Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 28 maggio 2004, n. 3464

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Ilaria P. avverso il diniego opposto dalla Azienda USSL n. 15 del Veneto alla domanda di rimborso delle spese sostenute per un intervento chirurgico all'estero. La sentenza ha invece respinto la domanda di risarcimento del danno.

Il TAR, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione, e affermato il difetto di legittimazione passiva dell'Azienda Ospedaliera di Padova, e ha ritenuto che la domanda non potesse essere accolta perché non ne sussistevano le condizioni, non avendo l'interessata avanzato regolare domanda di autorizzazione e non essendosi inscritta nelle liste di attesa presso strutture del Servizio Sanitario Nazionale.

Avverso la sentenza la Azienda USSL ha proposto appello, chiedendone la riforma.

Si sono costituiti in giudizio la Sig.ra P. e l'Azienda Ospedaliera per resistere all'impugnazione.

Con ordinanza 23 agosto 2003, n. 3544, la Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Va esaminata in primo luogo l'eccezione di difetto di giurisdizione disattesa dai primi giudici e riproposta in appello dall'Azienda USSL. L'appellante sostiene che l'art. 33, comma 2, lett. e), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nell'attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, "con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati", ha inteso riservare al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie sorte tra il privato utente e il servizio sanitario nazionale.

Il TAR ha invece ritenuto che l'espressione "soggetti privati" vada riferita agli erogatori privati delle prestazioni sanitarie.

A sostegno della tesi l'Azienda allega la giurisprudenza della Corte regolatrice (S.U. 9 agosto 2000, n. 558) secondo cui la giurisdizione va individuata sulla base alla natura della posizione giuridica tutelata, e poiché le prestazioni rese dal Servizio sanitario nazionale costituiscono diritti soggettivi, la giurisdizione sulle relative controversie spetta al giudice ordinario.

La giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Sez. V, 31 luglio 2002, n. 4086; implicitamente, Sez. IV, 11 aprile 2003, n. 1931; Sez. V, 10 luglio 2003, n. 4115) non condivide tale posizione in base a considerazioni che appaiono persuasive, e che il Collegio crede di dover confermare.

A tale proposito va ribadito che la attribuzione di determinate materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo produce ope legis il superamento del criterio della natura della posizione giuridica fatta valere in giudizio. È sufficiente ricordare al riguardo il disposto di cui all'art. 30 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, che esplicitamente effettua l'individuazione della giurisdizione in base al criterio della materia, e assegna al giudice amministrativo la tutela dei diritti soggettivi nelle materie di giurisdizione esclusiva.

Sul piano sostanzialistico va poi osservato che l'esclusione dalla giurisdizione amministrativa delle controversie intentate dagli utenti nei confronti del servizio sanitario nazionale, e non solo quelle relative a prestazioni sanitarie erogate da privati, appare contraddetta dalle espressioni difficilmente equivocabili usate dal legislatore. Se le controversie incluse sono quelle relative a "prestazioni" rese nell'ambito del servizio pubblico, l'esclusione non può che riferirsi ad analoghi rapporti di utenza con erogatori qualitativamente diversi sul piano soggettivo, dalle strutture del S.s.n.

L'appellante accenna, nella memoria conclusiva, ad una sorta di ripensamento che sarebbe individuabile sul punto nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, e cita a tal fine la sentenza della Sez. IV 30 giugno 2003, n. 3876. È lecito, tuttavia, dubitare dell'effettivo rilievo della detta decisione nella fattispecie qui in esame, e non tanto perché uno degli appellanti si doleva, in quel caso, dell'applicazione della tariffa notarile per un determinato contratto, quanto per l'estraneità della materia all'area dei pubblici servizi.

Se è vero, infatti, che la sentenza si conclude con la declaratoria del difetto di giurisdizione facendo leva dell'inciso limitativo, qui in discussione, figurante nell'art. 33, comma 2, lett. e), del d.lgs n. 80 del 1988, nel corso della motivazione si espongono ragioni ostative al giudizio di altra natura. Vi si legge, infatti: "Il notaio effettivamente non eroga un servizio, ma certifica i negozi giuridici e in tale opera garantisce il rispetto delle normative di settore, così svolgendo una funzione rispetto alla quale i cittadini non possono essere definiti né consumatori né utenti.". E, più oltre: "Né è possibile confondere l'idea di «servizio» in senso lato, in base alla quale anche le massime cariche dello Stato svolgono un servizio in favore dei cittadini, con la concezione tecnica del «servizio pubblico», che si sostanzia in attività che possono indifferentemente essere svolte da privati o da Amministrazioni con un'offerta generale omogenea al pubblico molto diversa dall'attività professionale resa dal notaio, calibrata sul singolo caso".

