Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 20 maggio 2005, n. 10603
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il consiglio di amministrazione della Società per l'imprenditorialità giovanile S.p.a. - succeduta (art. 1, comma 2, del d.l. 26/1995, come convertito dalla l. 95/1995) alla Cassa depositi e prestiti ed al comitato per l'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, a sua volta subentrato al ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno per gli incentivi di importo inferiore a lire 10 miliardi (art. 5, comma 4, del d.lgs. 96/1993) - revocò le sovvenzioni già concesse dal ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, con decreto del 10 febbraio 1989 (progetto n. 0873), alla Iboss S.r.l. (ai sensi dell'art. 1 d.l. 786/1985, come convertito nella l. 44/1986) ed alla medesima frattanto in gran parte erogate, disponendone il conseguente recupero. Si addebitava alla Società di avere "praticamente abbandonato il business originario, avendo costituito un magazzino di prodotti finiti durante il periodo agevolato, vendendo in modo sporadico tali scorte ed ottenendo il resto del fatturato dall'attività di main contractor", e si considerava, da un lato, che "quindi" fossero "venuti meno i requisiti oggettivi di legge" - quali "l'ampliamento della base imprenditoriale", per mancanza di dipendenti; l'"ampliamento della base produttiva", per avere "l'azienda (...) cessato l'attività produttiva", la "destinazione degli immobili", per essere "il capannone attualmente destinato ad altro uso rispetto a quello previsto" -, dall'altro, che mancasse "alcun serio riscontro", idoneo a dimostrare "il cambiamento della situazione aziendale".
Il provvedimento di revoca, datato 13 novembre 1998, fu impugnato davanti al TAR Calabria, per violazione dell'art. 10 della l. 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione del regolamento per le incentivazioni all'imprenditoria giovanile (art. 7 del d.m. 3 luglio 1986) e dell'art. 1, comma 13, della l. 44/1986 - sulla revoca -, oltre che per eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta e contrasto con la ratio normativa.
Il TAR, con decisione 511/2001, accolse il ricorso, annullando l'atto impugnato e compensando le spese del giudizio tra le parti.
Interponeva gravame la Sviluppo Italia S.p.a. - intanto succeduta (ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. 1/1999) alla S.p.a. per l'imprenditorialità giovanile -, ribadendo la correttezza della disposta revoca.
L'impugnazione è stata accolta dal Consiglio di Stato, con la decisione indicata in epigrafe, che ha ritenuto verificata "la sopravvenuta carenza dei requisiti necessari per l'erogazione delle agevolazioni", e, quindi, sussistente "l'elemento necessario e sufficiente" per la revoca delle agevolazioni, siccome prevista, "senza alcun margine di discrezionalità", dall'art. 8, comma 7, del regolamento del ministro del Bilancio e della programmazione economica 695/1994, come modificato col regolamento 306/1998.
Per la cassazione ricorre la Morabito S.r.l. - già corrente sotto la denominazione Iboss S.r.l. -, con unico complesso motivo, cui la S.p.a. Sviluppo Italia resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denuncia, la Società ricorrente, il "difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo per appartenenza della controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario", sotto i profili di: "violazione e falsa applicazione art. 103, comma 1, Cost., artt. 26 e 45 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato (approvato con r.d. 1054/1924), artt. 2, 3 e 4 legge TAR (l. 1034/1971), violazione art. 102 Cost. e art. 2 l. 2248/1865, all. E, errata interpretazione, violazione e falsa applicazione art. 1, comma 13, d.l. 786/1985 (come convertito, con modificazioni, in l. 44/1986), art. 7, terzultimo e penultimo comma, d.m. 3 luglio 1986, art. 8, commi 6 e 7, d.m. 695/1994, art. 8, commi 6 e 7, d.m. 306/1998, errata interpretazione, violazione e falsa applicazione art. 1, comma 2, d.l. 26/1995, come convertito, con modificazioni, dalla l. 95/1995, in relazione all'art. 111, ultimo comma, Cost., all'art. 48 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, all'art. 36 legge TAR, nonché all'art. 362, comma 1, c.p.c.". Richiama la giurisprudenza di legittimità che, in tema di sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione, ravvisa un interesse legittimo nella posizione del privato "se la controversia riguardi la fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio e se il provvedimento stesso sia stato ritirato in via di autotutela per vizi di legittimità o per il suo contrasto, ab origine, con il pubblico interesse"; mentre integra un diritto soggettivo la posizione del beneficiario in fase di concreta erogazione del contributo, sia quando la P.A. contrasti la relativa pretesa con provvedimenti variamente definiti (revoca, decadenza, risoluzione), sia quando la disciplina del rapporto trovi la sua fonte nel suddetto provvedimento, sia quando essa tragga origine direttamente dalla legge. Da ciò fa discendere - sulla scorta, in particolare, di Cassazione, Sezioni unite, 8585/1997 e 57/1999 - la giurisdizione del giudice ordinario, nel caso in esame, in cui la revoca è intervenuta, in applicazione delle disposizioni regolamentari richiamate, nel corso del rapporto, a seguito di ispezioni e verifiche, intese ad accertare la permanenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi che avevano determinato la concessione delle agevolazioni.
