Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per il Lazio
Sentenza 10 novembre 2006, n. 2282

FATTO

Con l'atto di citazione depositato in data 22 settembre 2004 (che trae origine da una interrogazione parlamentare e successivi esposti del febbraio 2002, inoltrati anche al Procuratore Generale della Corte dei conti, da alcuni senatori) la Procura Regionale per la regione Lazio, ha citato il prof. ing. Pietro LUNARDI, nella sua qualità di Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, a comparire di fronte a questa Sezione Giurisdizionale per ivi sentirsi condannare al pagamento a favore dell'Erario e, segnatamente, dell'Ente ANAS, dell'importo complessivo di Euro 3.191.703,92 (rideterminato con l'atto di citazione integrativa, di cui appresso si dirà, nell'importo complessivo di Euro 2.757.877,34, addebitabile al suddetto) oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e alle spese di giudizio, a titolo responsabilità amministrativa per danno conseguente alla corresponsione, all'Amministratore dell'ANAS, dott. Giuseppe D'Angiolino, ed ai quattro componenti del Consiglio di Amministrazione (sig.ri Clemente Carta, Ivan Cicconi, Alessandro Migliavacca e Paolo Urbani), degli importi (pari inizialmente ad Euro 1.848.915,60, per il primo, e pari ad Euro 1.342.787,92, per i secondi) stabiliti a titolo "risarcitorio-transattivo" con gli accordi stipulati dal Ministro, in qualità di Organo vigilante dell'Ente in questione e i suddetti soggetti, nel settembre e nell'ottobre 2001 e aventi ad oggetto il riconoscimento dei compensi dovuti a titolo risarcitorio per la cessazione anticipata dai rispettivi incarichi, intervenuta a seguito di risoluzione ante tempus, per l'Amministratore, e a seguito di dimissioni, per i Consiglieri.

Quanto alla posizione dei suddetti in seno all'ANAS risulta che, nel periodo che interessa, il dott. D'Angiolino era stato nominato Amministratore Straordinario con D.P.C.M. 24 marzo 1994; fu nominato, poi, Amministratore con D.P.C.M. 4 ottobre 2000 e cessò per risoluzione consensuale del rapporto il 27 settembre 2001. L' ing. Carta, l'ing. Cicconi, il prof. Migliavacca e il prof. Urbani, nominati Consiglieri di amministrazione con d.m. 4 ottobre 2000, sono cessati per dimissioni (condizionate dal riconoscimento di un corrispettivo) nelle date fra il 15 ed il 19 ottobre 2001.

Quanto più specificatamente ai fatti di causa, dall'accordo surriferito, intercorrente fra il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e il dott. D'Angiolino, emerge:

a) che quest'ultimo aveva rivendicato, in qualità di Amministratore dell'Ente, un compenso in misura superiore all'importo di lire 350.000.000 annui, fissato con decreto interministeriale del 7 aprile 1994, assumendo di poter ritenere applicabili le norme di diritto privato concernenti il lavoro subordinato dei dirigenti di azienda, sia per la rideterminazione del compenso spettante per l'attività lavorativa già espletata nel periodo 1994-2001, sia in relazione alla vicenda risolutiva del rapporto di Amministratore dell'Ente;

b) che le parti hanno concordato "per mutuo consenso", la cessazione dalla carica di Amministratore dell'ANAS del suddetto a far data dal 27 settembre 2001 e, contestualmente, il Ministro Lunardi si è impegnato ad emanare un provvedimento "valido, esecutivo ed eseguibile" per rendere "valida ed esigibile" l'obbligazione dell'ANAS a corrispondere all'ex Amministratore, a titolo "risarcitorio/transattivo", le seguenti somme per le causali indicate a fianco di ciascuna somma:

- lire 1.580.000.000, pari ad Euro 816.001,90, quali indennità spettanti ai sensi dell'art. 19, commi 11 ultimo alinea e 15, nonché 23 del C.C.N.L. per i dirigenti ANAS, in un'unica soluzione. L'importo risulta effettivamente erogato con mandato n. 4784 del 2 ottobre 2001;

- lire 800.000.000, pari ad Euro 413.165,52, quale adeguamento del compenso, già stabilito con il decreto di nomina (di lire 350.000.000 annui) e percepito nel periodo 1994-2001. L'importo risulta effettivamente erogato con mandato n. 4786 del 2 ottobre 2001;

- lire 100.000.000/semestre pari ad Euro 51.645,68 per tre anni (globalmente lire 600.000.000 pari ad Euro 309.874,13) per il "patto di fedeltà e di non concorrenza";

- lire 200.000.000/anno pari ad Euro 103.291,37 per tre anni (globalmente lire 600.000.000 pari ad Euro 309.874,13) per incarichi di consulenza da affidare all'ex Amministratore, a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell'accordo.

In realtà, la "risoluzione consensuale" dell'incarico di Amministratore dell'ANAS del dott. D'Angiolino ha comportato l'erogazione, a carico dell'Ente, dei suddetti importi per un ammontare complessivo di Euro 1.539.037,42 in luogo di complessivi Euro 1.848.916,00, tenuto conto della rideterminazione degli importi delle ultime due voci, operata dalla Procura con l'atto di citazione integrativa all'esame odierno.

Analogamente, negli accordi intercorsi con i quattro Consiglieri di Amministrazione ANAS dianzi citati, nominati con d.m. 4 ottobre 2000 e cessati per dimissioni (condizionate dal riconoscimento di un corrispettivo) tra il 15 ed il 19 ottobre 2001, il Ministro ha previsto, per ciascuno, a titolo "risarcitorio/transattivo", la corresponsione di lire 650.000.000, pari ad Euro 335.696,98, riconoscendo agli stessi il compenso che sarebbe spettato loro fino alla scadenza legale del mandato di Consigliere dell'Ente (ottobre 2005), determinato forfettariamente tenendo conto anche dei gettoni di presenza riferibili al medesimo periodo. Complessivamente, in virtù degli accordi in questione ai quattro Consiglieri è stata liquidata la somma di Euro 1.342.787,92 di cui ai mandati del 24 ottobre 2001, per il Carta, del 21 novembre 2001 per il Cicconi e del 18 ottobre 2001 sia per il Migliavacca che per l'Urbani.

Con atto di citazione integrativa del 10 agosto 2005, la Procura Regionale ha convenuto anche l'Ing. Francesco SABATO e il Rag. Virgilio PANDOLFI, nella rispettiva qualità di Direttore Generale e Direttore Centrale amministrativo-finanziario dell'ANAS, chiamati a rispondere del danno erariale, già addebitato al Ministro nell'atto di citazione iniziale, ma limitatamente agli importi pagati al dott. D'Angiolino a titolo di consulenze, previsti per complessivi Euro 309.874,13 ed effettivamente pagati nella misura di Euro 154.935,00.

Con tale successivo atto, infatti, la Procura Regionale ha formulato, contestualmente alla chiamata in giudizio dei suddetti, una nuova quantificazione del danno erariale rispetto a quanto previsto nell'atto di citazione iniziale, resasi necessaria a seguito delle precisazioni emerse dagli atti e dagli accertamenti effettuati dalla Procura medesima circa le minori somme pagate dall'ANAS al dott. D'Angiolino a titolo di "patto di fedeltà" e a titolo di "incarico di consulenza", nonché al fine di distinguere, per questa ultima voce di danno, l'addebitabilità a ciascuno dei soggetti convenuti, in rapporto alla incidenza causativa della rispettiva condotta nella produzione del danno medesimo.

In particolare, dalla documentazione contabile fatta pervenire dai convenuti e trasmessa dall'ANAS - Direzione Generale (con nota prot. n. 826 del 30 aprile 2004) era emerso che in concreto al dott. D'Angiolino erano stati corrisposti, in virtù dell'accordo "risarcitorio-transattivo" i minori importi di seguito riportati, poiché l'erogazione è stata limitata solo ai primi tre semestri, dal settembre 2001 al marzo 2003, e precisamente:

- Euro 154.935,00 (51.645,00 X 3, di cui ai mandati nn. 2198, 2208 e 2209 del 6 maggio 2003) a titolo di "consulenze" (invece dell'importo di Euro 309.874,13 previsto dall'accordo e inizialmente indicato in citazione);

- Euro 154.935,00 (51.645,00 X 3 di cui ai mandati nn. 2206, 2207 e 2199 del 6 maggio 2003) a titolo di "patto di fedeltà e non concorrenza" (invece dell'importo di Euro 309.874,13 previsto dall'accordo e inizialmente indicato in citazione).

Per cui tutti gli importi che sono stati effettivamente corrisposti all'ex Amministratore e ai quattro Consiglieri di Amministrazione a causa dell'accordo risarcitorio-transattivo sottoscritto con ciascuno dall'allora Ministro Lunardi sono stati rideterminati come segue:

Somme corrisposte al dr. D'Angiolino:

a - per indennità ex artt. 19 e 23 del C.C.N.L. dei dirigenti ANAS: Euro 816.001,90

b - per adeguamento del compenso: Euro 413.165,52

c - per patto di fedeltà: Euro 154.935,00

d - per consulenze: Euro 154.935,00

Subtotale: Euro 1.539.037,42

Somme corrisposte ai quattro Consiglieri di Amministrazione: Euro 1.342.787,92

Totale: Euro 2.881.825,34

Tali somme costituiscono l'oggetto delle chiamate in giudizio all'esame in quanto il relativo esborso configura, per la Procura attrice, "danno erariale" per l'ANAS, sul presupposto che trattasi di esborsi privi di giustificazione e, quindi, non dovuti.

A tal proposito risulta dagli atti che in data 26 aprile 2004 la Procura Regionale ha notificato al prof. ing. Lunardi l'atto di invito a fornire deduzioni ai sensi dell'art. 5 della legge n. 19/1994, contestando gli addebiti conseguenti al comportamento ritenuto illecito, al quale il suddetto ha controdedotto con memoria datata 24 maggio 2004, le cui argomentazioni non sono state ritenute idonee a superare i contestati profili di responsabilità amministrativa.

È seguito l'atto di citazione in giudizio, nel quale si espone una ampia descrizione dei fatti e dei presupposti della chiamata stessa, tra i quali, si evidenzia che, con lettera datata 27 settembre 2001, il Ministro trasmetteva all'ANAS - Direzione Amministrativa e Finanziaria l'accordo stipulato, in data 27 settembre 2001, con l'ex Amministratore D'Angiolino "affinché abbia immediata ed effettiva esecuzione" e, analogamente, con lettere del 16 e 19 ottobre 2001, trasmetteva gli accordi stipulati con i Consiglieri di Amministrazione. Sono, quindi, seguite le relative liquidazioni secondo quanto dianzi indicato per ciascuna voce di spesa.

Per la Procura attrice il fondamento della responsabilità amministrativa contestata al Ministro Lunardi consiste nell'aver egli tenuto, nella vicenda di cui trattasi, una condotta gravemente colposa in quanto ha formalizzato atti di risoluzione transattiva in violazione di leggi e di atti normativi disciplinanti in maniera vincolante la materia e per avere agito, comunque, con eccesso di potere, sia perché, sottoscrivendo i menzionati accordi, ha esercitato dei poteri che non gli competevano, essendo il Ministero dallo stesso rappresentato, organo di vigilanza dell'Ente, sia sotto l'aspetto per così dire finanziario, per aver del tutto autonomamente determinato dei compensi straordinari, in violazione della normativa che già definiva la procedura ed i limiti da osservare nella determinazione e nella revisione dei compensi da corrispondere agli organi dell'Ente medesimo.

