma, c.p.a., esclude l'esperibilità avverso gli atti delle procedure di affidamento relative a pubblici lavori servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti dell'Autorità sulla vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi, forniture; così come l'art. 128 ne esclude l'esperibilità in materia di contenzioso delle operazioni elettorali.

34. L'inserimento della disciplina sull'ambito di applicazione del ricorso straordinario all'interno di una norma intitolata "giurisdizione amministrativa" è ulteriore indice dell'attrazione dell'istituto nell'area della giurisdizione. Il contenuto della norma poi conferma che, nel nuovo assetto delineato dal codice, i due procedimenti, ordinario e straordinario, costituiscono articolazioni, diverse ed alternative, ma interne al sistema della giurisdizione amministrativa.

35. Come ha ricordato la Corte costituzionale, l'estensione del ricorso straordinario anche a materie di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria era il frutto di una risalente tradizione interpretativa, consolidatasi, "praeter legem", nel presupposto della natura amministrativa del rimedio, in virtù della quale era consentito al giudice ordinario disapplicare la decisione sul ricorso straordinario al Capo dello Stato. Di conseguenza, la netta esclusione di tale estensione da parte del codice del processo amministrativo, risponde ad una finalità di "ricomposizione sistematica", perché è consequenziale alla scelta del legislatore del 2009 nel senso della traslazione del ricorso straordinario dall'area dei ricorsi amministrativi a quella dei rimedi giustiziali, che aveva fatto venire meno il presupposto su cui si fondava la tradizione interpretativa su ricordata (Corte cost., 2 aprile 2014, n. 73).

36. Un'ulteriore conferma della natura giurisdizionale si ha nell'art. 48 del c.p.a. in cui si stabilisce che "qualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale amministrativo regionale". In quel "il giudizio segue" vi è un segno preciso della omogeneità dei due diversi procedimenti sotto il profilo della natura giurisdizionale del sistema di cui costituiscono articolazione. Simmetrica riflessione scaturisce dal terzo comma del medesimo articolo, per il quale qualora l'opposizione sia inammissibile, il TAR dispone la restituzione del fascicolo "per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria".

37. Acquista poi rilievo, anche ai fini del tema in esame, il nuovo assetto del giudizio di ottemperanza delineato dal codice del processo amministrativo agli artt. 112 e 113. La ricostruzione più lineare del sistema è nel senso che la decisione adottata in sede di ricorso straordinario trova la sua collocazione sistematica nell'ambito della lett. b) del secondo comma dell'art. 112 c.p.a. e quindi il ricorso per l'ottemperanza si deve proporre, ai sensi del primo comma dell'art 113, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica "il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta". Nelle decisioni che si sono espresse in tal senso si è sottolineato come «il "petitum" proposto in sede di ricorso straordinario sia perfettamente equiparabile (e produca lo stesso effetto) ad una "domanda giudiziale"» (così: C.d.S., VI sez., 10 giugno 2011, n. 3513; ma v. anche Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065; C.d.S., ad. pl., 5 giugno 2012, n. 18; Cass., sez. un., 19 dicembre 2012, n. 23464; C.d.S., ad. pl., 6 maggio 2013, n. 9; Cass., III sez., 2 settembre 2013, n. 20054, con precisazioni in ordine al momento in cui la giurisdizionalizzazione può dirsi compiuta). Questa soluzione, largamente prevalente, oltre alla simmetria, tra organo che decide la controversia e quello che decide sull'ottemperanza, che dà maggiore linearità, ordine ed efficacia al sistema, presenta anche il pregio di evitare l'anomalia di un giudizio di ottemperanza in doppio grado finalizzato all'attuazione di una decisione adottata nell'ambito di un giudizio semplificato in unico grado, tendente, nell'accordo delle parti, ad una definizione sollecita della controversia.