La resistente oppone l'inammissibilità e, comunque, la infondatezza dell'impugnazione: sotto il primo profilo, rileva come sia stata proprio la Società ricorrente a promuovere il giudizio in sede amministrativa, sottolineando di avere operato nell'esercizio di un pubblico servizio ai sensi dell'art. 33 del d.lgs. 80/1998; e, sotto il secondo, assume - sulla scorta di Cassazione, Sezioni unite, 8056/1997 - che la revoca impugnata è derivata da esercizio di attività discrezionale.
Il ricorso è ammissibile.
Non è infatti configurabile - con riguardo alla eccezione di giudicato formulata dalla controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c. - il "riconoscimento implicito della giurisdizione amministrativa" in dipendenza della pronuncia di merito da parte del TAR Calabria, dal momento che (con riferimento a Cassazione, Sezioni unite, 10979/2001, espressamente richiamata) nessuna statuizione di merito proveniente da giudice sfornito del potere di statuire con forza di giudicato sulla giurisdizione è, finora, passata in giudicato.
Nemmeno può ricollegarsi - secondo altra eccezione, esposta nel controricorso - una ragione d'inammissibilità alla circostanza della introduzione della causa davanti al giudice amministrativo proprio ad opera della ricorrente odierna, essendo essa del tutto irrilevante in materia attinente all'ordine pubblico (v., per tutte, Cassazione, Sezioni unite, 5179/2004) e, quindi, sottratta alla disponibilità delle partì e rientrante nel potere-dovere di rilievo di ufficio.
Per quanto attiene alla giurisdizione, il ricorso deve essere disatteso.
Va in primo luogo superata la tesi della controricorrente - esposta sotto un ulteriore profilo di inammissibilità ma riguardante la fondatezza della questione ex adverso proposta -, circa la configurabilità di una giurisdizione esclusiva, nel caso in esame. Essa è tratta dallo scopo dell'Ente - a sua volta desunto dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 1/1999 -, per sostenere che i "servizi" dallo stesso erogati siano inquadrabili nello schema dell'art. 33 del d.lgs. 80/1998. Non vanno infatti confusi gli strumenti intesi a perseguire la finalità pubblica specifica di incentivazione della imprenditorialità giovanile in zone depresse con le attività e le prestazioni indirizzate direttamente alla collettività o comunque rese alla generalità, cui la disposizione invocata fa riferimento (così Cassazione, Sezioni unite, 71/2000 e 14032/2001, richiamate dalla controricorrente medesima).