Si sostiene, in sostanza, che, rientrando l'ANAS nel novero degli enti destinatari del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, era normativamente previsto, all'epoca in cui il signor Ministro ha stipulato gli accordi "risolutivi-transattivi" con gli organi amministrativi dell'Ente per la loro cessazione anticipata, che tali organi venissero sciolti con decorrenza dal 1° gennaio 2002 in mancanza di revisione statutaria nel termine fissato del 30 giugno 2001 (ex comma 3 dell'art. 13 di tale decreto). Per l'ANAS, infatti, si era già verificata tale condizione risolutiva della mancata revisione statutaria (il nuovo statuto dell'Ente è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nella successiva data del 27 ottobre 2001). Per cui secondo quella disposizione sarebbe seguita l'istituzione di un'amministrazione straordinaria, in capo o al Presidente o ad un Commissario straordinario nominato al suo posto. D'altronde, se la revisione statutaria fosse intervenuta nel termine previsto, sia l'Amministratore che i consiglieri, sarebbero rimasti in carica fino alla nomina degli organi di nuova istituzione.

Sul punto si fa rilevare, pertanto, che nessun ricorso poteva ammettersi a forme negoziali o consensuali di "accordo risolutivo-transattivo" per la definizione del rapporto, né che potesse essere riconosciuto un trattamento economico a tale titolo agli amministratori dell'ANAS trattandosi di disposizione a carattere vincolante, né che alcuna pretesa avrebbero potuto vantare gli organi uscenti in ordine al riconoscimento del compenso afferente al periodo residuale di attività, fino alla scadenza del mandato. Per contro, secondo parte attrice, il Ministro Lunardi, allorché ha provveduto alla stipula degli accordi "risolutivo-transattivi", e, cioè, nel periodo dal 27 settembre al 19 ottobre 2001, era ben consapevole del fatto che gli organi di amministrazione in carica sarebbero stati a breve sottoposti allo scioglimento per mancata revisione statutaria nei termini e, ciò nonostante, ha proceduto a formalizzare gli accordi.

Alla luce di tali considerazioni, quindi, nell'atto si contesta che gli emolumenti erogati all'ex Amministratore ed ai quattro componenti del Consiglio di Amministrazione dell'ANAS in esecuzione degli accordi stipulati in via surrogatoria dall'Autorità vigilante, in persona del Ministro pro-tempore, sono stati indebitamente corrisposti, in quanto essi si pongono in contrasto con le disposizioni dell'ordinamento vigente all'epoca della cessazione dei predetti nel loro rapporto con l'Ente e che il corrispettivo accordato non potesse, comunque, essere riconosciuto ai soggetti in questione, nei termini previsti, oltre la vigenza della carica.

Nello specifico si contesta, tra l'altro, che in virtù del relativo accordo al dott. D'Angiolino, contravvenendo a precise disposizioni normative già in vigore, è stata anche accordata, la ricostruzione del trattamento economico dalla data della sua prima nomina (1994) ad "amministratore straordinario" fino alla cessazione. Ciò in quanto questi avrebbe rivendicato (ma la relativa documentazione non sarebbe mai stata trasmessa pur essendo stata espressamente richiesta) la rideterminazione del compenso in misura superiore all'importo percepito (di lire 350.000.000 annue stabilito con decreto interministeriale del 7 aprile 1994), sulla base delle disposizioni del codice civile riguardanti gli amministratori delle società per azioni e delle norme di diritto privato concernenti il lavoro subordinato dei dirigenti d'azienda.

Per la Procura, pertanto, la responsabilità amministrativa si fonda sul presupposto che in materia esisteva una precisa normativa di primo e di secondo grado che già prevedeva il trattamento economico e le condizioni di ingaggio degli amministratori dell'ANAS (anche con riferimento alla procedura che imponeva il concerto con il Ministero della Economia e delle Finanze, la conformità agli emolumenti previsti per gli organi degli altri enti pubblici di analoga dimensione, il previo parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, ecc.) che è stata completamente disattesa dal Ministro nel determinare i compensi degli amministratori uscenti dell'ANAS. Il che, unitamente all'avere egli agito con eccesso di potere configura gli estremi della colpa grave quale elemento soggettivo della responsabilità.

Passando, ora, alla domanda avanzata con l'atto di citazione integrativa, si è già detto che l'atto, oltre alla nuova quantificazione del danno erariale nei termini dianzi precisati, ha per oggetto la liquidazione delle somme erogate dall'ANAS all'Amministratore D'Angiolino ai sensi del punto 11) del citato accordo transattivo, e, cioè, la posta di danno relativa al pagamento per l'affidamento al suddetto da parte del Ministero delle Infrastrutture - nei trenta giorni successivi - di incarichi di consulenza di durata triennale, da compensarsi, nella previsione dell'accordo, con l'erogazione, a carico dell'ANAS, di un corrispettivo degli attuali Euro 103.291,37 per tre anni, per complessivi Euro 309.874,13, di cui sono stati effettivamente liquidati complessivi Euro 154.935,00.

Per tale aspetto la Procura regionale - che, come dianzi esposto, per tale posta di danno ha già convenuto il Ministro Lunardi sotto il diverso profilo di responsabilità di aver accordato a titolo transattivo/risarcitorio il compenso per consulenze di cui trattasi - ha convenuto anche l'ing. Francesco Sabato, in qualità di Direttore Generale e il rag. Virgilio Pandolfi, in qualità di Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario, in quanto a fronte del suddetto pagamento non sarebbe stata svolta alcuna attività di consulenza.

Al riguardo nell'atto, in punto di fatto, si evidenzia tra l'altro:

- che il Direttore Generale, ing. Sabato, ha sottoscritto le disposizioni di impegno e pagamento (Disp. n. 2482 relativa alla notula n. 2 del 28 giugno 2002, Disp. n. 2481 relativa alla notula n. 3 del 20 dicembre 2002, Disp. n. 2491 relativa alla notula s.n. del 22 aprile 2003) dando atto che "... tale attività risultava regolarmente espletata per il periodo oggetto della liquidazione" e ha autorizzato l'impegno sul relativo capitolo di bilancio ed il pagamento del complessivo importo di Euro 154.935,00 (Euro 51.645,00 X 3) a favore del dott. D'Angiolino. Seguiva l'emissione di tre rispettivi mandati (n. 2208, n. 2209 e n. 2198 tutti del 6 maggio 2003 e ciascuno di Euro 51.645,68);

- che, in sede istruttoria, è stata acquisita la nota (prot. n. 10442 del 19 giugno 2003, a firma del Capo di Gabinetto prefetto Claudio Gelati) con la quale si comunica che "il Ministero non aveva conferito al Dott. Giuseppe D'Angiolino alcun incarico di consulenza triennale o di diversa durata", nonché la nota dello stesso Direttore Generale Sabato (n. DGE/Seg. - 826 del 30 aprile 2004), dalla quale, in sostanza, si evince che i documenti in base ai quali era stato effettuato il riscontro del regolare espletamento delle consulenze erano le parcelle emesse dal dott. D'Angiolino.

Risulta che, in data 30 aprile 2005, la Procura regionale ha emesso l'atto di invito a dedurre, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 19/1994, oltre che nei confronti dei signori Sabato Francesco e Pandolfi Virgilio, anche nei confronti di Silvestrini Carlo e Dragoni Emanuela, questi ultimi due in qualità di funzionari che avevano firmato i mandati relativi alle consulenze in questione. Tuttavia, sulla base delle deduzioni svolte dai suddetti invitati, nonché delle considerazioni emerse nel corso dell'audizione personale del 3 agosto 2005 dei signori Silvestrini e Dragoni, non ha ritenuto di dover esercitare l'azione di responsabilità nei loro confronti, in quanto la condotta dei medesimi non è stata ritenuta qualificabile come gravemente colposa.

Diversamente, la Procura attrice, nell'atto integrativo all'esame, sostiene che l'ing. Francesco Sabato e il rag. Virgilio Pandolfi, fossero entrambi a conoscenza del fatto che le prestazioni consulenziali "non erano state svolte" e che agli stessi, comunque, competeva, nell'ambito delle rispettive competenze, verificare previamente se tale premessa si fosse in realtà realizzata, e, dunque, se gli incarichi fossero stati effettivamente conferiti ed effettuati dal dott. D'Angiolino.

La domanda attrice, nei confronti del Direttore Generale Sabato, si fonda sulla palese inosservanza dei doveri di verifica della effettiva sussistenza del credito del dott. D'Angiolino e sulla volontaria violazione delle regole di una corretta amministrazione. Parimenti il rag. Pandolfi era tenuto, quale liquidatore delle disposizioni di impegno, non solo ad effettuare un riscontro contabile dei dati rappresentati ma, principalmente, ad accertarsi della sussistenza dei titoli e dei documenti comprovanti la legalità e la fondatezza della spesa, prima di dar corso, come in concreto ha fatto, alla liquidazione delle competenze richieste, firmando i relativi mandati pur sapendo che non erano state svolte le relative controprestazioni. Il comportamento di entrambi concretizza - per l'attore - una chiara ipotesi di colpa grave, se non addirittura di dolo, in quanto connotato dalla coscienza e volontarietà di agire cagionando un pregiudizio erariale all'ente di appartenenza.

Quanto, infine, alla ripartizione del relativo danno erariale, quantificato in complessivi Euro 154.935,00, nella prospettazione attorea la condotta del prof. Lunardi, ritenuta illecita sulla base del titolo di responsabilità attribuitogli nell'atto di citazione iniziale, concorre con la responsabilità riconducibile alle condotte illecite dell'ing. Sabato e del rag. Pandolfi, con un apporto causale individuato nella misura pari al 20% della suddetta somma complessiva erogata per consulenze, e, quindi, per Euro 30.987,00. Mentre l'apporto causale, nella produzione dello stesso danno, addebitabile al Sabato e al Pandolfi, sicuramente più grave, risulta quantificato nella misura del 40% ciascuno di quanto indebitamente pagato per consulenze, e, quindi, nell'importo pari ad Euro 61.974,00 ciascuno.

Pertanto il complessivo danno erariale, rideterminato in complessive Euro 2.881.825,34, per la Procura attrice va ripartito tra gli attuali convenuti nei termini che seguono, di talché ciascuno è chiamato a rispondere per l'importo di seguito indicato, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio:

- il prof. Ing. Pietro LUNARDI per Euro 2.757.877,34

- l'ing. Francesco SABATO per Euro 61.974,00

- il rag. Virgilio PANDOLFI per Euro 61.974,00.

Si è costituito in giudizio, con memoria difensiva depositata in data 31 ottobre 2005, il prof. Ing. Pietro LUNARDI, rappresentato in giudizio e difeso dall'avv. Giulio Correale e dall'avv. Rosalba Grasso, con la quale, in via preliminare e pregiudiziale, si propongono le eccezioni di seguito riportate.

a) Si eccepisce il difetto di giurisdizione sotto l'aspetto che gli accordi transattivi sottoscritti dal convenuto, in qualità di Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, sono atti sottratti al controllo giurisdizione della Corte dei Conti in quanto "atti politici e di governo" del Ministro.

Si sostiene, al riguardo, che, il Ministro nell'espletamento delle funzioni esercitate nella fattispecie, che attengono al controllo e alla vigilanza sull'ANAS, non avrebbe posto in essere come preteso dall'attore, un "atto di gestione amministrativa", ma un "atto politico in senso stretto", necessitato "...politicamente per assicurare - attraverso l'ANAS - il rispetto degli impegni e degli adempimenti istituzionali nello specifico settore - quello appunto delle strade e della viabilità in generale";

b) In subordine, ove si dovesse ritenere che si tratti di atti di gestione, si prospetta l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 1, u.c., della legge n. 20 del 1994 e dell'art. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 103, comma 2, e 25 della Costituzione.

