Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 30 ottobre 2008, n. 26052
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società in a.s. Italchina Consultants Centre ed i soci Liu Ka Leong e Von Wai Hong si opponevano a decreto ingiuntivo nei loro confronti emesso per il pagamento di lire 132.887.000 a saldo della fattura 527/95 a favore della s.r.l. Villa Motors Trading eccependo di aver in parte pagato a Francesco V. che, in nome e per conto di detta società, aveva concluso accordi per la fornitura di motocicli, pezzi di ricambio e macchine, e ad essi si riferiva la fattura in contestazione, ed in parte alle ditte a cui il V. si era rivolto per reperire e revisionare i manufatti. L'opposta controdeduceva l'estraneità del V. alla società B.S. Villa Motor Trading precisando che egli aveva agito quale intermediario della società Italchina con il compito di reperire i pezzi per la costruzione di un ciclomotore cinese e nulla le aveva dato di quanto eventualmente percepito.
Il Tribunale di Bologna rigettava l'opposizione e confermava il decreto opposto perché: 1) non vi era contestazione né sul rapporto contrattuale, né sull'esecuzione delle prestazioni; 2) i pagamenti a Francesco V. non erano stati provati né comunque ne era stata provata l'opponibilità alla società B.S. Villa Motor o che egli ne fosse rappresentante, avendo i testi escussi affermato che la Italchina aveva agito con il V. in proprio e dunque era verosimile fosse intermediario di un'operazione commerciale finalizzata a realizzare un ciclomotore di fabbricazione cinese; 3) quindi non vi era prova che i pagamenti effettuati al V. fossero da imputare alla fattura emessa dalla B.S. anziché ad altri rapporti commerciali; 4) mancava la prova che il V. avesse la qualità di creditore apparente o meglio di rappresentante apparente o l'approfittamento del medesimo, non essendo a tal fine sufficiente la qualità di prossimo congiunto con il legale rappresentante della società B.S. - coniuge separato di essa - né con i soci della medesima - figli - ed inoltre la società Italchina era stata diffidata dall'effettuare i pagamenti in mano al V. personalmente, e peraltro gli assegni consegnatigli nel 1995 erano antecedenti non solo alla fattura, ma al bonifico bancario effettuato il 6 febbraio 1996 con causale "acconto", ed infatti la società opponente aveva evidenziato la difficoltà a pagare il 3 febbraio 1996.
Con sentenza del 25 maggio 2004 la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado sulle seguenti considerazioni: 1) l'esistenza del rapporto contrattuale inter partes e dell'esecuzione delle prestazioni di esse era pacifica, pur mancando la prova del contratto, esistendo soltanto quella delle trattative tra il V. in proprio e l'Italchina in base a due bozze, di cui una predisposta dal commercialista di questa società, non sottoscritte, che contemplavano fornitura materiali per motori, disegni costruttivi di essi e dei telai per una iniziale somma di lire 380.000.000, corretta poi a mano, e a cui dovevano aggiungersi i costi dei motori e ciclomotori; 2) da ulteriori documenti era desumibile la difficoltà di funzionamento di alcuni macchinari e di riscossione dal cliente cinese, mentre vi era incertezza sulle complessive obbligazioni pecuniarie di Italchina, sì che erano irrilevanti gli accordi di fatturare solo una parte dei costi reali gravanti su Italchina o la loro lievitazione rispetto al preventivo ovvero i pagamenti effettuati dall'Italchina a terzi; 3) gli assegni consegnati al V. antecedentemente alla fattura 527/95 non potevano costituire prova della loro riferibilità alla somma ingiunta perché non rilasciati in bianco né postdatati, né sulla fattura, in relazione alla quale all'atto della ricezione la società Italchina nulla ha obbiettato, vi era la menzione di acconti, mentre acconti, con questa specifica causale, successivi alla fattura furono versati con bonifico bancario a favore i della società B.S. e non di Francesco V., nel gennaio e febbraio 1996, senza richiamare, neppure in tali occasioni, i pagamenti precedenti, ed anzi, allorché dopo il secondo bonifico la B.S. si lamentò del mancato pagamento anche del residuo debito, la Italchina rispose che aveva difficoltà a sbloccare i pagamenti dalla Cina e non che il debito, salvo quattro milioni di lire, era stato saldato; 4) pertanto dallo stesso comportamento della Italchina è da escludere l'adempimento del debito al creditore, neppure sotto l'apparenza del diritto.