Venendo all'ulteriore apprezzamento della fondatezza della tesi esposta in ricorso, si tratta di verificare se la fattispecie in esame vada fatta rientrare nella giurisdizione generale di legittimità dell'autorità giudiziaria amministrativa o ricada, invece, in quella del giudice ordinario. Concesse e via via erogate alla Società (già Iboss S.r.l. ed, ora, Morabito S.r.l.) le sovvenzioni previste in favore della nuova imprenditorialità nel Mezzogiorno, ai sensi dell'art. 1 del d.l. 786/1985, come convertito dalla l. 44/1986, è intervenuto il provvedimento di revoca, la cui legittimità è stata contestata, davanti al giudice amministrativo, dalla Società medesima. Questa stessa afferma la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, incentrando la propria tesi sul consolidato indirizzo, secondo cui la posizione del privato, in vista della concessione delle agevolazioni, si qualifica di interesse legittimo, mentre, intervenuta la concessione (e la conseguente erogazione), assume consistenza di diritto soggettivo, conservandola, di regola, pure in presenza di successivi interventi dell'ente erogante.
L'impostazione, corretta nella formulazione di carattere generale, non appare tuttavia risolutiva della questione proposta, restando pur sempre condizionata dalla concreta regolamentazione della fattispecie.
L'art. 1 citato individua i vari tipi di agevolazioni che possono essere concesse (comma 1), per passare, poi, ad una articolata disciplina delle condizioni necessarie a conseguirle e dei mezzi a disposizione dell'ente, e concludere che "il Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (cui sono poi subentrati i vari enti già ricordati, fino alla S.p.a. Sviluppo Italia), su proposta del comitato di cui al comma quarto del presente articolo può disporre la revoca immediata del finanziamento dei progetti, per il venir meno dei requisiti soggettivi ed oggettivi in base ai quali le agevolazioni sono state concesse, accertato mediante ispezioni e verifiche disposte dal comitato stesso" (comma 13).
La legge, lungi dal fissare i criteri per addivenire alla revoca - che non è, quindi, direttamente rimessa all'atto di concessione del beneficio -, espressamente richiede che i requisiti soggettivi ed oggettivi, posti a base della concessione, persistano nel tempo, al loro venir meno condizionando l'eventuale revoca del beneficio, secondo un apposito procedimento e nell'esercizio di un potere amministrativo ("può disporre").
Nessun argomento può trarsi - nel senso dell'insorgere e del persistere di un diritto soggettivo, una volta intervenuta la concessione - dal richiamo, nella decisione impugnata, ad una azione amministrativa "senza alcun margine di discrezionalità" (p. 6; con riferimento, peraltro, non alla legge, ma ai regolamenti ministeriali 695/1994 e 306/1998, emessi in forza del comma 2 del citato art. 1 della legge medesima), in quanto quel richiamo - valorizzato in sede di discussione - risulta impiegato dal giudice amministrativo all'unico fine di escludere la contraddittorietà dell'azione medesima, denunciata con il ricorso introduttivo (tanto che la motivazione prosegue con l'affermazione che "la sopravvenuta carenza dei requisiti necessari per l'erogazione delle agevolazioni costituisce un elemento necessario e sufficiente per disporne la revoca").
La disciplina concreta del rapporto dedotto in giudizio è dunque connotata dal necessario persistere dei "requisiti soggettivi ed oggettivi in base ai quali le agevolazioni sono state concesse". E ciò, da un lato, impone di ritenere che la posizione del privato non venga a mutare, rispetto alla originaria consistenza di interesse legittimo, per effetto della concessione medesima. Dall'altro, comporta il persistente esercizio di poteri autoritativi di controllo, in capo all'Amministrazione, chiamata ad esplicarli in via di autotutela - "anche mediante ispezioni e verifiche disposte dal comitato stesso" - (cfr., in una fattispecie diversa, ma analogamente connotata sotto il profilo normativo, Cassazione, Sezioni unite, 5178/2004).
Deve, perciò, affermarsi che, in materia di agevolazioni concesse per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile, ai sensi del d.l. 7861/1985, come convertito dalla l. 44/1986, la revoca dei benefici, prevista per il venir meno dei requisiti soggettivi ed oggettivi in base ai quali le agevolazioni erano state concesse (art. 1, comma 13), rientra nella sfera dei poteri autoritativi di controllo riservati alla P.A., di fronte ai quali la posizione del privato non può che assumere la consistenza di interesse legittimo.
Di qui l'affermazione della giurisdizione amministrativa, col rigetto del ricorso.
Per il criterio della soccombenza, sono a carico della ricorrente le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, in euro 6.100,00, di cui 6.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.