Sul punto si sostiene in particolare che, secondo il Giudice delle Leggi (sent. n. 204/2004), non vi è esercizio di potere autoritativo quando si agisce con strumenti di diritto privato e nell'ambito delle norme di relazione. Da tale pronuncia discenderebbe il principio secondo cui la natura pubblica di soggetti coinvolti nella controversia non è di per sé sufficiente ad attrarre la controversia nell'ambito della cognizione di questo Giudice e che, pertanto, la devoluzione della giurisdizione in materia di responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici (anche degli enti pubblici economici) per "blocco di materia" al Giudice contabile è contraria alla Costituzione, in quanto prescinderebbe dalla tipologia dell'addebito e dalla posizione soggettiva delle parti (per cui trattandosi di caducazione di un rapporto lavorativo la cognizione spetterebbe all'A.G.O.). Detta interpretazione esporrebbe al prospettato sindacato di legittimità costituzionale l'art. 1, u. c. della legge n. 20/1994 analogamente a quanto la Corte Costituzionale ha dichiarato, in relazione all'art. 103, comma 1, dell'art. 33 del d. lgs. n. 80/1998 (che ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per blocchi di materie tutte le controversie in materia di pubblici servizi tra le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi, ivi incluse quelle riguardanti le prestazioni e le attività di natura patrimoniale rese nell'espletamento di pubblici servizi). Pertanto, in virtù di tale interpretazione, l'attuale controversia, che verte su attività non di tipo autoritativo, ma di diritto comune, viene distolta dal giudice naturale, con violazione dell'art. 25 della Costituzione.

c) Si eccepisce l'inammissibilità dell'azione proposta in quanto attiene al merito di scelte discrezionali dell'Amministrazione.

Si sostiene, al riguardo, che per espressa disposizione di legge (segnatamente l'art. 1 della legge n. 20/1994, come modif. dal d. l. n. 543/1996) la materia delle scelte discrezionali è sottratta al sindacato di questa Corte, sindacato che rimane limitato esclusivamente alla valutazione della "ragionevolezza" dei mezzi impiegati in relazione agli obiettivi conseguiti.

d) si eccepisce l'inammissibilità dell'azione proposta per carenza dell'elemento oggettivo (danno erariale) e dell'elemento soggettivo (di responsabilità), nonché del relativo rapporto di causalità.

A tal proposito, in particolare, viene evidenziato:

- che il Ministro ha firmato gli atti transattivi di cui è causa assumendosene esclusivamente la responsabilità politica e che non è stato l'autore materiale né dell'atto, né del procedimento che ha portato alla formazione dell'atto, tenuto conto che la riferibilità sia formale (corrispondenza) che sostanziale (valutazioni sulla vicenda) deve farsi risalire all'Ufficio di Gabinetto;

- che, inoltre, sarebbero stati ignorati dalla Procura sia la corretta considerazione della natura e della intensità dell'elemento psicologico, che le circostanze concrete in cui ha operato il soggetto ritenuto responsabile e il grado di rischio insito nell'attività espletata e nella sua singolarità e specialità.

e) Nel merito, poi, sono state contestate tutte le domande attoree perché infondate in fatto ed errate in diritto, ribadendo che la sottoscrizione degli accordi rientra a pieno titolo tra i poteri del Ministro, in quanto titolare di un potere diretto di vigilanza, di controllo, e di direttiva sulla gestione e considerato, altresì, il fatto, trattandosi di figure apicali dell'Ente, la questione sulla risoluzione del rapporto non poteva che essere ascritta al Ministro in quanto titolare dei poteri dianzi descritti.

In particolare, si sostiene che con la nomina del dott. D'Angiolino ad Amministratore Straordinario dell'ANAS ai sensi della legge istitutiva dell'Ente (art. 11 d. lgs. n. 143/1994), sarebbe conseguito un duplice rapporto con l'Ente medesimo: uno di lavoro dipendente quale dirigente d'azienda, con relativa contribuzione INPDAI, rapporto al quale sarebbero state sempre correttamente applicate le norme di diritto privato; l'altro di Amministrazione con l'affidamento anche delle funzioni del Consiglio di Amministrazione, oltre che di direttore generale, a proposito del quale si precisa che, pur se nella configurazione organizzativa dell'Ente (approvato dal c.d.a. con delibera n. 7 del 2 febbraio 1996) veniva prevista questa ultima figura, in realtà tale previsione normativa non sarebbe mai stata attuata, per cui la direzione gestionale ed operativa sarebbe stata esercitata, esclusivamente e ininterrottamente (dal 1994 al 2001), dal dott. D'Angiolino. Ciò giustificherebbe la necessità di applicazione delle relative norme in materia di risoluzione del rapporto di Dirigente e, in particolare, del C.C.N.L. dei Dirigenti ANAS anche nella considerazione che la pretesa del dott. D'Angiolino si presentava suffragata da idonea documentazione e da fondate argomentazioni giuridiche, nonché nell'ottica di scongiurare un possibile contenzioso.

Nel sostenere, inoltre, la fondatezza del compenso degli amministratori alla luce della normativa di riferimento (art. 8 del D.P.R. n. 242/1995), che prevede la possibilità di applicazione delle disposizioni in materia di revoca degli amministratori di società (e segnatamente l'art. 2383 c.c.) si eccepisce, comunque, che la determinazione del compenso all'Amministratore ed ai componenti del C.d.A dimissionari, in tal modo effettuata dal Ministro, ha comportato in re ipsa un vantaggio attraverso la erogazione, in termini di numerario, addirittura inferiore rispetto alla quantificazione che sarebbe stata operata nell'ambito privatistico.

In conclusione la difesa del Lunardi ha chiesto che venga mandato assolto il convenuto e, in ulteriore subordine, che venga fatto largo uso del potere riduttivo, con particolare riferimento ai vantaggi indubbiamente conseguiti dall'Amministrazione dalla attività svolta dal D'Angiolino, con esclusione in ogni caso del cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi.

Si è, poi, costituito in giudizio, con memoria difensiva depositata in data 31 ottobre 2005, il Rag. Virgilio PANDOLFI, rappresentato in giudizio e difeso dall'avv. Giulio Correale, con la quale, preliminarmente, si sostiene che la relativa responsabilità non può che essere ricollegata a quella che eventualmente fosse riconosciuta al Ministro, avendo egli operato in esecuzione vincolata di quest'ultimo; cosicché ove facesse difetto la giurisdizione di questa Corte nei confronti del Ministro e, quanto al merito, egli andasse esente da responsabilità, parimenti dovrebbe giudicarsi per il rag. Pandolfi.

Si ribadiscono, quindi, le eccezioni preliminari sulla base delle argomentazioni già esposte per la difesa Lunardi, circa:

- il difetto di giurisdizione di questa Corte, in quanto gli atti posti in essere dal Ministro sono "atti politici e di governo" e come tali sottratti alla giurisdizione contabile;

- l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 1, u. c., della legge n. 20 del 1994 e dell'art. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 103, comma 2, e 25 della Costituzione, in subordine, ove si dovessero ritenere gli atti come atti di gestione;

- l'eccezione d'inammissibilità dell'azione proposta in quanto attiene al merito di scelte discrezionali dell'Amministrazione.

Nel merito, poi, si contestano tutte le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto e, quanto specificamente all'elemento soggettivo della colpa grave, si rappresenta la mancanza di illiceità nel comportamento del rag. Pandolfi atteso che l'attività dello stesso, come riconosciuto dalla stessa Procura nella citazione integrativa, è stata solo consequenziale alla assunzione dell'impegno.

Infatti, nel fare riferimento a tutta la corrispondenza intercorsa al riguardo con il Direttore Generale prima di procedere al pagamento e al fatto che gli affidamenti sono stati dati direttamente dal Ministro e dal Direttore Generale (che ha peraltro precisato che l'attività di consulenza risultava regolarmente espletata), si sostiene che, per quanto concerne la "regolarità delle suddette notule", al Direttore Amministrativo e Finanziario competeva, in qualità di liquidatore, la verifica formale delle notule o fatture e se le stesse erano state emesse nel rispetto delle normative fiscali o tributarie, nonché la verifica della esistenza della disponibilità finanziaria e della disposizione di impegno di spesa e pagamento, mentre non competeva la verifica nel merito di tale disposizione di impegno.

In conclusione, nel richiamarsi, infine, alle ulteriori considerazioni svolte in sede di risposta all'invito a dedurre, la difesa ha chiesto di mandare assolto il convenuto, con esclusione in ogni caso del cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi e, in subordine, di fare largo uso del potere riduttivo, con particolare riferimento ai numerosi incarichi fiduciari conferiti dall'Amministrazione e ai precedenti di carriera risultanti dal curriculum prodotto (ricordando anche la giurisprudenza intervenuta in materia).

L'ing. Francesco SABATO, rappresentato in giudizio e difeso dall'avv. Arturo Cancrini, si è costituito con atto depositato in data 11 novembre 2005 e ha, poi, depositato l'atto difensivo del 18 novembre 2005, con il quale ha, in sintesi, eccepito:

- che la causa giuridica delle erogazioni all'ex Amministratore per gli incarichi di consulenza discendeva dall'accordo firmato nel settembre 2001 tra il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e l'Amministratore dell'ANAS, dott. D'Angiolino;

- che egli, in qualità di Direttore Generale dell'ANAS, aveva la competenza a conoscere i soli passaggi procedimentali di spesa riguardanti la situazione giuridica soggettiva attiva e patrimoniale che sarebbe spettata all'Amministratore dell'ANAS sulla base del su citato punto 11 dell'accordo transattivo;

- che egli, in tale qualità, aveva da subito avviato la doverosa procedura di valutazione circa la documentazione idonea a comprovare il diritto al pagamento da parte del soggetto creditore; ancor più, con nota prot. n. 199 del 15 luglio 2002, aveva trasmesso per quanto di competenza al Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario, Rag. Virgilio Pandolfi, le notule presentate dal dott. D'Angiolino in merito alle sue spettanze nei confronti dell'ANAS, investendo l'Ufficio de quo a "riscontrare quanto addotto e, ove ve ne sia conferma nei documenti in possesso dell'Ente, procedere alla liquidazione delle stesse, previa verifica della regolarità contabile delle notule";

- che il medesimo, per una piena "coerenza di verifica" avviata con la nota del 15 luglio 2002, aveva vieppiù inoltrato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti la nota prot. n. 844 del 5 settembre 2002, inviata per conoscenza anche al Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario, con la quale veniva chiesto "di conoscere, per gli importi richiesti a titolo di consulenze da attribuirsi allo stesso ex Amministratore, quali incarichi siano stati attribuiti e se gli stessi siano stati esitati";

- che se il Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario ha poi di fatto sottoscritto i mandati con cui sono state liquidate le competenze all'ex Amministratore a titolo delle consulenze in questione, ciò ha rappresentato giuridicamente la compiuta verifica dell'esistenza documentale e dei requisiti secondo quanto egli aveva espressamente richiesto con la lettera spedita al Rag. Virgilio Pandolfi in data 15 luglio 2002;

- che da quanto premesso discende l'assenza sia di dolo che di colpa grave della condotta del convenuto, a nulla rilevando, quindi, la propria eventuale e formale inadempienza circa una teorica negligenza di ulteriore verifica;

- che mancherebbe, pertanto, nella propria condotta anche il nesso causale con l'evento dannoso, avendo egli con le citate lettere investito nel particolare gli altri Uffici incaricati dell'esame della documentazione e della identificazione materiale degli incarichi di cui all'accordo stipulato fra il Ministro e l'ex Amministratore.

In conclusione la difesa ha chiesto, in via principale, di mandare assolto il convenuto e, in subordine, di fare luogo al potere riduttivo tenendo conto dell'aliquota di rischio afferente al modulo organizzativo e all'incarico, nonché delle particolari circostanze nelle quali il Sabato si è venuto a trovare.

Nell'odierna pubblica udienza i difensori delle parti convenute hanno tutti esposto e argomentato sulle eccezioni, sia di rito che di merito, che stanno alla base della richiesta di assoluzione dei rispettivi assistiti, già ampiamente esposte negli atti difensivi. In particolare, l'avv. Correale ha anche prospettato ulteriori profili di incostituzionalità di alcune norme della disciplina che regola la fattispecie all'esame.