38. Tutte le modifiche su richiamate interagiscono con altri elementi già presenti nel preesistente contesto normativo che acquistano oggi maggior rilievo, quale la previsione per cui "i decreti del Presidente della Repubblica che decidono i ricorsi straordinari possono essere impugnati per revocazione nei casi previsti dall'art. 395 c.p.c." (art. 15 del d.P.R. 24 novembre 1971, prima richiamato). In tal modo, si estende al provvedimento che decide sul ricorso straordinario una previsione codicistica che concerne "le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado" (art. 395, primo comma, c.p.c.). Tale equiparazione, in sinergia con gli elementi aggiunti dai provvedimenti legislativi successivi, avvalora la tesi della natura giurisdizionale del provvedimento.

39. Per completezza del quadro deve infine ricordarsi che il testo unico sulle spese di giustizia, prevedendo, a seguito di recenti modifiche, che in caso di proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica deve essere corrisposto il contributo unificato, offre un ulteriore indice della volontà legislativa di considerare l'istituto di natura giurisdizionale, perché il contributo è previsto "per i processi civili ed amministrativi" (comma 6-bis, lett. e) dell'art. 13, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 37, sesto comma, lett. s), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).

40. Tutto questo complesso di elementi induce a ribadire che il decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, nel procedimento per ricorso straordinario, ha "natura sostanziale di decisione di giustizia e quindi natura sostanziale giurisdizionale". Vi è esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza e nel rispetto della regole del contraddittorio, opera una verifica di legittimità dell'atto impugnato con ricorso (straordinario) di una parte e senza l'opposizione (e quindi con il consenso) di ogni altra parte intimata, le quali tutte così optano per un procedimento più rapido e snello, privo del doppio grado di giurisdizione, per accedere direttamente - e quindi "per saltum" - al controllo di legittimità del Consiglio di Stato (sez. un., 23464/2012).

41. Su questa soluzione concorda l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (C.d.S., ad. plen. n. 9 e n. 10 del 2013), che, componendo un contrasto (invero non definitivamente risolto, cfr. C.d.S., 31 luglio 2014, n. 1033), ha scelto la tesi che afferma la natura "sostanzialmente giurisdizionale del rimedio e dell'atto terminale della relativa procedura", aggiungendo che non ostano a tale riconoscimento le persistenti peculiarità che il rimedio presenta rispetto all'ordinario processo amministrativo, con riferimento al perimetro delle azioni esperibili, alle forme di esplicazione del contraddittorio, alle modalità di svolgimento dell'istruttoria e al novero dei mezzi di prova acquisibili.

42. Su questa linea concorda, come si è visto, la Corte di giustizia dell'unione europea (v. supra, punto n. 25), mentre l'unica decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo successiva alle modifiche del quadro normativo che hanno indotto alle nuove valutazioni, non sembra abbia tenuto conto di tali cambiamenti (Corte EDU, Sezione II, 2 aprile 2013, Tarantino ed altri c. Italia).

43. La Corte costituzionale nella sentenza n. 73 del 2014, già richiamata, ha affermato che i recenti interventi legislativi hanno «modificato l'antico ricorso amministrativo, trasformandolo in un rimedio giustiziale, che è sostanzialmente assimilabile ad un giudizio», per trarne la conclusione, affrontando la questione di costituzionalità sollevata dal Consiglio di Stato, che il legislatore del codice del processo amministrativo non ha ecceduto la delega laddove ha ridefinito in senso riduttivo l'ambito del ricorso straordinario, in quanto la normativa sul ricorso straordinario non può dirsi estranea ad un delega avente ad oggetto il riassetto della disciplina del processo amministrativo, «la quale include, tra l'altro, il riordino delle norme vigenti "sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni"».

44. In conclusione, secondo un giudizio largamente convergente e consolidato, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è "un procedimento di natura giurisdizionale, con una marcata connotazione di specialità" (Cass., sez. un., 10414 del 2014), connotazione che però, lungi dall'implicare il riconoscimento della natura amministrativa della procedura e dell'atto che la definisce, risulta coerente con la volontà di enucleare un rimedio giurisdizionale semplificato, in unico grado, imperniato su sostanziale assenso delle parti (C.d.S., ad. plen. n. 9 del 2013, cit.).

