Corte di cassazione
Sezione II penale
Sentenza 21 luglio 2015, n. 36463
Presidente: Esposito - Estensore: Pellegrino
RITENUTO IN FATTO
1. C.A. presenta istanza di rimessione ad altro giudice e di sospensione, ai sensi degli artt. 45 e ss. c.p.p., del processo pendente nei suoi confronti presso la Corte d'appello di Bologna.
2. L'istanza è fondata sull'allegazione di una generica inimicizia nutrita dai magistrati e dalle forze dell'ordine di quella località, in conseguenza di denunce proposte dall'interessato nel corso degli anni 80 e 90, che non avevano condotto ad alcun accertamento ed al compimento di atti persecutori nei suoi confronti, che inducevano l'interessato a ritenere impossibile ottenere dinanzi al giudice territoriale, una serena valutazione dei fatti a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente si rileva l'inammissibilità dell'istanza atteso che non si rinvengono in atti le notifiche prescritte dall'art. 46, comma 1 e 4, c.p.p.
2. Nel merito, l'istanza di rimessione appare manifestamente infondata per assoluta genericità e, come tale, risulta immeritevole di accoglimento.
3. Ritiene il Collegio di dover premettere che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del Giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporti la necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la "translatio iudicii" (v. Sez. un., sent. n. 13687 del 28 gennaio 2003; Sez. 2, sent. n. 3055 del 3 dicembre 2004).
Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolga e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del Giudice (inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolga il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall'altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa.
Si è, poi, affermato che il pregiudizio della libertà di determinazione delle persone che partecipino al processo si identifica nel condizionamento che queste persone subiscono in quanto soggetti passivi di una vera e propria coartazione fisica o psichica che, incidendo sulla loro libertà morale, imponga una determinata scelta, quella della parzialità o della non serenità, precludendone altre di segno contrario (v. Cass., Sez. 6, 10 ottobre 2003, n. 42773).
Si è quindi precisato come "la grave situazione locale" che caratterizza l'istituto deve essere necessariamente costituita da un fenomeno esterno alla dialettica processuale, con caratteristiche tali da porre in concreto pericolo la libertà di giudizio delle persone che partecipano al processo, mentre i comportamenti del Giudice ed i provvedimenti da questi assunti rilevano solo in quanto dipendano dalla situazione esterna ed assumano valore sintomatico d'una mancanza di imparzialità dell'intero ufficio giudiziario (v. Cass., Sez. 6, 6 febbraio 2004, n. 44570).
Il legittimo sospetto che impone, quindi, la rimessione del procedimento ad altro Giudice deve riferirsi all'ufficio giudiziario inteso nel suo complesso, e non ad un singolo magistrato o ad un singolo organo collegiale dell'ufficio.
Un quadro referenziale - dunque - di cui diviene coerente esito il rilievo che, se la richiesta di rimessione deve fondarsi su evenienze gravi e tali da indurre il timore che a causa di una peculiare situazione ambientale l'imparzialità dei giudici possa essere incisa e menomata, esponendo a rischio il corretto esplicarsi della funzione giurisdizionale, la richiesta e l'eventuale rimessione non possono essere giustificate da "mere congetture, supposizioni o illazioni ovvero da vaghi timori soggettivi dell'imputato" (v. Cass., Sez. 4, 27 aprile 2007, n. 25029).
4. Tutto ciò premesso in diritto, il tema della decisione consiste nel verificare se la situazione di fatto esposta dal richiedente integri la fattispecie prevista dalla norma, così come specificata dalle decisioni di questa Corte sopra riportate (cfr., Sez. 5, sent. n. 41694 del 15 luglio 2011, dep. 14 novembre 2011, Holzeisen, Rv. 251110; Sez. 6, sent. n. 22113 del 6 maggio 2013, dep. 23 maggio 2013, Berlusconi e altri, Rv. 255375).
5. Ritiene il Collegio che la risposta debba essere negativa.
Nella fattispecie, si è in presenza di una situazione processuale che ha avuto una dialettica del tutto ordinaria e nella quale non risulta essersi appalesata alcuna anomalia che possa far fondatamente ritenere che l'attuale procedimento in essere nei confronti del C. costituisca la causa ovvero l'effetto di una situazione ambientale anomala in danno dello stesso, tale da incidere sulla serenità e sull'imparzialità dei giudicanti con compromissione della corretta esplicazione della funzione giurisdizionale.
Di contro, il complessivo ragionamento sviluppato nella richiesta di rimessione si mostra palesemente erroneo, sul piano metodologico e sistematico, sotto duplice concorrente profilo.
Per un verso, episodi e contesti comportamentali dei singoli magistrati e delle forze dell'ordine esposti nella richiesta, tutti - nessuno escluso - di diretta promanazione processuale (giurisdizionale) o endoprocessuale, sono raffigurati e commentati, peraltro senza alcun oggettivo elementi dimostrativo, quali epifenomeni rappresentativi, per loro sommatoria, della grave situazione ambientale giustificante l'invocata rimessione del giudizio penale pendenti innanzi all'autorità giudiziaria bolognese.
Per altro verso - mediante un percorso argomentativo autoreferenziale e circolare, vero e proprio paralogismo basato su una errata premessa - l'istante indulge nel ritenere tautologicamente comprovata la gravità della situazione locale bolognese in base all'insieme degli episodi e dei contegni processuali elencati nella richiesta: laddove occorre, invece, dimostrare il contrario e cioè che questi ultimi siano il prodotto di una ipotizzata grave e ineliminabile situazione locale.
Situazione "contaminata" di cui non è offerto alcun reale indice e di cui non è dato rinvenire traccia alcuna negli atti: da qui l'inammissibilità dell'istanza.
6. Alla pronuncia consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l'istanza di rimessione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende.
Depositata il 9 settembre 2015.