Corte di cassazione
Sezione tributaria
Sentenza 19 giugno 2015, n. 12768

Presidente: Piccininni - Estensore: Olivieri

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 8 maggio 2012, n. 69 la Commissione tributaria della regione Molise accoglieva l'appello dell'Ufficio di Termoli della Agenzia delle Entrate ed in parziale riforma della decisione di prime cure dichiarava legittima la cartella esattoriale notificata a TCM s.r.l. in data 18 aprile 2007 da SRT s.r.l. - concessionario della riscossione per la provincia di Campobasso - con al quale veniva intimato il pagamento delle maggiori somme dovute dalla società per gli anni 2002 e 2003 a titolo IVA, IRPEG ed IRAP, ritenendo invece non dovute le somme liquidate a titolo di sanzioni pecuniarie.

La Commissione territoriale rilevava che la potestà impositiva era stata legittimamente esercitata atteso che l'art. 28 della l. n. 449/1997, con norma interpretativa, aveva definito ordinatorio il termine di cui all'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 per la esecuzione dei controlli automatizzati, avendo la Corte costituzionale con sentenza 11 giugno 1999, n. 229 rilevato che ciò non determinava pregiudizio al contribuente, rimanendo sempre applicabile il termine di decadenza (31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione) previsto dall'art. 43 d.P.R. n. 600/1973, norma espressamente richiamata dall'art. 17 d.P.R. n. 602/1973. Inoltre, aggiungevano i Giudici di appello, la cartella di pagamento notificata il 18 aprile 2007 rispettava sia il termine di decadenza del "31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione" stabilito dalla disciplina transitoria introdotta dall'art. 1, comma 5-ter, lett. b), n. 2), del d.l. n. 106/2005, applicabile alla dichiarazione per l'anno d'imposta 2002, presentata nel 2003, sia il termine del "31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione" stabilito dalla disciplina speciale introdotta dall'art. 1, comma 5-bis, lett. a), applicabile alla dichiarazione per l'anno d'imposta 2003, presentata nel 2004.

I Giudici di appello rigettavano inoltre l'appello incidentale della società contribuente rilevando, da un lato, che la nullità della cartella per omessa indicazione del responsabile del procedimento, non trovava applicazione alla fattispecie in quanto entrambi i ruoli erano stati formati anteriormente alla data 1° giugno 2008 (e dunque rimanevano sottratti alla nullità sanzionata dall'art. 36, comma 4-ter, della l. n. 31/2008); dall'altro che il motivo di gravame concernente la inapplicabilità degli interessi di mora non risultava specifico, in quanto la appellante incidentale non aveva indicato quale fosse l'errore di calcolo asseritamente commesso dalla Amministrazione finanziaria.

La CTR riteneva, invece, "ex officio" non applicabili le sanzioni pecuniarie, in considerazione delle obiettive difficoltà interpretative delle norme risolte solo a seguito di pronunce delle Sezioni Unite della Corte di legittimità e della Corte costituzionale.

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate, con due mezzi, per vizi di nullità processuale e vizi di violazione di norme di diritto.

Resiste con controricorso la società contribuente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la sentenza di appello viene impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. e conseguente nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo i Giudici territoriali pronunciato in ordine all'"esimente" di cui all'art. 8 d.lgs. n. 546/1992, senza che la questione fosse oggetto della controversia, non essendo stata dedotta dalla società contribuente neppure con i motivi di gravame dell'appello incidentale.

Il primo motivo è fondato.

