Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 6 ottobre 2005, n. 19497

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in data 19 settembre 1995 C.L., premesso di aver contratto matrimonio, con rito concordatario ed in regime di comunione di beni in data 10 febbraio 1972 con G.E., che dall'unione coniugale era nata a Milano il 3 agosto 1974 la figlia S., che in data 24 giugno 1992 (con omologa del 30 giugno 1992) essi coniugi si erano consensualmente separati e che nel periodo dal 20 dicembre 1992 al 27 giugno 1993 era ripresa la convivenza col marito a seguito di avvenuta riconciliazione, chiedeva al Tribunale di Milano dichiararsi cessati gli effetti di detta separazione consensuale e pronunciarsi separazione giudiziale ai sensi dell'art. 151, primo comma, c.c. con decorrenza dal 25 giugno 1993, oltre alla corresponsione di un assegno mensile di lire 1.500.000.

Costituitosi in giudizio il G., che contestava la circostanza della riconciliazione e della ripresa della convivenza e che, in via riconvenzionale, chiedeva la restituzione di lire 12.000.000, di cui a suo dire la C. si era illecitamente impossessata insieme ad altri oggetti, l'adito Tribunale, con sentenza 7892/2001 in data 11 aprile 2001, ritenendo non provata l'avvenuta riconciliazione, rigettava la domanda attrice e, in accoglimento della riconvenzionale, condannava la C. a restituire al G. alcuni oggetti oltre al pagamento delle spese processuali del relativo grado di giudizio (liquidato in lire 21.505.240).

La C. proponeva appello, deducendo, in particolare, l'erronea valutazione delle risultanze processuali da parte dei giudici di primo grado in ordine alla riconciliazione nonché in ordine alla riconsegna degli oggetti descritti in sentenza, e la Corte d'Appello di Milano, costituitosi l'appellato G., con la sentenza in esame n. 1202/2002, confermava la pronuncia dei Tribunale, salva la riduzione delle spese processuali poste a suo carico (riliquidate in euro 6.011,04).

Propone ricorso per cassazione la C., fondato su due motivi, illustrati con memoria; resiste con controricorso il G.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione, "su un punto decisivo della controversia" costituito dalla ripresa della convivenza, conseguente all'omesso esame delle risultanze delle deposizioni testimoniali, avendo la Corte territoriale preso in considerazione solo la testimonianza della figlia S. Si precisa che "dalle testimonianze rese in udienza emerge chiaramente, infatti, l'effettiva avvenuta ricomposizione della comunione coniugale".

Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 157 c.c. essendosi, nella fattispecie in esame, verificata la riconciliazione dei coniugi e non, come erroneamente affermato dalla Corte di Milano, un semplice "tentativo di conciliazione".

Il ricorso non merita accoglimento in relazione ad entrambe le suesposte censure, da esaminarsi congiuntamente in quanto entrambe aventi ad oggetto il medesimo thema decidendum prospettato dal ricorrente in ordine alla non ritenuta riconciliazione dei coniugi in questione.

La Corte territoriale, infatti, con ampie e logiche argomentazioni svolte sulla base di una esaustiva e completa valutazione delle risultanze processuali (tra cui numerose prove testimoniali), non ulteriormente esaminabili nella presente sede di legittimità, ha dato conto del proprio assunto in ordine al decisivo punto della non avvenuta ripresa della convivenza coniugale e della conseguente esclusione della riconciliazione.

Infatti, premesso che, come già sostenuto da questa Corte con indirizzo pienamente condivisibile (tra le altre, Cassazione 12427/2004, rv. 574235), non è sufficiente, per provare la riconciliazione tra i coniugi separati, per gli effetti che ne derivano, che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale, essendo invece necessaria la completa ripresa dei rapporti caratteristici della vita coniugale, la Corte di Milano ha ritenuto sussistente nella vicenda in esame un mero "tentativo di conciliazione", con ciò non facendo affatto riferimento ad un criterio metagiuridico (come erroneamente sostenuto dalla ricorrente), bensì ad una consentita valutazione "in fatto", tale da escludere, nel caso di specie, l'effettiva voluntas in ordine alla ripresa del rapporto coniugale soprattutto da parte della stessa C.; ciò emerge con chiarezza, tra l'altro, dal punto della sentenza in cui si afferma che "l'argomento decisivo per escludere anche nella C. la seria volontà di riconciliarsi col marito è però costituito dal fatto che la predetta aveva in atto una relazione extraconiugale, probabilmente mai interrotta durante i mesi di convivenza col marito", per cui "se anche un desiderio di riconciliarsi col marito nella C. c'era stato esso non poteva che essere rimasto nei termini di un tentativo ben presto dimostratosi irrealizzabile".

Deve, infine, osservarsi che rientrante nel discrezionale potere valutativo del giudice del merito è il ritenere irrilevante o meno una o più deposizioni testimoniali, con la conseguenza che ben poteva la Corte territoriale sostenere l'attendibilità, a fini probatori, della sola testimonianza della figlia delle parti in causa, e che l'accertamento in ordine ad un'eventuale riconciliazione, in tema di separazione personale dei coniugi, è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito e non è quindi censurabile in Cassazione in mancanza, come nel caso in esame, di vizi logici o giuridici.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese della presente fase che liquida in complessivi euro 3.100,00, di cui euro 3.000,00 per onorario, e 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessorie come per legge.