Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 7 maggio 2007, n. 10291
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 19-30 novembre 2002, la Corte d'Appello di Trento in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale del 12 maggio 2000, decidendo sulla domanda di risarcimento danni (a seguito di incidente stradale) proposta da R.R. contro E.S., la società Comitas s.p.a. compagnia italiana di assicurazioni e la s.p.a. veneta Assicurazioni, rimetteva - ai sensi dell'art. 354, secondo comma, c.p.c. - gli atti allo stesso Tribunale per il rinnovo del giudizio tempestivamente riassunto, a seguito di interruzione per messa in liquidazione coatta amministrativa della Comitas.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Comitas.
R.R. resiste con controricorso.
Le altre parti non hanno proposto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo la società ricorrente denuncia violazione ed errata interpretazione ed applicazione di norme di diritto (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 305 e 307 c.p.c.).
La decisione della Corte di Appello sarebbe viziata da errore di diritto nella parte in cui la stessa ha rimesso gli atti al Tribunale di Trento per il rinnovo del giudizio tempestivamente riassunto, a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa della compagnia di assicurazioni Comitas.
Dopo l'interruzione del giudizio di primo grado, la R. aveva provveduto a depositare il ricorso per riassunzione della causa solamente nel mese di giugno 1993, ben oltre il termine perentorio semestrale decorrente dal 19-23 ottobre 1992, data in cui l'allora procuratore della Comitas in l.c.a. aveva notificato a tutte le parti costituite la causa di interruzione del giudizio, consistente nella messa in liquidazione coatta amministrativa della società.
Nessun valore, rileva la società ricorrente, poteva essere attribuito al precedente atto di riassunzione, notificato sempre a cura dell'attrice, nel mese di dicembre 1992, nel quale la prima udienza per la riassunzione e prosecuzione del giudizio era stata indicata per il 17 febbraio 1993, essendo risultato tale atto inidoneo alla rituale prosecuzione del processo interrotto (l'udienza non era stata tenuta poiché il giudizio era già stato dichiarato interrotto con provvedimento del 15 dicembre 1992, reso fuori udienza).
Il ricorso merita accoglimento.
I giudici di appello hanno ritenuto che la notifica dell'atto di citazione in riassunzione fosse avvenuto entro il termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione del processo ed hanno ritenuto del tutto irrilevante la circostanza che nello stesso termine la R. non avesse provveduto anche al deposito in cancelleria dell'atto notificato.
Tale circostanza, sottolinea il giudice dell'appello, potrebbe - al più - costituire una semplice irregolarità senza assumere rilievo alcuno sul processo riassunto e tanto meno causarne l'estinzione. Con la riassunzione non si intende, infatti, istituire il rapporto processuale "ex novo" ma si mira più semplicemente a ripristinarne uno quiescente, tanto che una nuova iscrizione a ruolo sarebbe nulla.
Il deposito dell'originale della citazione in cancelleria o l'omissione di tale attività, in tale prospettiva, non possono che risultare adempimenti o inadempimenti formali, del tutto ininfluenti sulla tempestività e quindi sulla efficacia dell'attività di riassunzione.
Il Collegio non condivide tale interpretazione.
Va anzi tutto premesso che la giurisprudenza costante di questa Corte ritiene ammissibile la riassunzione di un processo interrotto attuata mediante notifica di un atto di citazione in luogo del deposito di ricorso (Cass. 1571 del 1972, 66 del 1977, 2723 del 1978, 320 del 1988, 2437 del 1989, Sez. un. n. 4394 del 1996; cfr. tuttavia Cass. n. 9217 del 1995).
Più in generale, le Sezioni unite di questa Corte, con una recente decisione (Cass. 28 giugno 2006, n. 14854), hanno ribadito che la riassunzione di una causa interrotta e non proseguita a norma dell'art. 302 c.p.c., si attua mediante un procedimento bifasico: anzitutto con il deposito del ricorso per riassunzione nella cancelleria del giudice e, quindi, previa fissazione con decreto di apposita udienza ad opera del medesimo giudice, mediante notifica alla controparte del ricorso e del decreto.
L'art. 305 c.p.c. (come risultante dalla decisione della Corte costituzionale n. 139 del 1967, 178 del 1970, 159 del 1971, 36 del 1976) fissa per la riassunzione il termine perentorio di sei mesi a decorrere dalla data in cui le parti hanno avuto conoscenza dell'evento interruttivo, ma non specifica espressamente se entro quel termine debbano essere espletate entrambe le fasi del procedimento di riassunzione sopra menzionate, ovvero soltanto la prima di esse (Cass. n. 5816 del 2006).
La risposta, sottolineano le Sezioni unite di questa Corte, deve tuttavia ritenersi obbligata.
Il termine in questione è posto, infatti, a carico della parte che intenda procedere alla riassunzione. ma solo la prima parte delle due fasi del procedimento, cioè il deposito in cancelleria del ricorso per riassunzione, dipende immediatamente dall'iniziativa della parte stessa, essendo poi rimesso al giudice di stabilire i tempi entro cui dovrà essere espletata la seconda fase, consistente nella notificazione alla controparte del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza.
Deve ritenersi, pertanto, che il termine semestrale abbia carattere perentorio solo per il deposito del ricorso e non anche per la notificazione, considerato anche che l'art. 303 c.p.c. non dispone diversamente (Cass., Sez. un., n. 14854 del 2006, cit.).
Per qualche riferimento, si richiama la giurisprudenza relativa all'opposizione a decreto ingiuntivo in materia di lavoro, proposta (nei primi anni di applicazione della l. n. 533 del 1973) mediante citazione anziché con ricorso.
Anche in questo caso, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che l'opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal pretore per crediti relativi ai rapporti indicati dagli artt. 409 e 442 c.p.c. dev'essere proposta con ricorso, che va depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso il decreto e successivamente notificato alla controparte unitamente al decreto di fissazione dell'udienza.
Con la conseguenza che, quando l'opposizione sia proposta con citazione, pur essendo configurabile la possibilità, ai sensi dell'art. 159 c.p.c., di convertire in ricorso la citazione, questa in tanto può produrre gli effetti del ricorso stesso, in quanto sia stata depositata in cancelleria nel termine di cui all'art. 641 c.p.c., non essendo al suddetto fine sufficiente che, entro il suddetto termine, sia avvenuta soltanto la notifica della citazione, posto che questa, da sola, non può spiegare l'effetto costitutivo del rapporto e quindi determinare le conseguenze proprie dell'opposizione ad ingiunzione (cfr. Cass. nn. 4010 del 1979; 194 del 1981; 6021 del 1983; 2496 del 1985; 4300 del 1986; 3828 del 1988; cfr. anche Cass., Sez. un., n. 2714 del 1991).
Pertanto, nella specie, in cui la riassunzione proposta con citazione è stata notificata nel termine semestrale di cui all'art. 303 c.p.c. - e tuttavia non si è provveduto al successivo deposito in cancelleria - mentre il deposito di nuovo ricorso in riassunzione presso la cancelleria è avvenuto oltre tale termine, correttamente il primo giudice aveva dichiarato l'estinzione del giudizio per mancata riassunzione nei termini di legge.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata senza rinvio.
Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, dichiarandosi direttamente l'estinzione del giudizio.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara estinto il giudizio. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.