Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione II
Sentenza 27 febbraio 2006, n. 217
Rilevato che il ricorrente impugna le delibere con le quali il Consiglio comunale di Lauro, prima, lo ha dichiarato decaduto dalla carica di consigliere comunale, essendo egli stato assente a quattro sedute consiliari consecutive ed a complessive otto sedute consiliari nel corso dell'anno 2005 (delibera n. 31 del 25.12.2005), quindi, ha preso atto delle dimissioni da lui rassegnate in data 27.12.2005 (delibera n. 3 del 17.1.2006);
Ritenuta la fondatezza della censura, mossa avverso la delibera n. 31/2005, con la quale viene lamentato il mancato rispetto delle garanzie partecipative assicurate dall'art. 21, comma 4, dello Statuto comunale, laddove prescrive che l'avvio del procedimento per la dichiarazione della decadenza del consigliere comunale, il quale non abbia partecipato a tre sedute consecutive oppure a cinque sedute nel corso dell'anno solare, deve essere accompagnato dall'avviso all'interessato "il quale può far pervenire le proprie osservazioni entro quindici giorni dalla notifica dell'avviso" stesso, termine trascorso il quale "la proposta di decadenza è sottoposta al Consiglio comunale";
Evidenziato al riguardo che al ricorrente è stata data notizia dell'avvio del procedimento di decadenza solo mediante l'avviso notificato il 23.12.2005, mentre la deliberazione con la quale è stata dichiarata la sua decadenza è stata adottata il 25.12.2005, in violazione del prescritto termine di quindici giorni;
Ritenuto che l'assenza nel Regolamento del Consiglio comunale della previsione di analoga formalità partecipativa non rileva al fine di escludere la portata obbligatoria della citata disposizione statutaria, alla luce della funzione integrativa assolta dallo Statuto e della posizione subalterna occupata, nel complessivo assetto ordinamentale dell'ente locale, dalla fonte regolamentare rispetto a quella statutaria, ex art. 7, comma 1, d.lgs. n. 267/2000;
Considerato che la conoscenza acquisita dal ricorrente in ordine all'apertura del procedimento di decadenza, mediante l'avviso notificatogli in data 23.12.2005, non consente di affermare il raggiungimento per equipollente dello scopo al quale è preordinata la citata disposizione statutaria, dovendo ritenersi che essa, mediante la fissazione del termine di quindici giorni tra la notifica dell'avviso e l'assunzione della delibera dichiarativa della decadenza, abbia inteso garantire all'interessato uno spatium temporis minimo, indispensabile ai fini dell'apprestamento da parte sua degli adeguati mezzi difensivi;
Ritenuto che non assume rilievo, al fine di escludere l'attitudine viziante della illustrata carenza procedimentale, la disposizione di cui all'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990, ai sensi del quale "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato";
Considerato infatti che, nonostante il carattere vincolato del potere inteso alla declaratoria della decadenza del consigliere comunale, l'impossibilità di determinare i contenuti dell'apporto giustificativo esprimibile dal ricorrente, ove gli fosse stato consentito di esercitare le facoltà partecipative assicurategli dalla menzionata previsione statutaria, non consente di affermare con sicurezza l'identità tra il contenuto dispositivo del provvedimento in concreto adottato e quello che sarebbe scaturito dal contraddittorio con l'interessato, ove correttamente instaurato nel rispetto delle inderogabili garanzie procedimentali sancite a livello statutario;
Ritenuto che a diversa conclusione dovrebbe pervenirsi ove fosse predicabile l'onere del ricorrente di versare nel giudizio gli argomenti difensivi che non gli sia stato consentito di spendere in sede procedimentale;
Ritenuto tuttavia che, laddove la legge ha inteso configurare un onere siffatto, ne ha chiaramente delineato i presupposti ed il contenuto, oltre ad individuare espressamente il soggetto al quale imputarlo (si veda, ad esempio, l'art. 21 octies, comma 2, secondo periodo: "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato");
Considerato che il ricorso non è condizionato dall'esito della domanda di annullamento articolata con i motivi aggiunti avverso la delibera recante la presa d'atto delle dimissioni rassegnate dal ricorrente in data 27.12.2005, dovendo ritenersi sotteso al primo un autonomo interesse, di carattere quantomeno morale, alla caducazione della deliberazione dichiarativa della decadenza del ricorrente, alla luce dei presupposti - correlati alla sua assenza ingiustificata dalle sedute consiliari, nel numero previsto dalla legge - sui quali essa si fonda, indicativi del negligente esercizio delle funzioni connesse al mandato elettivo;