Ricorrono per cassazione Liu Ka Leong Francisco Xavier e Vong Wai Hong nonché la s.a.s. Italchina Consultants Centre cui resiste la B.S. Villa Motor Trading s.r.l. in liquidazione. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo, il secondo ed il quarto motivo, connessi, possono trattarsi congiuntamente.
1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono: "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1188 c.c. e/o 1189 c.c., 2729 c.c. nonché motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.)".
La Corte di merito ha omesso di esaminare circostanze gravi, precise e concordanti che dimostrano come Francesco V. fosse non solo il creditore apparente dell'affare, ma il vero creditore. Ed infatti, oltre ad esser coniuge separato della rappresentante legale della società omonima e padre dei soci di questa, dalle bozze richiamate anche in sentenza emergeva che aveva avviato lui con la Italchina le trattative per la fornitura che egli stesso avrebbe eseguito in proprio. I fax che la Italchina riceveva erano inviati dalla B.S. Villa e quindi la Italchina era legittimata a ritenere che il V. avesse una base operativa nella società; il V. ha girato gli assegni ricevuti dalla società Italchina alla B.S.; la ditta C.M.A. ha restituito le attrezzature revisionate emettendo una bolla di consegna a Francesco V. nella qualità di proprietario dei macchinari con destinazione alla ditta Italchina e quindi l'apparenza di Francesco V. quale proprietario delle attrezzature di cui è causa era comune anche ad altre ditte; dal fax del settembre 1998 emerge che la carta intestata alla B.S. reca, sulla copertina, Francesco V. come mittente, ed in calce i nominativi di V. Francesco, Barbara, Sonia e O. Rosaria; nel fax del 24 gennaio 1995 Francesco V. si rivolge a Liu della Italchina scrivendo "... vendita delle mie attrezzature..." e queste sono quelle oggetto delle bozze e della fattura di cui è causa. Dunque tra Francesco V. e la società B.S. vi era un'evidente commistione di affari e perciò la Italchina non ha effettuato pagamenti ad un intermediario, ma al legittimato a ricevere il pagamento, e senza che la società B.S. ne precisasse il ruolo e quindi quanto meno il V. ha agito in rappresentanza di essa ed i pagamenti al medesimo effettuati vanno imputati alla fattura 527/95.
2. Con il secondo motivo gli stessi deducono: "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1188 e 1189 c.c.; difetto e/o contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia".
Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che dette norme siano applicabili soltanto nel caso di estinzione totale del debito e non invece nel caso di acconti al creditore apparente, nella specie pari a lire 128.000.000, da scomputare dal credito complessivo, con un residuo di lire 4.887.000.
2.1. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono: "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1188 e 1189 c. c. nonché degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia".
Il fax del 24 gennaio 1995 intestato alla B.S. e in cui Francesco V. scrive: "... vendita delle mie attrezzature..." non può esser riferibile ad un intermediario, sì che la Italchina è stata indotta a ritenere che comunque la società B.S. era controllata e collegata con un vincolo di immedesimazione con Francesco V., né la B.S. si è opposta all'invio di tale fax o lo ha rettificato, ed i pagamenti sono stati successivi a detto fax ed hanno preceduto la fattura di cui è causa. A ciò si aggiungono i fax del 15 dicembre del 1995 e del 22 novembre 1996 su carta intestata alla B.S. e firmati da Francesco V., indirizzati a Liu, socio della Italchina; il fax del 15 marzo 1996 dall'apparecchio della B.S. di I. Valeriano, indirizzato sia a Francesco V., sia alla Italchina; il fax del 7 febbraio 1996 dello stesso I. al V. per comunicargli il funzionamento delle macchine; il fax dell'aprile 1996 dal V. alla Italchina avente ad oggetto i macchinari di cui è causa da trasportare in Cina; il fax del 27 luglio 1995 da Francesco V. al Liu in cui fa riferimento alle macchine già consegnate il 27 giugno 1995 dalla CMA; il fax del 2 novembre 1995 trasmesso da apparecchio della B.S. con cui V. chiedeva il pagamento di lire 15 milioni con bonifico a suo favore e il fax del settembre 1998 intestato su carta della B.S. e trasmesso dall'apparecchio della medesima alla Italchina invitandola a definire il debito sottoscritto da V. Francesco; Barbara; Sonia e O. Rosanna; gli assegni del 30 ottobre 1995 e del 10 novembre 1995 per lire 10 e 15 milioni di lire all'ordine di Francesco V., tratti dalla Italchina, e girati dal V. alla B.S., come risulta dalla firma della O., rappresentante legale della stessa.