Il Procuratore Regionale, viceversa, ha ribadito le argomentazioni su cui si fondano le chiamate in giudizio in questione, controdeducendo, in particolare, alle eccezioni sollevate dalle parti convenute in atti e in udienza, ed ha, pertanto, concluso confermando la richiesta di condanna nei termini di cui alla rispettiva citazione.

DIRITTO

La fattispecie all'esame di questa Sezione attiene alla richiesta di condanna per danno erariale per complessivi Euro 2.881.825,34 subito dall'Erario e, segnatamente, dall'Ente ANAS. L'addebito si articola, in particolare, come segue:

- complessivi Euro 2.757.877,34, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio, addebitabili al prof. ing. Pietro Lunardi a titolo responsabilità amministrativa per danno conseguente alla liquidazione all'Amministratore dell'ANAS, dottor Giuseppe D'Angiolino, ed ai quattro componenti del Consiglio di Amministrazione, citati in narrativa, liquidati a titolo "risarcitorio-transattivo" in riferimento agli accordi stipulati dal Ministro, in qualità di Organo vigilante dell'Ente in questione e i suddetti soggetti, nel settembre e nell'ottobre 2001 e aventi ad oggetto il riconoscimento dei compensi dovuti a titolo risarcitorio per la cessazione anticipata dei rispettivi incarichi a seguito di risoluzione consensuale, per l'Amministratore, e a seguito di dimissioni, per i Consiglieri;

- dell'importo di Euro 61.974,00 addebitabili all'ing. Francesco Sabato e di Euro 61.974,00, addebitabili al rag. Virgilio Pandolfi, oltre per entrambi interessi, rivalutazione e spese di giudizio, nella rispettiva qualità di Direttore Generale e Direttore Centrale amministrativo-finanziario dell'ANAS, chiamati a rispondere del danno erariale, per la parte non addebitata al Ministro, limitatamente agli importi pagati al dott. D'Angiolino a titolo di consulenze previste al punto 11 nell'accordo transattivo intervenuto con quest'ultimo.

Prima di entrare nel merito della vicenda, deve questo Giudice esaminare, preliminarmente, le eccezioni in rito sollevate dalle difese dei convenuti, come riportate in narrativa.

1. Deve essere affrontata con precedenza l'eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte dei Conti, nella prospettazione che gli accordi transattivi sottoscritti dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con l'Amministratore e i quattro Consiglieri di Amministrazione dell'ANAS, atti su cui si fonda sostanzialmente la domanda attorea, sono atti sottratti al controllo giurisdizionale della Corte dei Conti, in quanto "atti politici e di governo" del Ministro medesimo.

L'eccezione è infondata e deve essere rigettata.

Nel caso di specie, non è in discussione la pur giusta considerazione, avanzata della difesa, che l'attuale assetto normativo della dirigenza pubblica sia ormai improntato ad una netta separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni dirigenziali di gestione amministrativa e sulla conseguente precisa distinzione tra Organi di Governo e Organi di direzione amministrativa. Ciò in quanto la contestazione da cui muove la Procura attrice si fonda, essenzialmente, sulla circostanza che il Ministro, nella vicenda, abbia in sostanza esorbitato dalle funzioni spettategli, che attengono al controllo e alla vigilanza sull'ANAS, ponendo in essere, appunto, un "atto di gestione amministrativa". Infatti, l'avere definito e accordato i compensi in questione ai componenti degli organi ANAS anche per il periodo successivo alla effettiva cessazione dall'incarico, o a causa della cessazione anticipata, non configura di per sé un "atto politico o di alta amministrazione". Anche ove presupponesse scelte politiche, l'addebito formulato ha una sua autonoma valenza e prescinde da ogni valutazione o sindacato sulla necessità e sulla determinazione della "scelta politica" di far cessare anticipatamente gli organi. A fronte di tale presupposto sono stati accordati dal Ministro compensi che si assumono non dovuti e la responsabilità amministrativa alla quale questi è chiamato a rispondere comporta, nello specifico, la valutazione sulla liceità del potere esercitato di concordare e accordare ai soggetti in questione emolumenti (e non sulla scelta politica che si adduce esistere a monte) e sulla legittimità o meno della spettanza degli emolumenti ai soggetti di cui trattasi.

Gli accordi risarcitori/transattivi sottoscritti dal Ministro devono ritenersi, perciò, veri "atti di gestione" intendendo per "atto di gestione", secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte, ogni atto amministrativo il quale sotto l'aspetto finanziario comporti entrata o spesa per l'ente (gestione finanziaria) e sotto l'aspetto patrimoniale comporti aumento di passività o diminuzione di attività negli elementi del patrimonio (gestione patrimoniale), con tutte le implicazioni in fatto ed in diritto in termini di responsabilità gestoria sotto il profilo economico finanziario (Sez. I Centrale n. 266 del 17 settembre 2001 e n. 203 del 19 giugno 2002).

2. Passando, quindi, alle eccezione di incostituzionalità dell'art. 1, u.c., della legge n. 20 del 1994 e dell'art. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 103, comma 2, e 25 della Costituzione, devesi ritenere la questione palesemente infondata. La questione poggia erroneamente sulla analogia con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, richiamata dalla difesa. Con tale sentenza, infatti, il Giudice delle Leggi si è riferito al Giudice amministrativo e la configurazione della giurisdizione di quest'ultimo è assolutamente diversa dalla giurisdizione del giudice contabile. La materia di cui conosce la Corte del Conti è la responsabilità amministrativa, mentre quella del Giudice amministrativo attiene agli interessi legittimi e ai diritti soggettivi. Ciò significa che non esiste, per la prima, diversamente dal secondo, la ripartizione per "blocchi di materia" essendo la materia sottoposta alla sua giurisdizione una soltanto, che si identifica, sotto il profilo oggettivo, con l'illecito amministrativo e, sotto il profilo soggettivo, con la responsabilità amministrativa dell'amministratore o del dipendente.

In altre parole, mentre per i diritti soggettivi e gli interessi legittimi ci sono giurisdizioni concorrenti (G.O. e G.A.), in riferimento alle quali è concepibile che la ripartizione per "blocchi di materie", operata dal legislatore del d.lgs. n. 80/1998, ha potuto determinare uno sconfinamento del Giudice Amministrativo nel campo di giurisdizione del Giudice Ordinario, tale sconfinamento non è configurabile rispetto al profilo unico alla giurisdizione contabile sulla "responsabilità degli amministratori e dipendenti pubblici".

Palesemente infondata e non manifestamente rilevante è, poi, la questione anche sotto la prospettazione della violazione dell'art. 25 della Costituzione per sottrazione della controversia al giudice naturale, in quanto, prescindendo dalle considerazioni svolte, quello che rileva ai fini del riparto tra giurisdizione contabile e ordinaria, secondo l'interpretazione e l'orientamento, ormai certamente prevalente e condiviso, della Corte di Cassazione è unicamente la natura pubblica o privata delle risorse finanziarie di cui si avvale l'ente danneggiato al di là della natura pubblica o privata dello strumento utilizzato (nella specie, accordo transattivo).

Giova aggiungere al riguardo che, sotto questa ottica, la giurisprudenza di questa Corte, che ha affrontato sotto diversi aspetti la problematica della giurisdizione, ha da tempo affermato che l'utilizzo dello strumento privatistico nell'esercizio di una attività amministrativa non determina per ciò solo la sottrazione della attività alla giurisdizione contabile per la verifica della liceità dell'attività gestoria posta in essere, soprattutto guardando al processo evolutivo di quest'ultima che ha portato ad una sempre maggiore utilizzazione di moduli di azione e di organizzazione del diritto privato (a tal proposito, per economicità di giudizio, si richiama la recente sentenza di questa Sezione Lazio n. 874 del 12 maggio 2005 e la relativa ricostruzione giurisprudenziale in materia).

Pertanto, deve sostenersi che il perseguimento dell'interesse pubblico concreto da parte dell'Ente attraverso lo strumento di diritto privato non muta la natura pubblica dell'attività amministrativa finalizzata al fine pubblico assegnato per mancanza di un assetto paritetico dell'interesse pubblico rispetto al perseguimento dell'interesse privato e che l'attività amministrativa che configuri un illecito amministrativo comporta la responsabilità amministrativa di cui conosce unicamente il Giudice contabile.

Quanto, infine, alle eccezioni di incostituzionalità di alcune norme che regolano la fattispecie all'esame, formulate in udienza sotto diversi profili dalla difesa Correale, si ritiene che esse, a parte la loro generica prospettazione e ininfluenza ai fini del decidere, siano, comunque, manifestamente infondate e, pertanto, devono essere rigettate nell'ottica complessivamente dirimente di quanto segue:

- nessun profilo di incostituzionalità è dato rilevare dagli artt. 5, comma 4, e 11, comma 2, del d.lgs. n. 143 del 1994 (con il conseguente coinvolgimento dell'art. 3, comma 9, del d.P.R. n. 242 del 1995), con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sotto l'aspetto della disparità di trattamento o di lesione di posizioni giuridiche soggettive, atteso che trattasi di disposizioni che individuano le autorità pubbliche e che stabiliscono le modalità e le procedure per la definizione di compensi degli Organi dell'ANAS e, cioè, di soggetti deputati al perseguimento dei fini pubblici di quell'Ente e che non dispongono sui diritti soggettivi dei singoli. Rientra, pertanto, nella determinazione del legislatore la scelta dei soggetti, della organizzazione e delle procedure attraverso cui determinare l'aspetto retributivo degli incarichi di conferimento di poteri e, quindi, attraverso cui deve essere definito il compenso di organi che svolgono funzioni o che, comunque, perseguono fini pubblici;

- nessun profilo di incostituzionalità promana dell'art. 13, comma 3, del d. lgs. n. 419/1999, in riferimento agli artt. 2, 3 e 41, comma 1, della Costituzione), perché nessuna lesione di diritti inviolabili, di tutela dell'affidamento o di contratto sociale o di iniziativa economica privata può conseguire da una norma che, in senso generale, dispone il venir meno di organi pubblici: nella nomina di tali organi non vi è rapporto paritario tra l'autorità che conferisce e l'incaricato, né sorgono diritti di tipo soggettivo o contrattuale, ma discende unicamente il conferimento del potere per l'esercizio delle funzioni pubbliche affidate e per il perseguimento di fini pubblici che gli organi sono chiamati a realizzare.

3. Parimenti deve giudicarsi infondata e, quindi, da rigettare anche l'eccezione di inammissibilità dell'azione proposta in quanto attinente a scelte discrezionali, materia che, per espressa disposizione di legge (segnatamente l'art. 1 della legge n. 20/1994, come modif. dal d. l. n. 543/1996) è sottratta al sindacato di questa Corte, sindacato che rimane limitato esclusivamente alla valutazione della "ragionevolezza" dei mezzi impiegati in relazione agli obiettivi conseguiti.

Al riguardo non sia inutile rilevare, tenendo conto della giurisprudenza di questa Corte e di questa Sezione Lazio (Sez. Lazio n. 2090 del 20 ottobre 2003) intervenuta sul punto, che la disposizione del 1996 in realtà non modifica i principi giurisprudenziali già in precedenza consolidatesi in tema di sindacato del giudice contabile sull'attività discrezionale della pubblica amministrazione nel senso che non può questo giudice sostituirsi all'operatore pubblico per individuare altre possibili scelte alternative, diverse da quella in concreto adottata; ma deve limitarsi ad accertare se quest'ultima, in sé considerata, risponda a criteri di razionalità, individuati secondo i parametri di economicità ed efficacia cui è soggetta l'azione amministrativa (anche nell'ottica della esistenza di un rapporto di "ragionevole proporzionalità" tra "costi e benefici" - Cass. Cass. SS.RR. n. 14488/03), e di rispondenza agli obblighi di legge pure rinvenibili nella attuazione di scelte, potendosi parlare, solo in estreme ipotesi (e non vi rientra la fattispecie all'esame) di discrezionalità totale.