Ritenuto altresì di respingere l'eccezione di inammissibilità del ricorso, fondata dalla difesa del Comune resistente sulla mancata impugnazione della nota del Ministero dell'Interno del 18.1.2006, avendo questa contenuto di mero parere;
Ritenuto che possono dichiararsi assorbite le ulteriori censure formulate con il ricorso;
Ritenuta invece l'inammissibilità della domanda di condanna dell'amministrazione intimata al risarcimento dei danni, pure avanzata con il ricorso originario, nessun concreto e dimostrato profilo di pregiudizio essendo allegato dal ricorrente;
Considerato, quanto alla delibera n. 3/2006, recante la presa d'atto delle dimissioni rassegnate dal ricorrente in data 27.12.2005, che non è fondata la censura, formulata con i motivi aggiunti, con la quale si deduce l'unicità dell'atto collettivo di dimissioni del 27.12.2005, presentato ex art. 141, comma 1, lett. b, n. 3, d.lgs. n. 267/2000, con la conseguenza che, una volta acclarata la sua inidoneità a produrre l'effetto tipizzato dalla legge, rappresentato dallo scioglimento del consiglio comunale, le manifestazioni di volontà espresse dai dimissionari collettivi non potrebbero essere scisse, come invece ritenuto dall'intimata amministrazione con la delibera impugnata, in altrettante dichiarazioni individuali di dimissioni;
Considerato al riguardo che, anche ammesso che la legge intenda attribuire rilevanza alla volontà dei consiglieri collettivamente dimissionari di produrre la dissoluzione dell'organismo consiliare, ciò fa subordinando la predetta rilevanza, ad evidenti fini di certezza, alla conformità dell'atto collettivo di dimissioni ai presupposti oggettivi dalla stessa delineati;
Rilevato invero che, affinché possa assumere rilievo l'efficacia unificante che la citata disposizione attribuisce alle plurime dichiarazioni di dimissioni, occorre che queste, oltre ad essere "contestuali ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente", promanino dalla "metà più uno dei membri assegnati";
Rilevato tuttavia che nella specie, per effetto delle delibere consiliari n. 28 e n. 29 del 25.12.2005, i consiglieri Iovino Francesco e Daniele Enrico, firmatari dell'atto di dimissioni protocollato in data 23.12.2005, sono stati surrogati, rispettivamente, con i sigg. Schiavone Gaetano e Mazzocca Salvatore, con la conseguente carenza di legittimazione dei primi a sottoscrivere il successivo atto di dimissioni collettive del 27.12.2005;
Evidenziato quindi che l'atto di dimissioni collettive del 27.12.2005, essendo sottoscritto da sette consiglieri ancora in carica, non può considerarsi proveniente dalla "metà più uno dei membri assegnati" al Consiglio comunale di Lauro, formato da quindici consiglieri, con la conseguenza che, essendo oggettivamente inconfigurabile la fattispecie di cui all'art. 141, comma 1, lett. b, n. 3, d.lgs. n. 267/2000, le dichiarazioni nel primo trasfuse, essendo prive dell'anello unificante da questa tipizzato, non possono che venire residualmente in rilievo come dimissioni individuali, ex art. 38, comma 8, d.lgs.. cit.;
Rilevato altresì che il ricorrente non ha impugnato le delibere con le quali è stata disposta la surroga dei consiglieri Iovino e Daniele, in relazione agli effetti riflessi che le stesse riverberano sulla sua posizione, con particolare riguardo all'impedimento che, per quanto detto, esse oppongono all'attribuzione di efficacia dissolutoria all'atto di dimissioni collettive del 27.12.2005;
Ritenuto sufficiente rilevare, al fine di escludere la fondatezza dell'ulteriore doglianza mossa con i motivi aggiunti, con la quale viene lamentato lo sviamento di potere che inficerebbe la delibera n. 3/2006 siccome adottata al solo scopo di rendere improcedibile il ricorso, che la predetta delibera è inidonea ad incidere sull'interesse alla autonoma coltivazione del ricorso introduttivo del giudizio, come in precedenza illustrato;
Ritenuto in conclusione che l'impugnazione proposta, con i motivi aggiunti, avverso la delibera n. 3/2006 deve essere respinta;
Ritenuto che sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio, in relazione alla posizione di reciproca soccombenza dalle stesse assunta;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Salerno, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 119/2006 e sui relativi motivi aggiunti:
- accoglie la domanda di annullamento proposta con il ricorso introduttivo ed annulla, per l'effetto, la delibera del Consiglio comunale di Lauro n. 31 del 25.12.2005;
- dichiara l'inammissibilità della domanda di condanna dell'amministrazione intimata al risarcimento dei danni, formulata con il ricorso introduttivo;
- respinge la domanda di annullamento proposta con i motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.