Corte di cassazione
Sezione lavoro
Sentenza 23 ottobre 2015, n. 21646
Presidente: Amoroso - Estensore: Manna
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18 luglio 2005 il Tribunale di Siracusa rigettava - per quel che rileva nella presente sede - la domanda con cui Salvatore B., assistente amministrativo in servizio presso il Comando dei Vigili del fuoco di Siracusa, aveva chiesto l'annullamento della sanzione disciplinare della censura irrogatagli il 12 luglio 2002 dal comandante.
Con sentenza depositata il 4 agosto 2011 la Corte d'appello di Catania, in riforma della statuizione di prime cure, dichiarava la nullità della sanzione in discorso perché irrogata da un soggetto dell'ente diverso dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Ministero dell'interno affidandosi ad un solo motivo.
Salvatore B. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 55 d.lgs. n. 165/2001 nel testo vigente all'epoca dei fatti (12 luglio 2002), per avere la sentenza impugnata ritenuta nulla la sanzione in quanto irrogata dal capo della struttura in cui il dipendente opera anziché dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, che - contrariamente a quanto suppone la Corte territoriale - è, in realtà, competente per le sanzioni diverse dal rimprovero verbale e dalla censura, per le quali è invece competente il capo della struttura.
2. Il ricorso è fondato.
Dispone l'art. 55, comma 4, d.lgs. n. 165/2001 (nel testo vigente all'epoca dei fatti, ossia il 12 luglio 2002, prima della novella di cui al d.lgs. n. 150/2009): "Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente".
Il contenuto di tale disposizione viene ripreso dalla giurisprudenza di questa S.C. nel momento in cui statuisce che, ai sensi del cit. art. 55 d.lgs. n. 165/2001, la violazione delle norme sulla competenza interna dell'ufficio per i procedimenti disciplinari implica nullità della sanzione applicata da altro soggetto, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura (cfr. Cass. n. 14628/2010; Cass. n. 20981/2009; Cass. n. 2168/2004).
Tuttavia, a ben vedere, tale giurisprudenza non chiarisce esattamente (anche perché in quelle occasioni la sanzione impugnata era più grave) se, in ipotesi di rimprovero verbale o di censura, resti ferma la competenza interna dell'ufficio per i procedimenti disciplinari in ordine a tutta l'istruttoria del procedimento e soltanto l'irrogazione di tali sanzioni sia affidata al capo della struttura (come statuito dalla Corte territoriale), oppure se questi possa provvedere da sé a tutto l'iter disciplinare, compreso l'atto terminale di applicazione del rimprovero verbale o della censura (come sostiene l'odierno ricorrente).
Ritiene la Corte di condividere quest'ultima opzione interpretativa, conforme ad un'interpretazione teleologica e sistematica della norma in commento.
Sotto il primo profilo, si consideri che sarebbe contraddittorio, rispetto alla finalità della disposizione, il prevedere una più articolata e garantita procedura (con un doppio passaggio, dapprima presso l'ufficio per i procedimenti disciplinari, poi innanzi al capo struttura) per le sanzioni in assoluto di minor gravità (vale a dire il rimprovero verbale e la censura) e, invece, una procedura meno garantita (cioè solo innanzi all'ufficio per i procedimenti disciplinari) per le sanzioni più gravi.
Ancor più tale contraddittorietà si rivela in tutta la propria evidenza se solo si pensa, in particolare, alla sanzione del rimprovero verbale (che nel citato art. 55, comma 4, d.lgs. n. 165/2001 è accomunato alla censura), rimprovero verbale che per sua stessa natura presuppone un'immediatezza e una compresenza degli interlocutori (capo struttura e suo subordinato) incompatibili con un così articolato procedimento, per di più da svolgersi in forma scritta e davanti a due differenti uffici della stessa amministrazione.
Sotto il profilo sistematico l'opzione ermeneutica accolta dalla gravata pronuncia collide con l'omologo istituto del procedimento disciplinare di cui all'art. 7 l. n. 300/1970 (le cui garanzie si estendono, ex art. 51, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, anche al pubblico impiego contrattualizzato: cfr. Cass. n. 8642/2010), procedimento che non si applica a sanzioni come il rimprovero verbale.
Dunque, se per il rimprovero verbale ogni competenza disciplinare necessariamente appartiene al capo della struttura in cui il dipendente lavora, alla medesima conclusione deve pervenirsi riguardo alla censura, che l'art. 55-bis, comma 4, cit., ultimo periodo, testualmente accomuna, quanto a competenza, alla prima - meno grave - sanzione.
Da ultimo, è appena il caso di segnalare l'irrilevanza nella presente sede delle difese svolte dal controricorrente sul merito dell'addebito, ritenuto assorbito dalla gravata pronuncia, che si era arrestata all'aspetto procedurale erroneamente ravvisando la nullità della sanzione per difetto di titolarità del potere disciplinare da parte del capo della struttura in cui il dipendente lavora.
3. In conclusione il ricorso è da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "In materia disciplinare nel pubblico impiego contrattualizzato, ai sensi dell'art. 55, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui al d.lgs. n. 150/2009, ove la sanzione da irrogare sia quella del rimprovero verbale o della censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora è competente non solo ad applicare la sanzione medesima, ma anche a curare il relativo procedimento disciplinare".
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina.