Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione III
Sentenza 15 settembre 2008, n. 4073
FATTO
Con d.d. n. 2039 del 26 luglio 2005, il Comune di Milano aveva indetto le procedure selettive per la progressione verticale (ai sensi dell'art. 4 CCNL Regioni - Autonomie) finalizzate alla copertura di n. 295 posti posti cat. C1, selezioni alle quali i ricorrenti, inquadrati tutti nella categoria B3, avevano partecipato risultando idonei; gli stessi, quindi, erano stati inseriti nelle graduatorie di merito senza, tuttavia, ottenere l'inquadramento superiore perché preceduti in graduatoria da altri candidati. Successivamente, l'ente comunale, con delibera n. 1381 del 2006 di approvazione dell'atto di programmazione triennale del fabbisogno di personale e di rideterminazione della dotazione organica, aveva individuato diversi posti nella categoria C da ricoprire attraverso la progressione verticale di personale interno, ovvero: 263 per il 2006 e 34 per il 2007 (programmazione sostanzialmente confermata dalla successiva delibera n. 1658/2007 relativa al periodo 2007-2008-2009).
I ricorrenti, a questo punto, chiedevano all'amministrazione di procedere alla copertura di tali posti scorrendo la graduatoria ancora in vigore relativa alla precedente progressione. Rimasta la loro richiesta inascoltata, presentavano ricorso al Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Milano per sentire accertare il loro diritto all'assunzione nella categoria C1 mediante scorrimento delle graduatorie. Nel frattempo, con determinazione dirigenziale n. 534 del 24 dicembre 2007, l'amministrazione indiceva una nuova procedura selettiva per la progressione verticale per la copertura di complessivi n. 30 posti di categoria C - posizione economica C1 - per vari profili professionali da assegnare a diverse direzioni centrali prevedendo, per la copertura dei suddetti posti, ben 13 selezioni (lo svolgimento delle selezioni veniva disciplinato dal comunicato di servizio n. 35 del 27 dicembre 2007).
Con ricorso depositato il 6 marzo 2008, i ricorrenti hanno impugnato gli atti della nuova procedura concorsuale (in epigrafe indicati) chiedendo al Tribunale Amministrativo di disporne l'annullamento, previa loro sospensione incidentale, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere; hanno chiesto, altresì, la condanna dell'amministrazione al risarcimento dei danni subiti.
Si è costituito in giudizio il Comune di Milano chiedendo il rigetto del ricorso. Con ordinanza del 13 marzo 2008, il Tribunale Amministrativo, in ragione della delicatezza della questione sollevate e delle sue rilevanti ricadute sull'azione dell'amministrazione, ha ritenuto opportuna una pronta trattazione del merito ai fini della completa ed esauriente definizione della vicenda, rigettando l'istanza sospensiva sul presupposto che la fissazione immediata dell'udienza pubblica escludeva in radice la sussistenza del periculum in mora rappresentato dalla consolidazione delle posizioni lavorative vacanti in organico cui aspirano i ricorrenti.
Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all'odierna udienza pubblica del 19 giugno 2008.
DIRITTO
1. In via pregiudiziale, il Comune di Milano ha eccepito la tardività del ricorso introduttivo del giudizio in quanto notificato soltanto il 25 febbraio 2008, quindi oltre il 60mo giorno dalla determinazione dirigenziale del 24 dicembre 2007.
La censura è infondata giacché, in assenza di notificazione o comunicazione individuale, l'amministrazione non ha provato, come era suo onere, che i ricorrenti avessero piena conoscenza del provvedimento già all'epoca della sua adozione.
2. Ancora in via pregiudiziale, si sostiene l'inammissibilità del ricorso in quanto non notificato ad alcun dei controinteressati.
Anche tale censura è destituita di fondamento dal momento che non sono configurabili controinteressati nel ricorso giurisdizionale proposto contro il bando di concorso nella parte in cui determina l'avvio della procedura selettiva.
3. Seppure non oggetto di specifiche deduzioni, il Collegio ritiene opportuno svolgere talune puntualizzazioni in punto di giurisdizione, vista la contestuale pendenza innanzi al Giudice Ordinario del Lavoro di giudizio connesso a quello odierno.
In termini generali, occorre distinguere l'ipotesi in cui la parte si limiti ad evocare la propria pretesa ad essere assunto dalla pubblica amministrazione mercé lo "scorrimento" della graduatoria ancora valida ed efficace, da quella in cui l'interessato, nel perseguire il medesimo bene della vita, intenda ottenere la caducazione della nuova procedura concorsuale indetta dall'amministrazione in luogo dello "scorrimento".
3.1. Con riferimento alla prima tipologia di controversie, un indirizzo del Giudice Amministrativo ritiene sussistente la propria giurisdizione sui ricorsi avverso il "silenzio rifiuto" serbato sull'istanza volta ad ottenere una statuizione espressa e motivata sullo scorrimento di una graduatoria di concorso ancora efficace. Sul punto, si sostiene che tale vertenza atterrebbe non già al momento costitutivo del rapporto di lavoro subordinato, bensì a quello, logicamente e giuridicamente presupposto, dell'esistenza, o meno, dell'obbligo dell'ente pubblico stesso a provvedere a tal scorrimento, ossia ad esercitare la potestà discrezionale, di natura organizzatoria, di attingere alla graduatoria per coprire i posti vacanti e disponibili in organico (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 16 luglio 2007, n. 6475); che, non potendo sussistere in capo agli idonei di un concorso una posizione di diritto soggettivo e non rientrando essa nell'ambito degli atti di gestione, bensì nella funzione propria ed esclusiva di organizzazione degli uffici, sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che il rapporto sottostante e la pretesa risarcitoria azionata muovono proprio dall'interesse legittimo del ricorrente al corretto esercizio del potere della p.a. di procedere allo scorrimento della graduatoria (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1146; Consiglio Stato, sez. V, 13 febbraio 2007, n. 870).
Il Collegio non condivide siffatte considerazioni.
In tema di pubblico impiego, il discrimen tra le due giurisdizioni non si fonda sulla consistenza della posizione soggettiva azionata avendo ritenuto il legislatore, quale corollario della sottoposizione al diritto privato del rapporto di lavoro alla dipendenze della pubblica amministrazione, di devolvere al Giudice Ordinario l'intero contenzioso in materia, salvo ritagliare alla giurisdizione del Giudice Amministrativo: (a) taluni rapporti ancora governati dal diritto pubblico perché espressione delle tradizionali funzioni statuali, (b) gli atti di "macro" organizzazione degli uffici a rilevanza esterna, (c) le questioni relative alle procedure concorsuali per l'accesso all'impiego (opzione quest'ultima che, probabilmente, ha inutilmente complicato il quadro processuale).
Tanto premesso, la pretesa allo scorrimento non riguarda nessuna di tali eccezioni e, in particolare, non investe le procedure concorsuali per l'assunzione (art. 63, comma 4, T.U. Pubblico Impiego) dal momento che la graduatoria approvata non è posta in discussione ma anzi costituisce essa stessa il fondamento della domanda (cfr. Cass., S.U., n. 15342/2006). Cosicché, in ordine all'utilizzazione di graduatorie valide entro determinati limiti di tempo, discettare se si facciano valere situazioni di diritto soggettivo trattandosi di condotte che abbracciano una fase cronologicamente e concettualmente posteriore all'esaurimento della procedura concorsuale (come ritiene Cass., S.U., 14529/2003), ovvero di interesse legittimo che fronteggia il potere di organizzazione della pubblica amministrazione, non ha alcuna significatività ai fini del riparto di giurisdizione. In ogni caso, la giurisdizione del giudice amministrativo cessa con l'approvazione della graduatoria di merito e tutte le determinazioni successive allo svolgimento della procedura concorsuale (tra cui lo scorrimento di graduatoria e l'assunzione) attengono all'instaurazione dei rapporti di lavoro e sono, pertanto, ricomprese nell'ambito della giurisdizione ordinaria.
In definitiva, il candidato in concorso pubblico che, vantando una determinata posizione nella graduatoria già approvata ed in possesso di requisiti stabiliti dal bando per fruire di una riserva di posti, pretenda di essere incluso nel novero degli ulteriori chiamati alla stipulazione del contratto di lavoro con l'utilizzazione del sistema del c.d. "scorrimento della graduatoria", fa valere una pretesa all'assunzione e non pone in discussione la procedura concorsuale e, pertanto, la relativa controversia deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.
È questione di merito (rimessa al Giudice Ordinario del Lavoro) e non di giurisdizione, l'accertamento se la pretesa all'assunzione tramite scorrimento si ricolleghi ad un interesse che, per essere giuridicamente protetto nelle forme del diritto soggettivo, giustifichi una pronuncia costitutiva del rapporto o, comunque, condannatoria; ovvero, residuando piena discrezionalità all'amministrazione, si traduca in un mero interesse alla legalità dell'azione amministrativa. La soluzione non può essere aprioristica ma, come vedremo nel prosieguo, dipenderà dallo specifico quadro legislativo e regolamentare di volta in volta implicato nella vicenda.
3.2. Ben diverso è il caso in cui, al fine di conseguire il medesimo bene della vita, ci sia da parte dell'aspirante candidato una contestazione diretta dell'esercizio di attività autoritativa quale, ad esempio, la decisione di non rendere disponibili i posti vacanti, ovvero di bandire un nuovo concorso per la loro copertura.
In quest'ultimo caso, occorre ulteriormente distinguere.
In tema di riparto della giurisdizione in materia di procedure concorsuali, è oramai consolidata la regola secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo non solo sussiste per le controversie relative a concorsi aperti a candidati esterni (la possibilità di vincitori "esterni", da assumere, priva di rilevanza la partecipazione anche di soggetti già dipendenti della p.a.- cd. concorsi misti - restando ascritte le procedure ai concorsi pubblici di cui agli art. 97 Cost. e d.lgs. n. 165 del 2001, art. 35), ma si estende ai concorsi per soli candidati interni indetti per il passaggio da un'area funzionale ad un'altra (pure in questo caso non rileva la natura "mista", cioè la partecipazione anche di dipendenti già inquadrati nell'area: Cass. S.u. 9168/2006). Di conseguenza, la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie concorsuali si atteggia come residuale ed è relativa ai concorsi per soli interni che comportino progressione nell'ambito della medesima area professionale (Cass. S.u. 15403/2003; 1886/2003; 3948/2004; 6217/2005, cit.) con la precisazione che la competenza residuale della giurisdizione ordinaria deve ravvisarsi non soltanto nelle progressioni meramente economiche (Cass. S.u. 10605/2005) ovvero meramente orizzontali, ma anche nei casi di acquisizione di qualifiche più elevate, attribuendosi decisivo rilievo ai nuovi sistemi di inquadramento (previsti dalla contrattazione collettiva) per aree professionali comprendenti una pluralità di profili professionali verticalmente ordinati (per il comparto ministeri, ad esempio, aree A, B e C, ciascuna delle quali suddivisa in tre diverse posizioni, definite retributive ma in realtà funzionali, ordinate per livello di profili professionali). In definitiva, il discrimen tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, per le controversie inerenti a concorsi interni, è dato dalla permanenza dei vincitori nella stessa area professionale oppure dal loro passaggio ad aree diverse e superiori, compresa, ovviamente l'area della dirigenza (Cass. S.u. 11340/2005; 11716/2005; 12799/2005; 12802/2005; 14206/2005; 14207/2005; 14259/2005; 16604/2005); resta riservato all'ambito dell'attività autoritativa soltanto il mutamento dello status professionale, non le progressioni meramente economiche, nè quelle che comportano sì il conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese tuttavia nella stessa area, categoria, o fascia di inquadramento, e caratterizzate, di conseguenza, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo.
Conclusivamente, in base al criterio del petitum sostanziale, la contestazione della decisione di bandire un concorso interno per la copertura di posti inerenti ad area professionale alla quale già appartengono i partecipanti, è inerente ai poteri di cui l'amministrazione è titolare nell'esercizio della capacità di diritto privato quale parte del contratto di lavoro con giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass., S.U., 7 febbraio 2007, n. 2698) giacché deve escludersi ogni correlazione con l'attività autoritativa dell'amministrazione datrice di lavoro.
Diversamente quando, come nel caso di specie, viene contestata la conformità a legge del potere di indizione di nuovo concorso di progressione per passaggio da una area funzionale all'altra, in presenza della graduatoria di uno precedente ancora efficace, l'interessato chiede tutela nei confronti dell'esercizio del potere amministrativo, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, con la conseguenza che la tutela deve essere accordata dal giudice amministrativo, restando escluso che possa essere concessa mediante disapplicazione della decisione di bandire il concorso nel giudizio ordinario, atteso che il potere di disapplicazione presuppone proprio che la controversia cada su un diritto soggettivo sul quale incide un atto amministrativo oggetto di cognizione "incidenter tantum" (cfr. Cass., sez. un., 18 ottobre 2005, n. 20107). Si tratta, piuttosto, di un caso di doppia tutela. L'aspirante candidato, infatti, dovrà rivolgersi al Giudice Ordinario del Lavoro per ottenere la declaratoria del suo diritto all'assunzione; tuttavia, qualora contestualmente venga bandita una nuova selezione per la copertura del medesimo posto per il quale si intende far scorrere la graduatoria e si voglia scongiurare il rischio che la pronuncia di accoglimento del Giudice Ordinario rimanga insuscettibile di tutela specifica per sopravvenuta copertura integrale dei posti in organico, l'interessato dovrà rivolgersi anche al Giudice Amministrativo per ottenere la caducazione degli atti di procedura onde assicurarsi la soddisfazione dell'interesse strumentale alla conservazione del posto libero in organico.
Tanto premesso, nella controversia de qua, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo essendo stata impugnata la procedura selettiva per la progressione verticale da una area all'altra.
È possibile ora esaminare, nel merito, la vicenda per cui è causa.
4. Il ricorrente sostiene l'illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione del principio di buon andamento dal momento che, relativamente alle posizioni messe a concorso (30 posti cat. C1), risultano ancora valide ed efficaci quelle relative alla progressione verticale indetta con d.d. n. 2039 del 26 luglio 2005.
La censura è fondata nei termini che seguono.
4.1. Le norme sui concorsi pubblici prevedono sovente la possibilità dell'amministrazione di conferire, agli idonei non vincitori, posti resisi liberi dopo la formazione della graduatoria. In tal senso disponeva già il testo unico degli impiegati civili dello Stato emanato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il cui articolo 8 prevedeva la facoltà dell'amministrazione di conferire, oltre i posti messi a concorso, non solo quelli che risultassero disponibili alla data di approvazione della graduatoria (primo comma), ma anche quelli messi a concorso che entro sei mesi dall'approvazione della graduatoria si rendessero liberi per rinuncia o decadenza (l'articolo unico della l. 8 luglio 1975, n. 305 lo aveva modificato aggiungendo il caso di dimissioni). Successivamente, entrato in vigore nei vari settori del pubblico impiego il sistema dei contratti collettivi resi esecutivi con decreto del presidente della repubblica, è stata spesso prevista la "ultrattività" delle graduatorie, ossia è stato previsto che le graduatorie rimanessero valide per un certo periodo di tempo, in modo tale che l'amministrazione potesse attingervi, per "scorrimento" (vale a dire nell'ordine di graduatoria), per coprire posti che si rendessero liberi e che essa intendesse, appunto, coprire.
La base normativa della efficacia triennale delle graduatorie concorsuali, applicabile anche ai concorsi interni ed ai concorsi degli enti locali, sta nell'art. 91 del t.u. enti locali (d.lgs. 267 del 2000). La norma, per quanto qui di interesse, stabilisce che gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio; che gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale; che le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
Negli ultimi anni la manovra di bilancio, tra le tante misure di contenimento della spesa pubblica finalizzate alla riduzione dell'indebitamento, ha più di una volta prorogato la validità delle graduatorie concorsuali. In particolare, ai sensi dell'art. 1, comma 100, l. 30 dicembre 2004 n. 311 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2005), sono prorogati di un triennio i termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche che per gli anni 2005, 2006 e 2007 sono soggette a limitazioni delle assunzioni. Il medesimo termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2008 dall'art. 1, comma 536, della l. 27 dicembre 2006, n. 296.
Occorre puntualizzare che, tali disposizioni sulla ultrattività delle graduatorie si applicano anche a quelle formate all'esito delle procedure concorsuali indette per la progressione verticale dei dipendenti da un'area a quella superiore. Difatti, come ampiamente riferito al punto 3.2. della motivazione, da un lato, trattasi a tutti gli effetti di procedure pubblicistiche di evidenza pubblica; dall'altro, anche rispetto a queste ipotesi si manifestano le medesime esigenze di funzionalità ed ottimizzazione delle risorse (in tal senso cfr. Cons. Stato, Adunanza della Commissione Speciale Pubblico Impiego n. 3556/2005, il quale ha finanche ritenuto che le progressioni de quibus siano da ritenere soggette alla medesime limitazioni imposte dalla disciplina vigente in materia di "assunzioni" dall'esterno nel pubblico impiego).
4.2. L'istituto dello "scorrimento della graduatoria", presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto vacante bandendo un nuovo concorso o occupando lo stesso attraverso altre procedure (mobilità, trasferimenti ovvero scorrimenti di graduatorie di concorsi). Difatti, le norme di ultrattività delle graduatorie non creano di per sé un obbligo dell'amministrazione di coprire i posti liberi e un corrispondente diritto degli idonei in graduatoria all'assunzione. L'amministrazione non può avere l'obbligo di assumere personale del quale non ritiene di aver bisogno e, reciprocamente, non può esistere un diritto all'assunzione nel pubblico impiego di chi non sia vincitore a pieno titolo di un concorso, solo per il fatto che ci sono dei posti liberi: l'opposta interpretazione delle norme sulla "ultrattività" delle graduatorie di concorso si esporrebbe alla denuncia d'illegittimità costituzionale per violazione del principio di buona ed efficiente amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione, perché le amministrazioni pubbliche devono essere organizzate prima di tutto in funzione del servizio pubblico ad esse affidato, che dev'essere svolto al minor costo compatibile col miglior risultato; e non già in funzione dei posti d'impiego che ne derivano, da ricoprire anche se non ve ne siano il bisogno e la possibilità finanziaria.
4.3. Ove l'amministrazione si determini ad assumere altro personale, ritiene il Collegio che, salva l'ipotesi in cui talune norme prescrivano un espresso vincolo al riguardo (ad esempio, nel caso in cui per specifica previsione di legge o di bando, tra i posti da mettere a concorso siano compresi anche quelli che si dovessero rendere disponibili entro una certa data, con obbligo per l'amministrazione di utilizzare la graduatoria ancora valida) non è in assoluto precluso all'amministrazione di preferire l'indizione di un nuovo concorso (in tal senso, non è condivisibile Cass. 5 marzo 2003, n. 3252 laddove sembra ritenere che, sempre e comunque, sussisterebbe un vero e proprio diritto soggettivo all'assunzione nel caso in cui l'amministrazione avesse deciso di coprire il posto vacante con reclutamento dall'esterno in presenza di graduatoria ancora valida).