La società nel ricorso introduttivo aveva contestato la pretesa fiscale in quanto esercitata oltre il termine di decadenza di cui all'art. 17 d.P.R. n. 602/1973 ed in quanto non motivata in relazione ai criteri di liquidazione degli interessi di mora e delle sanzioni pecuniarie (cfr. ricorso introduttivo proposto avanti la CTP di Campobasso, integralmente trascritto a pag. 3 del controricorso: "sono iscritti a ruolo interessi e sanzioni senza l'indicazione del calcolo operato per la quantificazione delle singole somme specifiche in rapporto ai tempi ed alle aliquote percentuali applicate"). Oltre a tale censura non sono svolti altri argomenti diretti ad impugnare il ruolo in ordine alla applicazione della sanzione pecuniaria: il ricorso introduttivo, peraltro, conclude in via subordinata perché vengano dichiarate non dovute le somme a titolo di interessi e sanzioni "in quanto la tardività è riferibile all'Ufficio e non al contribuente" - pag. 6 controricorso -; alcuna censura relativa neppure alla carenza motivazionale del ruolo e della cartella in punto di determinazione delle sanzioni è poi contenuta nell'appello incidentale - interamente trascritto a pag. 10/18 del controricorso - in cui la società si limita a dolersi dell'omesso esame da parte della CTP delle "eccezioni circa l'illegittimità dell'iscrizione a ruolo degli interessi senza gli elementi indispensabili al fine del sindacato..." - pag. 15 -).

La generica richiesta di accertamento della non debenza delle sanzioni, contenuta nelle conclusioni del ricorso introduttivo, non può evidentemente valere, in un giudizio di tipo impugnatorio-misto, qual è quello tributario (in cui l'oggetto del giudizio è circoscritto dalle ragioni della pretesa fiscale riportate nell'atto opposto e dagli "specifici" motivi di opposizione proposti dal contribuente), a ricomprendere nel thema decidendum anche vizi di nullità del ruolo o della cartella non puntualmente dedotti, quale nella specie la richiesta di applicazione della "esimente", fondata su presupposti del tutto diversi (obiettiva incertezza sulla portata della norma tributaria violata) da quelli, attinenti ai requisiti formali dell'atto esecutivo, ed ai quali sembra doversi ricollegare la contestazione della carenza di motivazione del ruolo - formato dall'ente impositore e trasfuso nella cartella emessa ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 e notificata dal Concessionario -, in ordine ai criteri di liquidazione delle sanzioni pecuniarie: in proposito è appena il caso di rilevare come l'applicazione della "esimente" per obiettiva incertezza sulla portata applicativa della norma tributaria violata, non spieghi effetto sugli elementi formali di validità del provvedimento irrogativo della sanzione, ma solo sul differente piano della punibilità di una condotta, astrattamente configurante una fattispecie illecita, e che, in assenza della norma che prevede l'esimente, sarebbe soggetta a sanzione.

In conseguenza la pronuncia della CTR che ha annullato il ruolo e la cartella in relazione alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie, applicando ex officio la "esimente" di cui all'art. 8 d.lgs. n. 546/1992, esula dai limiti imposti dal "tantum devolutum" ed incorre pertanto nella violazione dell'art. 112 c.p.c., dovendo ritenersi esclusa, in considerazione del modello impugnatorio-misto adottato dal Legislatore per il giudizio tributario, la rilevabilità di ufficio - in assenza di specifica eccezione del contribuente - dei presupposti applicativi della esimente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 25676 del 24 ottobre 2008; Id. Sez. 5, Sentenza n. 24060 del 12 novembre 2014).

La statuizione della sentenza di appello relativa all'annullamento del ruolo e della cartella in ordine alla irrogazione della sanzione pecuniaria, in quanto resa in extrapetizione, risulta affetta dal vizio di nullità processuale censurato, dovendo in conseguenza la sentenza impugnata essere cassata in parte qua.

L'accoglimento del primo motivo del ricorso principale determina l'assorbimento del secondo motivo con il quale l'Agenzia fiscale censura la medesima statuizione per applicazione della esimente in violazione degli artt. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, 54-bis d.P.R. n. 633/1972, 13 d.lgs. n. 471/1997, 8 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, quanto al primo motivo, assorbito il secondo: la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non occorrendo procedere ad ulteriori atti di istruzione, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo proposto avverso l'atto irrogativo delle sanzioni pecuniarie. La parte resistente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che vengono liquidate in dispositivo, dichiarate compensate le spese relative ai precedenti gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto avverso l'atto irrogativo delle sanzioni pecuniarie, e condanna la parte resistente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 17.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito, dichiarate compensate le spese relative ai gradi di merito.