45. Questa qualificazione dogmatica comporta una serie di conseguenze. Sul piano del regime delle impugnazioni implica che il decreto presidenziale, nella parte in cui ricalca il parere vincolante del Consiglio di Stato, rientra nell'ambito di applicazione dell'ottavo comma dell'art. 111 della Costituzione, per cui può essere oggetto di ricorso per cassazione.

46. La seconda questione da affrontare consiste nello stabilire "per quali motivi" può essere proposto il ricorso per cassazione contro il provvedimento che definisce il ricorso straordinario. La risposta è lineare: per gli stessi motivi per i quali si può ricorrere in Cassazione contro un'ordinaria decisione del Consiglio di Stato. Il che significa, nel raggio d'azione tracciato dall'art. 111, ottavo comma, Cost., che il ricorso per cassazione è proponibile ai sensi dell'art. 362 c.p.c. ("Possono essere impugnate con ricorso per cassazione nel termine di cui all'art. 325, secondo comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso") e dell'art. 110 c.p.a. ("Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione").

47. Le sezioni unite hanno più volte precisato il concetto di "motivi attinenti alla giurisdizione" (secondo la terminologia utilizzata dal codice di procedura civile, agli artt. 362 e 360, primo comma, n. 1; il codice del processo amministrativo usa invece il sinonimo "motivi inerenti alla giurisdizione", richiamando il lessico costituzionale).

48. Le coordinate entro cui si colloca il concetto sono le seguenti.

49. In linea generale, si può impugnare una decisione del Consiglio di Stato per aver violato o i confini che distinguono le funzioni dello Stato (legislativa, amministrativa, giurisdizionale) o, all'interno della funzione giurisdizionale, i confini che distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali. Nella lingua tedesca alle due nozioni corrispondono termini diversi: Rechtsprechung, il cui etimo corrisponde a quello delle altre lingue (Recht: diritto, ius e sprechen, dire, dicere) e Gerichtsbarkeit, il primo indica il potere di giudicare, il secondo la competenza giurisdizionale.

50. Sul piano sistematico, il motivo attinente alla giurisdizione è una forma speciale di violazione di legge, perché riguarda specificamente le leggi che disciplinano la giurisdizione. È violazione delle norme di diritto che disciplinano i "limiti esterni" della giurisdizione.

51. Con riferimento ai confini tra funzioni dello Stato, può essere accaduto che il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di competenza del legislatore o la sfera di competenza della discrezionalità amministrativa (su queste distinzioni, cfr. tra le ultime, Cass., sez. un., 12 dicembre 2012, n. 22784). Tali violazioni attengono (o ineriscono, che dir si voglia) alla giurisdizione e possono essere oggetto di ricorso per cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato. La violazione della giurisdizione in generale può essere anche di segno opposto, e cioè negativa, nel senso che il Consiglio di Stato può aver negato la giurisdizione sull'erroneo presupposto che la domanda non potesse formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale. Anche questa situazione può formare oggetto di ricorso per cassazione.

52. Rientrano poi sempre nell'area dei motivi inerenti la giurisdizione, le violazioni dei limiti della giurisdizione non del giudice amministrativo in quanto giudice, ma in quanto giudice amministrativo. Cioè i confini, non tra la giurisdizione ed altre funzioni dello Stato, bensì tra le varie sfere interne alla giurisdizione. Anche in questo caso il fenomeno può essere positivo, e quindi invasivo della sfera altrui, o negativo, quando il giudice abbia omesso di pronunziarsi su questioni sulle quali era tenuto a decidere.

53. La prima ipotesi ricorre quando il Consiglio di Stato abbia giudicato su materia attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria oppure ad altra giurisdizione speciale; il secondo quando abbia negato la propria giurisdizione nell'erroneo convincimento che essa appartenesse ad altro giudice.

54. Infine, si è ancora nell'area dei motivi inerenti alla giurisdizione, quando il Consiglio di Stato abbia travalicato limiti che derivano dalla "articolazione" (questo il termine usato dall'art. 7, terzo comma, c.p.a.) della giurisdizione amministrativa in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva e di merito.

