Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione II
Sentenza 15 maggio 2009, n. 1420

FATTO

1. La società in accomandita semplice "Pogu di Sheu Gezim & C.", in persona del legale rappresentante, ha proposto rituale ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale chiedendo l'annullamento, previa sospensiva, dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Torino n. 3915, prot. n. 0080486, pubblicata nell'albo pretorio del Comune in data 26 agosto 2008.

Tale ordinanza sindacale ha ordinato all'odierna ricorrente - la quale gestisce il pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande denominato "Mellow", sito in Torino, via Nizza n. 3/h - di adottare, ai sensi dell'art. 9 del r.d. n. 773 del 1931, una serie di "azioni" a tutela della pubblica incolumità e dell'ordine pubblico, consistenti:

a) nel dotare l'esercizio di "personale esterno, visibile ed identificabile come appartenente al locale, incaricato di invitare gli avventori a cessare condotte contrarie alla civile convivenza e ad allontanarsi dal locale avvertendo che, in caso contrario, sarà richiesto l'intervento delle Forze dell'ordine";

b) nell'"utilizzare esclusivamente contenitori in plastica per le bevande, sia per la vendita da asporto che per la somministrazione ai tavoli, evitando assolutamente di consegnare al cliente bottiglie o bicchieri di vetro, lattine chiuse, bottiglie in plastica munite di tappo";

c) nel "garantire per tutto l'orario di apertura dell'esercizio la piena funzionalità e fruibilità dei servizi igienici a tutti coloro che ne avessero necessità";

d) nel "posizionare all'esterno dell'esercizio contenitori per i rifiuti in numero e capacità sufficienti, garantendo in ogni caso il mantenimento della pulizia e del decoro dell'area circostante l'esercizio medesimo".

2. Nelle premesse, l'impugnata ordinanza sindacale ha richiama il contenuto della relazione della Polizia Municipale datata 22 agosto 2008, dalla quale è emerso che l'esercizio pubblico denominato "Mellow" "risulta essere sede di raduni di persone che si ritrovano nei pressi dell'esercizio stesso consumando bevande alcoliche stazionando anche durante le ore notturne". L'esercizio risulta aperto "24 ore su 24", senza osservare turni di riposo ed è stato oggetto, sin dal giorno dell'apertura al pubblico, di "reclami inerenti il disturbo arrecati da ubriachi molesti, risse e musica ad alto volume". L'ordinanza prosegue accennando "al problema cronico della prostituzione nelle aree vicino al locale e dello spaccio di sostanze stupefacenti che potrebbe essere riconducibile ad avventori del locale stesso" e, ancora richiamando la relazione della Polizia Municipale, aggiunge: "La presenza di questi gruppi di persone ed i loro comportamenti sono percepiti dalla cittadinanza come molesti fastidiosi ed irritanti: le grida, le risse tra ubriachi, i danneggiamenti, la sporcizia prodotta sulle strade (tra cui bottiglie in vetro spesso diventate armi pericolose), i bisogni fisiologici soddisfatti dove capita sono diventati una costante nella zona in esame".

Vengono inoltre richiamati gli accertamenti di illeciti amministrativi, compiuti dalla Questura di Torino in data 27 giugno 2008, in materia di igiene degli alimenti, proprio nei confronti del sig. Sheu Gezim, legale rappresentante della Pogu s.a.s.

Ancora, l'ordinanza richiama numerosi accertamenti compiuti dalla Questura di Torino nel periodo tra aprile e luglio 2008, aventi ad oggetto: la presenza di musica ad alto volume proveniente dal locale; una segnalazione su un'aggressione avvenuta all'interno dell'esercizio pubblico; il ferimento di una persona alla testa "che asseriva di essere stata percossa da uno o più soggetti presso il locale Mellow"; persone sedute ai tavoli esterni del locale "che creavano disturbo"; eccetera.

Rilevato, pertanto, "che i predetti comportamenti possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, turbando altresì gravemente il libero utilizzo e la fruizione degli spazi pubblici e/o di uso pubblico, rendendo difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi", e che tutto quanto descritto determina pericolo per la sicurezza urbana, sulla base dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell'art. 16 della legge regionale n. 38 del 2006, "vista la preventiva comunicazione al Sig. Prefetto di Torino", il Sindaco emetteva il suesteso dispositivo.

3. A sostegno del proprio gravame, la ricorrente ha dedotto una pluralità di vizi di legittimità, afferenti ora alla violazione di legge (con riferimento all'art. 9 del r.d. n. 773 del 1931, ed all'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000), ora all'eccesso di potere per "illogicità manifesta", per "manifesta ingiustizia e disparità di trattamento" nonché per "sviamento".

In particolare, la ricorrente evidenzia che il lamentato fenomeno di degrado urbano "non è causato, né circoscritto alla sola area intorno all'esercizio MELLOW [...], ma si estende all'intera area, mentre con l'ordinanza si punisce, illegittimamente, la 'sola' società ricorrente".

Nell'argomentare la dedotta violazione dell'art. 9 del r.d. n. 773 del 1931, la ricorrente asserisce che tale norma non consentirebbe all'autorità di imporre ai titolari di licenze ed autorizzazioni di polizia amministrativa "le incombenze che esulano dalla specifica attività di somministrazione di alimenti e bevande", e che simili incombenze non sarebbero ammissibili nemmeno sulla base dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 (nella nuova formulazione, introdotta con d.l. n. 92 del 2008, conv. in legge 125 del 2008). Inoltre, la prescrizione di dotare l'esercizio di persona "visibile ed identificabile come appartenente al locale", oltre che illegittima, sarebbe oltretutto "pericolosa, perché mette a rischio la incolumità della persona preposta all'incombenza".

Viene poi dedotto "eccesso di potere per illogicità e parzialità manifesta", contestando che le prescrizioni così imposte alla società ricorrente avrebbero dovuto essere estese "a tutti gli esercizi pubblici e commerciali di prodotti alimentari e bevande" della zona, con conseguente contestazione anche dell'eccesso di potere per "disparità di trattamento".

Nell'argomentare, poi, l'ultimo vizio di legittimità dedotto ("eccesso di potere per violazione di legge e per sviamento"), la ricorrente si lamenta conclusivamente della circostanza che il Sindaco, "anziché affrontare i problemi con l'intervento della Polizia e con gli Agenti Municipali, [...] ritiene di risolvere i problemi, almeno in parte, con una persona posta all'esterno del pubblico esercizio, a spese ed a rischio della Società ricorrente e della stessa persona incaricata, senza alcuna autorità, della costante vigilanza".

La ricorrente formula anche richiesta di risarcimento dei danni, dichiarando "di accettare la determinazione equitativa" rimessa a questo TAR.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e concludendo per l'inammissibilità, l'irricevibilità, l'improcedibilità e l'infondatezza del ricorso. Con successiva memoria, depositata il 2 dicembre 2008, il Comune ha precisato le proprie difese esclusivamente argomentando sull'infondatezza, nel merito, dei motivi di ricorso.

In particolare, nella memoria depositata il 2 dicembre 2008, la difesa osserva che le prescrizioni imposte dall'ordinanza sindacale "non incidono sulla disciplina originaria dell'attività, ma intervengono su quegli aspetti dell'attività di somministrazione [...] che hanno il maggior impatto ambientale e sociale". Viene precisato che l'ordinanza richiederebbe solo "che la presenza all'esterno della persona preposta debba concretizzarsi tutte quelle volte che si verifichino condotte riprovevoli che attentano alla sicurezza urbana e all'incolumità pubblica". Si aggiunge che le problematiche di degrado urbano, descritte nelle premesse dell'ordinanza impugnata, "sono ascrivibili alla clientela di quell'esercizio specifico", così contestando il dedotto vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento.

La difesa, inoltre, evidenzia che la impugnata ordinanza "consiste in una delle prime applicazioni pratiche dei cosiddetti nuovi (e maggiori) poteri del Sindaco di cui alla novellata formulazione dell'art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267", con richiamo anche al d.m. 5 agosto 2008 che ha ulteriormente specificato i casi di intervento del sindaco.

5. All'esito della camera di consiglio del 3 dicembre 2008, con ordinanza n. 984 del 2008, questo TAR ha respinto la domanda cautelare sul rilievo che "il provvedimento impugnato contiene delle prescrizioni coerenti sia con la situazione di fatto dettagliatamente esposta in motivazione, sia con le finalità di tutela dell'incolumità pubblica e della sicurezza urbana cui tende il potere sindacale nella materia de qua", dando altresì conto dell'"insussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile derivante dall'esecuzione degli atti impugnati, in quanto le deduzioni svolte sul punto dal ricorrente sono del tutto generiche".

