Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III ter
Sentenza 16 novembre 2007, n. 11271
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 28 maggio 2007 e depositato lo stesso giorno, il prof. Angelo Maria Petroni impugna gli atti in epigrafe indicati e ne chiede l'annullamento.
Espone, in fatto, di essere stato nominato consigliere di amministrazione della R.A.I. nell'assemblea dei soci del 31 maggio 2005, a seguito di scelta effettuata dal Ministro pro tempore dell'economia e delle finanze. A fronte di un persistente disaccordo dei consiglieri di amministrazione sulla gestione dell'azienda R.A.I. e su nomine da fare, il Governo ha deciso di intervenire, e lo ha fatto, con i provvedimenti impugnati, revocando l'unico consigliere indicato dal Ministro dell'economia e delle finanze (al secondo, parimenti indicato da detto Ministro, spetta infatti ex art. 49, commi 9 e 10 d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177 la carica di Presidente dell'organo collegiale previo parere favorevole della Commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi vigilanza).
2. Avverso i predetti provvedimenti, in quanto illegittimamente adottati e ingiustamente lesivi della sua sfera giuridica e morale, il ricorrente è insorto innanzi a questo Tribunale chiedendone l'annullamento e contestualmente proponendo un'azione per il risarcimento dei danni patrimoniali e morali sofferti.
In via preliminare ha affermato la giurisdizione del giudice adito, sul rilievo che è impugnata la direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze al Consiglio di amministrazione della R.A.I., per il tramite di un Direttore generale del suo Dicastero, volta ad ottenere la revoca del ricorrente dall'incarico di amministratore della R.A.I.
Ha aggiunto che detta direttiva è immediatamente lesiva sia perché vincolante per il suddetto Direttore generale sia perché, possedendo il Ministero il 99,56% delle azioni della s.p.a. RAI, una volta che il Consiglio di amministrazione abbia convocato l'Assemblea dei soci (per il 4 giugno in prima convocazione e per il 5 giugno in seconda convocazione), l'esito della seduta è da ritenersi scontato.
Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
a) Violazione dell'art. 49 D.L.vo n. 117 del 205 - Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento. È illogico e contraddittorio sostituire il Prof. Petroni a causa dell'asserita grave e allo stato insanabile situazione di conflittualità venutasi a creare all'interno del Consiglio di amministrazione della s.p.a. R.A.I., nonché tra detto organo ed il direttore generale della società, dopo aver formalmente dichiarato innanzi alla Commissione parlamentare che alcun fatto specifico e alcuna personale responsabilità è addebitabile al ricorrente;
b) Violazione art. 49 D.L.vo n. 177 del 2005 e difetto assoluto di motivazione - Eccesso di potere per sviamento sotto un diverso profilo. Il Testo Unico della radiotelevisione, approvato con D.L.vo n. 177 del 2005, richiede esplicitamente (art. 49) che la revoca di un amministratore deve essere preceduta da una delibera della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza, delibera che invece, ad avviso del Ministro dell'economia, non sarebbe necessaria perché imposta dall'art. 49, ottavo comma, cioè da norma non espressamente richiamata fra quelle applicabili anche nel regime transitorio così come individuato dal decimo comma dello stesso art. 49. Sempre ad avviso del Ministro, come si evince dal resoconto all'audizione dinanzi alla suddetta Commissione parlamentare, durante il predetto regime transitorio il consigliere designato dallo stesso Ministro può essere revocato ad nutum semplicemente adducendo un generico venir meno del rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere fra designante e designato. Tale interpretazione della normativa di riferimento sarebbe però, ad avviso del ricorrente, condivisibile solo se la R.A.I. fosse governata e governabile secondo dinamiche esclusivamente societarie. Invece per la R.A.I. le disposizioni codicistiche trovano applicazione solo in quanto non sia diversamente previsto dalla legge speciale, e ciò in considerazione del ruolo di concessionario ex lege del servizio pubblico svolto dalla stessa R.A.I.
c) Con specifico riferimento all'inconfigurabilità di un rapporto fiduciario tra il Ministro dell'economia e delle finanze e amministratori della R.A.I.: violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell'art. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e dell'art. 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004. L'azione posta in essere dal Ministro dell'economia è illegittima perché radicata su un presupposto escluso dalle norme di riferimento. Ed infatti, se è vero che il potere di nomina di un organo implica di norma un potere di revoca, sussistono anche ipotesi in cui tale potere non è previsto, come nel caso di nomina a cariche che richiedono, per espressa previsione normativa, garanzie di indipendenza ed imparzialità, ipotesi, questa, che ricorre nel caso in esame.
d) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Assenza di direttive o istruzioni - Eccesso di potere per difetto del presupposto. In subordine, anche ad ammettere l'esistenza di un rapporto fiduciario tra il Ministro designante e il consigliere di amministrazione da lui indicato per la nomina, resta comunque assorbente ed insuperabile il fatto che non esiste alcuna prova della intervenuta "rottura" di tale rapporto. Infatti, come correttamente dichiarato dallo stesso Ministro nel corso dell'audizione di cui si è detto, il ricorrente non ha mai ricevuto da lui direttive, indicazioni, suggerimenti o istruzioni sul modo in cui esercitare le proprie competenze in seno al Consiglio di amministrazione, con la conseguenza che non può il Ministro dedurre un'asserita rottura del rapporto fiduciario non essendosi mai verificata occasione, per il Consigliere Petroni, di dover dimostrare di aver meritato tale fiducia.
e) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione degli artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Inesistenza di un potere di revoca. L'esistenza di un potere di revoca deve intendersi escluso anche dalle norme speciali di riferimento, almeno nell'attuale assetto societario, regolato in via transitoria dall'art. 20, comma 9, L. n. 112 del 2004 (confluito nell'art. 49, nono comma, D.L.vo n. 177 del 2005, che può definirsi di parziale privatizzazione).
f) In subordine, con specifico riferimento all'omesso ricorso alla Commissione di vigilanza: violazione di legge per violazione e falsa applicazione degli artt. 49, commi 7 e 9, D.L.vo n. 177 del 2005 e 20, commi 7 e 9, L. n. 112 del 2004 - Eccesso di potere per sviamento - Ingiustizia grave e manifesta. Indipendentemente dai motivi che depongono a favore dell'irrevocabilità del Prof. Petroni da membro del Consiglio di amministrazione della R.A.I., la decisione del Ministro dell'economia è comunque in contrasto con la legge in quanto è avvenuta senza che sia stato previamente acquisito il parere favorevole della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. È infatti sempre la Commissione che deve deliberare la revoca, a prescindere dal fatto che l'amministratore, confluito nella lista unica, sia stato designato da essa o dal Ministro.
g) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell'art. 6 L. n. 145 del 2002. La determinazione impugnata viola anche la disciplina del cd. spoil system dettata dall'art. 6 L. n. 145 del 2002, che prevede la facoltà per il Governo di revocare le nomine degli organi di vertice e dei consigli di amministrazione anche delle società controllate o partecipate dallo Stato, conferite nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura ovvero nel mese antecedente lo scioglimento anticipato delle Camere. L'applicazione dello spoil system alle società controllate dallo Stato, quale è la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, resta dunque condizionata da detti presupposti che, nella specie, sono stati del tutto disattesi.
h) Sviamento di potere - Discriminazione - Carenza di motivazione - Illogicità e ingiustizia manifesta. La determinazione ministeriale impugnata è affetta da evidente sviamento atteso che la rimozione del ricorrente è solo il pretesto per costituire, all'interno del Consiglio di amministrazione della RAI, una nuova maggioranza più gradita all'attuale Governo. Si tratta, ad avviso del ricorrente, di un atto sviato dalla funzione sua propria perché finalizzato al raggiungimento di scopi di chiara natura politica.
i) Violazione artt. 3, 7 e 8 L. n. 241 del 1990 - Carenza di istruttoria - Carenza di motivazione - Mancata comunicazione di avvio del procedimento - Incompetenza. Il procedimento relativo alla designazione del Consigliere di amministrazione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze è un vero e proprio procedimento amministrativo, sebbene gli atti conclusivi assumano forma privatistica. Segue da ciò che illegittimamente non è stato comunicato al ricorrente l'avviso di avvio del procedimento, che non può essere sostituito con la nota che invita il Presidente del Consiglio di amministrazione a procedere alla sua convocazione.
Aggiungasi che i provvedimenti impugnati sono carenti sia di un'adeguata istruttoria che di un'appropriata motivazione.
3. Con un primo atto di motivi aggiunti, notificato il 10 agosto 2007 e depositato lo stesso giorno, il ricorrente impugna la nota con la quale il Ministro ha dato disposizioni al Direttore generale del Dipartimento del tesoro per la convocazione urgente del Consiglio di amministrazione della R.A.I. al quale affidare il compito di convocare, a sua volta, l'assemblea per deliberare la revoca e la sostituzione del Prof. Petroni quale Consigliere di amministrazione della R.A.I.; la nota del 2 agosto del suddetto Direttore generale indirizzata al Presidente della R.A.I. ed al Presidente del Collegio sindacale nonché i conseguenti atti esecutivi da essi adottati per la convocazione del Consiglio di amministrazione della RAI; la convocazione di detto Consiglio per l'8 agosto 2007, per deliberare la convocazione dell'assemblea dei soci; la seconda convocazione del suddetto Consiglio, dopo che la prima convocazione era andata deserta, con identico oggetto e finalità.
Ricorda il ricorrente che i provvedimenti impugnati con l'atto introduttivo del giudizio sono stati sospesi dal T.A.R. Lazio, con ordinanza 2716 del 7 giugno 2007, a conclusione di una favorevole definizione, sotto il profilo del fumus boni juris, dei motivi con esso dedotti. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4039 del 31 luglio 2007, ha accolto l'appello sul solo presupposto della mancanza di un danno attuale e irreparabile che potesse giustificare la concessione dell'invocata misura cautelare.
Di conseguenza il giorno successivo a quello di pubblicazione di detta ordinanza il Ministro si è affrettato a rinnovare al Direttore generale del dipartimento del tesoro le disposizioni già impartite per la immediata convocazione del Consiglio di amministrazione della R.A.I., onde quest'ultimo convocasse a sua volta l'assemblea dei soci (id est lo stesso Ministro e la SIAE) perché deliberasse la revoca e la sostituzione del prof. Petroni quale Consigliere di amministrazione della R.A.I. Essendo andata deserta, per mancanza del numero legale, la seduta dell'8 agosto il Consiglio di amministrazione è stato riconvocato per il 20 agosto. La data ipotizzata per l'assemblea, che dovrà dare esecuzione alle indicazioni del Ministro rimuovendo il ricorrente, cade nei primi giorni di settembre.
4. Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente è insorto deducendo sia vizi propri che di illegittimità derivata dagli atti che essi reiterano.
a) Per quanto attiene ai vizi propri, rileva innanzi tutto che indubbiamente medio tempore è venuta meno la situazione di stallo che il Ministro aveva riscontrato nel funzionamento degli organi della R.A.I., e che lo avevano indotto a rimuovere il Prof. Petroni, con la conseguenza che la revoca del ricorrente non avrebbe allo stato alcun supporto motivazionale.
b) La circostanza che il Ministro, pur essendo venute meno le ragioni che lo avevano indotto, una prima volta, a revocare il ricorrente dall'incarico di Consigliere di amministrazione della R.A.I., abbia perseguito nell'intento dimostra ancora di più che i provvedimenti impugnati sono viziati da eccesso di potere per sviamento, essendo preordinati al raggiungimento di obiettivi di natura prettamente politica.
c) Il ricorrente ripropone i motivi già dedotti nell'atto introduttivo del giudizio nonché la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e morali sofferti.
5. Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 25 settembre 2007 e depositato il successivo 28 settembre, il ricorrente impugna: la delibera dell'assemblea generale ordinaria degli azionisti della R.A.I. del 10 settembre 2007, con la quale è stata disposta la sua revoca dalla carica di consigliere di amministrazione della R.A.I. e la sua sostituzione con il dott. Fabiano Fabiani; l'avviso pubblicato sulla G.U.R.I. - Foglio delle inserzioni n. 98 del 23 agosto 2007, per la convocazione della suddetta assemblea per il giorno 10 settembre 2007 in prima convocazione e per il successivo 11 settembre in seconda convocazione, per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno "revoca di un amministratore e nomina di un nuovo amministratore della società"; il verbale della riunione del 20 agosto 2007, con cui i sindaci della Rai hanno disposto la convocazione della suddetta assemblea dopo che nei due consigli di amministrazione dell'8 e del 20 agosto u.s. non era stato raggiunto il numero legale per deliberare validamente; la convocazione del Consiglio di amministrazione della R.A.I. per l'8 e il 20 agosto 2007, per deliberare la convocazione dell'Assemblea dei soci, con il predetto oggetto; la nota del 2 agosto 2007 a firma del Direttore generale del tesoro, indirizzata al Presidente della Rai ed al Presidente del collegio sindacale nonché i conseguenti atti esecutivi da essi adottati per la convocazione del Consiglio di amministrazione; gli altri atti del procedimento, allo stato non conosciuti, con particolare ma non esclusivo riferimento ad eventuali deliberazioni e comunicazione del Ministro dell'economia e delle finanze aventi il medesimo oggetto.
Il ricorrente espone, in fatto, che in esecuzione delle indicazioni impartite dal Ministro dell'economia il Presidente della R.A.I. ha convocato per l'8 agosto il Consiglio di amministrazione della società affinché deliberasse la convocazione dell'Assemblea ordinaria dei soci che avrebbero dovuto rimuoverlo dall'incarico. Non essendosi formato l'8 giugno il quorum legale il Consiglio di amministrazione è stato convocato una seconda volta il 20 agosto, ma neanche in quella data è stato raggiunto il numero legale. L'assemblea è stata infine convocata dai sindaci della società, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, per il giorno 10 settembre in prima convocazione. Nella riunione tenutasi in tale data l'Assemblea ordinaria degli azionisti R.A.I. ha deliberato la revoca dell'incarico nei confronti del ricorrente e la sua sostituzione, nella qualità di consigliere di amministrazione della s.p.a. RAI, con il dott. Fabiano Fabiani.
Avverso detti provvedimenti il ricorrente ripropone i motivi già dedotti con l'atto introduttivo del giudizio e con il primo atto di motivi aggiunti, facendo riserva di quantificare i danni subiti per effetto degli atti illegittimamente adottati nei suoi confronti.
6. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio di Ministri e il Ministero dell'economia e delle finanze, che hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito hanno sostenuto l'infondatezza del ricorso.
7. Si è costituita in giudizio la R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a., che ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.
8. La S.I.A.E. non si è costituita in giudizio.
9. Il dott. Fabiano Fabiani non si è costituito in giudizio.
10. Con memorie depositate alla vigilia dell'udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
11. Con ordinanza n. 2716 del 7 giugno 2007 - riformata dalla IV Sez. del Consiglio di Stato con ordinanza n. 4039 del 31 luglio 2007 solo per carenza di un danno attuale - è stata accolta l'istanza cautelare di sospensiva presentata con l'atto introduttivo del giudizio.
12. Con ordinanza n. 981 del 31 agosto 2007 è stata respinta l'istanza cautelare di sospensiva presentata con il primo atto dei motivi aggiunti ed è stata nel contempo fissata l'udienza di merito per l'8 novembre 2007.
13. All'udienza dell'8 novembre 2007 il ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla censura, di violazione degli artt. 3, 7 e 8 L. n. 241 del 1990,. dedotta nell'atto introduttivo del giudizio, in ragione del suo preminente interesse a che la controversia in atto sia definita nel merito. Nell'accordo delle parti presenti all'udienza la causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nel costituirsi in giudizio sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'economia e delle finanze che la R.A.I. Radiotelevisione italiana s.p.a. hanno dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ma hanno affidato le rispettive eccezioni ad argomentazioni di segno diverso.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell'economia e delle finanze hanno sostenuto la natura politica degli atti impugnati e la conseguente loro insindacabilità. Hanno aggiunto che, ove pure si dovessero ritenere sindacabili in sede giurisdizionale perché, pur avendo la predetta natura, si traducono in atti formalmente disciplinati dall'ordinamento, essi sarebbero comunque impugnabili secondo le regole che definiscono il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Pertanto nel caso in esame gli atti impugnati con l'atto introduttivo del giudizio avrebbero dovuto essere sottoposti al sindacato del giudice ordinario perché propedeutici e funzionali all'assunzione di determinazioni (id est, la revoca dell'incarico al Consigliere Petroni) incidenti su posizioni di diritto soggettivo.
La R.A.I. Radiotelevisione italiana s.p.a. ha a sua volta eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento sia alla natura giuridica soggettiva della resistente, trattandosi di società commerciale a capitale azionario, sia a quella oggettiva degli atti sottoposti a impugnativa, che avrebbero sicura matrice privatistica al pari degli effetti che ne derivano.
2. Osserva il Collegio che elemento comune alle due eccezioni è l'interesse dei soggetti che le propongono di sottrarre gli atti impugnati al sindacato del giudice della legittimità, ma le vie percorse per raggiungere questo risultato sono differenti: gli atti impugnati con l'atto introduttivo del giudizio non sarebbero sindacabili da questo giudice o perché, insinuandosi in una vicenda societaria, avrebbero natura privatistica o perché, all'opposto, avrebbero una tale valenza pubblicistica da proporsi come atti politici.
L'opzione fra le due tesi è rimessa al giudice adito.
Principiando dall'eccezione mossa dalla s.p.a. R.A.I. giova ricordare che con l'atto introduttivo del giudizio è stata impugnata, tra l'altro, la direttiva (dell'11 maggio 2007) impartita dal Ministro dell'economia e delle finanze al Consiglio di amministrazione della R.A.I., per il tramite del Direttore generale del Dipartimento del tesoro ed intesa a provocare la revoca del ricorrente dall'incarico di amministratore della società.
Anche a voler prescindere dal particolare ruolo svolto nell'ordinamento dalla R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a. - che non solo è una società di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista per il 99,56% ma è anche e soprattutto la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo - è assorbente la considerazione che gli atti impugnati con l'atto introduttivo del giudizio non sono, né per il soggetto che li ha adottati né per il loro stesso contenuto, di matrice privatistica.
È agevole infatti osservare che la direttiva in questione è emanata da un Ministro e che la qualificazione pubblicistica di detto organo e dei poteri autoritativi che nella vicenda in esame ha esercitato non viene meno per il solo fatto di aver dichiarato di agire quale socio della s.p.a. R.A.I.
Ciò chiarito - e passando all'esame della stessa eccezione di difetto di giurisdizione nei diversi termini in cui è stata prospettata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell'economia e delle finanze - si tratta di verificare se il particolare contenuto di detta direttiva ed il soggetto "pubblico" che l'ha emanata rendono la stessa un atto politico, insindacabile in quanto tale in sede giurisdizionale.
Ricorda il Collegio che l'art. 31 T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 escludeva dal sindacato del giudice amministrativo l'atto politico, avendolo individuato come l'atto o il provvedimento emanato dal Governo nell'esercizio del potere politico. L'atto politico - che la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (24 settembre 1953 n. 3053; 25 giugno 1993 n. 7075) ha ritenuto non inquadrabile tra gli atti materialmente amministrativi, in quanto emesso nell'esercizio di una funzione diversa - è dunque connotato da due elementi, uno soggettivo (dovendo provenire da organo preposto all'indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica) e l'altro oggettivo (dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione) (Cons. Stato, IV Sez., 12 marzo 2001 n. 1397).
Codificando il cit. art. 31 un'ipotesi eccezionale di sottrazione di atti al sindacato giurisdizionale lo stesso, in applicazione del principio costituzionale di cui all'art. 113 Cost., costituisce disposizione di stretta interpretazione, con la conseguenza che perché un determinato atto possa essere considerato "politico" devono necessariamente e contestualmente concorrere entrambi i predetti presupposti. È dunque necessario che si tratti di atto o provvedimento emanato "dal Governo", e cioè dall'Autorità amministrativa cui compete la funzione di indirizzo politico e di direzione al massimo livello della cosa pubblica, e "nell'esercizio di potere per sua natura politico", anziché nell'esercizio di attività meramente amministrativa.
Ancora più di recente è stato chiarito (Cons. Stato, V Sez., 23 gennaio 2007 n. 209) che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti dell'Amministrazione pubblica (art. 113 Cost.) ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le Amministrazioni anche di rango elevato e di rilievo costituzionale, con la conseguenza che le deroghe a simile principio devono necessariamente trovare il loro supporto in norme di carattere costituzionale. Non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ristretto di atti con cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico; atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l'intervento del giudice determinerebbe un'interferenza del potere giudiziario nell'ambito di altri poteri (in termini v. Cass. civ., SS.UU., 18 maggio 2006 n. 11623).
Nel caso in esame - e la puntualizzazione appare necessaria al fine di riportare la vicenda contenziosa nei suoi esatti confini - il Collegio è chiamato a decidere sul ricorso proposto da un soggetto che assume di essere stato illegittimamente leso nella sua sfera personale, patrimoniale e morale in quanto privato, per iniziativa di un Ministro, di un incarico prestigioso senza che nessuno specifico addebito gli fosse stato mai mosso sul modo con il quale aveva svolto le relative funzioni, ma solo per precostituire le condizioni per realizzare una nuova maggioranza, di diverso colore politico, all'interno dell'organo collegiale di cui faceva parte.
Secondo l'impostazione data dal ricorrente alla difesa delle proprie ragioni lo scopo perseguito dal Ministro è indubbiamente politico (sostituire la maggioranza costituita dal precedente Governo con altra gradita dal nuovo Governo succeduto al primo), ma lo strumento che con palese sviamento di potere ha utilizzato a tal fine è di chiara natura amministrativa.
Visti gli atti di causa ed esaminata l'amplissima documentazione che le parti in causa hanno versato in giudizio il Collegio ritiene che il problema afferente all'individuazione del giudice competente a definire la controversia deve essere risolto assumendo come termine di riferimento la natura del rapporto giuridico che lega il Ministero dell'economia e delle finanze alla s.p.a. R.A.I., nella qualità di "concessionaria di un pubblico servizio" di altissimo rilievo e in larghissima misura finanziato dalla collettività mediante l'imposizione di un canone al quale in più occasioni il giudice delle leggi ha assegnato natura di vera e propria "tassa".
Nell'ambito di un rapporto concessorio, quale è indubbiamente quello di cui si discute, la giurisprudenza del giudice amministrativo è pacifica nel riconoscere al concedente la possibilità di procedere alla revoca della concessione e, quindi, anche della nomina di un soggetto incaricato insieme ad altri del suo esercizio, se finalizzato a rimuovere nell'interesse generale un intollerabile ostacolo al corretto funzionamento del servizio stesso. La revoca è peraltro illegittima, per sviamento di potere, se utilizzata per scopi che non hanno nulla a che vedere con le regole di buona e trasparente amministrazione della cosa pubblica, ma perseguono solo gli interessi di un determinato schieramento politico.
La preminenza dell'interesse pubblico alla revoca della concessione o anche del singolo soggetto individuato come responsabile del riscontrato dissesto giustifica, sempre secondo la suddetta giurisprudenza, l'affidamento della controversia al sindacato del giudice della legittimità.
3. Una volta dimostrata la competenza di questo giudice a verificare la conformità a regole di diritto dell'impugnata direttiva dell'11 maggio 2007, avendo la stessa al più natura di atto di alta amministrazione, e prima di passare all'esame dei diversi motivi di censura avverso la stessa rivolti dal ricorrente, il Collegio ritiene necessario accertare la portata immediatamente lesiva della stessa e, quindi, l'ammissibilità, anche sotto questo punto di vista, del ricorso.
È noto che la s.p.a. R.A.I. è una società di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista per il 99,56% (il restante 0,44% è in mano alla S.I.A.E.). Tale essendo la situazione in fatto da essa deriva, come logica conseguenza, che una volta che il Ministro dell'economia chieda a un suo Direttore generale di far convocare il Consiglio di amministrazione perché, a sua volta, convochi l'Assemblea dei soci per la revoca di un amministratore, l'effetto a catena è assicurato. Il Direttore generale è obbligato a chiedere al Presidente della R.A.I. la convocazione del Consiglio di amministrazione perché questi convochi, a sua volta, l'Assemblea dei soci per la quale, stante la quasi totalità delle azioni in mano al Ministero dell'economia (99,56), la revoca diventa una mera formalità.
Né si potrebbe ritenere che l'interesse, indubbiamente esistente al momento della proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, è successivamente venuto meno per essere medio tempore intervenuta la delibera assembleare di revoca, l'unica rispetto alla quale sussisterebbe un interesse concreto ed attuale ad agire in sede giurisdizionale. Anticipando quanto sarà di seguito meglio chiarito, non può essere negato tale interesse ove, come nella specie, l'annullamento dell'atto impugnato abbia un effetto automaticamente caducante dell'atto successivo che in esso aveva l'unico suo presupposto. Il provvedimento "a monte", ove costituente il presupposto unico e determinante di quello successivo, colpisce e travolge automaticamente la determinazione "a valle" anche in assenza di apposita pronuncia giudiziale in merito, e dunque senza necessità di un'autonoma impugnazione ancorché sia palese il carattere autonomamente lesivo dell'atto sopravvenuto (Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 2003 n. 2245).
4. Ciò chiarito, e passando all'esame del merito, il Collegio deve innanzi tutto dare atto che nel corso dell'udienza di discussione il ricorrente ha dichiarato di rinunciare all'ultimo motivo di censura, dedotto nell'atto introduttivo del giudizio e nella via dei motivi aggiunti, e volto a denunciare la violazione delle garanzie partecipative assicurate dalla L. 7 agosto 1990 n. 241.
5. Nella disamina degli altri motivi di ricorso occorre principiare da quelli con i quali si deduce la mancanza, in capo al Ministro, di un potere di revoca del Consigliere di amministrazione R.A.I. designato dallo stesso Ministro per poi verificare se tale potere, ove effettivamente sussistente, è stato in concreto correttamente esercitato.
Il ricorrente esclude che il Ministro dell'economia abbia tale potere di revoca, in primo luogo perché lo stesso non è espressamente previsto dalla normativa di riferimento, e ciò a garanzia e tutela dell'indipendenza ed imparzialità delle funzioni svolte dal consigliere di amministrazione (connotati espressamente richiamati dall'art. 20, quarto comma, L. 3 maggio 2004 n. 112), la cui libertà decisionale sarebbe gravemente compromessa se egli dovesse essere tenuto a rispondere, di volta in volta, alle aspettative e agli orientamenti di un indirizzo politico contingente.
Aggiunge ancora il ricorrente che nell'attuale quadro normativo, che vede la R.A.I. quasi completamente partecipata dal Ministero dell'economia (99,56%), non è invocabile la previsione, in tema di revoca, dettata dall'ottavo comma dell'art. 20 (nonché dall'ottavo comma dell'art. 40 T.U. 31 luglio 2005 n. 117), che entrerà in vigore solo al termine della fase transitoria, e cioè il novantesimo giorno successivo alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita delle azioni R.A.I. ex art. 21, terzo comma, della stessa legge.
Il Collegio ritiene di aver già dato risposta al problema nel definire la questione di giurisdizione, e cioè riportando la vicenda nella logica di un rapporto concessorio fra Ministero e s.p.a. R.A.I., e quindi da interpretare secondo le regole che presiedono a tale rapporto e ai poteri, anche revocatori, di cui dispone l'Amministrazione concedente nei confronti del privato al quale è strato affidato, per concessione, l'esercizio di un pubblico servizio.
In ogni caso le osservazioni del ricorrente, oltre a non essere pertinenti, non sono neppure condivisibili in linea generale.
L'asserita irrevocabilità dalla carica di consigliere di amministrazione della R.A.I. non può essere desunta dal fatto che per la relativa designazione l'art. 49, quarto comma, T.U. n. 117 del 2005 richiede il possesso degli stessi requisiti richiesti per la nomina a giudice costituzionale o che si tratti di soggetto di notoria competenza professionale e di indiscussa indipendenza di giudizio. Si tratta, con evidenza, di un rinvio, ob relationem, ai requisiti soggettivi che il giudice costituzionale (e, quindi, il consigliere di amministrazione) deve possedere per essere nominato ma che certamente non attribuisce a quest'ultimo una posizione di inamovibilità quali che siano le vicende nelle quali, nel corso dell'incarico, potrebbe essere coinvolto. È innanzi tutto il comune buon senso, prima ancora che la mancanza di una norma che disponga nella direzione indicata dal ricorrente, che induce a disattendere la tesi proposta.
Né quest'ultima potrebbe trovare conferma, come invece sostiene il ricorrente, nell'ottavo comma dell'art. 49 T.U. n. 177 del 2005 (e nell'art. 20, ottavo comma, L. n. 112 del 2004), il quale menziona la possibilità di revoca, con riferimento al periodo, successivo alla fase transitoria, di avvenuta privatizzazione della R.A.I. s.p.a. con la dismissione delle azioni in mano pubblica.
In linea generale la revoca è, infatti, intrinseca nel potere di nomina ove questa non sia rigidamente vincolata al rispetto di regole fisse e predeterminate ma rimessa alla libera scelta del nominante. Si vuol cioè dire che l'organo pubblico, che ex lege è autorizzato a conferire un incarico sulla base di un rapporto fiduciario con il soggetto da designare, può sempre motivatamente revocarlo adducendo e documentando fatti o accadimenti che ragionevolmente giustificano il venir meno della fiducia, salvo che detta possibilità non sia espressamente esclusa dalla norma attributiva del potere di nomina.
Tale espressa preclusione manca nel caso in esame, con la conseguenza che si deve ritenere implicitamente ammessa ed a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente fra Ministero e R.A.I., di cui si è detto sub 2).
6. È invece fondata, perché adeguatamente documentata, la censura di carenza dei presupposti e di sviamento di potere dedotta dal ricorrente sul rilievo che lo stato di stallo, in cui versava il Consiglio di amministrazione della R.A.I. all'epoca dell'adozione della prima direttiva, costituisce un pretesto addotto dal Ministro per capovolgere l'attuale rapporto fra maggioranza e minoranza all'interno dell'organo collegiale ed assicurare la maggioranza alla componente che, pur essendo minoritaria, è rappresentativa delle forze politiche che sostengono l'attuale compagine governativa.
La riprova inoppugnabile della fondatezza della tesi attorea è nel resoconto stenografico della seduta del 16 maggio 2007 dinanzi alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Qualche esempio renderà di immediata evidenza la correttezza di tale conclusione.
Nel corso dell'audizione il Ministro dell'economia ha affermato (pag. 9) che una complessiva analisi degli accadimenti verificatisi in seno al Consiglio di amministrazione della R.A.I., "porta a concludere che la responsabilità di questa situazione di grave criticità creatasi non è ascrivibile ad un singolo consigliere, piuttosto all'intero organo gestionale della società per azioni. Se la R.A.I. fosse stata soggetta al semplice regime civilistico proprio della società per azioni avrei assunto le mie decisioni nei confronti dell'intero Consiglio. Avuti presenti i vincoli derivanti dalla norma speciale di riferimento e dallo Statuto della R.A.I. ho potuto ed ho inteso attivare l'unica iniziativa che rientrasse nelle mie esclusive prerogative per cercare di ristabilire un corretto funzionamento dell'organo collegiale".
Ad una domanda rivoltagli da un componente della Commissione il Ministro ha risposto (pag. 13) "a mio giudizio la disfunzione è dell'intero consiglio di amministrazione. Lo ripeto: dell'intero consiglio di amministrazione... So perfettamente che, in una società per azioni, l'azionista non dà ordini al consigliere: lo nomina, e questo opera in indipendenza, per il bene dell'azienda. Io non ho mai chiesto al Professor Petroni di comportarsi in un particolare modo. Il motivo per cui in questo caso ho agito non ha a che vedere con i contenuti del suo modo di votare o non votare nelle sedute del Consiglio".
Ancora, all'invito del Presidente della Commissione perché rispondesse alla domanda di altro commissario se, dunque, "uno paga per tutti, laddove un consiglio intero non funziona", il Ministro risponde "non avevo mezzi utili per operare sugli altri membri del consiglio" (pag. 19).
Ma, anche a prescindere dalla circostanza, che pure assume un rilievo non trascurabile nella complessiva valutazione del modus operandi del Ministro, che non risulta che questi abbia fatto alcuna verifica in ordine alla possibilità di risolvere in altro modo il problema insorto all'interno del Consiglio di amministrazione, ritiene il Collegio contraddittorio che il Ministro da un lato riconosca espressamente che la disfunzione del Consiglio di amministrazione della R.A.I. è da imputare all'intero organo collegiale e non al solo prof. Petroni e dichiari di non aver mai chiesto a quest'ultimo di adottare iniziative che questi si sarebbe rifiutato di condividere e al tempo stesso, e ciò nonostante, ritenga di poter legittimamente risolvere le problematiche della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo revocando il mandato allo stesso Consigliere Petroni.
Aggiungasi che sembra per lo meno difficile ipotizzare di poter risanare la situazione della R.A.I. sostituendo un solo consigliere - al quale, si ripete, nulla è mai stato imputato (e che, anzi, lo stesso Ministro dice di conoscere da anni, di stimare in quanto persona di qualità: pag. 13) - con altro scelto dal Ministro ma con il quale egli afferma di non voler istituire un'interlocuzione continua, così come non aveva fatto con il prof. Petroni, limitandosi "a suggerirgli l'indicazione di operare con coscienza e competenza come membro di un collegio, affinché l'azienda funzioni".
In altri termini, ritiene il Collegio difficile ipotizzare un cambiamento nel funzionamento del Consiglio di amministrazione della R.A.I. sostituendo il prof. Petroni - il quale, come si è detto, è considerato dal Ministro un serio e preparato professionista, che non ha mai "disobbedito" a sue richieste perché mai alcuna richiesta gli è stata rivolta - con altro professionista, bravo e preparato, al quale egualmente alcuna istruzione verrà impartita.
Il mutamento potrà verificarsi solo se dalla sostituzione deriverà un mutamento delle forze all'interno dell'organo collegiale, cioè riducendo l'attuale maggioranza a minoranza, con una operazione di chiaro stampo politico ma indebitamente realizzata con strumenti legali finalizzati a ben altri scopi ed utilizzati nella sussistenza di ben definiti presupposti e nel rispetto di prestabilite garanzie.
7. Le ragioni, in rito e nel merito, che hanno indotto il Collegio a ritenere ammissibili ed in parte fondati i motivi dedotti con l'atto introduttivo del giudizio portano a ritenere parimenti ammissibile ed in parte fondato il primo atto di motivi aggiunti, notificato il 10 agosto 2007, con il quale sono impugnati gli atti, di contenuto identico a quelli già gravati con l'atto introduttivo del giudizio, adottati dal Ministro all'indomani dell'ordinanza (n. 4039 del 31 luglio 2007) con la quale la IV Sezione del Consiglio di Stato, sul presupposto della mancanza di un danno "attuale" che potesse giustificare la concessione dell'invocata misura cautelare, ha accolto l'appello, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell'economia e delle finanze, avverso l'ordinanza di questo Tribunale n. 2716 del 7 giugno 2007, che aveva invece sospeso e sotto il profilo del fumus boni juris, l'efficacia degli atti gravati con l'atto introduttivo del giudizio.
Sembra al Collegio appena il caso di aggiungere che dalla documentazione versata in atti unitamente all'atto di motivi aggiunti appare medio tempore venuta anche meno la grave situazione di stallo che aveva indotto il Ministro ad assumere le determinazioni impugnate.
8. L'annullamento giurisdizionale della direttiva ministeriale di convocazione dell'assemblea degli azionisti per decidere la revoca dall'incarico del Prof. Petroni ha efficacia caducante della successiva delibera di revoca, disposta dall'assemblea dei soci ed impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 25 settembre 2007.
È invero evidente che non vengono in rilievo una autonoma vicenda patologica della predetta delibera assembleare ma gli effetti automaticamente prodottisi sulla stessa a seguito dell'annullamento della pregressa procedura pubblicistica.
Si tratta, infatti, di atto viziato ab origine in conseguenza dell'accertata illegittimità dell'atto di convocazione, che ne costituisce il presupposto. Ciò in quanto, come già è stato diffusamente chiarito, possedendo il Ministero dell'economia il 99,56% delle azioni, l'assemblea dei soci (costituita interamente dal titolare dello stesso Dicastero e per una parte minima dell'azionariato dal rappresentante della S.I.A.E.) non poteva che deliberare la revoca del Consigliere Petroni, così come le era stato chiesto dal Ministro. In altri termini, la delibera assembleare non è solo viziata dall'illegittimità che inficia la direttiva del Ministro ma è caducata, non potendo continuare ad esplicare effetti nel mondo giuridico perché non sostenuta da una valida e presupposta determinazione del socio di maggioranza che tale revoca ha deciso.
Non è invece necessario, perché detta caducazione si determini come effetto diretto ed immediato dell'annullamento dell'atto presupposto, che l'atto annullato in sede giurisdizionale e quello successivo automaticamente caducato appartengano allo stesso procedimento, circostanza, questa, che certamente nella specie non si verifica, atteso che il primo (id est, la direttiva ministeriale) è l'atto conclusivo del procedimento di iniziativa ministeriale mentre il secondo (id est, la revoca dell'incarico del consigliere di amministrazione) è l'atto conclusivo del secondo procedimento, di paternità assembleare. È infatti sufficiente che tale secondo procedimento non sarebbe stato attivato senza l'impulso del Ministro e che esso trovi nella decisione dell'organo di vertice del Dicastero dell'economia il suo unico presupposto. Né può costituire ostacolo di sorta la circostanza che tale secondo procedimento abbia connotati privatistici. Anche nei rapporti tra aggiudicazione di una gara pubblica e contratto stipulato con il concorrente vincitore della gara la giurisprudenza sia del giudice ordinario (Cass. civ., I Sez., 26 maggio 2006 n. 12629) che di quello amministrativo (Cons. Stato, VI Sez., 4 giugno 2007 n. 2950; 4 aprile 2007 n. 1523; V Sez., 10 gennaio 2007 n. 41; 29 marzo 2006 n. 1591; 28 maggio 2004 n. 3465; T.A.R. Sardegna, I Sez., 20 luglio 2007 n. 1674) ammette ormai pressoché unanimemente l'efficacia caducante dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione sul contratto.
E la riprova della correttezza di questo assunto è proprio nel verbale dell'assemblea tenutasi il 10 settembre 2007 dal quale risulta che la questione relativa alla revoca del Cons. Petroni è stata liquidata in poche battute: il prof. Mario Stella Richter, presente alla seduta giusta delega dell'azionista Ministero dell'economia e delle finanze prende la parola e propone la revoca del Prof. Petroni e la nomina, quale nuovo consigliere, del dott. Fabiano Fabiani. L'assemblea (non risulta alcuna discussione) vota la proposta e l'approva all'unanimità.
9. Sia nell'atto introduttivo del giudizio che nei due atti di motivi aggiunti il Prof. Petroni ha chiesto la condanna del Ministero dell'economia al risarcimento dei danni subiti per effetto sia degli atti illegittimi dallo stesso posti in essere che della revoca dall'incarico che, seppur formalmente adottata dall'assemblea dei soci della R.A.I., il 10 settembre 2007, trova nei primi, come già in precedenza chiarito, l'unico presupposto.
Si tratta di danni:
a) all'immagine, avendo tutta la vicenda avuto una vasta eco sulla stampa, la quale ha finito per trasferire al pubblico un messaggio di disistima da parte delle Istituzioni nei confronti della persona del ricorrente, rappresentato come il "consigliere da rimuovere per riportare la R.A.I. ad una normale operatività";
b) alla persona fisica, avendo la decisione del Ministro dell'economia provocato al ricorrente un forte turbamento psichico;
c) esistenziali, essendo stato il prof. Petroni pubblicamente tacciato di inidoneità a svolgere l'attività di consigliere di amministrazione della R.A.I.
Nel caso in cui non fosse possibile la reintegrazione in forma specifica al ricorrente spetta anche il risarcimento sotto il profilo del c.d. lucro cessante, in considerazione della mancata percezione delle somme che avrebbe avuto quale consigliere R.A.I. sino alla scadenza naturale della carica, con i relativi finger benefits (autovettura, ufficio di segreteria, ecc.). In via gradata il ricorrente chiede la liquidazione dell'indennizzo ex art. 21 quinquies L. n. 241 del 1990.
Ritiene il Collegio che l'istanza risarcitoria non è suscettibile di accoglimento.
Con riferimento alla voce di danno sub a) (danno all'immagine) il Collegio conviene con il ricorrente che l'intera vicenda legata alla sua revoca ha avuto una notevole risonanza nella stampa e, quindi, tra l'opinione pubblica. Rileva peraltro che la stessa risonanza avrà la declaratoria giurisdizionale di illegittimità della revoca, neutralizzando così di fatto il danno subito.
Il Collegio ritiene di non poter riconoscere neanche il danno alla persona fisica e quello esistenziale.
Non il danno alla persona fisica, non avendo il ricorrente provato in giudizio, ad es. producendo certificazione medica, di averlo subito e in quale misura. In ogni caso pare al Collegio quanto meno dubbio che un professionista del livello del ricorrente, abituato a ricoprire incarichi di vertice e di notevole responsabilità, possa avere a tal punto somatizzato l'ingiustizia subita da ricavarne una lesione permanente della sua sfera psichica.
Non il danno esistenziale, che sarebbe stato provocato per essere stato indicato come inidoneo a svolgere l'incarico che gli era stato affidato in seno alla R.A.I.. atteso che il Ministro dell'economia non lo ha mai accusato di incapacità ma, al contrario, ha pubblicamente speso nei suoi confronti e in sede qualificata parole lusinghiere, dichiarando dinanzi alla Commissione di vigilanza della R.A.I., di "stimarlo in quanto persona di qualità".
L'annullamento della direttiva ministeriale, con contestuale caducazione della revoca dell'incarico al Prof. Petroni e della nomina del dott. Fabiano Fabiani quale nuovo consigliere R.A.I., comporta il reintegro del ricorrente in seno al Consiglio di amministrazione della R.A.I., con la conseguenza che allo stesso non spetta né il risarcimento sotto il profilo del c.d. lucro cessante né l'indennità ex art. 21 quinquies L. n. 241 del 1990.
10. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto.
Quanto alle spese di giudizio, attesa la complessità delle questioni oggetto di controversia, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione III Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto, come in epigrafe, dal Prof. Angelo Maria Petroni, lo accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.
Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.