55. La giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguarda le controversie in cui si discute di interessi legittimi (più specificamente, per usare la formula dell'art. 7, quarto comma, c.p.a., "controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesioni di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali conseguenziali"). Essa è generale perché attribuita in via di regola generale al sistema giudiziario TAR-Consiglio di Stato.

56. Le altre due hanno carattere speciale ed aggiuntivo. Speciale, perché si riferiscono esclusivamente a fattispecie tassativamente individuate dal legislatore; aggiuntivo, in quanto l'ambito di cognizione ed i relativi poteri decisori vanno a cumularsi e a integrare quelli caratteristici della competenza generale di legittimità. La giurisdizione esclusiva consente di conoscere "anche le controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi" (art. 7, quinto comma, c.p.a.). La giurisdizione di merito è quella in cui "il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione" (art. 7, sesto comma; i casi sono indicati dall'art. 134 c.p.a.). Le due giurisdizioni speciali possono cumularsi in relazione alla singola fattispecie, dando luogo alla competenza esclusiva di merito.

57. Costituisce motivo di ricorso attinente alla giurisdizione quello con il quale si denunzia che il Consiglio di Stato abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione di merito o esclusiva, al di fuori dei casi in cui la legge lo consente (sul punto, cfr., tra le ultime, Cass., sez. un., 4 febbraio 2014, n. 2403).

58. Infine, con riferimento specifico ai compiti del Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, i motivi inerenti alla giurisdizione si rapportano ai limiti dell'istituto che, come si è visto (v., supra, punti n. 32-36), il legislatore ha ridefinito in senso riduttivo nel codice del processo amministrativo.

59. Rimangono invece fuori dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si denunzi un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, quando cioè si prospetti una violazione nell'interpretazione di norme di legge, o falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all'interno dell'area riservata alla sua giurisdizione. In questo caso il vizio, attenendo all'esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione. (così, Cass., sez. un., 2403 del 2014, nonché Cass., sez. un., 29 aprile 2005, n. 8882 e 29 marzo 2013, n. 7929).

60. Nel caso in esame, le doglianze, al di là delle asserzioni contenute nella parte iniziale del ricorso, concernono tutte valutazioni interne al potere giurisdizionale del giudice amministrativo, ed anzi, alcune di esse si spingono oltre, proponendo in questa sede censure concernenti il procedimento penale, la cui conclusione (archiviazione per insussistenza dei fatti), costituisce uno dei presupposti delle decisioni con le quali l'autorità amministrativa negò alle ricorrenti i benefici previsti dalla legislazione in materia di usura. Infatti, nella sua motivazione il Consiglio di Stato ha rilevato: "risulta dagli atti che le denunce relative al reato di usura, ai quali tutte e tre le istanze di concessione dei benefici si riferivano, si sono concluse tutte con decreti di archiviazione per insussistenza dei fatti, per cui, venuta meno la scaturigine criminale posta a base delle richieste, legittimamente l'amministrazione ha denegato la concessione del beneficio".

61. È evidente che le censure concernenti il merito della valutazioni del Consiglio di Stato, nonché "a fortiori", degli altri giudici che si sono occupati dei pretesi episodi di usura escludendone la sussistenza, alle cui decisioni definitive l'autorità amministrativa si è riportata nei tre decreti del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative contro l'estorsione e l'usura datati 7 settembre 2011, nn. 491, 492 e 493, che respinsero le istanze delle ricorrenti, non rientrano nell'area dei motivi attinenti alla giurisdizione.

62. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

63. Le spese della parte che ha svolto attività difensiva (Ministero dell'interno - Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura) devono essere poste a carico di chi perde il giudizio. Nulla invece sulle spese per la Presidenza della Repubblica, che non ha ritenuto di svolgere attività difensiva.

64. A causa dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, documentata nel fascicolo di parte, non sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del Ministero controricorrente, liquidandole in 5.000,00 euro, oltre spese prenotate a debito.