6. Successivamente, nell'imminenza della pubblica udienza, in data 25 marzo 2009 la ricorrente ha depositato una memoria, ribadendo la fondatezza dei proposti motivi di gravame ed aggiungendo la segnalazione di "altri diversi Vizi riscontrati", tra cui il "mancato adempimento dell'obbligo della preventiva ordinanza al Prefetto", il "mancato accertamento dell'eventuale inquinamento acustico" ed il "mancato avviso dell'emissione dell'ordinanza che nella specifica fattispecie si rendeva necessario, ex legge 241/1990". Ha anche quantificato la richiesta di risarcimento del danno in complessivi Euro 24.700,00.

7. In data 25 marzo 2009 il Comune di Torino ha depositato documenti, tra i quali la sopravvenuta ordinanza del Sindaco di Torino, n. 4411.5.1.3 del 3 febbraio 2009, che ha ordinato alla s.a.s. "Pogu" di Sheu Gezim & C. la sospensione dell'attività dell'esercizio di somministrazione di alimenti e bevande per "giorni uno", a causa dell'inottemperanza alla precedente ordinanza (oggetto dell'odierna impugnativa). Ciò, in quanto, a seguito di un controllo effettuato da agenti della Polizia Municipale in data 16 novembre 2008, è stato accertato che "l'esercizio non era stato 'dotato di personale esterno [...]'", nonostante la rilevata presenza di n. 3 avventori del locale i quali, "appena al di fuori dello stesso, in rumoroso assembramento consumavano alcolici contravvenendo all'O.D.S. 3915/2008".

8. In data 3 aprile 2009 il Comune di Torino ha depositato una memoria di replica, con la quale ha preso posizione sui nuovi vizi denunciati dalla ricorrente con la sua precedente memoria, eccependone l'inammissibilità per mancata formulazione degli stessi nel ricorso introduttivo e contestandoli nel merito. Inoltre, il Comune di Torino ha contestato sia la richiesta di Euro 24.700,00, a titolo di risarcimento del presunto danno subito, sia la richiesta della quantificazione dei danni in via equitativa, evidenziando la mancanza della prova dei danni lamentati.

9. Alla pubblica udienza del 15 aprile 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile, nei termini di seguito precisati, dovendosi pertanto confermare la valutazione sommaria già espressa da questo TAR nella sede cautelare.

2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si fa valere "violazione di legge e falsa o errata applicazione della normativa generale e di settore", incorre in una lettura palesemente erronea del dettato di cui all'art. 9 del r.d. n. 773 del 1931.

A differenza di quanto affermato dalla società ricorrente (secondo la quale la disposizione citata prevederebbe la possibilità, per la pubblica amministrazione, di imporre ai titolari di licenze ed autorizzazioni solo "quelle prescrizioni che si rendono necessarie per il regolare svolgimento delle attività del pubblico esercizio"), l'art. 9 r.d. n. 773 del 1931 testualmente dispone: "Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse".

Come è reso evidente dalla lettera della disposizione, le prescrizioni imposte dall'autorità di pubblica sicurezza possono senz'altro esulare dal ristretto ambito dell'attività oggetto di autorizzazione, essendo quest'ultima unicamente l'occasione che rende (eventualmente) necessaria l'attivazione dei poteri dell'autorità, volti alla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. Nella fattispecie per cui è causa, quindi, ben potevano le prescrizioni dell'autorità andare oltre l'ambito della "specifica attività di somministrazione di alimenti e bevande", gestita dalla società ricorrente ed oggetto dell'autorizzazione di polizia.