Tanto premesso, va, dunque, rilevato che l'oggetto del presente giudizio è la verifica sulla conformità dell'azione ai canoni generali citati, e, cioè, non il sindacato in sé della scelta compiuta, bensì l'accertamento sulla sussistenza o meno delle condizioni cui è subordinato l'esercizio legittimo del potere nella scelta in concreto compiuta e attinente al riconoscimento in sede transattiva dei compensi agli organi dell'ANAS per la anticipata cessazione dalla carica di cui trattasi. In realtà ciò che viene sottoposto al giudice non è la discrezionalità ma la liceità dell'azione: in sostanza si chiede l'accertamento se il soggetto agente abbia tenuto conto delle prescrizioni di legge, o di statuto, e se siano stati rispettati i principi di ragionevolezza e di economicità e di buon andamento dell'azione amministrativa costituzionalmente garantiti.

Del resto, quando la scelta travalica i suddetti principi di economicità e di razionalità, ovvero è scelta abnorme o palesemente arbitraria tanto da configurare il vizio di eccesso di potere (come è nella prospettazione attorea), l'illiceità della scelta rende improponibile l'eccezione, in quanto non vi è discrezionalità quando si sia agito in contrasto con prescrizioni dell'ordinamento (Sez. III Centrale n. 2/A del 7 gennaio 2003).

4. Deve rigettarsi perché destituita di fondamento anche la eccezione, proposta sotto la generica prospettazione della inammissibilità della domanda, per carenza nell'atto di citazione dell'elemento oggettivo (danno erariale) e dell'elemento soggettivo (di responsabilità), nonché del relativo rapporto di causalità, Infatti, al di là di altre considerazioni, che attengono prettamente al merito e alla fondatezza o meno della domanda attorea, devesi rilevare che, nella citazione all'esame, la domanda si appalesa prospettata e articolata con riferimento a presupposti di fatto e normativi e con riferimento a tutti gli elementi della responsabilità amministrativa a supporto dell' addebito formulato.

Devesi aggiungere che l'eccezione di inammissibilità è, comunque, da rigettare anche sotto la considerazione che il Ministro avrebbe semplicemente sottoscritto atti formati dalla propria struttura e dal Capo di Gabinetto. Basti, al riguardo, rilevare che le determinazioni assunte dal Ministro non possono tecnicamente, oltre che per comune logica, essere riferite alle menzionate strutture di supporto e di collaborazione. Tali determinazioni, che certamente non rivestivano alcun carattere di ordinarietà o di atto dovuto, devono ritenersi per loro stessa natura facenti capo alla sfera decisionale del convenuto, mentre è ragionevole ritenere che i suddetti uffici si siano occupati certamente dell'approntamento degli atti e della loro stesura, offrendo il necessario ausilio tecnico per le determinazioni assunte.

Peraltro, giurisprudenza pacifica afferma che la c.d. "scriminante politica" non è applicabile nelle materie nelle quali gli uffici amministrativi e tecnici della struttura abbiano espletato funzioni istruttorie o consultive e, comunque, di mero supporto strumentale, oppure è esclusa quando l'evidenza della erroneità dell'atto sia stata tale da escludere qualsiasi buona fede (C. Conti Sez. II Centrale n. 29/A del 3 marzo 1999 e n. 303/A del 3 novembre 2003 - Sez. giur. Lombardia n. 323 del 6 marzo 2003 - Sez. giur. Lazio n. 2087 del 12 ottobre 2005)

5. Passando al merito, devesi ritenere, in pieno accoglimento alla domanda attorea, che gli emolumenti erogati all'ex Amministratore e ai quattro componenti del Consiglio di Amministrazione dell'ANAS in esecuzione degli accordi stipulati in via surrogatoria dall'Autorità vigilante, in persona del Ministro pro-tempore prof. ing. Lunardi, siano stati indebitamente corrisposti, in quanto essi si pongono in contrasto con le disposizioni dell'ordinamento vigente all'epoca della cessazione dei predetti nel loro rapporto con l'Ente.

L'ANAS, infatti, rientra nel novero degli enti destinatari del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, che ha disciplinato il "Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59" ed ha espressamente previsto, all'art. 6, comma 4, che "... l'Ente Nazionale Strade (ANAS) è riordinato sulla base dei principi e criteri di cui all'art. 13 del presente decreto, tenendo conto della sua natura di ente pubblico economico....". Il comma 3 dell'art. 13, che detta la disciplina di "revisione statutaria", stabilisce che "Agli enti di cui al presente articolo, relativamente ai quali la revisione statutaria non sia intervenuta alla data del 30 giugno 2001" si applica, "con effetto dal 1° gennaio 2002", per la parte che qui rileva, la disposizione di cui alla lett. a) secondo cui "i consigli di amministrazione sono sciolti, salvo che risultino composti in conformità ai criteri di cui al comma 1 della lett. a); il presidente dell'Ente assume, sino a che il regolamento non è emanato e i nuovi organi non sono nominati, i poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria, salva la possibilità dell'autorità di vigilanza di nominare un commissario straordinario". Il comma 4 del medesimo art. 13 dispone, infine, che "negli enti per i quali la revisione statutaria risulti già intervenuta alla data del 30 giugno 2001, il funzionamento degli organi preesistenti è prorogato sino alla nomina di quelli di nuova istituzione".

È evidente che, sulla base delle disposizioni dianzi richiamate, la contestazione si fonda preliminarmente sulla inutilità della rimozione degli organi di Amministrazione dell'Ente disposta dal Ministro attraverso la adozione degli atti transattivi-risolutivi, causativi di danno erariale, per l'operatività, nel caso di specie, del citato art. 13, comma 3, del decreto legislativo n. 419/1999 per cui quegli organi sarebbero, comunque, cessati (senza alcun aggravio economico) a decorrere dal 1° gennaio 2002 perché non era intervenuta la prevista revisione statutaria nel termine stabilito del 30 giugno 2001 (in quanto il nuovo statuto dell'Ente è stato pubblicato sulla G.U. del 27 ottobre 2001).

Questo essendo il quadro normativo di riferimento, si appalesa quantomeno insostenibile, tenuto conto anche dei tempi (la cessazione concordata è intervenuta qualche mese prima del suddetto termine di legge), la necessità rappresentata dal convenuto di dover rimuovere gli organi dell'Ente all'epoca in carica al fine di realizzare una "finalità politica" (di per sé non sindacabile né sindacata come dianzi precisato), perché in nessuna correlazione diretta ed immediata con l'"atto di gestione amministrativa" posto in essere e, cioè, quello di accordare, nella premessa di uno scioglimento concordato degli organi, un compenso agli organi uscenti per il periodo successivo alla loro cessazione e a titolo di riderminazione dello stesso per il periodo pregresso.

Infatti, tutti gli atti di "gestione amministrativa" sono astrattamente ricollegabili a "finalità politiche o di Governo", perché strumento di attuazione di quelle finalità, ma ciò non legittima che essi perdano, per tale ragione, la loro specifica natura "gestionale e amministrativa" o che siano posti in essere in modo non compatibile con l'assetto normativo di riferimento o che si debba prescindere dalla autonoma verifica di legittimità.

Ciò premesso, devesi affermare che, nel caso di specie, la domanda attorea si appalesa comunque fondata, ai fini dell'addebito della responsabilità amministrativa, nella parte in cui si contesta il comportamento gravemente colposo del Ministro di aver accordato e disposto la liquidazione di compensi non spettanti, in assenza del relativo potere e in assenza di una previsione normativa, anzi in contrasto con quelle esistenti: tale "esborso" (e, quindi, gli atti transattivi che ne costituiscono il titolo di pagamento) è oggettivamente illegittimo in quanto, una volta cessati, ai componenti degli organi non spettava alcun compenso per il periodo successivo al venir meno dell'incarico e della funzione svolta, in quanto la normativa di riferimento non consentiva tale corresponsione, né tantomeno poteva essere disposto dalla autorità vigilante dell'Ente, come in concreto si è verificato, che per ciò solo se ne è assunto la diretta responsabilità.

Una prima illegittimità su cui correttamente si fonda la citazione è rappresentata dalla considerazione che necessitasse, comunque, attivare il medesimo procedimento politico che aveva portato alla nomina degli organi dell'Ente; in particolare, per quanto riguarda la nomina dell'Amministratore, l'adozione del "....decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dei Lavori Pubblici..." e, per quanto riguarda i Consiglieri "il decreto del Ministro dei lavori pubblici," secondo la espressa previsione della legge istitutiva dell'ANAS (artt. 7 e 8 del d. lgs. n. 143/1994). Prescrizione di legge a fronte della quale si appalesa inconferente e, in ogni caso, ininfluente la eccezione di parte convenuta secondo cui, essendo stati posti in essere atti di "risoluzione transattiva dei rapporti" (e non di "revoca"), il Ministro sarebbe stato l'unico interlocutore per l'esame e la risoluzione della questione.

In effetti, risulta per tabulas che le cessazioni dei componenti degli organi, in difformità alle suddette disposizioni, non sono intervenute per atto autoritativo di revoca, ma sono state concordate e sono formalmente intervenute per atto di recesso consensuale (l'Amministratore) e per dimissioni (i consiglieri), indotte dall'accordo sulla spettanza del compenso anche per il periodo residuo del rispettivo incarico.

Giova anche aggiungere, riguardo alla circostanza che il Ministro non avesse, comunque, a termini di legge e di norme statutarie dell'Ente, la titolarità del potere, esercitato, di determinare e di accordare i compensi (se non eventualmente quello propositivo), che l'attività di vigilanza è di per sé attività di indirizzo e di verifica del perseguimento dei fini istituzionali dell'Ente, cioè di quei fini pubblici che lo Stato (per ragioni di specificità, di semplificazione e/o di speditezza della attività connessa a quei fini) intende perseguire attraverso soggetti dotati, nello specifico settore, di competenza e di autonomia finanziaria, organizzativa e gestionale, ma non presuppone l'espletamento di "attività surrogatoria" di gestione, ipoteticamente possibile, ma non è nel caso di specie, se e nei casi in cui fosse espressamente previsto. In ogni caso, in linea di principio, mentre risulta compatibile con il potere di vigilanza, di indirizzo e di controllo, una eventuale funzione propositiva riferita alla attività di amministrazione dell'Ente vigilato, l'esercizio di quest'ultima deve essere sempre preclusa all'autorità vigilante nella logica di impedire confusione di ruoli ed interferenza di gestione.

Ciò che, quindi, rileva ai fini della responsabilità amministrativa del Ministro è la arbitraria assunzione a carico dell'ANAS della obbligazione di pagamento dei previsti compensi agli amministratori uscenti relativamente all'intero periodo in cui sarebbero rimasti in carica, compensi non previsti da alcuna disposizione normativa e non dovuti in quanto corrisposti a fronte di funzioni e di attività che non sarebbero state rese dagli stessi (consiglieri) e già retribuite con i compensi normativamente stabiliti (amministratore).

Per entrare nel dettaglio, infatti, costituiscono certamente danno erariale i compensi corrisposti in esecuzione degli accordi stipulati dal Ministro con i consiglieri dell'Ente con i quali si è concordata la cessazione anticipata dal rispettivo incarico - che era stato conferito con atto autoritativo di esercizio di poteri e di funzioni pubbliche (d.m. del 4 ottobre 2000 adottato secondo le modalità di cui alla legge 24 gennaio 1978, n. 14 riguardane "Norme per il controllo parlamentare sulle nomine degli enti pubblici") - con un atto paritetico di intesa tra parti che è, invece, atto idoneo a definire una nuova regolamentazione di un rapporto di tipo contrattuale tra le parti.

Peraltro, anche se si volesse ritenere compatibile la disciplina privatistica della revoca del mandato (ma così non è nel caso di specie) nessun compenso avrebbe sortito a titolo risarcitorio, per i soggetti in questione, la loro "rimozione" atteso che si trattava di mandato a tempo determinato, mentre nel caso di specie gli organi duravano in carica cinque anni. Infatti, solo la irrevocabilità del mandato espone il mandante, a termini dell'art. 1723 c.c., al risarcimento nei confronti del mandatario, e sempre che non esista una giusta causa (per la quale, si prescinde, perché ininfluente, da considerazioni sulla eccezione della difesa secondo cui non possa, secondo la dottrina e la giurisprudenza civilistica, ritenersi giusta causa la circostanza oggettiva dello scioglimento del C.d.A. ex art. 13, c. 3 del d.legs. n. 419 del 1999).

Considerato, poi, che le dimissioni dei consiglieri hanno comportato, secondo la motivazione formale dei relativi atti (per "... l'esigenza di garantire la continuità degli organi dell'Ente"), la necessità di nomina di nuovi organi (i subcommissari e, di seguito, gli altri consiglieri) alla guida dell'Ente, con l'ovvia necessità di prevedere i relativi compensi (D.P.C.M. del 14 novembre 2001 e decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell'8 febbraio 2002), i compensi accordati ai consiglieri uscenti oltre a costituire "danno erariale" in quanto non previsti da alcuna disposizione di legge e accordati a fronte di funzioni che non sarebbero state svolte (giova ripetere che trattasi di compensi per il periodo successivo alla cessazione e relativi a tutto il tempo in cui sarebbero rimasti in carica), configurano, altresì, una illegittima duplicazione se si tiene conto dei compensi che, per lo stesso periodo, sono stati corrisposti agli organi succeduti nell'incarico e/o nella funzione.

Risulta per tabulas, dai pagamenti che sono intervenuti al riguardo, i cui estremi sono stati espressamente riportati in narrativa, che il danno erariale relativo ai compensi accordati ai consiglieri uscenti ammonta all'importo complessivo di Euro 1.342.787,92 in quanto per ciascun componente il C.d.A. sono state liquidate lire 650.000.000, pari agli attuali Euro 335.696,98, importo che, peraltro, è stato determinato forfetariamente, tenendo conto anche dei gettoni di presenza riferibili al medesimo periodo. Ciò costituisce, per così dire, ulteriore motivo di illegittimità, atteso che il "gettone di presenza" per definizione e per sua intrinseca natura è emolumento che deve essere liquidato (anche nel caso di vigenza della carica) solo e se, in concreto, vi sia la presenza del soggetto titolare alla riunione dell'organo collegiale di cui il soggetto stesso è componente.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto risulta, quindi, contraddetta la affermazione di parte convenuta secondo cui la determinazione del compenso ai componenti del C.d.A. dimissionari effettuata dal Ministro, avrebbe comportato in re ipsa un vantaggio attraverso la erogazione, in termini di numerario, addirittura inferiore rispetto alla quantificazione che sarebbe stata operata nell'ambito della disciplina privatistica.

Passando, poi, ai compensi accordati dal Ministro al dott. D'Angiolino, devesi rilevare che anche la risoluzione consensuale, al pari delle dimissioni dei consiglieri, non poteva e non doveva sortire alcun effetto economico risarcitorio nei confronti dell'Amministratore, in quanto non previsto da alcuna disposizione di legge.

È da rigettare, infatti, la argomentazione della difesa secondo cui, la fondatezza del compenso degli amministratori conseguirebbe, alla luce della normativa di riferimento (art. 8 del D.P.R. n. 242/1995), dalla possibilità di applicazione al suddetto fine le disposizioni in materia di revoca degli amministratori di società (e segnatamente l'art. 2383 c.c. nella parte in cui dispone che gli amministratori sono revocabili in qualunque tempo "..salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa").

In disparte la considerazione circa l'esistenza o meno della "giusta causa" per le stesse ragioni dianzi indicate, occorre premettere il quadro normativo che disciplina la materia del trattamento economico degli organi dell'ANAS e in particolare:

- che l'art. 5 del d. lgs. 26 febbraio 1994, n. 143 (che ha istituito l'Ente Nazionale per le Strade, qualificato "economico" con D.P.R. 21 aprile 1995 n. 242 e dotato di autonomia organizzativa amministrativa contabile e di personalità giuridica di diritto pubblico) dopo aver stabilito, al comma 1, che gli Organi dell'Ente sono, tra gli altri, "il Consiglio e l'Amministratore" e che, al comma 2, "La nomina, lo stato giuridico ed economico dei componenti e le relazioni tra gli organi dell'Ente, sono disciplinati dallo statuto", ha previsto, al comma 4, che "Con decreto del Ministero dei lavori pubblici di concerto con il Ministro del tesoro, sono fissati gli emolumenti spettanti ai componenti degli organi dell'Ente". La disposizione è stata, poi, ribadita all'art. 3, comma 9, del D.P.R. n. 242/1995, di approvazione del nuovo statuto dell'Ente (che ha, tra l'atro, stabilito che gli tali emolumenti dovessero essere "in misura corrispondente a quelli di altri enti pubblici di analoga dimensione"). Peraltro, anche nel successivo D.P.R. 21 settembre 2001, n. 389, che ha approvato l'ulteriore nuovo statuto, è contemplata una norma (sempre all'art. 3, comma 9) del tutto analoga con la sola attualizzazione della denominazione dei relativi Ministeri;

- che l'art. 3 dello stesso D.P.R. n. 242 del 1995 ha espressamente previsto, al comma 6, che "Ai componenti degli organi si applicano le norme del codice civile che regolano i rapporti degli amministratori e dei sindaci nei confronti delle società per azioni, fatto salvo quanto espressamente previsto dal presente statuto e in quanto con esso compatibili".

Risulta evidente, dal combinato disposto delle suddette norme, che la determinazione del trattamento economico degli organi dell'Ente è riservata, secondo le modalità espressamente previste, unicamente alle autorità indicate al suddetto comma 4 dell'art. 5 dello Statuto (quindi, anche la determinazione di un eventuale compenso per "cessazione anticipata") e che, in assenza di espressa previsione, nessun altro emolumento spetta ai componenti degli organi in riferimento alle funzioni e alle attività esercitate o agli obblighi assunti.

Viceversa all'Amministratore uscente è stata, tra l'altro, accordata la ricostruzione del trattamento economico corrisposto dalla data della sua prima nomina (1994) fino alla cessazione, con un compenso di L. 800.000.000, pari ad Euro 413.165,52, anche in questo caso contravvenendo alle precise disposizioni normative già in vigore.

E, difatti, a parte le rivendicazioni che sarebbero state avanzate dal dott. D'Angiolino di cui non vi è traccia in atti, è pienamente condivisibile la prospettazione attorea circa la illegittimità della rideterminazione del compenso, in misura superiore all'importo dallo stesso già percepito (di L. 350.000.000 annue fissato con Decreto interministeriale del 7 aprile 1994), operata sulla base delle disposizioni del codice civile riguardanti gli amministratori delle società per azioni e delle norme di diritto privato concernenti il lavoro subordinato dei dirigenti d'azienda.

Al riguardo, per escludere tale applicabilità, giova richiamare, oltre alle disposizioni già citate, anche il disposto di cui all'art. 11 dello stesso d. lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, il quale recita, al comma 1, nel senso che "Alla data di entrata in vigore del presente decreto, con le modalità di cui all'art. 7,comma 1, è nominato un amministratore straordinario per la provvisoria gestione...che assume le funzioni di direttore generale e del Consiglio di Amministrazione...", al comma 2, nel senso che "Il compenso dell'Amministratore straordinario è stabilito con decreto del Ministero dei lavori pubblici di concerto con il Ministro del tesoro" e, al comma 4, che "La provvisoria gestione dell'Ente è affidata all'amministratore di cui al comma 1, il quale, con la nomina degli organi ordinari, acquista le funzioni di cui all'art. 7 per un quinquennio" (e, cioè, quelle di Amministratore e non più di amministratore straordinario).

Ciò premesso, dagli atti si evince che, il periodo in cui il dott. D'Angiolino ha esercitato le funzioni di amministratore straordinario (cioè di "provvisoria gestione") deve ritenersi limitato, alla luce della disposizione da ultimo citata, al periodo dal 25 marzo 1994 (data di decorrenza della nomina ad "amministratore straordinario" disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 marzo 1994) alla data di nomina del Consiglio, che risulta disposta, per la prima volta dopo la istituzione dell'Ente ANAS ex d. lgs. n. 143 del 1994, in data del 22 agosto 1995. Infatti, prima del decreto di rinnovo del Consiglio di cui al decreto del Ministero dei Lavori Pubblici prot. n. 8091/28/228 del 4 ottobre 2000 (con il quale sono stati nominati i consiglieri dimissionari di cui trattasi), il primo Consiglio di durata quinquennale era stato nominato con decreto n. 7127/28/33 del 22 agosto 1995. Tale decreto, infatti, risulta espressamente indicato nelle premesse del decreto di rinnovo del Consiglio del 4 ottobre 2000. Per cui a decorrere dal 22 agosto 1995 il dott. D'Angiolino era ex lege (art. 11, comma 4, del d. lgs. n. 143/1994) cessato dalla nomina di Amministratore straordinario (e dalle relative funzioni di provvisoria gestione dianzi riportate), per assumere quella di amministratore ex art. 7 dello stesso d. lgs. 26 febbraio 1994, n. 143.

Pertanto non rileva - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del convenuto - che non fosse stato nominato, dopo l'avvio della nuova organizzazione, anche il Direttore Generale, che non è organo dell'Ente né a termini di legge istitutiva (art. 5), né a termini di Statuto (art. 3), bensì dirigente preposto ad un ufficio della "struttura organizzativa" dell'Ente al quale, ai sensi dell'art. 11, comma 2, dello stesso statuto "... l'amministratore attribuisce, con apposita delega, poteri di gestione e rappresentanza". L'incarico di "amministratore", a cui fanno capo, tra l'altro, ai sensi dell'art. 8, comma 2 del più volte citato Statuto "... tutti i poteri di gestione ordinaria e straordinaria che la legge o il presente statuto non riservano al Consiglio", gli fu, poi, confermato alla scadenza del primo quinquennio con D.P.C.M. del 4 ottobre 2000, in pari data dei decreti del Ministro dei Lavori Pubblici di rinnovo del Consiglio.

Tenuto conto della suddetta "provvisorietà" delle funzioni legate alla nomina ad "amministratore straordinario", devesi ritenere del tutto infondata la tesi di parte secondo cui con la suddetta nomina si sarebbero instaurati tra l'ANAS e il dott. D'Angiolino due rapporti l'uno di amministrazione che, per tutta la durata della norma transitoria, si concretizza nell'assunzione delle funzioni del Consiglio di Amministrazione, e l'altro, dirigenziale, di lavoro subordinato quale Direttore Generale. Quanto al primo aspetto, infatti, si è già detto circa la riserva, a termini statutari, di determinazione del compenso degli organi dell'Ente. Quanto, poi, al secondo aspetto, è palese come nessun rapporto lavorativo ha inteso ipotizzare la relativa disposizione con l'attribuzione temporanea delle funzioni di "amministratore straordinario" che contemplava il contemporaneo svolgimento anche delle funzioni di Direttore Generale, attribuzioni del tutto contingenti e relative a vacanza temporanea degli organi, tant'è che la norma stessa ne ha previsto una automatica cessazione all'atto della nomina degli stessi organi collegiali dell'Ente, che nella specie è intervenuta fin dal 1995 e, quindi, da tale data nessuna straordinarietà rivestivano le funzioni svolte dal dott. D'Angiolino.

