Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 8 marzo 2024, n. 192

Presidente: Criscenti - Estensore: Mazzulla

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 29 marzo 2023 e depositato in data 30 marzo 2023, il ricorrente, già Sovrintendente della Polizia di Stato in servizio presso l'Ufficio scorte e servizi di istituto della Questura di Reggio Calabria, in quiescenza dal 14 agosto 2020 per inabilità dovuta ad un incidente di servizio occorso in data 3 febbraio 2019, mediante la formulazione di un unico articolato motivo di gravame ["Violazione di legge e di principi costituzionali. Falsa applicazione di legge (circolare ministeriale n. 555/25/01/13/5431 del 30 maggio 2019). Eccesso di potere sotto il profilo della figura sintomatica del difetto di motivazione"] ha chiesto l'accertamento del proprio diritto alla c.d. monetizzazione delle ferie maturate nel corso del 2018, pari a 39 giorni, e non godute entro il 31 dicembre 2018, per cause a lui non imputabili dovute ad "esigenze di servizio", per come attestato dall'Ufficio scorte e vigilanza della Questura di Reggio Calabria in data 10 settembre 2020. Peraltro, siffatti giorni di ferie non avrebbero potuto essere goduti nel corso del 2019 proprio in considerazione dell'infortunio sul lavoro verificatosi nel febbraio del 2019, da cui è conseguita una lunga malattia che lo ha, successivamente, condotto alla quiescenza.

2. Il Ministero dell'interno si è costituito con memoria di mera forma, corredata da corposa documentazione.

3. In occasione della pubblica udienza del 21 febbraio 2024, in vista della quale parte ricorrente ha insistito nelle proprie ragioni, all'uopo invocando l'applicazione dei principi recentemente espressi dalla Corte di giustizia con la sentenza n. 218 del 18 gennaio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è fondato e, come tale, merita di essere accolto.

5. L'apprezzamento della fondatezza del gravame passa dalla sia pur breve ricognizione della normativa di riferimento in tema di monetizzazione delle ferie non godute avuto riguardo al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile: Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato.

Soccorrono in proposito le disposizioni appresso trascritte.

L'art. 14, commi 7 e 14, d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, secondo cui:

- "il congedo ordinario è un diritto irrinunciabile e non è monetizzabile" (comma 4);

- "fermo restando il disposto del comma 7, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora il congedo ordinario spettante a tale data non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo dello stesso" (comma 7).

L'art. 18, comma 1, del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, secondo cui:

- "al pagamento sostitutivo del congedo ordinario si procede, oltre che nei casi previsti dall'articolo 14, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995, anche quando lo stesso non sia stato fruito per decesso, per cessazione dal servizio per infermità o per dispensa dal servizio del dipendente disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità".

L'art. 11, comma 1, d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, secondo cui "Qualora indifferibili esigenze di servizio non abbiano reso possibile la completa fruizione del congedo ordinario nel corso dell'anno, la parte residua deve essere fruita entro l'anno successivo. Compatibilmente con le esigenze di servizio, in caso di motivate esigenze di carattere personale, il dipendente deve fruire del congedo residuo entro l'anno successivo a quello di spettanza".

In applicazione della normativa sopra indicata ed in coerenza con il disposto di cui all'art. 36 Cost., la giurisprudenza amministrativa ha, dunque, ritenuto che il diritto al c.d. compenso sostitutivo discenda direttamente dal mancato godimento delle ferie tutte le volte in cui sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla libera volontà del pubblico dipendente o, comunque, non sia allo stesso in qualche misura imputabile (cfr. C.d.S., Sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580; Sez. III, 17 maggio 2018, n. 2956; 21 marzo 2016, n. 1138).

5.1. Viene, altresì, in rilievo il divieto generale di corresponsione di indennità sostitutive delle ferie non godute, posto dall'art. 5 d.l. 6 luglio 2012, n. 95, rubricato "Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni", il cui comma 8 così statuisce:

"Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto [...]".