Se l'amministrazione resta libera di decidere al riguardo, tuttavia, la sua determinazione deve sempre rispettare i principi d'imparzialità e buon andamento. Difatti, la possibilità di utilizzare le graduatorie anche oltre i termini e le modalità prefissate nella singola procedura concorsuale, dà concreta attuazione al principio costituzionale del buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) e risponde a finalità ed esigenze che prescindono dall'interesse dell'aspirante risultato idoneo in soprannumero alla copertura effettiva del posto involgendo anche l'interesse pubblico alla corretta gestione della finanza pubblica. Per questo motivo, pur spettando soltanto all'amministrazione di decidere se ovviare alla vacanza sopravvenuta di posti in organico avvalendosi della graduatoria di un precedente concorso ovvero espletando una nuova selezione, i principi generali che informano il procedimento amministrativo impongono una congrua e puntuale motivazione al riguardo.
Deve ritenersi allora illegittimo, per contrasto con l'art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, che sancisce l'obbligo della motivazione, il provvedimento, con cui quale l'Amministrazione bandisce un nuovo concorso senza tenere conto del risultato di una precedente e omologa selezione e senza una motivazione in ordine al mancato previo scorrimento della precedente graduatoria ancora valida ed efficace.
In proposito, è vero che il bando di concorso, in quanto atto generale, è esente dall'obbligo di motivazione (art. 3, comma 2, della l. n. 241/1990), ma nella specie la censura è stata articolata dai ricorrenti nei confronti della determinazione dirigenziale recante la decisione comunale di indire il nuovo concorso e, con essa, l'implicito rifiuto allo scorrimento della graduatoria ancora efficace.
4.4. Nella specie, la determinazione impugnata non contiene alcuna motivazione attestante l'avvenuta ponderazione dell'interesse pubblico alla sana gestione delle risorse pubbliche le quali, con tutta evidenza, risulteranno maggiormente gravate dall'espletamento di una nuova procedura concorsuale; al pari, neppure è preso in considerazione l'affidamento ingenerato fra quanti abbiano conseguito l'idoneità nel precedente concorso. L'assenza di motivazione è tanto più evidente ove si rifletta che la procedura da ultimo indetta è identica a quella di poco precedente in punto di requisiti di ammissione, elementi di valutazione, criteri di formazione delle graduatorie, cosicché neppure potrebbe implicitamente trarsi una adeguata giustificazione nella necessità di procedere all'accertamento di requisiti selettivi ulteriori e diversi; che, inoltre, la programmazione triennale 2007-2009 del fabbisogno di personale è finalizzata alla riduzione programmata delle spese di personale.
4.5. L'argomentazione spiegata dalla difesa comunale secondo cui il comunicato di servizio n. 21 del 2005 avrebbe previsto la riclassificazione "limitatamente al numero dei posti banditi per direzione e profilo professionale" è inconferente riferendosi pacificamente tale proposizione ai soli dipendenti risultati vincitori senza escludere la validità delle graduatorie e la loro utilizzabilità per la copertura delle posizioni che si fossero successivamente rese disponibili.
5. I restanti motivi sono assorbiti dal momento che la censura accolta determina per gli interessati la massima utilità conseguibile dal presente giudizio.
6. La domanda risarcitoria relativa al danno economico e professionale deve essere rigettata in quanto ogni pregiudizio è stato scongiurato dalla tempestiva tutela specifica di annullamento.
7. Le incertezze che contrassegnano il tema della giurisdizione e dello scorrimento della graduatoria giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:
Accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla i provvedimenti in epigrafe indicati;
Compensa interamente le spese di lite tra le parti;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.