Dalle risultanze degli atti emerge chiaramente, comunque, che al dott. D'Angiolino, fin dalla sua nomina ad Amministratore straordinario e per tutto il successivo periodo in cui ha svolto l'incarico di amministratore, è stato corrisposto il compenso che era stato inizialmente fissato, (con decreto interministeriale n. 3018/28/33 del 7 aprile 1994, ai sensi dell'art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 143/1994), in riferimento all'incarico di "amministratore straordinario" nell'importo di L. 350.000.000 lorde annue. Per cui le eventuali funzioni di direttore generale svolte di fatto dall'Amministratore, dopo la cessazione da amministratore straordinario (intervenuta, giova ripeterlo, per effetto della nomina del primo C.d.A.), hanno continuato in sostanza ad essere retribuite perché ricomprese nel compenso iniziale. Il che esclude, anche sotto tale aspetto, che in ragione di tale attività si possa essere realizzato un vantaggio per l'Amministrazione.

Pertanto, la rideterminazione di tale emolumento - che tenuto conto delle norme dianzi esposte, aveva una evidente natura omnicomprensiva - per tutto il periodo precedente la cessazione dall'incarico, come accordato con l'atto transattivo, non può che essere illegittima sia perché contraria a precise disposizioni di legge (norme di cui agli artt. 5, c. 4. del D.Lgs. n. 143/1994 e 3, c. 9, del D.P.R. n. 242/1995), per cui il Ministro non era legittimato a fissare autonomamente il compenso spettante, sia perché quanto accordato configura una duplicazione del corrispettivo di una funzione aggiuntiva già contemplata nella determinazione del compenso inizialmente previsto e corrisposto anche in seguito a fronte, peraltro, del venir meno già da tempo della funzione.

Per tutte le considerazioni sopra esposte, dunque, si appalesa assolutamente illegittima la applicazione delle norme civilistiche e, segnatamente, di quelle (art. 19, commi 11 ultimo alinea e 15, e art. 23) relative al C.C.N.L. dei Dirigenti ANAS (che, peraltro, sono relative al C.C.N.L. intervenuto solo nel novembre 2000 e riguardano lo scioglimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, quindi, per ciò solo non applicabili alla posizione dell'Amministratore con l'Ente).

Conclusivamente, con riferimento alla già ricordata eccezione di parte secondo cui l'applicazione civilistica sarebbe legittimata dall'art. 8 del d.P.R. n. 242/1995 (che al comma 3 stabilisce che "Nella funzione di organo dell'Ente si applicano all'amministratore le disposizioni del codice civile riguardanti gli amministratori delle società per azioni" e, al comma 4, che "Il rapporto dell'amministratore con l'Ente è regolato in base alle norme di diritto privato concernenti il lavoro subordinato dei dirigenti di azienda"), si rileva che tale disciplina non può certamente trovare applicazione per ciò che riguarda la nomina, la durata, la cessazione dall'incarico e il trattamento economico degli organi, né per quanto riguarda la procedura e la competenza per la determinazione di tali aspetti, in quanto, come si è visto, espressamente disciplinati dalla legge e dallo statuto dell'Ente, per cui opera la riserva del già menzionato comma 6 dell'art. 3 dello stesso d.P.R., mentre può trovare applicazione per tutti gli altri aspetti per i quali si ravvisi una compatibilità con la menzionata disciplina speciale degli organi stessi.

Ne consegue che, al pari di quella dei consiglieri, anche l'indennità di risoluzione del rapporto del dott. D'Angiolino con l'ANAS, il cui importo, già calcolato in lire 1.580.000.000, corrisponde agli attuali Euro 816.001,90 è stata illegittimamente accordata e determinata; parimenti illegittimo e non dovuto è l'adeguamento del compenso relativo al periodo 1994/2001, corrispondente a lire 800.000.000, pari ad Euro 413.165,52. Tali importi configurano danno ingiusto per l'Ente ANAS.

Con l'accordo transattivo il Ministro ha posto a carico dell'ANAS l'ulteriore impegno di compensare il D'Angiolino con il pagamento degli importi di cui ai punti 9) e 11), per i quali valgono le motivazioni di illegittimità già in generale formulate e che si ritengono, anche nello specifico, non spettanti per i motivi che seguono:

- l'importo previsto al punto 9) dell'accordo a titolo di compenso per l'assunzione dell'obbligo da parte del dott. D'Angiolino a rispettare il c.d. "patto di fedeltà e di non concorrenza", di cui risulta effettivamente pagato l'importo complessivo di Euro 154.935,00 (51.645,00 X 3). Trattasi, in realtà, di un "divieto" espressamente previsto dallo Statuto (all'art. 3 del più volte citato D.P.R. n. 242/1995 che, al comma 7, recita espressamente nel senso che "I componenti degli organi dell'Ente non possono, per la durata del mandato e nei tre anni successivi alla scadenza del medesimo, assumere incarichi retribuiti o prestare consulenze in favore di soggetti privati che svolgono attività o studi nel campo delle opere pubbliche"), senza che per esso sia previsto alcun emolumento conformemente alla ratio della omnicomprensività del compenso che emerge dallo statuto stesso. Pertanto, discendendo la obbligatorietà per l'Amministratore direttamente dalla suddetta norma, l'avere inserito tale specifico obbligo nell'atto transattivo riveste efficacia unicamente per ciò che attiene l'obbligazione di pagamento del relativo compenso posto dal Ministro a carico dell'Ente;

- l'importo previsto al punto 11) dell'accordo a titolo di compenso per incarichi di consulenza di durata triennale da affidare a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, di cui risulta effettivamente pagato l'importo complessivo di Euro 154.935,00 (51.645,00 X 3). La specifica illegittimità di tale impegno consegue alla non conformità dello stesso alle norme in materia di consulenze in quanto si limita a prevede genericamente l'an, il tempo di svolgimento e il quantum del corrispettivo delle consulenze in totale assenza di definizione dell'oggetto delle stesse e della enunciazione delle condizioni che consentono, nell'ambito della attuale disciplina, il ricorso a consulenze esterne, rispetto alle quali è nota la giurisprudenza di questa Corte. Giova al riguardo anche rilevare che l'impegno in questione presenta un'ulteriore anomalia in quanto si prevede che sarebbe stato il suddetto Ministero a conferire gli incarichi di consulenza in questione, mentre l'erogazione dei relativi compensi è stata posta a carico delle finanze dell'Ente. In realtà risulta che tali incarichi non sono stati in concreto conferiti, né eseguiti, e che i corrispettivi sono stati comunque in parte pagati. Ciò ha comportato la chiamata in giudizio, con l'atto di citazione integrativa all'esame, ma ovviamente a diverso titolo di responsabilità, dei convenuti Francesco Sabato e Virgilio Pandolfi (della cui posizione si dirà nel prosieguo) e non esclude la riferibilità, dal punto di vista del nesso causale, di tale esborso all'accordo risarcitorio in questione. Per cui va subito evidenziato che, per tale importo, deve essere valutato l'apporto causativo di ciascuno dei chiamati nella produzione del danno, che nella prospettazione attorea, per il Ministro, è stato indicato in ragione del 20% della somma complessiva effettivamente erogata per le consulenze e, cioè, Euro 30.987,00.

Tutti i suddetti compensi, accordati dal Ministro con l'atto transattivo in questione e di cui risultano i rispettivi pagamenti, effettuati con i mandati indicati in narrativa, configurano "danno erariale" per l'ANAS da porre a carico del prof. ing. Pietro Lunardi nei termini prospettati dalla Procura attrice.

Pertanto tenuto conto di tutto quanto sopra evidenziato, risulta evidente l'esistenza, nel caso di specie, dell'elemento oggettivo della condotta sindacabile, sotto il punto di vista della responsabilità amministrativa, dell'attuale convenuto, nella qualità di Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti pro-tempore (e segnatamente di Organo di vigilanza dell'ANAS) dell'ingiusto esborso posto a carico di tale Ente nella vicenda in questione, che configura perciò "danno erariale" per l'Ente stesso, ed emerge con altrettanta evidenza il nesso casuale che intercorre tra la prima (la suddetta condotta) e il secondo (il danno ingiusto).

Quanto, poi, all'elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, occorre rilevare, in completa adesione con l'assunto della Procura, che nel caso di specie si configura una chiara ipotesi di "colpa grave". Infatti, la condotta addebitabile al Ministro vigilante dell'ANAS, nei termini in cui nella presente sentenza è stata descritta e motivata, non può che qualificarsi come "gravemente colposa" per essere stata realizzata in violazione di leggi e di atti normativi disciplinanti in maniera vincolante la materia, per avere l'interessato agito con eccesso di potere, in quanto sottoscrivendo i menzionati accordi ha esercitato dei poteri che non gli competevano e per avere, infine, accordato compensi, comunque, non spettanti agli organi uscenti dell'Ente con gli accordi transattivi in questione dei quali ha, peraltro, espressamente ordinato all'Ente vigilato di dare "immediata ed effettiva esecuzione" (note a firma del Ministro del 27 settembre, 16 ottobre e 19 ottobre del 2001) per rendere valida ed esigibile l'obbligazione dell'ANAS a corrispondere agli ex Amministratore e Consiglieri quanto stabilito.

È stato evidenziato come in materia esisteva una normativa molto precisa di primo e di secondo grado che già prevedeva il trattamento economico e le "condizioni di ingaggio" degli amministratori dell'ANAS - come sostenuto dalla Procura - e che prevedevano, peraltro, precise competenze e procedure che, quantomeno con grave superficialità, è stata completamente disattesa dal Ministro nel determinare i compensi degli amministratori uscenti dell'ANAS.

Non sia inutile aggiungere, al riguardo, che si appalesa quantomeno "insolito", ma soprattutto sintomatico della estrema leggerezza con la quale il Ministro ha stipulato i suddetti accordi nei termini descritti, che sia stato acquisito il parere sulla legittimità di quelle spettanze in data successiva agli accordi stessi e, addirittura, al pagamento di quasi tutti i compensi. Il parere "pro-veritate" dello studio legale "Pessi ed Associati", che la stessa difesa richiama, è, infatti, del dicembre 2001, mentre, viceversa, non risultano formalmente interpellati sulla vicenda organi di consulenza a ciò deputati, né competenti strutture del Ministero vigilante o uffici o organi di controllo dello stesso Ente.

A tal proposito giovi anche evidenziare, come puntualmente riportato nell'atto di citazione e ricordato anche alla odierna trattazione, non solo che sulla rideterminazione dei compensi degli organi dell'Ente era stata, all'epoca (marzo 2001), rigettata la relativa richiesta di adeguamento avanzata dal Ministero, ma anche che era intervenuta in materia la recente direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 gennaio 2001, disattesa dal Ministro nella vicenda di cui trattasi, che richiamava la necessità che si individuassero criteri e parametri basati su elementi oggettivi e che prevedeva che la applicazione dei nuovi compensi dovesse decorrere da quella dei nuovi organi, limitando eventuali richieste di revisione in corso di mandato a casi del tutto eccezionali; direttiva che, peraltro, prevede una procedura di revisione e specifici adempimenti anche per le Amministrazioni vigilanti degli enti.

Devesi conclusivamente rilevare che proprio la qualità di Organo Vigilante dell'Ente e cioè dell'Autorità preposta a sovrintendere l'attività dell'Ente e la destinazione e utilizzazione delle risorse finanziarie ad esso assegnate, con funzione, quindi, di controllo e indirizzo delle determinazioni e degli strumenti di gestione utilizzati dall'Ente vigilato anche in termini di legittimità e di proficua utilizzazione delle risorse stesse da destinare al perseguimento dei fini istituzionali, imponevano la massima attenzione sulla fattibilità dell'intervento utilizzato e, comunque, il rispetto imprescindibile della legittimità dell'atto di gestione posto in essere.