In tale prospettiva, risulta quindi altresì infondato anche il secondo motivo di gravame (del tutto collegato al primo), con il quale viene contestata "violazione e falsa o errata applicazione di legge" con riferimento all'art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 (così come sostituito dal d.l. n. 92 del 2008, convertito in legge n. 125 del 2008). A parere della ricorrente, tale norma, pur demandando al Sindaco, quale ufficiale di Governo, l'adozione di provvedimenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana, non gli consentirebbe tuttavia "di onerare il titolare di un'autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande della vigilanza esterna, diurna e notturna, del proprio esercizio [...]". È evidente, in contrario, che proprio la genericità della formulazione del comma 4 dell'art. 54 cit. consente al Sindaco di adottare i provvedimenti più idonei al raggiungimento dello scopo voluto dalla norma, se del caso anche con la formulazione consistente e specifica che ha avuto il provvedimento per cui è causa. Sotto tale profilo, peraltro, la censura si appalesa apodittica, perché non spiega come mai dalla generica formulazione letterale della disposizione sia possibile ricavare una lettura più ristretta, tale da escludere la legittimità di provvedimenti dalla portata specifica come quello in questa sede impugnato.

Né, al riguardo, può essere di alcun giovamento per la ricorrente (ma è, anzi, in netto contrasto con la sua tesi) quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato in subiecta materia (sez. IV, dec. n. 4041 del 2008), ossia che gli schiamazzi notturni degli avventori di un pubblico esercizio possono senz'altro essere un elemento in base al quale il Sindaco adotta un'ordinanza di necessità, allorché il disagio provocato (e, genericamente, lo stato di degrado urbano che ne deriva) raggiungano un grado di intollerabilità oggettivamente accertato, tale da integrare un vero e proprio "stato di emergenza". La ricorrenza di tali presupposti è, infatti, pacificamente accertata nell'odierna fattispecie, con conseguente legittimità, sotto tale prospettiva, del provvedimento adottato dal Sindaco di Torino.

Peraltro, allorché la ricorrente cita la richiamata decisione del Consiglio di Stato, essa aggiunge tra virgolette la seguente frase (come se sia da attribuire ai Giudici di Palazzo Spada): "ma i provvedimenti eccezionali del Sindaco non devono tradursi in un aggravamento gestionale degli esercizi di vendita o di somministrazione". Tale frase non è dato rinvenire nella citata sentenza del Consiglio di Stato, ad ulteriore riprova del fatto che i provvedimenti d'urgenza del Sindaco possono essere adottati a prescindere da un'eventuale effetto di aggravamento gestionale degli esercizi privati.

3. La terza censura è inammissibile perché generica.

Con essa, infatti, la società ricorrente - nel dedurre "eccesso di potere anche sotto il profilo della illogicità manifesta e violazione dei diritti acquisiti dalla Società ricorrente" - afferma che la prescrizione contenuta nel provvedimento impugnato (quella consistente, per l'esattezza, nell'obbligo di dotare l'esercizio, notte e giorno, di una persona visibile ed identificabile come appartenente al locale, incaricata di invitare ad allontanarsi le persone presenti) sarebbe "illegittima perché in essa si minaccia la Società che in caso di inottemperanza si provvederà" alla sospensione ed alla successiva revoca dell'autorizzazione già concessa.

Orbene, non si vede come tale "minaccia" - così qualificata dalla ricorrente - possa tradursi in un motivo di illegittimità per eccesso di potere in assenza di un'idonea motivazione in tal senso (motivazione che è del tutto assente nella censura).

4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con i quali vengono dedotti "eccesso di potere per illogicità e parzialità manifesta" ed "eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per disparità di trattamento" non sono fondati.

Le due censure (che, per l'omogeneità di contenuto possono essere trattate congiuntamente) sono motivate con riferimento alla circostanza che il fenomeno di degrado urbano - descritto nelle premesse dell'atto impugnato - sarebbe esteso a tutta la zona "compresa tra Via Nizza, via Berthollet, via Goito e corso Vittorio" e, perciò, il provvedimento del Sindaco avrebbe dovuto essere esteso "a tutti gli esercizi pubblici e commerciali di prodotti alimentari e bevande e non essere limitata al solo esercizio della Società ricorrente".

In proposito - in disparte la considerazione che, se il degrado urbano interessa tutta la zona nominata, ciò non rappresenta un motivo di per sé sufficiente a contestare la legittimità di un provvedimento che è diretto contro uno dei locali della zona stessa (cfr., in proposito, TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 999 del 2003) - la lamentata disparità di trattamento va esclusa se solo si richiamano le premesse dell'atto impugnato, le quali sono sufficientemente precise nell'indicare che la maggior parte dei problemi ivi descritti si verificano proprio laddove è ubicato il locale "Mellow" o, comunque, nelle sue immediate vicinanze. Del resto, ciò è ampiamente provato dai vari atti di accertamento della Polizia Municipale e della Questura di Torino richiamati dal provvedimento impugnato e depositati in atti.