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 95 del 6 maggio 2016, ha escluso la illegittimità costituzionale di tale norma, potendo essere interpretata in senso conforme alla Costituzione e alle fonti internazionali ed europee a tutela del lavoro, giacché il divieto di "monetizzazione" ivi statuito deve ritenersi «correlato a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o a eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore. Esulano, invece, dall'ambito di applicazione di tale divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro non imputabili alla volontà delle parti» come nel caso della malattia. Peraltro, come chiarito dalla Consulta, la disposizione in esame «si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla "monetizzazione" delle ferie non godute, contrastandone gli abusi, e di riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro, senza arrecare pregiudizio al lavoratore incolpevole. Del resto, la prassi amministrativa e la magistratura contabile convergono nell'escludere dall'ambito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro; e la giurisprudenza di legittimità, ordinaria e amministrativa, riconosce al lavoratore il diritto ad un'indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti un'esplicita previsione negoziale in tal senso, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di "monetizzazione". Così correttamente interpretata, la disciplina de qua non pregiudica l'inderogabile diritto alle ferie, garantito da radicati principi espressi dalla Carta fondamentale nonché da fonti internazionali ed europee».

È poi intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza del 20 luglio 2016 (causa C-341/15), i cui principi sono stati recentemente ribaditi e meglio argomentati nella recente sentenza n. 218 del 18 gennaio 2024, secondo cui «L'art. 7 direttiva 2003/88/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l'art. 31, par. 2, CDFUE [Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea] devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell'ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà».

6. La giurisprudenza amministrativa ed euro-uni[t]aria è, dunque, concorde nel ritenere che il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applichi nei casi in cui la mancata fruizione dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi invece ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (C.d.S., Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047).

7. In applicazione dei sopra esposti principi, la domanda di accertamento proposta dall'odierno ricorrente deve, dunque, essere accolta.

Ed invero, dalla documentazione versata in giudizio dalla stessa amministrazione resistente si evince come il ricorrente, nel corso del 2018, non abbia avuto la possibilità di richiedere le ferie - peraltro non "recuperabili" nel corso del successivo 2019 in conseguenza della malattia che lo ha colpito, per ragioni di servizio - a ciò ostando "cause a lui non imputabili dovute a indifferibili e motivate esigenze di servizio" (così si legge nella nota del 4 dicembre 2020 a firma del dirigente dell'Ufficio scorte della Questura di Reggio Calabria, in atti).

Più precisamente, con la nota del 28 giugno 2022 indirizzata all'Ufficio amministrativo contabile, il dirigente dell'Ufficio servizi d'istituto - Ufficio scorte ha riconosciuto che "effettivamente il Sovrintendente B. Giovanni non ha potuto fruire del congedo ordinario in questione nei tempi previsti per esigenze di servizio legate ai carichi di lavoro di quest'ufficio Scorte ed all'esiguità dell'organico disponibile" (doc. in atti).

In presenza di siffatte condizioni sostanziali, afferenti all'organizzazione del lavoro ed espressamente riconosciute dal datore di lavoro pubblico come obiettivamente ostative al godimento delle ferie da parte del lavoratore nel corso del 2018, la mera circostanza formale del mancato rinvenimento della relativa domanda di concessione non può legittimamente ritenersi preclusiva alla c.d. monetizzazione delle ferie, il cui mancato godimento, in buona sostanza, non è imputabile all'odierno ricorrente.

8. In conclusione il ricorso è fondato e, come tale, deve essere accolto. Ne consegue l'accertamento del diritto del ricorrente alla monetizzazione ed al pagamento di 39 gg. di congedo ordinario riferito al periodo [dal] 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018.

9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, ai sensi di cui in motivazione. Per l'effetto accerta e dichiara il diritto del ricorrente alla monetizzazione ed al pagamento di 39 gg. di congedo ordinario riferito al periodo lavorativo [dal] 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018.

Condanna il Ministero dell'interno al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di euro 1.000,00 a titolo di spese di lite, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge e rimborso del contributo unificato, ove versato, da distrarsi in favore del procuratore che ne ha fatto richiesta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.