Quanto sopra, secondo questo Collegio, qualifica ulteriormente in termini di gravità il grado di colpevolezza del prof. ing. Lunardi per la responsabilità amministrativa allo stesso addebitata e non consente di accogliere la richiesta della difesa di utilizzare il potere riduttivo dell'addebito ai sensi dell'art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, non ravvisandosi, nella fattispecie, elementi giustificativi compatibili con quanto rilevato.

6. Passando all'addebito di responsabilità amministrativa formulato dalla Procura regionale con l'atto di citazione integrativa, si è già detto che tale atto, oltre alla nuova quantificazione del danno erariale di cui agli accordi transattivi sottoscritti dal Ministro Lunardi, riguarda, in particolare, la liquidazione delle somme erogate dall'ANAS all'Amministratore D'Angiolino ai sensi del punto 11) del accordo transattivo intervenuto con quest'ultimo, e, cioè, il pagamento per l'affidamento allo stesso di un incarico di consulenze triennali, in riferimento al quale sono stati effettivamente pagati complessivi Euro 154.935,00, ma non è stata svolta alcuna attività di consulenza.

Per tale aspetto la Procura ha contestato alle parti convenute e, cioè, oltre al Ministro, di cui si è già detto nel punto che precede, al Direttore Generale dell'ANAS, Ing. Francesco Sabato, e al Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario, rag. Virgilio Pandolfi, la rispettiva responsabilità amministrativa in quanto quell'importo configura una danno ingiusto per l'ANAS.

In proposito questo Collegio condivide, anche per tale domanda, la prospettazione della Procura attrice e ritiene che la responsabilità amministrativa a carico dei due direttori dell'ANAS discenda dall'avere, ciascuno nell'espletamento della rispettiva competenza, sottoscritto le determinazioni di impegno e pagamento e dall'aver messo in liquidazione e sottoscritto i mandati relativi agli incarichi in questione, pur in assenza della necessaria documentazione giustificativa che comprovasse l'esistenza del credito e la veridicità di quanto indicato nelle notule presentate dal dott. D'Angiolino.

Rientrava, infatti, nei doveri connessi alle funzioni esercitate e competeva alle strutture dagli stessi dirette accertare se le previste consulenze fossero state conferite e se fossero state eseguite. Solo a tali condizioni poteva ritenersi sorta in capo all'Ente l'obbligo di eseguire la controprestazione del pagamento di quanto stabilito nell'accordo. Agli atti vi è la nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (prot. n. 10442 del 19 giugno 2003, a firma del Capo di Gabinetto prefetto Claudio Gelati), con la quale si è dato riscontro in sede istruttoria alla richiesta della Procura del 31 maggio 2003, che inequivocabilmente comunica che"... il Ministero non ha conferito al Dott. Giuseppe D'Angiolino alcun incarico di consulenza triennale o di diversa durata".

Risulta, invece, che il Direttore Generale ing. Sabato ha sottoscritto le relative disposizioni di impegno (nelle quali, peraltro, dichiarava, con estrema superficialità, che "....tale attività risultava regolarmente espletata per il periodo oggetto della liquidazione"), ed ha autorizzato i pagamenti, in sostanza, solo sulla base della notule del D'Angiolino (Disp. n. 2482 relativa alla notula n. 2 del 28 giugno 2002, Disp. n. 2481 relativa alla notula n. 3 del 20 dicembre 2002, Disp. n. 2491 relativa alla notula s.n. del 22 aprile 2003) a fronte dell'obbligo che allo stesso, che per primo ha istruito la pratica (trattandosi di emolumenti spettanti all'ex Amministratore, è concepibile che la struttura amministrativa di vertice abbia svolto la prima istruttoria e che dovessero essere, comunque, acquisite e/o conosciute da tale struttura consulenze interessanti - si presume - l'attività dell'Ente anche sotto altri aspetti), competeva ogni attività intesa a verificare previamente se la premessa della esecuzione si fosse in realtà realizzata, e, prima ancora, se gli incarichi fossero stati effettivamente conferiti al dott. D'Angiolino.

Il Direttore Centrale Amministrativo e Finanziario, rag. Pandolfi, in qualità di liquidatore delle disposizioni di impegno, aveva l'obbligo non solo di effettuare un riscontro contabile dei dati rappresentati ma, principalmente, di accertarsi della sussistenza dei titoli e dei documenti comprovanti la legalità e la fondatezza della spesa e, quindi, della correttezza di quanto affermato nelle disposizioni di impegno e nelle parcelle esibite dal dott. D'Angiolino.

Non risulta che siano stati effettuati i necessari accertamenti a tal fine, anzi l'esame degli atti fa presupporre che entrambi i Direttori fossero a conoscenza, o quanto meno che erano stati messi nelle condizioni di dubitare del mancato conferimento degli incarichi, e non solo della mancata esecuzione delle consulenze. Ciò in qualche modo si evince chiaramente dalla corrispondenza intercorsa tra le strutture e, segnatamente, dalla nota prot. n. 199/Segr. del 15 luglio 2002, con la quale il Direttore Generale, ing. Sabato, ricevute le parcelle presentate dal dott. D'Angiolino, ha trasmesso le stesse alla Direzione Centrale Amministrativa e Finanziaria (Direttore Pandolfi) con l'invito a riscontrare quanto addotto e a riscontrare, se ve ne fosse conferma nei documenti in possesso dell'Ente. Si evince, altresì, dalla circostanza della consapevolezza che nessun riscontro avesse fornito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla nota n. 844 del 5 settembre 2002 del Direttore Generale, rivolta per conoscenza alla Direzione di Pandolfi (con la quale si chiedeva se e quali incarichi fossero stati conferiti all'ex Amministratore e quali fossero stati esitati), nonché dalla circostanza che nessun sollecito o attivazione sia stata posta in essere da entrambi i Direttori per acquisire, comunque, il dato sulla esecuzione delle consulenze, fondamentale ai fini dei pagamenti in questione.

Giova rilevare che la responsabilità dirigenziale di preposti al vertice di strutture amministrative cui fanno capo gli adempimenti di gestione di risorse, al di là della violazione di precise disposizioni, che pure esistono, in materia di regolarità della procedura di spesa, si trovano ad essere, comunque, garanti della correttezza della procedura stessa, perché partecipano ad un processo di somma di fasi di verifica e non di esclusione di responsabilità, anche se poi ciascuno deve rispondere solo se e in quanto il comportamento tenuto abbia effettivamente inciso nel processo di spesa ingiusta.

Pertanto, al Direttore Generale Sabato, che per primo ha omesso la necessaria verifica della illiceità della spesa per carenza di un presupposto essenziale (il mancato adempimento della consulenza del quale aveva cognizione) deve essere addebitato il concorso nella causazione del danno perché, a quelle condizioni, non avrebbe dovuto sottoscrivere le disposizioni di pagamento. Né può ritenersi - come preteso dalla relativa difesa - che il nesso di causalità si sia interrotto per aver egli stesso "discaricato" la propria omissione di verifica su altro soggetto della procedura di spesa invitando il Direttore Centrale a provvedere in tal senso.

Parimenti il Pandolfi aveva la consapevolezza, la possibilità e il dovere di avvedersi della carenza della documentazione e di non proseguire la procedura di spesa fino alla completezza della regolarità della pratica. Né può costituire una esimente della sua posizione la circostanza della formale dichiarazione della regolare esecuzione apposta nella disposizione di pagamento, in quanto ciò era in palese contrasto con la documentazione in possesso e con la verifica alla quale era stato espressamente incaricato dal Direttore Generale.

Pertanto, premessa l'esistenza del rapporto di servizio degli attuali convenuti, del danno erariale conseguito all'ANAS dal pagamento di consulenze mai eseguite, nonché dell'evidente nesso causale con l'evento dannoso cagionato all'ANAS, il quale si pone come conseguenza diretta ed immediata dell'agire illecito dei medesimi, devesi, altresì, riscontrare, nella fattispecie, anche l'esistenza dell'elemento soggettivo della responsabilità amministrativa.

Su tale punto risulta evidente che la condotta tenuta dai convenuti, dianzi delineata, non può che essere connotata come gravemente colposa per inosservanza dei doveri di verifica dell'esistenza del credito e per la cosciente e volontaria violazione delle regole di contabilità, oltre che di buon andamento, di economicità e di corretta amministrazione (alle quali devono attendere ancora di più i vertici delle strutture di elevato grado di responsabilità dirigenziale connessa alla funzione assegnata).

In ragione di quanto premesso, i suddetti direttori Francesco Sabato e Virgilio Pandolfi sono tenuti a rispondere del danno erariale di Euro 154.935,00, causato all'ANAS, unitamente al Ministro pro-tempore, prof. ing. Pietro Lunardi, al quale detto importo è già stato contestato, sia pure sotto il diverso profilo di responsabilità già trattato. Certamente è da valutare il diverso apporto causale riconducibile alla condotta illecita del Ministro, rispetto alla quale si appalesa ragionevole e, perciò, condivisibile la ripartizione prospettata dalla Procura. Per cui, quantificato l'importo da porre a carico del Ministro nella misura, come già precisato, pari al 20% della somma complessiva erogata per consulenze (per un importo pari ad Euro 30.987,00), all'ing. Sabato e al rag. Pandolfi, il cui apparto causale è nella specie sicuramente più grave, deve essere addebita, per ciascuno, la somma pari al 40% del totale indebitamente pagato per consulenze, e, quindi, Euro 61.974,00 ciascuno, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

Anche in tal caso il Collegio ritiene di non potere fare ricorso al potere riduttivo dell'addebito di cui all'art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, non ravvisandosi, nella fattispecie, elementi giustificativi compatibili con quanto rilevato.

7. Conclusivamente, il rispetto del principio di economicità di giudizio e l'ininfluenza, ai fini del decidere, di ogni altra eccezione e deduzione prospettata delle parti in causa, consentono a questo Collegio di ritenere le stesse assorbite da tutte le motivazioni svolte nella presente sentenza.

Il Collegio, pertanto, in riferimento alla domanda di cui agli atti di citazione in epigrafe e per le motivazioni fin qui svolte, giudica che del complessivo danno erariale a carico dell'ANAS, rideterminato in Euro 2.881.825,34, devono rispondere gli attuali convenuti secondo l'importo a fianco di ciascuno indicato:

- il prof. Ing. Pietro LUNARDI risponde per Euro 2.757.877,34

- l'ing. Francesco SABATO risponde per Euro 61.974,00

- il rag. Virgilio PANDOLFI risponde per Euro 61.974,00

In accoglimento, poi, della richiesta della Procura, sui predetti importi dovrà essere corrisposta la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, questi ultimi dalla data di deposito della sentenza all'effettivo pagamento.

Alla soccombenza segue anche l'obbligo del pagamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, per l'addebito di responsabilità amministrativa di cui all'atto di citazione e all'atto di citazione integrativa in epigrafe,

CONDANNA

al pagamento in favore dell'ANAS:

- il prof. ing. Pietro LUNARDI di Euro 2.757.877,34 (duemilionisettecentocinquantasettemilaottocentosettantasette/34);

- l'lng. Francesco SABATO di Euro 61.974,00 (sessantunomilanovecentosettantaquattro/00);

- il rag. Virgilio PANDOLFI di Euro 61.974,00 (sessantunomilanovecentosettantaquattro/00);

oltre al pagamento, sulle rispettive somme, della rivalutazione monetaria.

Sono dovuti, inoltre, dal deposito della presente sentenza, gli interessi legali fino all'effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore.

I predetti sono, altresì, condannati al pagamento delle spese di giudizio che, fino all'originale della presente decisione, si liquidano in Euro 2361,35 (duemilatrecentosessant'uno/35).