I motivi sono fondati nei limiti di seguito esposti.
2.2. Infatti, ritenuto che l'adempimento, anche parziale (acconto), è idoneo a estinguere parzialmente il debito se tale modalità è stata accettata dal creditore nel corso del rapporto (Cass. 4548/1978) come avvenuto nella fattispecie, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata - la medesima efficacia estintiva va riconosciuta al pagamento parziale effettuato a colui che appare legittimato a riceverlo ai sensi dell'art. 1189 c.c., purché l'apparenza risulti giustificata da circostanze univoche e concludenti, ovvero da atti giuridici compiuti dall'accipiens, e ripetutamente consentiti (dagli organi sociali nel caso di persona giuridica: Cass. 2494/1992, 2123/1994, 7860/1995), sì da far sorgere nel debitore un ragionevole affidamento, esente da colpa - che si presume, spettando al creditore dimostrare che il debitore non ignorava la situazione reale o che il suo affidamento era determinato da colpa (Cass. 5741/1986) - sulla realtà della facoltà apparente dell'accipiens di ricevere i pagamenti.
Ne consegue che l'esame dei documenti suindicati - da valutare in correlazione, anche cronologica, alla circostanza, emergente dalla sentenza di primo grado riassunta in narrativa, secondo cui la società Italchina era stata diffidata dall'effettuare i pagamenti in mano al V. personalmente - costituisce punto decisivo della controversia sia in relazione all'1189 c.c., sia all'art. 1188 c.c. se la società B.S. ha profittato dei pagamenti effettuati al V. o se sia configurabile la legittimazione di costui - che risulta aver predisposto la bozza del contratto di cui è causa in proprio - a sostituire detta società nella fase esecutiva.
Pertanto i motivi vanno accolti.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono: "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., 1188 e 1189 c.c. nonché difetto di motivazione, motivazione insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.)".
La società Italchina ha provato di avere direttamente pagato le ditte che avevano eseguito interventi di riparazione sugli stampi della B.S. e quindi era illogico ritenere che avesse pagato lire 128.000.000 al V. come provvigione nell'intermediazione su un affare di lire 200.000.000 quando è notorio che la provvigione è pari al 3%. Per questo la B.S. ha giustificato tale somma come corrispettivo di consulenza e di disegni effettuati da Francesco V., ma l'accordo sulla progettazione non era stato raggiunto.
La Corte di merito, limitandosi a congetture, ha violato l'onere della prova perché, provato il pagamento di lire 128.000.000 da parte della Italchina al V., spettava alla B.S. dimostrare che si riferiva a rapporti diversi ovvero contestare l'apparente legittimazione del V. a riscuotere per lei, ovvero la colpevole negligenza del debitore. Dunque avendo la Italchina dimostrato di aver pagato i fornitori dei materiali, i pagamenti effettuati nelle mani di Francesco V. erano destinati alla B.S. D'altro canto per la pretesa consulenza Francesco V. non ha mai avanzato nessuna pretesa né tanto meno fatturato alcunché.
Il motivo è assorbito perché dipendente logicamente e giuridicamente dall'esito della valutazione delle prove sulla dedotta apparenza giuridica del V. quale legittimato a riscuotere in quanto soltanto se tale prova sarà raggiunta è applicabile il principio secondo il quale è onere del creditore che controdeduce che il pagamento effettuato al terzo apparentemente legittimato a riceverlo è da imputare ad un diverso rapporto provarne l'esistenza (Cass. 3893/2000, 2732/2002).
4. Concludendo il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla luce dei principi innanzi richiamati.
Il giudice del rinvio provvederà altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Bologna.