Va comunque aggiunto che il locale "Mellow" non è l'unico della zona ad essere stato interessato da provvedimenti restrittivi del Sindaco. Analoga sorte hanno subito altri due pubblici esercizi, oggetto delle ordinanze sindacali nn. 3912 e 3914 entrambe del 26 agosto 2008 (depositate in atti). Inoltre, con ordinanza n. 3913 in pari data (anch'essa in atti), il Sindaco ha prescritto, con riferimento a tutta la zona delimitata da via Nizza, corso Vittorio Emanuele, via Goito e via Berthollet, il divieto di consumare bevande alcoliche e di abbandonare rifiuti, a riprova che non è solo l'esercizio gestito dalla società ricorrente ad essere stato interessato da provvedimenti restrittivi.

5. Il sesto motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.

È inammissibile, laddove viene contestata "violazione di legge" con riferimento alla prescrizione sindacale che estende a tutte le ore del giorno, diurne e notturne, gli obblighi imposti alla società ricorrente. Quest'ultima, infatti, non indica alcuna disposizione di legge che sarebbe violata da tale prescrizione.

È infondato, laddove viene contestato l'eccesso di potere per "sviamento", perché la ricorrente genericamente afferma che "... malgrado il riconoscimento del degrado e del mal costume esistente nella zona di San Salvario, anziché affrontare i problemi con l'intervento della Polizia e con gli Agenti Municipali, il Sindaco ritiene di risolvere i problemi, almeno in parte, con una persona posta all'esterno del pubblico esercizio, a spese ed a rischio della Società ricorrente e della stessa persona incaricata, senza alcuna autorità, della costante vigilanza", senza avvedersi che - come già evidenziato - le prescrizioni adottate dal Sindaco con il provvedimento impugnato rientrano senz'altro nei generici poteri che gli sono riconosciuti, quale ufficiale del Governo, sia dall'art. 9 del r.d. n. 773 del 1931 sia dall'art. 54, comma 1 lett. c, del d.lgs. n. 267 del 2000.

6. Sono infine inammissibili, perché tardivi, gli ulteriori vizi lamentati dalla ricorrente con la memoria depositata in giudizio in data 25 marzo 2009. In ogni caso, essi sarebbero altresì infondati nel merito, in quanto:

a) con riferimento al "mancato adempimento dell'obbligo della preventiva ordinanza al Prefetto" (ai sensi dell'art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000), va rilevato che l'impugnato provvedimento dà viceversa conto della "preventiva comunicazione al sig. Prefetto di Torino";

b) con riferimento al "mancato accertamento dell'eventuale inquinamento acustico", va rilevato che gli atti depositati (ed in particolare, gli accertamenti compiuti, nel tempo, dalla Questura e dalla Polizia Municipale) danno conto, senza possibili dubbi in proposito, dei continui disturbi arrecati dalla "musica ad alto volume" proveniente dal locale, con ciò senz'altro integrandosi il presupposto dell'agire del Sindaco, presupposto che non necessita certo di una precisa misurazione in termini tecnici (cfr., a quest'ultimo proposito, TAR Valle d'Aosta, n. 64 del 2005);

c) con riferimento al "mancato avviso di avvio dell'emissione dell'ordinanza che nella specifica fattispecie si rendeva necessario, ex legge 241/1990", va rilevato che - come la stessa ordinanza precisa - nel caso di specie la comunicazione di avvio del procedimento poteva essere omessa "per particolari esigenze di celerità del procedimento dovute [...] a fronteggiare con la massima tempestività la situazione sopra descritta".

7. La condanna alle spese segue l'ordinaria regola della soccombenza. Pertanto la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali che si liquidano equitativamente in Euro 3.000,00 (tremila).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, in parte rigetta ed in parte dichiara inammissibile il ricorso, in epigrafe indicato.

Condanna la ricorrente società "Pogu s.a.s. di Sheu Gezim & C." al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.