È per tale preminente ragione, quindi, che non poteva parlarsi di giurisdizione esclusiva. La sentenza, tuttavia, adottando una nozione ampia del concetto di servizio pubblico, fino a comprendervi le prestazioni rese da privati omogenee a quelle rese dall'Amministrazione nelle più diverse aree di utilità sociale, sembra avvalorare l'opinione, accolta più sopra, che i "rapporti di utenza con soggetti privati" che qui interessano, siano da individuare nelle prestazioni sanitarie rese da imprese private operanti nel settore.

Con la conseguenza di includere nella giurisdizione esclusiva anche le controversi connesse a prestazioni rese dai privati accreditati con il S.s.n., così salvaguardando l'unitarietà del settore sul piano della giurisdizione.

L'eccezione va dunque disattesa.

Viene poi impugnata la statuizione relativa alla estromissione dal giudizio dell'Azienda Ospedaliera di Padova.

L'Ente era stato evocato in giudizio dalla ricorrente perché, essendo investito della funzione di Centro di riferimento regionale, ai sensi dell'art. 3 del d.m. 3 novembre 1989, per la disciplina di otorinolaringoiatria, ha emesso il parere negativo sulla domanda avanzata dall'appellata, tendente al rimborso delle spese per l'intervento chirurgico di "exeresi di angioma ossificante del condotto uditivo interno destro" e per esame angiografico eseguiti presso l'Ospedale Universitario di Zurigo.

Secondo l'appellante, per tale ragione all'Azienda Ospedaliera di Padova doveva essere attribuita la paternità del provvedimento da essa Azienda USSL esternato, anche ai fini dell'onere delle spese del giudizio.

Osserva il Collegio che può prescindersi dalla suddetta doglianza perché l'appello è fondato nel merito.

La sentenza dei primi giudici, pur affermando di non voler entrare nel merito di giudizi tecnici e medici non sindacabili, sembra ignorare che il rimborso per spese sanitarie effettuate all'estero è minutamente regolata, anche per quanto riguarda i casi di estrema gravità ed urgenza, da disposizioni, sia pure di carattere regolamentare, che si impongono all'Amministrazione, all'utente e al giudice.

Si afferma infatti che nella specie la situazione di urgenza doveva considerarsi provata, in conformità alla dichiarazione del sanitario svizzero, specialista nel ramo, che ha eseguito l'intervento ma occorre far rilevare che, invece, tale apprezzamento non è stato condiviso dalle autorità sanitarie italiane, in applicazione della normativa cui si è fatto cenno.

Va tenuto presente che con il d.m. 30 agosto 1991 è stato precisato che per ottenere il riconoscimento della comprovata eccezionale gravità ed urgenza della prestazione occorre che il cittadino interessato a) si sia iscritto in almeno due liste di attesa e che vi sia rimasto per un periodo superiore a quello massimo previsto; b) abbia attivato la pratica per ottenere l'autorizzazione al trasferimento per cure.

Tali adempimenti nella specie non sono stati osservati, non potendo considerarsi idonea allo scopo la domanda avanzata quando la paziente era già presso la struttura estera per gli esami preliminari.

L'affermazione, contenuta nella sentenza, che l'appellata avrebbe dimostrato "che nessuno dei centri italiani in grado di operare potesse farlo con la necessaria tempestività", invero, non appare sorretta da alcun elemento di fatto.

L'unico principio di prova addotto è la trascrizione di un messaggio di posta elettronica inviato alla Casa di cura "Piacenza" in data 1 agosto 2001, ma in data 30 luglio l'interessata era stata già sottoposta a visita presso la struttura di Lugano e l'intervento già programmato per il successivo 7 agosto.

La circostanza che non sia arrivata la risposta e la disponibilità per un intervento immediato a Piacenza diventa quindi irrilevante. Inoltre, le valutazioni espresse dal Centro di riferimento di Padova in ordine alla possibilità di eseguire l'intervento presso tre diverse strutture italiane, Bergamo e Legnano oltre Piacenza, ed in tempi utili, non hanno formato oggetto di specifica contestazione.

L'appellata cita in memoria la decisione della Sezione n. 3175 del 2001, dalla quale si evincerebbe che la presenza di una determinata prestazione nell'elenco di cui al d.m. 24 gennaio 1990, costituirebbe motivo sufficiente per ottenere il rimborso delle spese effettuate all'estero per la prestazione medesima.

L'argomento è frutto di un evidente equivoco. Si tratta di elenchi di prestazioni di alta specializzazione per i quali è ammesso il rimborso, ma la presenza nell'elenco non costituisce l'unica condizione richiesta. L'art. 2, commi 1, 3 e 4, del d.m. 3 novembre 1989 chiarisce che deve trattarsi di prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia e non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso, con esclusione di qualsivoglia automatismo.

In conclusione l'appello deve essere accolto.

La spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello in epigrafe e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.